Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Öffentlich-rechtliche Abteilung 1A.5/2002
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1A.5/2002 /mde

Sentenza del 18 giugno 2002
I Corte di diritto pubblico

Giudici federali Aemisegger, presidente della Corte e vicepresidente del
Tribunale federale,
Catenazzi e Fonjallaz,
cancelliere Crameri.

A. ________ S.A.,
P.________,
ricorrenti,
patrocinati dall'avv. Stefano Ferrari, corso San Gottardo 57, casella postale
2264, 6830 Chiasso 1,

contro

Direzione generale delle dogane, Monbijoustrasse 40, 3003 Berna.

assistenza giudiziaria internazionale in materia penale all'Austria

(ricorso di diritto amministrativo contro le decisioni del 12 agosto 1999 e
del 14 dicembre 2001 della Direzione generale delle dogane)

Fatti:

A.
Il "Landesgericht" di Innsbruck, in Austria, ha aperto un procedimento penale
contro G.________, cittadino svizzero, O.________, cittadino italiano e un
altro indagato per titolo di truffa in materia di tasse. Gli inquisiti sono
sospettati dall'Autorità austriaca di aver importato illecitamente, a più
riprese e in banda, dal 1995 al 1998, dalla zona extradoganale di Samnaun nei
Grigioni a destinazione dell'Austria e poi dell'Italia, oggetti di valore
nascosti in ricettacoli di due autovetture.

Con richiesta di assistenza giudiziaria del 30 ottobre 1998, completata il 10
maggio 1999, l'Autorità estera ha chiesto in sostanza di procedere ad
accertamenti riguardanti le merci inviate all'indagato O.________ a Samnaun
negli ultimi tre anni, in particolare da una ditta svizzera e dal punto
franco di Chiasso; ha pure chiesto di perquisire l'abitazione e di
interrogare O.________.

B.
Il 1° dicembre 1998 l'allora Ufficio federale di polizia, ora Ufficio
federale di giustizia (UFG), ha delegato all'Amministrazione generale delle
dogane l'esecuzione della rogatoria, che l'ha a sua volta delegata, con
decisione di entrata nel merito del 12 agosto 1999, alla Direzione delle
dogane di Lugano. Questa ha proceduto, il 6 aprile 2001, alla perquisizione e
al sequestro presso la casa di spedizione A.________ S.A. di Chiasso e
all'audizione di P.________, suo direttore, visto che dall'inchiesta è
risultato che le merci spedite a Samnaun sarebbero state cedute alla
B.________ S.A., che le inviava all'indagato O.________, dalla citata
società.
Con decisione finale del 14 dicembre 2001 la Direzione generale delle dogane
ha accolto la rogatoria nel senso dei considerandi, ossia nel senso di
trasmettere il verbale d'interrogatorio, di perquisizione e di sequestro, e
cartelle di spedizione degli anni 1995-1998, eccetto quelle dissequestrate e
consegnate alla società.

C.
Avverso questa decisione la A.________ S.A. e P.________ presentano un
ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale. Chiedono, in via
principale, di annullare sia la decisione di entrata in materia sia quella di
chiusura e, in via subordinata, di confermare la decisione di entrata in
materia, di annullare quella di chiusura e di ritornare l'incarto
all'Autorità di esecuzione affinché emani una nuova decisione nel senso di
individuare le cessioni di merci dimostratamente oggetto delle sospettate
trafugazioni. Dei motivi si dirà, in quanto necessario, nei considerandi.
La Direzione generale delle dogane e l'UFG propongono di respingere il
ricorso. Con replica del 10 febbraio 2002 i ricorrenti si sono riconfermati
nelle loro allegazioni e conclusioni.

Diritto:

1.
Austria e Svizzera sono parti contraenti della Convenzione europea di
assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 (CEAG; RS
0.351.1). La legge federale sull'assistenza internazionale in materia penale
del 20 marzo 1981 (AIMP; RS 351.1) e l'ordinanza di applicazione (OAIMP; RS
351.11) sono applicabili alle questioni che la prevalente Convenzione
internazionale non regola espressamente o implicitamente, come pure quando il
diritto nazionale sia più favorevole all'assistenza di quello convenzionale
(art. 1 cpv. 1 AIMP; DTF 124 II 180 consid. 1a, 123 II 134 consid. 1a), fatto
salvo il rispetto dei diritti fondamentali (DTF 123 II 595 consid. 7c).

1.1 In virtù della norma speciale dell'art. 25 cpv. 6 AIMP, il Tribunale
federale non è vincolato dalle censure e dalle conclusioni delle parti; esso
esamina liberamente se i presupposti per la concessione dell'assistenza sono
adempiuti e in quale misura questa debba esser prestata (DTF 123 II 134
consid. 1d, 118 Ib 269 consid. 2e). Non è tuttavia tenuto, come lo sarebbe
un'autorità di vigilanza, a verificare la conformità delle decisioni
impugnate con l'insieme delle norme applicabili (DTF 123 II 134 consid. 1d,
119 Ib 56 consid. 1d). Le conclusioni che vanno oltre la richiesta di
annullamento della decisione impugnata sono, di massima, ammissibili (art. 25
cpv. 6 AIMP; DTF 122 II 373 consid. 1c e rinvii).

1.2 Interposto tempestivamente contro una decisione di trasmissione di
documenti, acquisiti in esecuzione di una domanda di assistenza, resa
dall'Autorità federale di ultima istanza, e contro la decisione incidentale
anteriore a quella finale, il ricorso di diritto amministrativo, che contro
la decisione di trasmissione ha effetto sospensivo per legge (art. 21 cpv. 4
lett. b e 80l cpv. 1 AIMP), è ricevibile dal profilo dell'art. 80g cpv. 1 e 2
in relazione con l'art. 25 cpv. 1 AIMP.

I ricorrenti fondano la loro legittimazione a ricorrere sulla circostanza che
le contestate misure d'assistenza comprometterebbero le relazioni commerciali
con i loro clienti. L'assunto non è decisivo. La legittimazione della società
ricorrente, sottoposta direttamente a una perquisizione domiciliare, è
nondimeno pacifica (art. 80h lett. b AIMP in relazione con l'art. 9a lett. b
OAIMP). Secondo la giurisprudenza, la legittimazione a impugnare la
trasmissione di verbali d'interrogatorio spetta, di massima, unicamente al
teste, sottoposto direttamente alla misura coercitiva, e solo nella misura in
cui è chiamato a fornire informazioni che lo concernono personalmente o se si
prevale del suo diritto di non testimoniare (DTF 126 II 258 consid. 2d/bb,
122 II 130 consid. 2b). In tale misura la legittimazione dev'essere
riconosciuta anche al ricorrente.

2.
I ricorrenti considerano lacunoso l'esposto dei fatti nella domanda estera e
contestano l'adempimento del requisito della doppia punibilità riguardo al
prospettato reato di truffa in materia fiscale, visto che l'Autorità estera
non avrebbe fornito indizi sufficienti idonei a suffragarlo. Essi sostengono
altresì che non si sarebbe in presenza di un inganno astuto.

2.1 Contrariamente all'assunto ricorsuale, la domanda estera adempie le
esigenze formali degli art. 14 CEAG e 28 AIMP, nella misura in cui queste
disposizioni esigono ch'essa indichi il suo oggetto e il motivo, come pure la
qualificazione giuridica dei reati, e presenti un breve esposto dei fatti
essenziali, al fine di permettere alla Parte richiesta di esaminare se non
sussista una fattispecie per la quale l'assistenza dovrebbe essere negata
(DTF 118 Ib 111 consid. 5b pag. 121, 547 consid. 3a, 117 Ib 64 consid. 5c
pag. 88).

2.1.1 Nel caso di una truffa in materia fiscale (art. 3 cpv. 3 secondo
periodo AIMP in relazione con l'art. 24 OAIMP, che rinvia al reato di truffa
in materia di tasse secondo l'art. 14 cpv. 2 della legge federale sul diritto
penale amministrativo, del 22 marzo 1974, DPA; RS 313.0), perché la domanda
possa essere accolta, l'autorità richiedente, pur non essendo tenuta a
fornire una prova rigorosa, deve esporre sufficienti motivi di sospetto; essi
possono fondarsi su indizi, risultanti per esempio da testimonianze o da
documenti, idonei a suffragare obiettivamente le indicazioni fornite dallo
Stato estero, almeno nel senso che tali indicazioni non appaiano come del
tutto prive di fondamento (DTF 117 Ib 53 consid. 3 pag. 63 seg., 116 Ib 96
consid. 4c, 115 Ib 68 consid. 3a/bb 3c, 114 Ib 56, 111 Ib 242 consid. 5).

2.1.2 Nella rogatoria l'Autorità estera espone che da indagini esperite dalle
autorità doganali di Innsbruck in collaborazione con le autorità inquirenti
svizzere di Heerbrugg sussiste il sospetto che, da mesi, oggetti di valore
sarebbero stati contrabbandati dalla zona extradoganale di Samnaun in Austria
per essere poi consegnati in Italia. Nell'ambito di queste indagini sarebbero
state individuate due autovetture appartenenti all'indagato G.________ e a un
altro inquisito, oggetto di una procedura separata. Il 30 luglio 1998 è stato
osservato come, nell'autorimessa di Samnaun dell'indagato O.________, sulle
due automobili, che in seguito hanno varcato il confine austriaco, sono stati
caricati orologi, perle e pietre preziose per un valore complessivo di fr.
692'102.--. L'8 settembre 1998 O.________ ricevette un ulteriore invio di
merce, caricata poi sull'automobile di G.________: dopo aver valicato il
confine, il veicolo è stato controllato e, in un nascondiglio installato
professionalmente, sono stati rinvenuti orologi e gioielli per un valore di
oltre 3 milioni di ATS; secondo l'Autorità estera il 30 luglio 1998 sarebbero
stati sottratti al controllo doganale, in due occasioni, orologi e preziosi
per un valore di circa fr. 350'000.-- e merce per un ammontare non
determinato. Dalla decisione impugnata risulta che i ricorrenti sono
interessati dall'inchiesta poiché secondo le indagini le merci spedite
all'indagato a Samnaun sono state cedute dalla società ricorrente alla
B.________ S.A. Dalla domanda si desumono i fatti oggetto del procedimento
estero, e il suo contenuto permette alla Svizzera di esaminare se siano
adempiuti i presupposti per concedere l'assistenza; la rogatoria, non
lacunosa, non dev'essere quindi completata (cfr. art. 28 cpv. 6 AIMP).

2.2 Il reato doganale può assumere la forma del reato fiscale quando la
decurtazione di tasse e tributi spettanti allo Stato richiedente avvenga
nell'ambito dell'importazione in questo Stato di determinati beni. In questo
caso il reato doganale dà luogo all'assistenza soltanto quando equivalga a
una truffa in materia fiscale ai sensi dell'art. 3 cpv. 3 AIMP. Il reato
fiscale è definito dal diritto dello Stato richiesto. In tale ambito è quindi
indifferente che la legislazione dello Stato richiedente qualifichi i fatti
descritti nella domanda come un reato penale, doganale o fiscale ordinario
(DTF 125 II 250 consid. 3b pag. 253, 115 Ib 68 consid. 3c pag. 81 seg.;
Robert Zimmermann, La coopération judiciaire internationale en matière
pénale, Berna, 1999, n. 408 segg., in particolare n. 411). Dal profilo della
doppia incriminazione occorre esaminare quindi unicamente se i fatti
descritti nella rogatoria sarebbero perseguiti in Svizzera come una truffa in
materia fiscale, ai sensi del diritto svizzero, se vi fossero stati commessi
in circostanze analoghe (DTF 124 II 184 consid. 4b/cc).

2.2.1 L'Autorità precedente ritiene che si sarebbe in presenza di una truffa
in materia fiscale ai sensi dell'art. 14 DPA, secondo cui è punito chi, con
il suo subdolo comportamento, ossia mediante un inganno astuto, fa sì che
l'ente pubblico si trovi defraudato, in maniera rilevante, di una tassa, di
un contributo o di un'altra prestazione o sia altrimenti pregiudicato nei
suoi interessi patrimoniali (cpv. 2). Per interpretare la nozione di truffa
in materia fiscale occorre riferirsi alla citata norma e pertanto, secondo la
costante giurisprudenza, alla definizione della truffa ai sensi dell'art. 146
CP (e del previgente art. 148) e alla relativa giurisprudenza del Tribunale
federale (DTF 122 II 422 consid. 3a e rinvii, 122 IV 197 consid. 3d, 246
consid. 3a).

Secondo la giurisprudenza, per poter ammettere la truffa, ove non si sia
fatto uso di documenti falsi (DTF 128 IV 18 consid. 3a, 116 Ib 96 consid.
4c), devono tuttavia essere state necessariamente compiute particolari
macchinazioni, seguiti particolari stratagemmi o posti in atto interi tessuti
di menzogne o rilasciate false dichiarazioni, la cui verifica sia possibile
soltanto mediante sforzi particolari, non esigibili dalla vittima (DTF 128 IV
18 consid. 3a e rinvii, 125 II 250 consid. 3b, 115 Ib 68 consid. 3a/bb pag.
77 in fine).

2.2.2 I ricorrenti si limitano a contestare in maniera del tutto generica la
sussistenza di un inganno astuto, accennando al fatto che gli indagati
avrebbero fatto capo a menzogne per omissione e che non avrebbero sfruttato
un legame di fiducia, non esistente nella fattispecie.

Il Tribunale federale, pronunciandosi sull'importazione non dichiarata di
bevande alcoliche, ha stabilito che chi, entrando in Svizzera, importa, senza
dichiararle, merci, celate in un ingegnoso nascondiglio e priva così l'ente
pubblico delle relative tasse, corrispondenti a un importo elevato, si rende
colpevole di truffa in materia di prestazioni e di tasse ai sensi dell'art.
14 DPA, qualora il funzionario doganale gli abbia chiesto se recasse seco
merci  soggette a tasse e abbia fatto ricerche per accertarne l'eventuale
esistenza; se il funzionario non ha posto alcuna domanda, non è data una
truffa, mancando l'inganno; se il funzionario si contenta di una risposta
negativa e non effettua alcuna ricerca, è dato il reato mancato di truffa in
materia di prestazioni o di tasse (DTF 116 IV 218; sul reato mancato di
truffa v. DTF 128 IV 18 consid. 3b).
Dalla domanda estera risulta che l'automobile degli indagati è stata
controllata e che, in un nascondiglio installato professionalmente, è stata
rintracciata la merce occultata. Dalla richiesta austriaca non si desume se i
funzionari doganali abbiano o no chiesto agli inquisiti se trasportassero
merci soggette a tasse, mentre è evidente che hanno fatto ricerche, coronate
da successo, per accertarne l'esistenza. Ora, nell'ambito della procedura di
assistenza non dev'essere provata la commissione del prospettato reato: in
concreto essa è comunque resa verosimile e spetterà all'Autorità austriaca,
se del caso, completare e verificare queste circostanze (cfr. DTF 116 IV 218
consid. 3a in fine e 3b in fine). I fatti descritti nella domanda estera,
eseguita la dovuta trasposizione, avrebbero chiaramente giustificato
l'apertura di un procedimento penale in Svizzera, destinato ad appurare il
fondamento dei sospetti. L'installazione di un nascondiglio, costruito in
maniera professionale, costituisce chiaramente un caso di macchinazione,
visto che non si può di massima esigere dai doganieri,  già per la mancanza
di personale e nell'interesse della fluidità del traffico al confine, che
procedano a un'accurata perquisizione per rintracciarlo (DTF 116 IV 218
consid. 3b). Ne segue che, non trattandosi di una semplice sottrazione
fiscale o di contrabbando, ma di una truffa in materia fiscale, se del caso
nella forma di truffa doganale, l'assistenza dev'essere concessa, qualora
anche le altre condizioni siano adempiute (DTF 117 Ib 53 consid. 3 pag. 63 in
fine e seg.; sentenza del 27 novembre 2000 in re W., consid. 4, causa
1A.247/2000).

2.2.3 I ricorrenti accennano inoltre al fatto che nei confronti dello Stato
richiedente non erano dovuti tributi, visto che la merce, destinata
all'Italia, transitava semplicemente dall'Austria.
La Direzione generale delle dogane nella risposta al ricorso rileva che anche
la merce in transito dev'essere annunciata all'entrata in un Paese,
richiamando gli art. 1 e 3 cpv. 1 della legge sulle dogane (RS 631.0; e, per
l'Austria, il Regolamento CEE n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il
Codice doganale comunitario, la Convenzione del 20 maggio 1987 relativa a un
regime comune di transito [RS 0.631.242.04] e la Convenzione del 26 giugno
1990 relativa all'ammissione temporanea [RS 0.631.24], in particolare l'art.
4 relativo alla garanzia, e l'art. 20 per le infrazioni, convenzioni firmate
dall'Austria e dalla Svizzera). Questa Autorità precisa che ogni merce
dev'essere annunciata al valico di confine e che occorre fornire una garanzia
adeguata, calcolata sull'ammontare delle imposte doganali e dazi vari, in
particolare sull'ammontare dell'IVA. L'Autorità riconosce che il danno nei
confronti del fisco austriaco è difficile da quantificare; tenuto conto che
il valore di ogni pacco nascosto poteva variare da qualche migliaio di
franchi a fr. 350'000.-- e che sono stati effettuati numerosi viaggi, ne
deduce che l'ammontare defraudato costituisce senz'altro una somma rilevante
ai sensi dell'art. 14 cpv. 2 DPA. Aggiunge che nel transito comune una
garanzia isolata deve coprire integralmente l'importo dell'obbligazione che
potrebbe diventare esigibile, circostanza che gli spedizionieri non
potrebbero ignorare. Ora, i ricorrenti, si limitano ad addurre che non è
accertata l'entità del danno: non spiegano tuttavia perché l'asserita
sottrazione di tributi, visto che le merci - esportate eludendo i controlli
doganali - non venivano annunciate né in Austria né in Italia, non sarebbe
realizzata (cfr. DTF 96 I 678; sentenza del 2 novembre 1999 in re Z., consid.
3). Del resto, la competenza internazionale dello Stato richiedente a
reprimere il reato descritto nella domanda non fa manifestamente difetto, né
i ricorrenti lo sostengono (DTF 126 II 212 consid. 6). Spetterà al giudice
straniero del merito esaminare se l'accusa potrà esibire o no le prove
dell'asserito reato (DTF 122 II 367 consid. 2c). Per di più, l'assistenza
dev'essere accordata non soltanto per raccogliere ulteriori prove a carico
dei presunti autori ma anche per acclarare se i reati fondatamente sospettati
siano effettivamente stati commessi (DTF 118 Ib 547 consid. 3a pag. 552).

3.
I ricorrenti fanno valere una lesione del principio della proporzionalità
poiché, a loro dire, sarebbe stata ordinata la trasmissione di documenti non
necessari per l'inchiesta estera, segnatamente non in stretta  relazione ai
tre episodi indicati nella domanda, per cui si sarebbe in presenza di
un'inammissibile ricerca indiscriminata di prove (al riguardo v. DTF 125 II
65 consid. 6b/aa pag. 73, 122 II 367 consid. 2c, 121 II 241 consid. 3a pag.
243, 118 Ib 547 consid. 3a; cfr. anche DTF 127 IV 20 consid. 3b). L'assunto
non regge. L'Autorità estera, come si è visto, non ha infatti limitato la
domanda alla produzione di atti relativi ai tre ultimi trasporti avvenuti il
30 luglio e il 9 settembre 1998, dettagliatamente indicati e che non
rappresentano comunque reati di poca importanza, viste la natura e il valore
delle merci trasportate (cfr. art. 4 AIMP): nella stessa è stato infatti
sottolineato che dalle indagini esperite risulta che i viaggi duravano da
mesi ed è stata richiesta la documentazione concernente le esportazioni per
gli ultimi tre anni. L'Autorità di esecuzione poteva quindi interpretare la
domanda come diretta anche nei confronti dei ricorrenti (DTF 121 II 241
consid. 3).

3.1 Contrariamente all'assunto ricorsuale, l'utilità e la rilevanza
potenziale della documentazione litigiosa per il procedimento estero non
possono manifestamente essere escluse (DTF 122 II 367 consid. 2c, 121 II 241
consid. 3a e b), né la domanda appare abusiva, le informazioni richieste non
essendo del tutto inidonee a far progredire le indagini (DTF 122 II 134
consid. 7b).

3.2 Nella fattispecie non è stata peraltro ordinata, in maniera
inammissibile, la trasmissione in blocco, in modo acritico e indeterminato,
dei documenti sequestrati (DTF 127 II 151 consid. 4c/aa, 122 II 367 consid.
2c). L'autorità di esecuzione ha infatti proceduto al loro vaglio,
dissequestrandone una parte che ha consegnato, l'11 aprile 2001, alla
ricorrente.

Incentrando il loro ricorso sulla contestata ampiezza delle informazioni di
cui è stata ordinata la trasmissione, i ricorrenti disattendono che,
contrariamente all'obbligo che incombeva loro secondo la costante, pubblicata
giurisprudenza (DTF 122 II 367 consid. 2d pag. 371 seg.), essi non hanno del
tutto indicato dinanzi all'Autorità di esecuzione - e neppure dinanzi al
Tribunale federale sebbene il loro patrocinatore durante il termine di
ricorso abbia potuto esaminare tutta la documentazione sequestrata, come
rilevato nella risposta al ricorso dall'Autorità di esecuzione - quali
singoli documenti e perché sarebbero sicuramente irrilevanti per il
procedimento penale estero; né adducono che l'Autorità di esecuzione non gli
avrebbe offerto la possibilità di esprimersi al riguardo. Queste critiche
ricorsuali sono quindi tardive e pertanto inammissibili (DTF 126 II 258
consid. 9b/aa in fine e cc, consid. 9c, 122 II 367 consid. 2d). Non compete
infatti al Tribunale federale rimediare d'ufficio a queste omissioni (DTF 126
II 258 consid. 9c in fine, 122 II 367 consid. 2d).

3.3 I ricorrenti chiedono infine, accennando al rifiuto dell'assistenza per i
reati di natura fiscale, che il Tribunale federale, in caso di reiezione del
gravame, munisca la decisione impugnata della riserva di specialità. Non vi è
alcun motivo per dar seguito a questa conclusione. È infatti palese che
l'UFG, al momento della consegna dei documenti, richiamerà il principio della
specialità (al riguardo v. DTF 126 II 316 consid. 2a e b, 125 II 258 consid.
7a/aa-bb, 124 II 180 consid. 4b, 122 II 134 consid. 7a-c; cfr. per i
procedimenti fiscali DTF 115 Ib 373 consid. 8). I ricorrenti non sostengono
infatti né rendono verosimile che lo Stato richiedente non rispetterà tale
principio (cfr. su questo tema DTF 124 II 184 consid. 5 e 6).

4.
Ne segue che il ricorso, in quanto ammissibile, dev'essere respinto. Le spese
seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2.
La tassa di giustizia di fr. 3000.-- è posta a carico dei ricorrenti in
ragione di metà ciascuno.

3.
Comunicazione al patrocinatore dei ricorrenti, alla Direzione generale delle
dogane e all'Ufficio federale di giustizia, Sezione dell'assistenza
giudiziaria internazionale in materia penale (B 112 956).

Losanna, 18 giugno 2002

In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero

Il presidente: Il cancelliere: