Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

I. Öffentlich-rechtliche Abteilung 1A.103/2002
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1A.103/2002 /bom

Sentenza del 22 gennaio 2003
I Corte di diritto pubblico

Giudici federali Aemisegger, presidente della Corte
e presidente del Tribunale federale, Nay, vicepresidente
del Tribunale federale e Catenazzi,
cancelliere Crameri.

A. ________,
ricorrente, patrocinato dall'avv. Pier Carlo Blotti, palazzo Banca dello
Stato 4, casella postale 1545, 6710 Biasca,

contro

Comune di Semione, 6714 Semione, rappresentato dal Municipio e patrocinato
dall'avv. Cesare Lepori, via Parco 2, casella postale 1803, 6501 Bellinzona,
Dipartimento del territorio del Cantone Ticino, Servizi generali, Ufficio
delle domande di costruzione, viale

S. Franscini 17, 6500 Bellinzona,
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, residenza governativa, 6500
Bellinzona,
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino, via Pretorio 16,  6901 Lugano.

ordine di demolizione

(ricorso di diritto pubblico dell'8 maggio 2002 contro la sentenza del 3
aprile 2002 del Tribunale cantonale amministrativo)

Fatti:

A.
Il 18 settembre 1998 A.________, proprietario della particella n. XXX di
Semione, ha presentato al Comune la domanda di costruzione di una cantina
interrata per il vino, con scala di accesso e parapetto di protezione; essa
doveva servire al rustico sito sulla particella contigua n. YYY, utilizzato
dall'istante come casa di vacanza. Entrambi i fondi si trovano al di fuori
della zona edificabile.

Il Dipartimento del territorio del Cantone Ticino si è opposto, il 30 ottobre
1998, alla domanda, perché non sorretta da un'oggettiva e comprovata
necessità. Con risoluzione dell'11 novembre 1998 il Municipio di Semione ha
negato la licenza edilizia. Il diniego, non contestato, è cresciuto in
giudicato.

B.
Nel mese di settembre 1999 il proprietario ha cionondimeno iniziato i lavori
di costruzione dell'opera litigiosa. Con decisione del 1° dicembre 1999 il
Municipio  ha ordinato l'immediata sospensione dei lavori, ma la costruzione
è stata comunque ultimata; con risoluzione del 17 maggio 2000, il Municipio
ha ordinato al proprietario di demolire e di mettere fuori uso con
riempimento di terra, entro trenta giorni, la cantina, e di demolire tutti i
manufatti corrispondenti alla soletta costruitavi sopra.

Il Consiglio di Stato del Cantone Ticino ha confermato, il 6 giugno 2001,
l'ordine municipale di demolizione. Contro questa decisione il proprietario
si è aggravato al Tribunale cantonale amministrativo che, il 3 aprile 2002,
ha respinto il ricorso.

C.
L'istante impugna questa sentenza con un ricorso di diritto pubblico al
Tribunale federale. Chiede di annullare la sentenza della Corte cantonale, la
decisione governativa e l'ordine di demolizione. Chiede pure di concedere
effetto sospensivo al ricorso. Dei motivi si dirà, in quanto necessario, nei
considerandi.

Senza formulare particolari osservazioni, il Consiglio di Stato si rimette al
giudizio del Tribunale federale e il Dipartimento del territorio alle
risposte inoltrate in precedenza alle Autorità cantonali, la Corte cantonale
riconfermandosi nella sentenza impugnata. Il Comune chiede di respingere il
ricorso. Il Dipartimento federale dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia
e delle comunicazioni propone di respingere il gravame: replicando su queste
osservazioni, il ricorrente ribadisce le proprie argomentazioni.
Con decreto presidenziale del 5 giugno 2002 al ricorso è stato conferito
effetto sospensivo.

Diritto:

1.
1.1 Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione
l'ammissibilità dei ricorsi che gli vengono sottoposti, senza essere
vincolato, in tale ambito, dagli argomenti delle parti o dalle loro
conclusioni (DTF 128 I 46 consid. 1a, 128 II 56 consid. 1).

1.1.1 Il ricorrente ha presentato un ricorso di diritto pubblico fondato
sull'asserita lesione del previgente art. 4 vCost., ora art. 29 cpv. 2 Cost.,
in vigore dal 1° gennaio 2000. Questo rimedio, rivolto contro una decisione
cantonale di ultima istanza relativa a un ordine di demolizione (art. 43
della legge edilizia cantonale, del 13 marzo 1991, LE), e fondato sulla
pretesa violazione del diritto di essere sentito e del principio della buona
fede è, di massima, ammissibile secondo gli art. 84 cpv. 1 lett. a e 87 OG.
La legittimazione del ricorrente è pacifica (art. 88 OG).

1.1.2 Secondo l'art. 34 cpv. 1 LPT il ricorso di diritto amministrativo è
invero ammissibile contro le decisioni cantonali di ultima istanza
concernenti la conformità alla destinazione della zona di edifici o impianti
fuori della zona edificabile nonché autorizzazioni ai sensi degli art. 24-24d
LPT. La via del ricorso di diritto amministrativo è d'altra parte aperta
contro le decisioni delle autorità cantonali d'ultima istanza che avrebbero
dovuto essere fondate sul diritto federale (DTF 125 II 10 consid. 2a e
rinvii). Come si è visto, il ricorrente non fa tuttavia valere la mancata o
errata applicazione di queste norme o di disposizioni dell'ordinanza sulla
pianificazione del territorio, del 28 giugno 2000 (RS 700.1): in particolare,
egli non fa valere che la licenza eccezionale, il cui diniego è peraltro
cresciuto in giudicato, gli sarebbe stata negata a torto.

1.2 Nell'ambito di un ricorso di diritto pubblico il Tribunale federale non
applica d'ufficio il diritto, ma statuisce unicamente sulle censure sollevate
e solo quando siano sufficientemente motivate: il ricorso deve quindi
contenere un'esauriente motivazione giuridica, dalla quale si possa dedurre
se, perché, ed eventualmente in quale misura, la decisione impugnata leda il
ricorrente nei suoi diritti costituzionali (art. 90 cpv. 1 lett. b OG; DTF
127 I 38 consid. 3c, 126 I 235 consid. 2a, 125 I 71 consid. 1c). Ora, il
ricorrente, esprimendosi su procedure e censure diverse, non si confronta in
modo chiaro e preciso con le puntuali considerazioni contenute nella sentenza
impugnata, né spiega, secondo le esigenze dell'art. 90 cpv. 1 lett. b OG e
della giurisprudenza, per quali motivi esse sarebbero contrarie al diritto,
in particolare perché sarebbero manifestamente insostenibili e quindi
arbitrarie; le stesse conclusioni valgono per il criticato accertamento dei
fatti (cfr., sulla nozione di arbitrio, DTF 128 I 177 consid. 2.1, 127 I 54
consid. 2b, 38 consid. 2a pag. 41). Tali critiche sono, nelle accennate
condizioni, inammissibili dal profilo dell'art. 90 OG.

2.
Il ricorrente sostiene in primo luogo di essersi convinto, residendo a
Singapore, che la pratica della licenza edilizia fosse andata a buon fine e
di avere incaricato pertanto un'impresa di eseguire i lavori. Il Tribunale
cantonale amministrativo ha ritenuto che il ricorrente avesse agito in mala
fede, avendo egli eseguito le opere litigiose negategli con la decisione
municipale dell'11 novembre 1998, cresciuta in giudicato; esso ha poi
rilevato che il mancato immediato intervento del Comune per far cessare i
lavori non poteva essere considerato costitutivo di una situazione acquisita
né equivalente a una rinuncia al rispetto delle norme trasgredite. Secondo la
Corte cantonale l'atteggiamento assunto dal Municipio non permette al
ricorrente di richiamarsi con successo al principio della buona fede, visto
ch'egli sapeva della carenza dell'autorizzazione a costruire e della
posizione del Comune, chiara fin dall'inizio.

2.1 L'assunto ricorsuale è manifestamente infondato. Dagli accertamenti
contenuti nella decisione impugnata, di cui il ricorrente non dimostra
l'arbitrarietà e che sono pertanto vincolanti per il Tribunale federale,
risulta che, con decisione dell'11 novembre 1998, il Municipio ha negato il
rilascio dell'autorizzazione a costruire, notificandola, per il tramite del
suo rappresentante, al ricorrente, il quale ha cionondimeno iniziato, nel
settembre del 1999, i lavori. È pertanto manifesto che, al momento della loro
esecuzione, il ricorrente non poteva far valere alcun legittimo affidamento,
riguardo al diritto di procedervi, sia perché il rifiuto della licenza gli
era, o doveva essergli, noto, sia perché prima di iniziare i lavori egli
avrebbe comunque dovuto informarsi, dal suo rappresentante o nel Comune,
sullo stato della procedura (cfr. DTF 113 Ia 332 consid. 3b). Con la dovuta
diligenza, il ricorrente non poteva ignorare il carattere illecito dell'opera
(cfr. DTF 111 Ib 213 consid. 5; causa 1P.443/1998 del 18 agosto 1999, consid.
3c, apparsa in RDAT II-2000 n. 41); inoltre il fatto di avere presentato la
domanda di costruzione per il tramite di una terza persona e di avere
incaricato dell'esecuzione dell'opera un'impresa non lo dispensava dal
disporre di un'autorizzazione eccezionale (causa 1P.781/1999 del 23 febbraio
2000, consid. 3b/aa, apparsa in RDAT II-2000 n. 42).

3.
Il ricorrente ravvisa una violazione del diritto di essere sentito perché il
Consiglio di Stato prima, e il Tribunale amministrativo poi, non hanno
assunto i mezzi di prova da lui proposti. Omettendo di eseguire un
sopralluogo, di procedere all'audizione di testi e di richiamare dalle
autorità gli incarti concernenti casi dove sarebbero state ordinate, al posto
della demolizione di opere abusive, sanzioni pecuniarie, la Corte cantonale
avrebbe leso il diritto di essere sentito, commesso una disparità di
trattamento ed emanato una decisione carente di motivazione.

3.1 Per costante giurisprudenza, il diritto di essere sentito costituisce una
garanzia di natura formale, la cui violazione comporta l'annullamento della
decisione impugnata indipendentemente dalle possibilità di successo del
ricorso nel merito: questa censura dev'essere pertanto esaminata in primo
luogo (DTF 120 Ib 379 consid. 3b, 119 Ia 136 consid. 2b). Natura e limiti del
diritto di essere sentito sono determinati innanzitutto dalle disposizioni
cantonali di procedura. Indipendentemente da ciò, l'autorità cantonale deve
rispettare le garanzie minime dedotte direttamente dall'art. 29 cpv. 2 Cost.
e, in precedenza, dall'art. 4 vCost. (DTF 126 I 7 consid. 2b, 15 consid.
2a/aa, 125 I 257 consid. 3a, 119 Ia 136 consid. 2c). Il ricorrente fa valere
anche la violazione dell'art. 18 della legge cantonale di procedura per le
cause amministrative, del 19 aprile 1966 (LPamm), che disciplina
l'accertamento della fattispecie da parte dell'autorità amministrativa, e
dell'art. 19 LPamm, concernente le prove.

3.2 Nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove la Corte
cantonale dispone di un ampio potere di apprezzamento. Per motivarne
l'arbitrarietà non basta criticare semplicemente la decisione impugnata, né
contrapporle una versione propria, per quanto, se del caso, sostenibile o
addirittura preferibile. Occorre piuttosto dimostrare per quale motivo
l'accertamento dei fatti o la valutazione delle prove criticati sarebbero
manifestamente insostenibili, si trovino in chiaro contrasto con la
fattispecie, si fondino su una svista manifesta o contraddicano in modo
urtante il sentimento della giustizia e dell'equità (DTF 125 II 10 consid.
3a, 122 I 61 consid. 3a). Secondo costante giurisprudenza, il Tribunale
federale annulla la decisione impugnata quando essa sia insostenibile non
solo nella motivazione, bensì anche nel risultato (DTF 125 II 129 consid. 5b,
124 I 208 consid. 4a).

3.3 Gli accenni del ricorrente non dimostrano un'applicazione arbitraria
delle invocate norme cantonali, né la sentenza impugnata, su questo punto,
contrariamente all'assunto ricorsuale, è carente di motivazione. Il Tribunale
cantonale amministrativo ha ritenuto che le fattezze e le dimensioni
dell'opera litigiosa emergevano con sufficiente chiarezza dai piani e dalla
relazione tecnica allegati alla domanda di costruzione e che le fotografie
agli atti rendevano superfluo un sopralluogo. I Giudici cantonali hanno poi
spiegato perché si poteva prescindere dall'assunzione delle prove
testimoniali proposte, dal momento ch'esse apparivano, per gli esposti
motivi, irrilevanti ai fini del giudizio. I Giudici cantonali hanno quindi
concluso, sulla base di un motivato apprezzamento anticipato delle prove,
che, in applicazione dell'art. 18 LPamm, il ricorso poteva essere esaminato
sulla base degli atti, senza ulteriore istruttoria.

Il ricorrente non dimostra che i motivi posti a fondamento del menzionato
apprezzamento anticipato delle prove (al riguardo vedi DTF 124 I 208 consid.
4a, 122 II 464 consid. 4a, 120 Ib 224 consid. 2b e rinvii, 119 Ib 492 consid.
5b/bb; Marco Borghi/Guido Corti, Compendio di procedura amministrativa
ticinese, Lugano 1997, n. 1b all'art. 18 e n. 5 all'art. 19), con i quali non
si confronta, sarebbero arbitrari. In tale ambito all'autorità competente
spetta un vasto margine di apprezzamento e il Tribunale federale interviene
soltanto in caso di arbitrio, mentre la censura di violazione del diritto di
essere sentito coincide con la critica di apprezzamento arbitrario delle
prove (DTF 124 I 208 consid. 4a, 115 Ia 8 consid. 3a, 97 consid. 5b pag. 101,
106 Ia 161 consid. 2b in fine). Né il diritto di essere sentito è stato
disatteso per il fatto che il ricorrente non è stato udito oralmente:
rilevato ch'egli non invoca nessuna norma specifica del diritto cantonale che
sancirebbe tale facoltà, egli disattende che le esigenze minime dedotte
dall'art. 29 cpv. 2 Cost. (e, precedentemente, dall'art. 4 vCost.), non
implicano, di massima, il diritto di esprimersi oralmente dinanzi
all'autorità chiamata a statuire, né egli sostiene il contrario (cfr. DTF 125
I 209 consid. 9b pag. 219, 122 II 4 64 consid. 4c, 108 Ia 188 consid. 2a;
Jörg Paul Müller, Grundrechte in der Schweiz, 3a ed., Berna 1999, pag. 524
seg.).
3.4 Sempre riguardo alla contestata valutazione anticipata delle prove,
censura sulla quale è incentrato il gravame, il ricorrente sostiene di non
aver ampliato né modificato la costruzione. Egli non dimostra tuttavia che la
Corte cantonale avrebbe accertato i fatti decisivi in maniera manifestamente
insostenibile e quindi arbitraria. In effetti, il ricorrente si limita ad
addurre che la costruzione dei parapetti sopra la soletta scongiurerebbe una
situazione di pericolo e permetterebbe unicamente di salvaguardare la sua
integrità fisica e quella dei familiari: l'edificazione delle strutture
esterne non dovrebbe essere quindi vista in funzione della zona, ma dal
profilo "dell'interesse pubblico alla salvaguardia della salute". La censura,
attinente alla negata autorizzazione eccezionale, doveva, se del caso, essere
presentata contro il diniego del permesso edilizio ed è pertanto, oltre che
meramente appellatoria, tardiva e quindi inammissibile. Il mancato
sopralluogo, in tale ambito, non lede il diritto di essere sentito del
ricorrente.

3.5 Il ricorrente fa valere inoltre che il sopralluogo e l'audizione dei
testi avrebbero dimostrato che la costruzione risponde a un bisogno
oggettivamente fondato. Anche questa critica, attinente all'applicazione
dell'art. 24 cpv. 2 vLPT, concerne l'applicazione del diritto federale e la
sua interpretazione da parte della Corte cantonale e doveva essere sollevata,
semmai, nell'ambito di un ricorso contro il mancato rilascio
dell'autorizzazione eccezionale. I Giudici cantonali avevano ritenuto la
cantina litigiosa non indispensabile per la continuazione dell'utilizzazione
attuale della residenza secondaria, stabilendo ch'essa era contraria anche al
nuovo diritto. Senza incorrere nell'arbitrio la Corte cantonale poteva
pertanto negare il sopralluogo richiesto, non decisivo ai fini del menzionato
quesito.

4.
Il ricorrente, richiamando il principio della proporzionalità, sostiene che i
suoi interessi privati prevarrebbero su quelli pubblici tendenti al
ripristino della situazione conforme al diritto.

4.1 Secondo l'invocato principio, le misure adottate dall'autorità devono
essere idonee a raggiungere lo scopo di interesse pubblico perseguito, né
possono eccedere i limiti dell'indispensabile (DTF 124 I 107 consid. 4c/aa).
La legislazione cantonale prevede l'eliminazione delle opere abusive (art. 43
LE); in ogni caso, anche in assenza di disposizioni esplicite, l'eliminazione
di opere vietate dal diritto federale (nel caso concreto la LPT) può essere
imposta in base alla normativa federale (DTF 105 Ib 272 consid. 1c, 104 Ib
74, 301 consid. 5b e c). Si può prescindere dal provvedimento di ripristino
quando l'opera eseguita diverga solo in modo irrilevante da quella
autorizzata, quando la demolizione non persegua scopi d'interesse pubblico
oppure quando il proprietario potesse ritenere in buona fede la costruzione
lecita, e non ostino importanti interessi pubblici al mantenimento dello
stato di fatto (DTF 111 Ib 213 consid. 6 e rinvii).

4.2 Secondo la prassi del Tribunale federale, anche il proprietario in
malafede può prevalersi del principio della proporzionalità, ma il suo
pregiudizio conseguente alla demolizione va considerato con minor attenzione
rispetto all'accresciuto interesse pubblico volto al ripristino della
situazione conforme al diritto (DTF 111 Ib 213 consid. 6b pag. 224, 108 Ia
216 consid. 4b e rinvii; causa 1P.443/1998, consid. 3a, citata; Marco
Lucchini, Compendio giuridico per l'edilizia, Lugano 1999, pag. 189 seg.);
quando la misura di ripristino risulti impossibile o sproporzionata, il
Municipio la sostituisce con una sanzione pecuniaria (art. 44 cpv. 1 LE).
Come si è visto, la Corte cantonale ha ritenuto a ragione l'assenza di buona
fede del ricorrente. Si è quindi di fronte a una fattispecie in cui, nella
ponderazione degli opposti interessi, l'autorità può attribuire un peso
accresciuto al ripristino di una situazione legale e trascurare, o
considerare solo parzialmente, gli inconvenienti puramente personali, in
particolare le spese di costruzione e di demolizione, derivanti al
proprietario dall'ordine litigioso. Non sussistono quindi motivi dedotti
dalla protezione della buona fede che ostino al ripristino della situazione
conforme al diritto (DTF 121 II 214 consid. 3b, 118 Ia 245 consid. 4b).
L'ordine di demolizione non viola pertanto la Costituzione. Per i motivi
esposti, gli interessi pubblici al ripristino prevalgono sugli interessi
meramente personali del ricorrente (DTF 111 Ib 213 consid. 6a e b, 108 Ia 216
consid. 4b con riferimenti).

5.
Il ricorrente sostiene poi che la sua richiesta di edizione di documenti,
atti a provare che in altri casi l'Autorità avrebbe applicato la sanzione
pecuniaria, rinunciando a imporre il ripristino, avrebbe dovuto essere
accolta. La Corte cantonale ha stabilito che il principio della parità di
trattamento nell'illegalità può essere invocato con successo solo quando
viene dimostrata l'esistenza di una prassi illegale, che non lede interessi
preponderanti, dalla quale l'autorità non intende scostarsi. Ha comunque
ritenuto che anche nell'ipotesi in cui fossero state imposte sanzioni
pecuniarie invece del ripristino, l'esistenza di una prassi difforme dalla
legge, dalla quale l'autorità non intenderebbe scostarsi, non sarebbe per
nulla dimostrata.

Anche su questo punto il ricorrente non si confronta con i motivi posti a
fondamento del giudizio impugnato. La censura, appellatoria, è pertanto
inammissibile. La stessa sarebbe comunque infondata. Premesso che il
principio dell'uguaglianza di trattamento ha una portata necessariamente
attenuata nell'ambito di provvedimenti pianificatori (DTF 122 I 279 consid.
5a pag. 288, 116 Ia 193 consid. 3b), dall'art. 8 Cost. (e in precedenza
dall'art. 4 vCost., invocato dal ricorrente) non deriva - eccettuati casi
eccezionali non realizzati in concreto - un diritto all'uguaglianza di
trattamento nell'illiceità, in particolare quando l'Autorità, come nella
fattispecie, postulando la reiezione del gravame, manifesta la volontà di
abbandonare una (non provata) prassi non conforme alla legge (DTF 122 II 446
consid. 4a, 116 Ia 345 consid. 6a/aa, 115 Ia 81). Del resto, il ricorrente,
limitandosi ad addurre che, nel passato, l'Autorità comunale avrebbe
applicato in maniera abusiva l'art. 44 LE, non sostiene che si sarebbe in
presenza di una prassi costante, né, ancor meno, che l'Autorità comunale, in
futuro, non intenderebbe scostarsene, per cui sarebbero adempiuti i
presupposti richiesti dalla giurisprudenza per beneficiare del diritto
all'uguaglianza nell'illegalità (DTF 127 I 1 consid. 3a).

6.
Ne segue che, in quanto ammissibile, il ricorso dev'essere respinto. Le spese
seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 OG). Al Comune di Semione, che si è
avvalso dell'assistenza di un legale, spettano ripetibili della sede federale
(art. 159 cpv. 1 OG).

Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

1.
Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.

2.
La tassa di giustizia di fr. 3'000.-- è posta a carico del ricorrente, che
rifonderà al Comune di Semione un'indennità di fr. 2'000.-- per ripetibili
della sede federale.

3.
Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Dipartimento del territorio
del Cantone Ticino, al Consiglio di Stato, al Tribunale amministrativo del
Cantone Ticino e al Dipartimento federale dell'Ambiente, dei trasporti,
dell'energia e delle comunicazioni, ufficio federale dello sviluppo
territoriale.

Losanna, 22 gennaio 2003

In nome della I Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero

Il presidente: Il cancelliere: