Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

Kassationshof in Strafsachen 6P.93/2001
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6P.93/2001
6S.400/2001 MDE

    C O R T E   D I   C A S S A Z I O N E   P E N A L E
    ***************************************************

                      10 gennaio 2002

Composizione della Corte: giudici federali Schubarth, pre-
sidente della Corte, Wiprächtiger e Ramelli, supplente.
Cancelliera: Bino.

                          _______

Visti i ricorsi di diritto pubblico e per cassazione pre-
sentati l'8 giugno 2001 da A.________, nato a Gllaren
(Kosovo), attualmente detenuto presso il Penitenziario
della Pianura di Orbe, Orbe, patrocinato dall'avv. Rocco
Taminelli, Bellinzona, contro la sentenza emanata il 24
aprile 2001 dalla Corte di cassazione e di revisione penale
del Tribunale d'appello del Cantone Ticino nell'ambito del
procedimento penale nei suoi confronti nonché di
B.________, patrocinata dall'avv. Renata Loss Campana,
Bellinzona, per assassinio, rapina nonché infrazione e
contravvenzione alla legge federale sugli stupefacenti;

            R i t e n u t o   i n   f a t t o :

  A.-  La mattina di Pasqua del 4 aprile 1999,
C.________ veniva trovato morto nel corridoio del primo
piano della casa di sua proprietà in via del Fiume 5 a
Bellinzona. Evidenti ecchimosi ed escoriazioni riscontrate
al capo, alle labbra, agli arti superiori, al tronco e agli
arti inferiori del defunto, escludevano l'ipotesi della
morte naturale e lasciavano presupporre l'intervento di
terzi. Secondo il rapporto autoptico del 28 ottobre 1999,
il decesso era avvenuto per asfissia meccanica per soffoca-
mento, blocco meccanico della respirazione e, verosimilmen-
te, costrizione del collo.

  B.-  Il 6 aprile 1999, A.________ e sua moglie,
B.________ venivano arrestati. Quest'ultimi abitavano al
pianterreno dello stabile di proprietà del defunto. Final-
mente, il 21 aprile 1999, A.________ confessava aver ucciso
C.________ la sera del 3 aprile 1999 mentre lo stava rapi-
nando nel suo appartamento. B.________ riconosceva di aver
partecipato esclusivamente alla rapina.

  Secondo i fatti accertati in sede cantonale, verso
la fine del mese di marzo 1999, A.________ e sua moglie
vivevano in condizioni economiche disastrose e progettarono
di rapinare C.________, il loro padrone di casa. Essi deci-
sero di agire la sera del 3 aprile 1999 tornando da una
festa, dopo aver consumato alcolici. Consapevoli della
necessità di neutralizzare C.________, il quale usciva
raramente di casa e portava sempre con sé il portamonete
nonché la chiave della cassaforte, si accordarono che la
rapina sarebbe stata eseguita materialmente da A.________.
Mascherato, egli avrebbe aspettato che l'anziano scendesse
al pianterreno per fare rientrare il cane e chiudere la
porta dell'ingresso principale. Si sarebbe quindi intro-

dotto nell'appartamento, l'avrebbe immobilizzato, steso a
terra e legato, per infine sottrargli il portamonete e la
chiave della cassaforte. B.________ forniva al marito gli
indumenti idonei a mascherarsi nonché una corda gialla, un
laccio stringa blu-nero, un paio di guanti e la chiave del
portone d'ingresso, sottratta a C.________ dieci giorni
prima "per dispetto". Indossando una giacca nera con cap-
puccio, con una calza di nylon in tasca e un'altra sul
viso, A.________ usciva e girava intorno allo stabile,
rientrandovi dal portone principale. Giunto al pianerottolo
davanti all'appartamento di C.________, stava per infilare
la calza di nylon e alzare il cappuccio della giacca sulla
testa, quando, scorto attraverso il vetro il malcapitato
abbassare la maniglia della porta, A.________ si buttava
contro quest'ultima, scaraventando così l'anziano contro lo
stipite della porta di fronte. Lo agganciava quindi dalle
spalle, afferrandolo per il collo della camicia e facendolo
cadere a terra con uno sgambetto. Poiché si lamentava,
A.________ si sedeva sulla sua schiena con tutto il suo
peso e tentava di tappargli la bocca, dapprima con una
camicia e, infine, legando un asciugamano a modo di bava-
glio molto stretto dietro la nuca. Un momento prima
C.________ avrebbe detto a A.________ di averlo riconosciu-
to e, dopo aver emesso un rantolo, non avrebbe più parlato.
In seguito, A.________ si girava, si sedeva con tutto il
suo peso sulla testa della vittima, le legava le mani die-
tro la schiena e le sottraeva di tasca il portamonete non-
ché un mazzo di chiavi. Rovistava quindi nell'appartamento
in cerca di refurtiva. Tornato poi dall'anziano, dopo aver
infilato sulla testa la seconda calza di nylon, A.________
lo rivoltava sulla schiena, constatando la sua morte. Si
recava quindi nel proprio appartamento e raccontava alla
moglie l'accaduto, consegnandole la somma di fr. 140.--
trovata nel portamonete del defunto. Quest'ultima usciva
per comprare una bottiglia di whisky che beveva poi con il
marito. Munito di alcuni sacchi per i rifiuti, egli risali-

va nell'appartamento di C.________ e rovistava di nuovo in
cerca di refurtiva appropriandosi di diversi oggetti. Sle-
gava poi in parte la vittima, cancellava le impronte e
scendeva con il bottino. Recatosi per l'ultima volta sul
luogo del delitto, egli rimetteva le chiavi nella tasca del
morto e partiva lasciando la porta semiaperta. Usciva quin-
di dal portone principale che chiudeva con la chiave data-
gli dalla moglie e rientrava nel suo appartamento, ove
nascondeva la refurtiva.

  C.-  Il 31 agosto 2000, la Corte delle assise cri-
minali del Cantone Ticino, statuente a Bellinzona, ricono-
sceva A.________ colpevole di assassinio e di rapina per
avere, a scopo egoistico, con mancanza di scrupoli e moda-
lità perverse, ucciso intenzionalmente C.________ la sera
del 3 aprile 1999 e per avere, in correità con B.________,
sottratto l'ammontare di fr. 140.-- e altri oggetti. La
Corte concedeva che l'imputato aveva agito in stato di
scemata responsabilità poiché, a causa della sua disturbata
personalità e dell'euforia indotta dall'abuso di bevande
alcoliche, benché avesse avuto coscienza dell'illiceità del
suo comportamento, non aveva potuto conformarsi a tale
valutazione. La Corte riconosceva inoltre B.________ colpe-
vole di rapina per aver concorso con A.________ a perpetra-
re il furto ai danni di C.________, sapendo che il marito
avrebbe usato violenza, e in particolare per avere dato
assistenza a quest'ultimo fornendogli abiti e oggetti ido-
nei a travestirsi, come pure due corde per legare la vitti-
ma, dei guanti e la chiave dell'ingresso principale dello
stabile. Entrambi gli imputati venivano infine riconosciuti
colpevoli di ripetuta infrazione e contravvenzione alla
legge federale sugli stupefacenti per spaccio e consumo di
eroina.

  La Corte delle assise condannava quindi A.________
a 12 anni di reclusione e all'espulsione effettiva dalla
Svizzera per 12 anni. B.________ veniva condannata a 3 anni
e 6 mesi di reclusione. La sospensione condizionale relati-
va a una pena di 30 giorni di detenzione e di 3 anni di
espulsione inflitta a A.________ il 14 aprile 1997 nonché
la sospensione condizionale concernente una pena di 15
giorni di detenzione pronunciata a carico di B.________ il
29 marzo 1999 venivano revocate. La Corte ordinava altresì
per i due imputati un trattamento ambulatoriale ai sensi
dell'art. 43 CP e li condannava a rifondere alla parte
civile Rosalba Antonietti un'indennità di fr. 12'318.10 per
spese di patrocinio, di fr. 628.05 per risarcimento danni e
di fr. 10'000.-- per torto morale.

  D.-  Adita da A.________, la Corte di cassazione e
di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone
Ticino (CCRP) ne respingeva l'impugnativa con sentenza del
24 aprile 2001.

  E.-  Con tempestivi ricorsi di diritto pubblico e
per cassazione, A.________ è insorto contro la sentenza
della CCRP, chiedendo che essa sia annullata, con protesta
di spese e ripetibili. Egli insta altresì affinché gli
venga accordata l'assistenza giudiziaria.

      C o n s i d e r a n d o   i n   d i r i t t o :

  1.- a)  Il Tribunale federale esamina d'ufficio e
con libero potere d'esame l'ammissibilità del rimedio espe-
rito, senza essere vincolato, in tale ambito, dagli argo-
menti delle parti o dalle loro conclusioni (DTF 127 III 41
consid. 2a, 126 I 81 consid. 1, 125 I 253 consid. 1a e rin-
vii, 458 consid. 1).

  b)  Nella misura in cui rinviano agli argomenti
sollevati in sede cantonale, i gravami sono inammissibili
(DTF 111 IV 108, 100 IV 181 consid. 1a).

  c)  Vista la natura cassatoria del ricorso di di-
ritto pubblico (DTF 125 II 86 consid. 5a e rinvii), nella
misura in cui il gravame domanda il rinvio all'autorità
cantonale per nuovo giudizio nel senso dei considerandi,
esso è inammissibile.

  d)  Date le impugnative e conformemente all'art.
275 cpv. 5 PP, conviene esaminare in primo luogo il ricorso
di diritto pubblico e ribadire che con quest'ultimo possono
essere censurati in particolare la violazione dei diritti
costituzionali quali la garanzia contro l'arbitrio negli
accertamenti dei fatti e la violazione del principio in
dubio pro reo, mentre la lesione del diritto federale va
fatta valere con ricorso per cassazione (art. 269 PP).

        I. Ricorso di diritto pubblico (6P.93/2001)

  2.- a)  Secondo giurisprudenza costante, nell'ambi-
to dell'accertamento dei fatti e della valutazione delle
prove il giudice di merito dispone di un ampio potere di
apprezzamento. Per censurare un accertamento dei fatti o
una valutazione delle prove arbitrari, non basta che il
ricorrente contesti semplicemente la decisione impugnata o
che vi contrapponga una propria versione o valutazione,
quand'anche essa sia sostenibile o addirittura preferibile;
egli deve dimostrare perché l'accertamento dei fatti e la
valutazione delle prove da lui criticati sono manifestamen-
te insostenibili o in chiaro contrasto con la situazione di
fatto, si fondano su di una svista  manifesta o contraddi-
cono in modo urtante il sentimento della giustizia e dell'

equità. Non è sufficiente che la motivazione della decisio-
ne impugnata sia insostenibile, pure il risultato deve
essere arbitrario (art. 90 cpv. 1 lett. b OG; DTF 125 I 71
consid. 1c; sulla nozione di arbitrio: DTF 126 I 168 con-
sid. 3a, 125 I 166 consid. 2a, 124 I 208 consid. 4, 118 Ia
28 consid. 1b e rinvii).

  Quando, come in concreto, la cognizione con la
quale ha giudicato l'ultima istanza cantonale è pari a
quella di cui dispone il Tribunale federale nell'ambito del
ricorso di diritto pubblico, solo la decisione di tale
istanza, ad eccezione di quella dell'autorità precedente,
può essere oggetto del gravame (DTF 125 I 492 consid. 1b e
rinvii). Anche se la decisione dell'autorità cantonale
inferiore non può essere impugnata formalmente, il ricor-
rente può e deve, nella motivazione del ricorso di diritto
pubblico, contestare nel merito la valutazione delle prove
eseguita dall'autorità inferiore ritenuta non arbitraria
dall'ultima istanza cantonale, che fruiva di un potere
d'esame limitato. Egli deve tuttavia confrontarsi contempo-
raneamente con la motivazione della decisione dell'ultima
istanza, la sola che costituisce oggetto del litigio, e
spiegare come e perché sia stata negata a torto una valuta-
zione arbitraria delle prove da parte dell'istanza inferio-
re. Il Tribunale federale esamina senza riserva l'uso che
l'autorità cantonale di ricorso ha fatto del suo limitato
potere cognitivo (DTF 127 I 38 consid. 3c; 126 III 534 con-
sid. 1b, 125 I 492 consid. 1a/cc, 116 III 70 consid. 2b,
112 Ia 350 consid. 1, 111 Ia 353 consid. 1b in fine; Karl
Spühler, Die Praxis der staatsrechtlichen Beschwerde, Berna
1994, pag. 58 n. 140).

  b)  Il ricorrente contesta di avere ucciso la vit-
tima intenzionalmente e qualifica di arbitrari gli accerta-
menti compiuti in sede cantonale. Egli si sarebbe reso
conto della morte di C.________ solo una volta rigirato il

corpo dopo aver rovistato nell'appartamento in cerca di
refurtiva. A sostegno della sua tesi, cita uno spezzone del
verbale di interrogatorio del 26 maggio 1999, dove dichiara
"[...] quando ho girato il nonno [C.________], dopo aver
guardato nella cassaforte e dopo aver messo la calza mi
sono accorto che il nonno era morto e quindi ho capito che
intanto che lo stavo imbavagliando il nonno stava morendo".
Sostanzialmente, egli propone i medesimi argomenti solleva-
ti in sede cantonale, rinviandovi a tratti, senza confron-
tarsi in modo rigoroso con gli argomenti sviluppati nella
sentenza impugnata. La questione dell'ammissibilità della
censura può tuttavia restare indecisa poiché, comunque,
infondata.

  c)  In primo luogo, lo stesso ricorrente (gravame
di diritto pubblico, pagg. 7 in fine e 11 in fine) rico-
nosce espressamente che sono sostenibili sia la tesi da lui
difesa che quella sposata dall'autorità cantonale. L'accer-
tamento del carattere intenzionale dell'illecito litigioso
(v. sentenza impugnata, pagg. 6-9 consid. 3) si poggia tra
l'altro sul verbale di interrogatorio del 26 maggio 1999
nel quale il ricorrente, oltre alla frase da lui già citata
nel gravame, dichiarava testualmente che una volta a terra
C.________ "non si era più mosso" che "forse non era ancora
morto, ma stava morendo" e che comunque fosse si era accor-
to che l'anziano "se ne stava andando".

  Di per sé, ciò non sarebbe forse rilevante se in
aula il ricorrente non avesse testualmente ammesso di "aver
avuto la percezione che C.________ stesse morendo quando
gli prese le braccia da sotto il corpo per legargliele
dietro la schiena": egli "non opponeva più nessuna resi-
stenza; le braccia erano molli e lui capì che probabilmente
stava morendo" (v. verbale del dibattimento, pag. 5). Tale
ammissione è talmente chiara da non potere essere relati-
vizzata, sotto il profilo dell'arbitrio, dalla lettura, per

di più parziale, del verbale del 26 maggio 1999. Inoltre,
benché durante l'elaborazione del piano il ricorrente non
avesse avuto l'intenzione di uccidere l'anziano, egli, pur
conoscendo l'età (83 anni) e lo stato di salute precario
della sua vittima, era subito passato alle maniere forti.
Dopo averla scagliata violentemente contro lo stipite della
porta, averla afferrata per il collo della camicia e con
uno sgambetto fatta cadere a terra con il viso contro il
pavimento, si era seduto sulla sua schiena con forza per
tapparle la bocca e aveva udito un rantolo. Ciò nonostante
aveva cambiato il bavaglio, sostituendo la camicia, troppo
larga, con l'asciugamano per stringerlo ancora di più. Si
era seduto poi sulla sua testa, otturando le vie respirato-
rie, e le aveva legato le mani inerti dietro la schiena. Da
tali constatazioni i giudici di merito hanno dedotto che,
man mano che dava sfogo al suo impeto di violenza, il ri-
corrente aveva percepito, senza curarsene, le conseguenze
del suo gesto. A siffatti argomenti, egli contrappone una
propria versione dei fatti appellatoria e fondata su un'in-
terpretazione isolata delle sue dichiarazioni. Pretende,
inoltre, che la sua affermazione in aula era stata mal com-
presa a causa delle sue carenze linguistiche. Simile argo-
mento risulta assai poco credibile, non foss'altro che per
la presenza, come rileva a giusto titolo la CCRP (sentenza
impugnata, pag. 7 consid. 3c), dell'avvocato difensore. Il
ricorrente insiste ancora su tre circostanze "fondamentali"
a suo favore che dimostrerebbero che egli, al momento di
girare il corpo della vittima, fosse convinto che quest'ul-
tima era ancora viva, ossia il fatto che, accortosi che la
camicia ostruiva completamente la bocca dell'anziano, prese
l'asciugamano per facilitargli la respirazione, che prima
di voltarlo si infilò la seconda calza di nylon per evitare
di essere riconosciuto e infine che, ancora prima di sle-
gargli le braccia, egli lo liberò dal morso (gravame di
diritto pubblico, pagg. 8-9). Tali censure, del resto già
trattate dalla CCRP (sentenza impugnata, pag. 8 consid.

3e), hanno un carattere appellatorio manifesto e, pertanto,
sono inammissibili. Il ricorrente sostiene poi che gli
elementi da lui sollevati proverebbero l'arbitrio, se non
singolarmente, perlomeno se "considerati nel loro insieme"
(gravame di diritto pubblico, pag. 9 in fine). È invece
l'insieme degli elementi valutati in modo dettagliato nella
sentenza impugnata (consid. 3, pagg. 6-9) che dimostra che
l'accertamento secondo il quale l'aggressore era consapevo-
le che la sua vittima stava morendo è sostenibile. Pertan-
to, è senza alcun arbitrio che i giudici cantonali hanno
accertato il carattere intenzionale dell'atto omicida.

  d)  Il ricorrente si duole che la sua tesi difen-
siva non sia stata considerata in sede cantonale. A sua
mente, scegliere un'interpretazione dei fatti quando ne
esiste un'altra più favorevole all'accusato, senza nemmeno
giustificare tale scelta, è manifestamente insostenibile
(gravame di diritto pubblico, pag. 8). La Corte cantonale
ha motivato in modo diffuso e dettagliato, per di più con-
formemente all'art. 29 cpv. 2 Cost., le ragioni per cui
essa considerava che il ricorrente aveva agito con coscien-
za e volontà; pertanto, anche tale censura va disattesa.

  3.- a)  Il ricorrente si avvale infine della viola-
zione del principio in dubio pro reo. Egli persiste nel
sostenere l'esistenza di dubbi "rilevanti ed insuperabili"
circa l'adempimento del momento soggettivo dell'atto omici-
da a lui rimproverato.

  b)  Il principio "in dubio pro reo" è il corollario
del principio della presunzione d'innocenza garantita agli
art. 32 cpv. 1 Cost., 6 n. 2 CEDU e 14 cpv. 2 Patto ONU II
e concerne sia la valutazione delle prove sia la riparti-
zione dell'onere della prova.

  Quale regola che disciplina l'onere probatorio,
esso significa che spetta alla pubblica accusa provare la
colpevolezza dell'imputato e non invece a quest'ultimo
dimostrare la sua innocenza. Il Tribunale federale fruisce
al riguardo di un libero potere di esame (DTF 127 I 38
consid. 2a, 124 IV 86 consid. 2a, 120 Ia 31 consid. 2).

  Riferito alla valutazione delle prove, esso signi-
fica che il giudice di merito non può dichiararsi convinto
dell'esistenza di una fattispecie più sfavorevole all'impu-
tato quando, secondo una valutazione oggettiva del materia-
le probatorio, sussistono dubbi sulla realtà di tale fatti-
specie. Una certezza assoluta non può tuttavia essere pre-
tesa. Per ammettere una violazione, i dubbi devono apparire
seri e irriducibili, ossia imporsi in modo oggettivo (DTF
127 I 38 consid. 2a, 124 IV 86 consid. 2a, 120 Ia 31 con-
sid. 2d, 106 IV 85 consid. 2b/bb). Sotto questa accezione,
il principio "in dubio pro reo" ha la stessa portata che il
divieto dell'arbitrio (DTF 120 Ia 31 consid. 4b, 119 Ia 362
consid. 3a e la giurisprudenza citata).

  c) Il ricorrente si duole della violazione del
principio in dubio pro reo nella valutazione delle prove.
Egli si dilunga in modo appellatorio sulla sua tesi difen-
siva e sostiene che tra le due versioni dei fatti, ugual-
mente sostenibili, i giudici avrebbero dovuto scegliere la
sua, in quanto a lui più favorevole. Ora, dalle prove valu-
tate senza arbitrio, non esistono dubbi ai sensi della
giurisprudenza sulla versione adottata dai giudici di meri-
to. Per il sovrappiù, gli argomenti sollevati si confondono
con quelli sviluppati precedentemente nell'ambito della
censura di arbitrio. Conviene comunque ribadire che deter-
minanti sono state, non solo le dichiarazioni, ma altresì
la dinamica dell'agire raccontata dal ricorrente. Secondo
giurisprudenza costante, quando, come nella presente causa,
mancano testimoni oculari o prove materiali inconfutabili,

un giudizio di condanna che si poggia su di una serie d'in-
dizi, tra cui le dichiarazioni dello stesso imputato, pur-
ché sufficientemente precisi da consentire una deduzione
logica e rigorosa, non viola il principio in dubio pro reo
(RDAT 1998 II 38 141 consid. 2 e 3; sentenza non pubblicata
del Tribunale federale del 29 gennaio 1992 nella causa X.
[1P.784/1990] consid. 2b).

  d)  Il ricorrente accenna alla limitazione del po-
tere di esame del Tribunale federale in materia di viola-
zione del principio in dubio pro reo e richiama una parte
della dottrina che prona la libera cognizione (gravame di
diritto pubblico, pag. 11). Come testé ricordato, la giuri-
sprudenza compie una distinzione, che tiene perfettamente
conto del ruolo di corte costituzionale del Tribunale fede-
rale, tra la violazione del principio "in dubio pro reo" in
quanto regola della ripartizione dell'onere della prova,
esaminata con libero potere di esame, e la violazione dello
stesso principio come regola riferita alla valutazione del-
le prove ove, trattandosi - giova ripeterlo - di una ponde-
razione degli elementi probanti, il potere di esame corri-
sponde per insindacabili motivi a quello in materia di ar-
bitrio (DTF 127 I 38 consid. 2a, 124 IV 86 consid. 2a, 120
Ia 31 consid. 2). Ancora recentemente è stata ribadita la
conformità al diritto costituzionale e internazionale di
tale modo di procedere (DTF 127 I 38 consid. 2 e 4).

  4.-  Infine nella misura in cui il ricorrente con-
testa la commisurazione della pena, egli si prevale di una
questione di diritto federale (v. art. 269 PP) riservata al
ricorso per cassazione e, pertanto, inammissibile in sede
di gravame di diritto pubblico.

  5.-  Discende da quanto precede che il ricorso di
diritto pubblico va respinto nella misura della sua ammis-
sibilità.

         II. Ricorso per cassazione (6S.400/2001)

  6.-  Il ricorso per cassazione, di natura cassato-
ria (art. 277ter cpv. 1 PP), può essere fondato unicamente
sulla violazione del diritto federale (art. 269 PP; sulla
nozione v. Martin Schubarth, Nichtigkeitsbeschwerde 2001,
Berna 2001, pagg. 41 e segg.). La Corte di cassazione pena-
le del Tribunale federale è vincolata dagli accertamenti di
fatto dell'autorità cantonale (art. 277bis cpv. 1 seconda e
terza proposizione PP). Essa deve fondare il suo giudizio
sui fatti quali accertati dall'ultima istanza cantonale ed
eventualmente su quelli considerati dall'autorità inferio-
re, ma solo nella misura in cui essi siano ripresi, per lo
meno in modo implicito, nella decisione impugnata (art. 273
cpv. 1 lett. b PP; DTF 118 IV 122 consid. 1; Bernard Cor-
boz, Le pourvoi en nullité, SJ 1991, pagg. 92 e 93). La mo-
tivazione del ricorso non deve criticare accertamenti di
fatto né proporre eccezioni ed impugnazioni nuove (art. 273
cpv. 1 lett. b PP). Le censure formulate contro gli argo-
menti sviluppati nella decisione di prima istanza sono am-
missibili solamente nella misura in cui la CCRP li riprende
(DTF 106 IV 338 consid. 1).

  7.- a)  Il ricorrente contesta essenzialmente l'ap-
plicazione dell'art. 112 CP e ribadisce che l'assassinio
non può essere perpetrato per dolo eventuale. La volontà
criminale richiesta, più intensa che per l'omicidio, risul-
ta indebolita dalla mancanza di dolo diretto. Il dolo even-
tuale potrebbe essere ammesso solo in casi particolarmente
eclatanti ove, a differenza della fattispecie, le premesse
materiali dell'assassinio non suscitano dubbi alcuni.

  b)  È d'uopo precisare che i giudici cantonali
hanno stabilito che il ricorrente aveva agito con dolo
diretto; il dolo eventuale è stato esaminato solo a titolo

abbondanziale. I presupposti del dolo diretto sono adempiu-
ti allorquando l'agente è cosciente che il risultato ille-
cito si compirà e, ciò nonostante, agisce, accettandone co-
sì il suo sopraggiungere (DTF 126 IV 60 consid. 2b). Ciò
che l'autore sapeva, voleva o accettava sono questioni di
fatto che non possono essere esaminate nel quadro di un
ricorso per cassazione (art. 273 cpv. 1 lett. b, 277bis
cpv. 1 PP; DTF 110 IV 85 consid. 3, 119 IV 1 consid. 5). I
fatti vincolanti accertati nel giudizio impugnato, tra cui
soprattutto le ammissioni dello stesso autore, rivelano
senza dubbio che egli si rese conto che stava uccidendo la
vittima fin dall'inizio dell'aggressione ma, ciò nonostan-
te, continuò ad infierire su di lei ripetutamente e con
estrema violenza, dimostrando così una vera e propria con-
sapevolezza omicida. Simile comportamento è indubbiamente
costitutivo del dolo diretto; pertanto, la conclusione dei
giudici cantonali è conforme al diritto federale, in parti-
colare all'art. 18 cpv. 2 CP.

  8.- a)  Il ricorrente sostiene che il suo agire non
adempie i criteri dell'art. 112 CP e pretende la derubrica-
zione della dichiarazione di colpevolezza per assassinio a
omicidio intenzionale.

  b)  L'omicidio intenzionale (art. 111 CP) deve es-
sere qualificato come assassinio (art. 112 CP) se l'agente
ha agito con particolare mancanza di scrupoli, segnatamente
con movente, scopo o modalità particolarmente perversi. In
altre parole l'assassinio è un caso aggravato di omicidio
intenzionale che si contraddistingue per il carattere par-
ticolarmente riprensibile dell'atto illecito (FF 1985 II
912-913, DTF 127 IV 10 consid. 1; Bernard Corboz, Les prin-
cipales infractions, Vol. I, Berna, 1997, ad art. 112 CP,
n. 1-23).  La nozione di "particolare mancanza di scrupoli"
corrisponde alla nozione di "particolare perversità" dell'
art. 112 CP previgente (FF 1985 II 912; Gunther Straten-

werth, Schweizerisches Strafrecht, Besonderer Teil I, Berna
1995, 5a ed., n. 17, pag. 26). Per caratterizzare "la par-
ticolare mancanza di scrupoli", l'art. 112 CP evoca l'ipo-
tesi di movente, scopo o modalità particolarmente perversi;
tale lista è esemplificativa (FF 1985 II 912; Stratenwerth,
op. cit., n. 20, pag. 27). La casistica è varia. Il movente
dell'agente è particolarmente odioso allorquando egli ucci-
de contro rimunerazione o per derubare la sua vittima (DTF
118 IV 122 consid. 1b, 115 IV 187 consid. 2 e 3); lo scopo
è particolarmente odioso quando l'agente elimina un testi-
mone sgradito o una persona che si interpone alla commis-
sione di un reato; il modo di agire è specialmente odioso
se l'agente dimostra una certa crudeltà o gode nel vedere
soffrire la sua vittima (v. anche Corboz, op. cit., ad art.
112, n. 8-19 e gli esempi citati; nonché Stefan Disch, L'
homicide intentionnel, Tesi, Losanna 1999, pagg. 313-322).
Riferendosi più precisamente al caso specifico, conviene
ribadire che, in linea di principio, l'uccisione di una
persona a scopo di rapina costituisce un tipico caso di
assassinio, essendo irrilevante che il rapinatore abbia
ucciso prima, durante o subito dopo la fase dell'appropria-
zione del bottino, senza una ragione particolare oppure per
timore di una reazione (effettiva o presunta) della vittima
(DTF 115 IV 187).

  c)  Per potere dire se l'atto, esaminato sotto ogni
angolo, conferisce al suo agente i tratti caratteristici
dell'assassino, bisogna procedere a una valutazione globa-
le. Le circostanze rilevanti sono solo le circostanze dell'
atto, quelle cioè direttamente connesse con la sua commis-
sione. I precedenti e il comportamento dell'agente dopo
l'agire possono aver un certo peso se concernono l'illecito
e forniscono un quadro della personalità dell'autore (DTF
127 IV 10 consid. 1a, 117 IV 369 consid. 17 e 19a; v. anche

Disch, op. cit., pag. 322). La premeditazione non è un
presupposto  determinante del reato di cui all'art. 112 CP
(Disch, op. cit., pag. 292 e rinvii). Esso non esige nemme-
no che l'agente abbia provato piacere nel fare soffrire la
sua vittima o nell'ucciderla così come non richiede un'as-
senza di legami tra di loro o che l'agente abbia agito a
sangue freddo. Il tipo d'assassino a cui si riferisce l'
art. 112 CP è una persona senza scrupoli, che agisce a san-
gue freddo, di un egoismo primitivo e crasso, priva di sen-
timenti sociali, che non tiene dunque in alcun conto la
vita altrui pur di realizzare il proprio interesse (DTF 127
IV 10 consid. 1a e rinvii; FF 1985 II 912/913). Tale menta-
lità deve apparire come un carattere costante della perso-
nalità sulla quale il giudice si pronuncia secondo criteri
morali oggettivi (DTF 127 IV 10 consid. 1a, 115 IV 8 con-
sid. 1b).

  d)  Nella fattispecie - premesso che nella misura
in cui il ricorrente sottopone un'interpretazione diversa
dei fatti accertati in sede cantonale e nega in particolare
di essersi accanito sulla vittima, le sue considerazioni
sono inammissibili (art. 277bis PP) - la CCRP ha giustamen-
te ripreso, aderendovi, le considerazioni dei primi giudici
sul carattere particolarmente reprensibile dell'illecito
(sentenza impugnata, consid. 6, pagg. 10-12). In questa
sede basta ribadire che il ricorrente conosceva lo stato di
salute della sua vittima, che sapeva debole e anziana al
punto che "anche un bambino con uno spintone avrebbe potuto
neutralizzarla". Ciò nonostante, per derubarla, ha messo in
atto una violenza, qualificata di "inaudita", "selvaggia",
violenza di cui i segni erano visibili su tutto il cadave-
re. Egli ha aggredito, atterrato, imbavagliato e legato
C.________ utilizzando una forza bruta: si è seduto sulla
sua schiena, gli ha fratturato le costole e ha compresso il
torace fino a bloccargli la respirazione, si è poi seduto

sulla sua  testa, bloccando le vie respiratorie già ostrui-
te dal bavaglio. Pur accorgendosi che il malcapitato stava
morendo, non ha desistito (sentenza impugnata, pag. 7-8
consid. 3c, pag. 11-12 consid. 6b e 6c). Ragioni per un
tale comportamento, se non prettamente egoistiche, non ve
ne erano. Anzi, il ricorrente stesso ha dichiarato di esse-
re stato amico della vittima dalla quale aveva ricevuto del
bene, come "da un padre" (sentenza della Corte delle assi-
se, pag. 48 consid. 8). Da tale valutazione complessiva, i
giudici cantonali hanno dedotto a ragione una freddezza
d'animo e una mancanza di scrupoli tipici dell' assassino.

  e)  Il ricorrente si riferisce altresì alla DTF 127
IV 10 consid. 1b e sostiene che la "particolare crudeltà
necessaria alla qualifica di assassinio deve essere ricono-
sciuta solo quando l'agente con animo freddo e spietato
provoca alla vittima una grave sofferenza e non quando
suscita un orrore particolare per altri motivi". Il Tribu-
nale federale non si è espresso in simili termini. Il pas-
saggio citato nella sentenza richiamata viene isolato dal
suo contesto: esso non è un considerando del Tribunale
federale ma uno stralcio del riassunto della motivazione
del giudizio cantonale impugnato. Non è possibile condivi-
dere la tesi del ricorrente neanche allorquando egli so-
stiene che il giudizio di colpevolezza si è fondato su "ar-
gomenti esclusivamente emotivi". Come testé affermato, i
giudici di merito hanno valutato in modo analitico e diffu-
so le circostanze globali dell'atto, per poi giudicarle in
modo obbiettivo.

  f)  Il ricorrente ribadisce che non sono state suf-
ficientemente considerate le circostanze e il suo comporta-
mento prima e dopo l'atto, in particolare lo stato di mise-
ria e di disperazione nel quale egli si trovava, nonché il

ruolo chiave assunto dalla moglie, la quale odiava la vit-
tima, ed, infine, l'atteggiamento di profondo rincrescimen-
to e di vergogna da lui dimostrato.

  Il comportamento del ricorrente denota piuttosto
freddezza e cinismo. Egli non ha esitato, una volta immobi-
lizzata la sua vittima e senza curarsi del suo stato, a
rovistare nelle sue tasche e nell'appartamento cercando be-
ni di valore. Constatato poi il decesso e dopo essere sceso
dalla moglie, egli è risalito per cercare altra refurtiva e
cancellare le tracce del crimine testé perpetrato. Senza
che questi elementi assumano, a giusto titolo, un peso de-
terminante (Disch, op. cit., pag. 322), essi sono indizi
abbondanziali a conferma del cinismo e della freddezza
d'animo dimostrati. Gli altri argomenti sollevati nel gra-
vame sono stati, come si vedrà qui di seguito (infra, con-
sid. 10), correttamente ponderati nell'ambito della commi-
surazione della pena.

  9.-  Discende da quanto precede che la condanna del
ricorrente per assassinio non viola il diritto federale.

  10.- a)  Il ricorrente si duole, a titolo sussidia-
rio, della commisurazione della pena nella misura in cui
l'autorità cantonale avrebbe omesso di considerare il sin-
cero pentimento dimostrato nei verbali di polizia, davanti
al Procuratore pubblico e in aula.

  b)  Secondo l'art. 63 CP, il giudice commisura la
pena essenzialmente in funzione della colpa del reo. Tale
disposizione non elenca in modo dettagliato ed esauriente
gli elementi pertinenti per la commisurazione. La giuri-
sprudenza ha tuttavia interpretato questa disposizione nel-
le DTF 117 IV 112 consid. 1 e 116 IV 288 consid. 2a alle
quali si rinvia. È quindi sufficiente rilevare che il giu-
dice di merito, più vicino ai fatti, fruisce di un'ampia

autonomia. Il Tribunale federale interviene solo quando
egli cade nell'eccesso o nell'abuso del suo potere di ap-
prezzamento, ossia laddove la pena fuoriesca dal quadro
legale, sia valutata in base a elementi estranei all'art.
63 CP o appaia eccessivamente severa o clemente (DTF 127 IV
101 consid. 2c, 123 IV 49 consid. 2a, 122 IV 156 consid.
3b, 122 IV 241 consid. 1a, 122 IV 299 consid. 2a, 121 IV 3
consid. 1a, 121 IV 193 consid. 2a, 120 IV 136 consid. 3a e
rinvii). Il giudice di merito deve motivare la pena pronun-
ciata per permettere di controllare se egli non abbia ecce-
duto il proprio ampio potere di apprezzamento o se ne abbia
abusato. Non gli incombe tuttavia di pronunciarsi su ogni
censura particolareggiata sollevata dalle parti né di indi-
care in cifre o in percentuale l'importanza attribuita agli
elementi determinanti per la commisurazione della pena;
egli può omettere di richiamare i fatti che, senza arbi-
trio, gli appaiono non accertati o di scarsa rilevanza (DTF
121 IV 49 consid. 2a/aa, 120 IV 136 consid. 3a e rinvii).
Deve comunque esporre gli elementi da lui considerati deci-
sivi - concernenti in particolare il reato e la personalità
dell'agente - in maniera tale che sia possibile controllare
se e in quale modo tutti i fattori determinanti, aggravanti
e attenuanti, sono stati effettivamente ponderati. In altre
parole, la motivazione deve giustificare la pena pronuncia-
ta e permettere in particolare di seguire il ragionamento
che ne è alla base. La sola enumerazione delle aggravanti e
delle attenuanti non è di per sé sufficiente. Delle esigen-
ze supplementari in materia di motivazione si giustificano
laddove la pena pronunciata appaia particolarmente severa o
mite (DTF 121 IV 49 consid. 2a/aa e rinvii).

  c)  L'art. 112 CP prevede in caso di assassinio la
reclusione perpetua o la reclusione non inferiore a 10 an-
ni. È pacifico che nella fattispecie la pena complessiva di
12 anni, tenuto conto del concorso con il reato di rapina e

d'infrazione alla legge federale sugli stupefacenti, è
stata fissata nell'ambito del quadro legale. La Corte di
merito ha diligentemente esaminato i criteri previsti all'
art. 63 CP senza lasciarsi guidare da considerazioni estra-
nee. Il ricorrente non cita alcun elemento pertinente che
potrebbe giustificare una modifica della pena e che sarebbe
stato omesso o preso in considerazione a torto. Per quanto
concerne la pretesa circostanza attenuante del sincero pen-
timento (sulle condizioni, DTF 107 IV 98), unica censura
proposta, è sufficiente rilevare la confessione del ricor-
rente e la sua susseguente collaborazione sono state cor-
rettamente ponderate come un elemento a favore nell'ambito
dell'art. 63 CP (sentenza non pubblicata del Tribunale fe-
derale del 26 aprile 1999 nella causa D. [6S.146/1999] con-
sid. 3d). L'illecito è soggettivamente nonché oggettivamen-
te grave, in particolare se si tiene conto della brutalità
nell'agire, del motivo prettamente egoistico nonché della
freddezza d'animo e del cinismo dimostrati durante l'esecu-
zione. A favore dell'imputato sono stati ribaditi oltre al-
la collaborazione prestata dopo la confessione, le diffici-
li condizioni personali, familiari e sociali in cui viveva
e la scemata responsabilità. Dati questi elementi, tenuto
conto del minimo edittale e dei reati in concorso, la pena
non da adito a critica.

  d)  Il ricorrente non insorge, e a ragione, la
durata della sua espulsione dal territorio svizzero, la
quale appare proporzionata nonché esaurientemente motivata
(DTF 123 IV 107 consid. 3, 117 IV 112 consid. 3a).

  11.-  Discende da quanto precede che il ricorso per
cassazione è respinto nella misura della sua ammissibilità.

                     III. Sulle spese

  12.-  Visto l'esito dei ricorsi, le spese proces-
suali sono poste a carico del ricorrente soccombente (art.
156 cpv. 1 OG e 278 cpv. 1 PP). Il Tribunale federale di-
spensa la parte, la quale dimostra di essere in uno stato
di bisogno e le cui conclusioni non si rivelano fin dall'
inizio sprovviste di possibilità di esito favorevole, dal
pagare le spese processuali e i disborsi (art. 152 cpv. 1
OG). Se occorre, il Tribunale federale può fare assistere
questa parte da un avvocato i cui onorari sono sopportati
dalla cassa del Tribunale medesimo (art. 152 cpv. 2 OG). In
concreto, essendo i gravami in buona parte inammissibili,
rispettivamente manifestamente infondati, ossia fin dall'
inizio privi di possibilità di successo, la domanda di as-
sistenza giudiziaria va respinta, sia per ciò che concerne
la dispensa dal pagamento delle spese processuali sia per
quanto riguarda la nomina di un patrocinatore e l'assunzio-
ne dei relativi onorari. Nel fissare la tassa di giustizia
si terrà tuttavia conto della situazione finanziaria e
personale del ricorrente (art. 153a OG).

                     Per questi motivi

         i l   T r i b u n a l e   f e d e r a l e

                    p r o n u n c i a :

                            I.

  1.  Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso
di diritto pubblico (6P.93/2001) è respinto.

  2.  La domanda di assistenza giudiziaria è respin-
ta.

                            II.

  3.  Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso
per cassazione (6S.400/2001) è respinto.

  4.  La domanda di assistenza giudiziaria è respin-
ta.

                          III.

  5.  La tassa di giustizia complessiva di fr.
1'600.-- è posta a carico del ricorrente.

  6.  Comunicazione al patrocinatore del ricorrente,
alla Corte di cassazione e di revisione penale del Tribuna-
le d'appello e al Ministero pubblico del Cantone Ticino.

Losanna, 10 gennaio 2002

         In nome della Corte di cassazione penale
             del TRIBUNALE FEDERALE SVIZZERO:
                      Il Presidente,

                      La Cancelliera,