II. Zivilabteilung 5P.442/1999
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5P.442/1999 II C O R T E C I V I L E **************************** 16 marzo 2000 Composizione della Corte: giudici federali Reeb, presi- dente, Bianchi e Nordmann. Cancelliere: Piatti. _________ Visto il ricorso per riforma del 2 dicembre 1999 presentato da A.________ e litisconsorti, Morcote, patrocinati dall' avv. Giorgio Moroni-Stampa, Lugano, B.________ e litiscon- sorti, Morcote, patrocinati dall'avv. Stefano Bolla, Luga- no, C.________, Savosa, patrocinato dall'avv. Stefano Cam- ponovo, Lugano, D.________ e litisconsorti, Morcote, patro- cinate dall'avv. Adriano Censi, Lugano, convenuti, contro la sentenza emanata il 26 ottobre 1999 dalla I Camera civi- le del Tribunale d'appello del Cantone Ticino nella causa che oppone i ricorrenti al Comune di Morcote, attore, rap- presentato dal Municipio e patrocinato dagli avv. Fabio Vassalli e Riccardo Brivio, Lugano, in materia di diritto di passo; R i t e n u t o i n f a t t o : A.- Con petizione del 15 dicembre 1982, il Comune di Morcote ha convenuto in giudizio i proprietari degli im- mobili situati in riva al lago, sotto i quali si trovano i portici lungo la strada cantonale. Il Comune rivendicava la proprietà dei portici - la cui larghezza varia da un minimo di 4,1 m a un massimo di 5,98 m - che danno sul lago e chiedeva la rettifica del registro fondiario. Con la pro- pria replica, il Comune ha chiesto in via subordinata l'iscrizione di una servitù di passo pubblica gravante tut- ta l'area porticata. Con sentenza 25 giugno 1997 il Pretore del distretto di Lugano ha parzialmente accolto la petizio- ne e ha riconosciuto all'attore un diritto di passo pedona- le pubblico della larghezza di 1,5 m sotto tutti i portici, dall'inizio alla fine. Le spese processuali e le ripetibili sono state poste a carico dell'attore. B.- Il 26 ottobre 1999 la I Camera civile del Tri- bunale d'appello del Cantone Ticino, adita in via principa- le dal Comune e in via adesiva da alcuni proprietari, ha parzialmente accolto il rimedio principale, modificando il giudizio pretorile nel senso di non limitare la larghezza del diritto di passo e riducendo di un terzo la tassa di giustizia e le ripetibili poste a carico dell'attore. Ha invece integralmente respinto l'appello adesivo. I Giudici cantonali hanno dapprima rilevato che il Pretore ha corret- tamente denegato gli elementi per riconoscere la proprietà dell'attore. Essi hanno poi rilevato che nel catasto cen- suario del 1892/3 il Comune risultava essere "possessore dell'intera superficie sotto i portici, indicata come stra- da" e che il termine di possessore, non potendo nella fat- tispecie essere interpretato nel senso di proprietario, va inteso come beneficiario di una servitù. Tale documento, che costituisce un indizio in favore di un diritto reale limitato dell'attore, è stato corroborato da altre risul- tanze, da cui dev'essere dedotto, atteso che l'estensione della servitù irregolare si determina secondo i bisogni or- dinari dell'avente diritto al momento dell'usucapione, che il diritto di passo del Comune si estende su tutta l'area litigiosa. C.- Il 2 dicembre 1999 i proprietari menzionati in ingresso hanno impugnato la sentenza cantonale con un ri- corso di diritto pubblico e con un ricorso per riforma. Con il primo rimedio postulano l'annullamento della decisione d'appello e con il secondo la sua riforma nel senso che l'appello principale è respinto e il giudizio di primo gra- do confermato. Non è stato ordinato uno scambio di allegati scritti. C o n s i d e r a n d o i n d i r i t t o : 1.- a) Giusta l'art. 57 cpv. 5 OG, il Tribunale federale soprassiede di regola alla sentenza sul ricorso per riforma fino a decisione sul ricorso di diritto pub- blico. In concreto non vi è motivo di derogare a tale prin- cipio. b) Inoltrato tempestivamente contro una decisione finale emanata dall'ultima istanza cantonale, il ricorso di diritto pubblico, fondato sulla violazione dell'art. 4 Cost., è, in linea di principio, ammissibile. 2.- Per costante prassi una sentenza è arbitraria quando essa si rivela insostenibile, in aperto contrasto con la situazione reale, gravemente lesiva di una norma o di un principio giuridico chiaro e indiscusso oppure in contraddizione con il senso di giustizia ed equità. Una decisione non è in particolare arbitraria già per il fatto che un'altra soluzione, rispetto a quella scelta, sia al- trettanto sostenibile o addirittura migliore. Il Tribunale federale annulla inoltre una decisione solo se essa si ri- vela arbitraria anche nel risultato e non solo qualora la sua motivazione appaia insostenibile (DTF 125 I 166 consid. 2a; 124 V 137 consid. 2b). 3.- La Corte cantonale ha rilevato che nel catasto censuario del 1892/93 il Comune risultava "possessore" dell'intera superficie sotto i portici, indicata come "strada". Il termine di "possessore" doveva essere inter- pretato nel senso di beneficiario di una servitù e il cita- to documento costituisce pertanto, giusta la giurisprudenza cantonale (Rep. 1963 pag. 26 consid. 5 e rinvii), un indi- zio in favore di un diritto reale limitato esercitato su tutta l'area rivendicata dall'ente pubblico. I ricorrenti non criticano tale motivazione della sentenza cantonale, ma si limitano a censurare le altre risultanze che la Corte cantonale ha ritenuto corroborare tale indizio. a/aa) Secondo la sentenza impugnata non può essere seriamente contestato che, almeno fino alla costruzione della strada cantonale, l'unico passo carrabile lungo il lago era costituito dai portici esistenti almeno dal 1744. Il più vecchio documento agli atti che attesta l'esistenza della strada cantonale, fra i portici e il lago, risale al 1892. Ritenuto che anteriormente all'introduzione del primo Codice civile ticinese l'usucapione di una servitù non era possibile, il passo pubblico ha potuto essere acquisito me- diante prescrizione acquisitiva dopo il 1° gennaio 1838, data in cui è entrato in vigore il Codice civile ticinese del 13 giugno 1837, e prima dell'entrata in vigore del CC il 1° gennaio 1912. I Giudici cantonali hanno poi rilevato che appare poco plausibile, come ritenuto dal primo giudi- ce, che solo la fascia centrale di 1,5 m fosse aperta al pubblico. a/bb) I ricorrenti rimproverano all'autorità can- tonale di non aver accertato in modo preciso quando sarebbe intervenuta la prescrizione acquisitiva e di assumere a torto che a quell'epoca non vi fossero limitazioni del pas- so in larghezza. La Corte cantonale è giunta a tale conclu- sione dando per scontato, senza il sostegno di alcuna pro- va, che prima dell'apertura dell'attuale strada nel 1892, il passaggio sotto i portici costituisse l'unico passo car- rabile. Così facendo essa misconosce le condizioni dell' epoca in materia di mezzi di comunicazione e di trasporto in un borgo lacustre. In un villaggio situato in riva al Ceresio, lontano da un asse di transito stradale, il tra- sporto con le barche, ove appena possibile, aveva il so- pravvento sul più scomodo e costoso trasporto via strada, ciò in particolare a Morcote, dove il connubio tra il borgo e il lago era immediato e intenso anche in ragione della pratica della pesca quale attività tradizionale degli abi- tanti. Un trasporto veicolare all'interno dell'abitato ri- sulta anche materialmente impossibile a causa delle dimen- sioni dei carri tradizionali in uso in Ticino, che supe- ravano, senza carico, l'altezza di due metri in ragione del diametro delle ruote, motivo per cui essi non avrebbero po- tuto circolare sotto i portici. a/cc) L'argomentazione ricorsuale è smentita dal regolamento emanato dal Comune nel 1904, e cioè in un'epoca che gli stessi ricorrenti riconoscono come prossima al com- pimento dell'usucapione, che all'art. 12 proibiva "l'entra- ta ed il passaggio di carri, carrozze, automobili od altri veicoli, tirati da animali od altra forza motrice, salvo il passaggio trasversale alle scuderie o rimesse". La necessi- tà di dover emanare una siffatta norma dimostra esattamente il contrario di quanto asserito dai ricorrenti, e cioè che il passaggio di veicoli era possibile. Anche lo stretto le- game con il lago depone per la necessità della popolazione locale di poter usufruire di un diritto di passo per poter accedere al Ceresio dai portici, fatto impossibile se essa avesse dovuto limitarsi a transitare nella fascia centrale dell'area porticata. b/aa) I Giudici cantonali hanno pure rilevato che nel 1904 il Comune ha emanato un regolamento, in cui non solo decretava che il porticato era un passo pubblico, ma rivendicava pure il diritto di riscuotere tasse di occupa- zione per la posa temporanea di tavoli ai margini del pas- saggio, che doveva rimanere libero per una larghezza di almeno 2m. Ciò lascia supporre che l'uso pubblico non si limitava alla parte centrale, ma si riferiva all'intera larghezza dei portici. Tale circostanza pare pure confer- mata da una teste nata nel 1888, che ha indicato che i por- tici erano considerati di tutti e tutti vi avevano libero accesso e che i pescatori, durante l'inverno, vi ricovera- vano le barche. Quest'ultimo fatto pare deporre per un uso collettivo di tale area, più che per un restringimento del passo. All'epoca dell'usucapione, determinante per l'esten- sione della servitù, non risulta che vi fossero limitazioni del passaggio in larghezza. I Giudici cantonali hanno poi reputato che la demarcazione centrale larga 1,5 m tracciata negli anni sessanta non significa che il Comune si sia disinteressato delle fasce laterali del passaggio. Al con- trario, esso ha continuato a regolamentare l'uso dell'in- tera superficie porticata. Con il regolamento del 1955 ha stabilito che l'area sotto i portici dev'essere messa per intero a disposizione del pubblico, che doveva essere assi- curato in ogni tempo un passaggio libero della larghezza di 2m e che i portici dovevano essere sgomberi in occasione di funerali o processioni. Con un nuovo regolamento del 1962 esso aveva financo tentato di prelevare tasse di occupazio- ne. Il fatto che il Comune abbia tollerato per anni banca- relle e tavolini da caffè, ostacoli che hanno ristretto l'area destinata al passaggio del pubblico, ma che pure po- tevano essere tolti in ogni momento, non significa che esso abbia perduto l'interesse a una parte della superficie por- ticata. Né è possibile affermare che le modalità di uso della servitù implicassero una modifica della stessa per prescrizione acquisitiva. b/bb) I ricorrenti affermano invece che dal rego- lamento del 1904, emanato - come essi stessi riconoscono - in un'epoca prossima al compimento dell'usucapione, risulta che i portici già erano in parte occupati da attività eco- nomiche e da esercizi pubblici. Tutti gli elementi disponi- bili conducono a ritenere che già in origine il passo pub- blico era legato ad esigenze pedonali, che includevano pure il trasporto, ancora frequente all'epoca, di carichi a braccia o a spalla. Essi sostengono inoltre che dal predet- to regolamento risulta che il passo era esercitato e eser- citabile solo sulla larghezza di un paio di metri. Inoltre, la Corte cantonale dimentica che ai fini dell'accertamento dei bisogni ordinari del beneficiario della servitù o delle modalità con cui una servitù di passo fu esercitata fanno stato solo le circostanze in grado di attestare gli usi e bisogni conformi allo scopo originario della servitù. Ne segue che la circostanza che il Comune abbia tentato di prelevare una tassa di occupazione per la posa di tavoli e bancarelle o il fatto che i pescatori mettessero le loro barche durante l'inverno sotto i portici sono irrilevanti ai fini dell'accertamento dell'estensione del passo pub- blico. La delimitazione tra le due aree, una di transito pubblico e l'altra di passo pedonale, è stata ribadita nel 1955, con un regolamento che imponeva ai proprietari ed esercenti l'obbligo di assicurare in ogni tempo un passag- gio libero sotto i portici di due metri. Inoltre alcuni anni più tardi, il Comune ha dato un carattere visibile alla delimitazione, facendo tracciare una demarcazione sul suolo della larghezza di 1,5 m. Ne segue, sempre secondo i ricorrenti, che la Corte cantonale ha arbitrariamente rico- nosciuto un diritto di passo su tutta l'area porticata e non solo sulla larghezza di 1,5 m risp. 2 m. b/cc) Nella fattispecie, le conclusioni ricorsuali dedotte dal regolamento del 1904 non sono atte a far appa- rire arbitraria la decisione impugnata, sia per i motivi già esposti sopra, sia per il fatto che con tale normativa veniva unicamente tollerata un'occupazione temporanea di un'area limitata, contro il pagamento di una tassa. Le cen- sure concernenti le modalità in cui è stata esercitata la servitù dopo l'usucapione non sono determinanti ai fini del presente giudizio, poiché i ricorrenti non pretendono che il Comune abbia perso interesse alla servitù o che la stes- sa sia stata modificata per prescrizione acquisitiva. A prescindere da questa circostanza, si può rilevare che in virtù delle disposizioni del regolamento del 1955 citate nella sentenza impugnata e riportate sopra, i giudici can- tonali potevano, senza incorrere in arbitrio, ritenere che anche nel ventesimo secolo il diritto di passo era eserci- tato su tutta la superficie, poiché gli ostacoli tollerati avevano una natura puramente provvisoria e potevano essere tolti in ogni momento. c) Da quanto precede segue che le conclusioni del- la sentenza impugnata concernenti l'estensione del diritto di passo non si avverano insostenibili e che le censure contro di esse rivolte devono, nella misura in cui non si rivelano inammissibili poiché meramente appellatorie, esse- re respinte, siccome infondate. 4.- I ricorrenti ritengono pure arbitraria la ri- partizione delle spese processuali e delle ripetibili ef- fettuata dall'autorità cantonale. Ritenuto che l'attore ri- sultava perdente sulla domanda di accertamento della pro- prietà, ma vincente su quella subordinata tendente all'ot- tenimento di un diritto di passo, i giudici cantonali hanno posto 2/3 delle spese processuali a carico dell'attore, con l'obbligo di rifondere ripetibili ridotte ai convenuti. Analoga ripartizione è stata effettuata, dalla Corte canto- nale, per il giudizio di prima istanza. a) I ricorrenti fanno valere che, in applicazione dell'art. 148 cpv. 2 CPC ticinese, in caso di soccombenza reciproca gli oneri della lite sono, in linea di principio, da suddividere fra le parti in proporzione alla rispettiva soccombenza. Ai fini di un'equa ripartizione sono pure da valutare il comportamento processuale e preprocessuale del- le parti e le circostanze che hanno condotto all'introdu- zione della causa. Tutti questi criteri sono stati ignorati dall'autorità cantonale, che pur riconoscendo che i ricor- renti non hanno mai messo in dubbio l'esistenza di una ser- vitù di passo pubblico, ha posto a loro carico un terzo degli oneri processuali. Non è inoltre possibile, senza in- correre in arbitrio, dare alla rivendicazione della pro- prietà dell'intera area porticata un peso solamente doppio rispetto alla questione concernente la larghezza del dirit- to di passo. Occorre innanzi tutto rilevare che la sentenza im- pugnata indica che con l'appello adesivo è stata messa in dubbio l'esistenza stessa della servitù. Tuttavia anche vo- lendo ammettere che la contestazione relativa al diritto di passo pubblico riguardava unicamente la sua estensione, ta- le questione non era affatto secondaria: il Pretore aveva infatti riconosciuto un diritto di passo largo unicamente 1,5m, mentre quello chiesto dall'attore riguardava l'intera superficie dei portici, la cui larghezza varia da un minimo 4m a un massimo di 6m. In queste circostanze non appare in- sostenibile, anche alla luce dell'art. 148 cpv. 2 CPC tici- nese, stimare l'importanza di tale contestazione a un terzo dell'intero litigio e ripartire di conseguenza gli oneri processuali. b) I ricorrenti lamentano infine che la Corte can- tonale ha sbrigativamente ripartito gli oneri della deci- sione di primo grado in analogo modo, senza prendere posi- zione sui motivi del Pretore. Questi aveva ritenuto giusti- ficato accollare all'attore le spese processuali e le ripe- tibili, poiché già nella procedura d'impianto del registro fondiario i convenuti non si erano opposti al riconoscimen- to di una servitù di passo. In concreto i ricorrenti non pretendono che il di- ritto di passo previsto nell'ambito della procedura di im- pianto del registro fondiario si sarebbe esteso su tutta la superficie porticata e avrebbe permesso alla controparte di giungere al risultato ottenuto con la propria azione. Così stando le cose la Corte cantonale non doveva motivare ulte- riormente la propria decisione sulle spese e ripetibili di prima istanza, e poteva, senza cadere nell'arbitrio, ripar- tirle in modo analogo a quanto fatto per la procedura di appello, essendo litigiose le medesime questioni. 5.- Da quanto precede discende che il ricorso, nella misura in cui è ammissibile, si rivela infondato. La tassa di giustizia e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 e 159 cpv. 1 OG). Per questi motivi visto l'art. 36a OG i l T r i b u n a l e f e d e r a l e p r o n u n c i a : 1. Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso di diritto pubblico è respinto. 2. La tassa di giustizia di fr. 7000.-- è posta in solido a carico dei ricorrenti. 3. Comunicazione ai patrocinatori delle parte e alla I Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino. Losanna, 16 marzo 2000 VIZ In nome della II Corte civile del TRIBUNALE FEDERALE SVIZZERO: Il Presidente, Il Cancelliere,