Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 99 IA 78



99 Ia 78

11. Sentenza del 7 febbraio 1973 nella causa Credito Svizzero contro Camera
dei ricorsi penali del Tribunale di Appello del cantone Ticino. Regeste

    Beschwerde wegen Verletzung von Staatsverträgen.

    1.  Der Begriff der "andern weder privat- noch strafrechtlichen
Bestimmungen des Bundesrechts" im Sinne von Art. 73 Abs. 1 lit. c VwG
umfasst nicht die Bestimmungen des Verfassungsrechts und ebensowenig
diejenigen der Staatsverträge (Erw. 1 a).

    2.  Die Aufsichtsbeschwerde an den Bundesrat, mit der diesem eine durch
die letzte kantonale Instanz begangene Verletzung eines Staatsvertrages
angezeigt wird, stellt kein Rechtsmittel im Sinne von Art. 84 Abs. 2 OG
dar (Erw. 1 d).

    Europäische Übereinkunft über die Rechtshilfe in Strafsachen.

    1.  Art. 100 lit. f OG schliesst es aus, dass eine Verletzung dieser
Übereinkunft mit der Verwaltungsgerichtsbeschwerde gerügt werden kann;
zulässig ist dagegen die staatsrechtliche Beschwerde (Erw. 1 b).

    2.  Interesse an der Beschwerde im vorliegenden Falle (Erw. 2).

    3.  Wirkungen der Übereinkunft auf vorausgegangene zweiseitige Abkommen
(Erw. 4).

    4.  Ausser in den Fällen, wo die Rechtshilfe in Anwendung von
Art. 2 verweigert werden kann, darf sich die Schweiz der Leistung der
nachgesuchten Rechtshilfe nicht widersetzen mit der Begründung, die
Rechtshilfe wäre mit dem schweizerischen Recht nicht vereinbar (Erw. 5 a).

    5.  Tragweite des Art. 3 betreffend die Form, in welcher
Rechtshilfegesuche zu erledigen sind (Erw. 5 b).

    6.  Ist die Übereinkunft auf dem Gebiete der strafrechtlichen
Beschlagnahme nur anwendbar, soweit es sich um die Beschlagnahme zum
Beweise handelt oder auch, soweit die Beschlagnahme der Schadensdeckung
dient? (Frage offen gelassen) (Erw. 6 a-c).

    7.  Damit einem auf Beschlagnahme gerichteten Rechtshilfegesuch
aufgrund der Übereinkunft entsprochen werden kann, muss ein adäquater
Zusammenhang bestehen zwischen den zu beschlagnahmenden Gegenständen
und dem Strafverfahren, auf das sich das Gesuch bezieht. Fehlen dieses
Erfordernisses im vorliegenden Falle (Erw. 6 d).

    8.  Unanwendbarkeit der europäischen Auslieferungsübereinkunft im
vorliegenden Falle (Erw. 7).

    9.  Ausnahme vom Grundsatz der rein kassatorischen Natur der
staatsrechtlichen Beschwerde (Erw. 8).

    10.  . Kostenverteilung (Erw. 9).

Sachverhalt

                     Riassunto dei fatti:

    A.- Per ordine della società X, agente tramite il titolare di un conto
YZ. esistente presso il Credito Svizzero, succursale di Lugano, questa
banca emetteva il 31 dicembre 1970 due lettere di credito irrevocabili
per complessivi 121 847,50 dollari, a favore di una società a Hong Kong.
Negoziabili presso una banca di Hong Kong, dette lettere erano valide
sino al 5 marzo 1971 contro rimessa di una serie di documenti, e pagabili
a 75 giorni dalla data della polizza di carico. Il 9 febbraio 1971 il
Credito Svizzero rimetteva al titolare del conto YZ i documenti che gli
erano stati trasmessi dalla banca corrispondente di Hong-Kong, avvertendo
che il pagamento sarebbe avvenuto il 13 aprile 1971. Il 3 aprile 1971
la società X e il titolare del conto YZ informavano il Credito Svizzero
che la merce per il pagamento della quale era stata ordinata l'emissione
delle lettere di credito era risultata difforme da quella oggetto del
contratto e raggiungeva appena il 2% del valore convenuto, per il che essi
avevano sporto denuncia penale, tanto in Italia che in Svizzera, contro i
responsabili della ditta venditrice per il reato di truffa. In conseguenza
di ciò, la società X revocava gli ordini di apertura di credito, invitando
la banca emittente a procedere a sua volta alla revoca nei confronti della
beneficiaria e a darne comunicazione alla banca corrispondente perchè non
effettuasse alcun pagamento. Il Credito Svizzero rispondeva che le lettere
di credito erano e rimanevano irrevocabili ai sensi delle Regole e usanze
uniformi relative ai crediti documentari delle Camera internazionale di
Commercio, e avvisava che avrebbe addebitato il 13 aprile 1971 il conto
YZ dell'importo relativo. Le due lettere di credito erano state scontate
alla beneficiaria dalla banca corrispondente, dopo la presentazione dei
documenti, il 3 febbraio 1971.

    B.- Nel quadro di un procedimento penale per truffa aperto in Italia
in seguito alla denuncia della società X, il Pretore di Milano ordinava
il sequestro delle lettere di credito o, per il caso che già fossero state
trasmesse alla banca estera corrispondente, quello delle somme depositate
a loro copertura sul conto YZ. Con riferimento alle disposizioni della
Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale (qui
appresso: la Convenzione), il Pretore di Milano chiedeva in via rogatoria
al Giudice istruttore della giurisdizione sottocenerina del cantone Ticino
l'esecuzione di tale sequestro.

    C.- Con decisione del 27 aprile 1971 il Giudice istruttore
sottocenerino accoglieva la commissione rogatoria ed ordinava il richiesto
sequestro, disponendo che le lettere di credito, ovvero le somme di denaro
depositate sul conto YZ, rimanessero in custodia del Credito Svizzero,
con esplicito e formale divieto di disporne sino a suo nuovo ordine.

    Con sentenza 26 maggio 1972 la Camera dei ricorsi del Tribunale di
Appello del cantone Ticino respingeva un reclamo proposto dal Credito
Svizzero contro detta decisione. Essa riteneva compatibile con la legge
applicabile in Svizzera tanto il sequestro delle lettere, quanto quello
delle somme depositate. Il sequestro di queste ultime si giustificava
pel fatto che, avendo la società X revocato tempestivamente le lettere
di credito e potendo la banca emittente opporre alla beneficiaria
delle medesime l'eccezione del dolo tratta dal negozio di compravendita
stipulato tra la società X e la beneficiaria, il Credito Svizzero avrebbe
potuto e dovuto notificare la revoca alla banca corrispondente perchè
non pagasse. Lo sconto anticipato delle lettere di credito, avvenuto a
vantaggio della beneficiaria straniera, presumibile autrice della truffa,
era stato operato a rischio e pericolo di chi lo aveva concesso.

    D.- Contro la decisione cantonale il Credito Svizzero ha interposto
ricorso per cassazione alla Corte di Cassazione penale del Tribunale
federale, da questa dichiarato irricevibile. Con parallelo ricorso di
diritto pubblico, il Credito Svizzero chiede l'annullamento della medesima
decisione cantonale, denunciando la violazione degli articoli 4, 22ter,
31, 58 e, 59 CF, dell'art. 4 della costituzione cantonale, nonchè quella
della Convenzione.

Auszug aus den Erwägungen:

                   Considerando in diritto:

    I. Questioni d'ordine

    1. Nel gravame il ricorrente fa valere la violazione della Convenzione
europea di assistenza giudiziaria in materia penale. Oltre che sull'art. 84
cpv. 1 lett. a OG, espressamente invocato, il gravame è fondato quindi
anche sulla lett. c di quel disposto.

    Secondo tale norma il ricorso di diritto pubblico è ammissibile
per la violazione di trattati internazionali, a meno che si tratti
della violazione delle loro disposizioni di diritto civile o di diritto
penale. Codesta condizione negativa è adempiuta, poichè l'assistenza
giudiziaria in genere, e quella in materia penale in particolare, fanno
parte del diritto internazionale pubblico [Annuaire Suisse du Droit
International (ASDI) XIX, 1962, p. 136 o Giurisprudenza delle autorità
amministrative della Confederazione (GAAC) 1957, 13; RU 95 II 378, 96 I
390, 98 I 229].

    Anteriormente alla riforma dell'OG, entrata in vigore il 10 ottobre
1969, la giurisprudenza del Tribunale federale aveva a più riprese
rilevato che il ricorso di diritto pubblico costituiva l'unica via aperta
per censurare la violazione di norme di trattati internazionali che non
fossero di diritto civile o penale (cfr. RU 95 II 378 consid. 2, 95 I
166/67 consid. 1, 96 I 390 consid. 1).

    Dopo la riforma dell'OG e l'introduzione della PAF lo stesso principio
è stato implicitamente ammesso in RU 98 Ia 229 consid. 2 a, con riferimento
alla giurisprudenza surriferita. Il problema di sapere se la riforma
abbia aperto altre vie, rispetto alle quali in virtù dell'art. 84 cpv. 2
OG - applicabile in tutti i casi di ricorso delle lettere a-d del primo
capoverso (BIRCHMEIER, ad art. 84 OG, V, 1a) - il ricorso di diritto
publico appaia come rimedio sussidiario, non è stato posto.

    a) Il ricorso di diritto amministrativo può essere proposto per
violazione del diritto federale anche contro decisioni di ultima istanza
delle autorità cantonali se, come in casu, il diritto federale non
prevede il ricorso ad istanza federale intermedia (art. 104 lett. a e
98 lett. g OG). Secondo la dottrina (GRISEL, Droit administratif suisse,
p. 505 e 480; GYGI, Verwaltungsrechtspflege und Verwaltungsverfahren im
Bund, p. 132 ss.), la nozione di diritto federale di cui all'art. 104
lett. 1 OG dev'essere intesa in senso lato: essa comprende quindi
anche il diritto e le convenzioni internazionali. Di per sè, l'art. 104
OG non fa quindi ostacolo all'ammissibilità di un ricorso di diritto
amministrativo per violazione di norme di diritto pubblico contenute in
trattati internazionali.

    b) Nel caso concreto al ricorso di diritto amministrativo fa ostacolo
però la norma dell'art. 100 lett. f OG. Secondo questa disposizione
il ricorso di diritto amministrativo è escluso, oltre che nei casi
d'estradizione, contro le decisioni "in materia di procedimento penale"
("auf dem Gebiete der Strafverfolgung"). Nel novero di quest'ultime cadono
anche quelle che concernono l'assistenza giudiziaria internazionale in
materia penale (cosiddetta "kleine Rechtshilfe in Strafsachen").

    Poichè nella fattispecie l'art. 100 lett. f OG impedisce comunque la
possibilità di formare un ricorso di diritto amministrativo al Tribunale
federale, può rimanere aperta la questione generale di sapere se, in
assenza di una norma analoga, tale ricorso sia dato contro le decisioni
cantonali rese in applicazione di trattati internazionali.

    c) Resta da vedere se, escluso il ricorso di diritto amministrativo,
la violazione della Convenzione non debba per avventura farsi valere col
ricorso al Consiglio federale, a'sensi dell'art. 73, cpv. 1 lett. c
PAF. Secondo tale norma il ricorso al Consiglio federale contro
decisioni rese in ultima istanza cantonale è dato - ove sia, come in
casu, escluso il ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale
(art. 74, lett. 1 PAF) - per violazione di "altre disposizioni federali
che non siano di diritto privato o di diritto penale". Se al termine di
"disposizioni federali" si desse lo stesso senso lato come al termine di
"diritto federale" di cui all'art. 104 OG, si dovrebbe concludere che le
censurate violazioni della Convenzione europea dovrebbero formar oggetto
di ricorso al Consiglio federale. A codesta interpretazione fanno però
ostacolo argomenti tratti dal testo stesso dell'art. 73 PAF, dalla
genesi e dalla base costituzionale di questa norma. Giusta il cpv. 1,
lett. b dell'art. 73 PAF, il ricorso al Consiglio federale è aperto,
in materia di trattati internazionali, contro le disposizioni degli
stessi che riguardano il commercio ed i dazi, le tasse e i brevetti di
invenzione, la libera circolazione e il domicilio, salve oltretutto,
per quest'ultimi titoli, le importanti limitazioni previste al cpv. 2,
lett. b e c dello stesso articolo. Se pertanto - con un'interpretazione
lata - si comprendessero nel termine di "altre disposizioni federali"
impiegato al cpv. 1 lett. c anche i trattati internazionali, la lettera
b diverrebbe priva di contenuto e di senso.

    D'altra parte, come il Tribunale federale ha già rilevato per
escludere dalla suddetta nozione di "altre disposizioni federali" i diritti
costituzionali (RU 98 I a 284 consid. 3), il legislatore ha praticamente
ripreso nell'art. 73 PAF le norme già contenute nell'art. 125 v. OG. Egli
non ha manifestato l'intenzione di sovvertire il riparto delle competenze
anteriormente vigente tra Consiglio federale, da un canto, e Tribunale
federale, dall'altro. Semmai, egli ha esteso le competenze del Tribunale
federale e ridotto quelle del Consiglio federale, come lo dimostrano le
eccezioni a favore della giurisdizione del Tribunale federale introdotte
con il secondo capoverso dell'art. 73 PAF, più largo del corrispondente
cpv. 2 dell'art. 125 v. OG. Da ultimo - e l'argomento è decisivo - la
competenza del Tribunale federale a giudicare dei ricorsi di privati
per violazione di trattati internazionali trova il suo fondamento
costituzionale nell'art. 113 cpv. l'cifra 3 CF, alla luce del quale
la legislazione deve essere interpretata. È vero che il capoverso 2
dell'art. 113 CFP riserva espressamente "le contestazioni amministrative
da precisarsi nella legislazione federale". Ma tale riserva, che per i
trattati internazionali era sciolta prima della riforma dell'OG dall'art.
125 cpv. 1 lett. c v. OG, è oggi sciolta soltanto dall'art. 73 cpv. 1
lett. b PAF (cfr. BURCKHARDT, Commento ad art. 113 CF, D, p. 787/88;
cfr. inoltre la sentenza non pubblicata del 20 giugno 1956 in re Kreis
Lörrach c. Aeschbach, consid. 1). Si deve quindi concludere che, come non
cadono sotto l'art. 73, cpv. 1, lett. c le disposizioni costituzionali,
cosi non vi cadono neppure i trattati internazionali.

    d) La dottrina ed anche la giurisprudenza del Consiglio federale
ammettono che gli interessati possano rivolgersi a quest'ultimo mediante
una denunzia ("Aufsichtsbeschwerde", art. 102 n. 2 CF, art. 71 PAF)
per lamentare la violazione del trattato da parte dell'ultima istanza
cantonale [in dottrina, v. HAUSER, Das europäische Abkommen über die
Rechtshilfe in Strafsachen in RPS, vol. 83 (1967) p. 225 e seguenti,
in particolare p. 241 e nota 40; HAUSER-HAUSER, Kommentar zum zürch.
Gerichtsverfassungsgesetz, § 126/27 N. 7 e in fine; per quanto concerne
la giurisprudenza del Consiglio federale, v. affare Ciurleo, GAAC, 1957,
p. 16; ASDI XIX (1962) p. 138 e 139; cfr. inoltre sentenza inedita del 20
giugno 1956 in re Lörrach c. Aeschbach e Appellationsgericht Baselstadt,
consid.1].

    Tra gli interessati sono da comprendere lo Stato che richiede
l'assistenza, il quale non può avvalersi del ricorso di diritto pubblico
in virtù dell'art. 113 n. 3 CF, ed eventualmente la parte lesa, non
ammessa per giurisprudenza (RU 94 I 554 consid. 1, 96 I 599) a servirsi
dello stesso rimedio.

    Quanto sopra non esclude tuttavia l'ammissibilità del ricorso di
diritto pubblico - ove ne siano date le ulteriori premesse - poiché la
denunzia non costituisce un rimedio di diritto ai sensi dell'art. 84
cpv. 2 OG.

Erwägung 2

    2.- a) La legittimazione del ricorrente dev'essere ammessa in linea di
principio anche sotto il profilo dell'art. 88 OG. Certo, la Convenzione
regola i rapporti fra gli Stati contraenti nel campo dell'assistenza
giudiziaria in materia penale, e crea direttamente obblighi e diritti
soltanto per gli Stati. Tuttavia, se l'applicazione del trattato comporta
l'imposizione di obblighi a privati, lesi nei loro interessi giuridicamente
protetti, questi debbono poter insorgere contro la decisione resa in
violazione della norma del trattato (RU 93 I 167, 98 I 230). Il requisito
della lesione è indubbiamente dato per il Credito Svizzero, privato della
possibilità di disporre del deposito effettuato alla società X.

    b) Ci si può invero chiedere se l'interesse del Credito Svizzero
sia ancora attuale. Risulta infatti dagli atti che, con sentenza del 22
marzo 1972 (anteriore, quindi, all'impugnata decisione) il Pretore di
Milano, statuendo nel merito, dopo aver condannato a pene privative della
libertà i tre imputati per titolo di truffa, ha revocato, con altri,
anche il decreto di sequestro delle somme depositate presso il Credito
Svizzero. Quel magistrato, tuttavia, ha ordinato che codeste comme siano
lasciate "nella libera disponibilità della società X". Si deve quindi
ritenere che, come risulta anche dalla motivazione della cennata sentenza,
il Giudice italiano abbia tolto il sequestro solo per sostituirlo con un
ordine di consegna all'intimata del deposito, provvedimento al quale il
Credito Svizzero fa opposizione. L'interesse del ricorrente a far giudicare
dell'ammissibilità del revocato sequestro è quindi ancora attuale.

Erwägung 3

    3.- a) La società X, a sostegno della conclusione dell'irricevibilità,
fa valere che l'impugnata sentenza è una decisione incidentale ai sensi
dell'art. 87 OG, da cui non deriverebbe al ricorrente danno irreparabile.

    L'eccezione è infondata. La limitazione d'impugnabilità dettata
dall'art. 87 OG concerne soltanto i ricorsi per violazione dell'art. 4
CF. Per violazione degli altri diritti costituzionali e dei trattati
anche le decisioni incidentali possono esser impugnate, quand'anche non
siano fonte di danno irreparabile. Se deve entrare nel merito per una
di queste censure, il Tribunale federale esamina in simili casi, per
ragioni d'economia di giudizio, anche le censure tratte dalla violazione
dell'art. 4 CF, rinunciando alla limitazione posta dall'art. 87 OG (RU 95
I 493 consid. 1; 96 I 463 consid. 2, 565 consid. 1), purchè, beninteso,
il requisito dell'esaurimento delle istanze cantonali sia adempiuto
(RU 93 I 21 consid. 2 a).

    b) Non essendo per le censure di violazione di trattati e degli art. 58
e 59 CF richiesto l'esaurimento delle istanze cantonali (art. 86 cpv. 2
e 3 OG), il ricorrente può sollevare nuove censure di fatto e di diritto
(RU 98 I 230 consid. 2 a; 93 I 167, 281).

    La censura di violazione dell'art. 31 CF è nuova: anch'essa è tuttavia
ricevibile, poichè - come non è contestato - la Corte cantonale possedeva
libera cognizione ed era tenuta d'applicare d'ufficio il diritto (RU 91
I 132 consid. 5). Con questa censura si confonde quella di violazione
dell'art. 4 della Costituzione ticinese (garanzia della libertà di
commercio), che non ha portata propria.

    Quanto alla cognizione del Tribunale federale, essa è libera, fuorchè
per quanto riguarda la censura di arbitraria applicazione del diritto
cantonale (per i trattati internazionali cfr. RU 96 I 390 consid. 1;
98 I 230 consid. 2 a).

    II. Merito

Erwägung 4

    4.- La Convenzione europea d'assistenza giudiziaria in materia
penale, conclusa a Strasburgo il 20 aprile 1959, è entrata in vigore
per la Svizzera il 20 marzo 1967 (RULF 1967, p. 866); per l'Italia, che
l'ha ratificata sin dal 23 agosto 1962, essa è in vigore dal 12 giugno
1962. La Convenzione (art. 26) ha abrogato le disposizioni di trattati,
convenzioni e accordi bilaterali che, tra le parti contraenti, reggono
l'assistenza giudiziaria in materia penale, e quindi le disposizioni
relative all'assistenza giudiziaria in genere contenute nel Trattato
d'estradizione italo-svizzero del 22 luglio 1868 (CS 12, p. 146 ss.;
art. 13 e seguenti). Tuttavia, secondo la Convenzione europea (art. 26 §
1), restano in vigore le disposizioni degli accordi bilaterali precedenti
che prevedono la trasmissione diretta delle domande di assistenza
giudiziaria fra le autorità giudiziarie delle Parti, nonchè le disposizioni
concernenti la traduzione delle domande e relativi allegati. Il principio
della trasmissione diretta fra le autorità giudiziarie (Corti d'appello
italiane, Tribunale federale, Tribunali cantonali) è sancito - eccezion
fatta per le domande di estradizione - dall'art. III del Protocollo del
10 maggio 1869 (CS 1 l'p. 666) concernente l'esecuzione del Trattato di
domicilio e consolare (CS 11, p. 657) e del Trattato di estradizione
italo-svizzero, entrambi del 22 luglio 1868 (cfr. RU 90 IV 54).
Codesta disposizione non è quindi stata abrogata dalla Convenzione,
per cui le competenti autorità italiane non sono tenute a trasmettere
le loro domande di assistenza per il tramite della Direzione di polizia
del Dipartimento federale di giustizia e polizia, come richiesto dalla
dichiarazione svizzera all'art. 23 della Convenzione (cfr. art. 3 del
decreto federale del 27 settembre 1966 che approva la Convenzione),
ma possono rivolgersi direttamente alle autorità cantonali.

Erwägung 5

    5.- Il ricorrente afferma che in, virtù dell'art. 5, cpv. 1, lett. c
della Convenzione, l'esecuzione della commissione rogatoria dev'essere
compatibile con la legge dello Stato richiesto, in casu con il Codice di
procedura penale ticinese (art. 120), e sostiene che questa condizione
non si è verificata. Egli rimprovera alla Camera dei ricorsi penali,
che ha ritenuto il contrario, una violazione della Convenzione.

    In questa formulazione, la censura non è fondata.

    a) La Convenzione europea costituisce, in un certo senso, la
codificazione delle regole affermatesi negli usi internazionali nel settore
dell'assistenza giudiziaria in materia penale, che la legislazione federale
non ha sinora disciplinato. Essa prevede l'applicazione di principi
essenzialmente simili a quelli che ispirano la prassi svizzera. Mossa dal
proposito di facilitare nei rapporti internazionali il perseguimento dei
reati, la Convenzione adotta tuttavia in un punto una soluzione che si
scosta fondamentalmente dall'uso vigente in Svizzera. Essa non subordina
l'obbligo di accordare l'assistenza ad alcuna condizione materiale nella
misura in cui il caso considerato dalla domanda rientra nel suo campo
d'applicazione (cfr. art. 1 e 3; Messaggio del Consiglio federale, FF 1966,
p. 441 e seguenti). Perchè sussista l'obbligo di prestare l'assistenza
non occorre in particolare nè che il reato motivante la domanda rientri
nel novero di quelli per i quali l'estradizione dev'essere concessa, nè
è necessario che sia adempiuto il requisito della doppia incriminazione
(Messaggio, loc.cit.; cfr. inoltre Rapport explicatif sur la Convention
européenne, Conseil de l'Europe, Strasburgo 1969, considerazioni generali
e note agli art. 1, 3, 5, 14; GRÜTZENER, Rechtshilfe (internationale)
in Strafsachen, in Wörterbuch des Völkerrechts, 1962, in ispecie p. 53;
T. VOGLER, Die europäischen Übereinkommen..., in Zsch. für gesamte
Strafrechtswissenschaft, v. 80, 1968, p. 500).

    Un'importante riserva la Convenzione ha tuttavia fatto all'art. 5 §
1. Questa disposizione autorizza le parti contraenti, al momento della
firma o della ratifica, a riservarsi la facoltà di sottoporre l'esecuzione
delle commissioni rogatorie per perquisizione o sequestro di oggetti a una
o più delle seguenti condizioni: a) che il reato motivante la commissione
rogatoria sia punibile secondo la legge della Parte richiesta e della
Parte richiedente (principio della doppia incriminazione); b) che lo
stesso reato sia idoneo nel paese richiesto a dar luogo a estradizione;
c) che l'esecuzione della commissione rogatoria sia compatibile con la
legge della Parte richiesta.

    La Svizzera, approvando la Convenzione, ha fatto uso soltanto
della facoltà prevista dall'art. 5 § 1 lett. a (principio della doppia
incriminazione), estendendo tuttavia la riserva, come glielo permetteva
l'art. 23 § 1 della Convenzione, oltre che alle commissioni rogatorie per
perquisizione o sequestro di oggetti, all'esecuzione di ogni commissione
rogatoria esigente l'applicazione di una qualsivoglia misura coercitiva
(Decreto federale del 27 settembre 1966 che approva la Convenzione del
Consiglio d'Europa, art. 3; RULF 1967, p. 893 e seguenti). Se ne deve
dedurre e contrario che, giusta la dichiarazione fatta, la Svizzera non
richiede, neppure per l'esecuzione di commissioni rogatorie implicanti
misure coercitive, nè che il reato motivante la richiesta sia di quelli
per i quali l'estradizione è concessa, nè che la misura richiesta sia
compatibile con la legge svizzera, in casu con la legge cantonale di
procedura penale. Il Messaggio (loc. cit. p. 451 e passim) espone
le ragioni che hanno indotto la Svizzera a tale atteggiamento. Per
l'estensione della riserva di cui alla lett. a dell'art. 5 § 1a tutte
le commissioni implicanti l'applicazione di misure coercitive, si è
pensato al caso in cui simili misure entrassero in considerazione nei
confronti di testi recalcitranti, o carenti, o che facessero appello
al segreto professionale, ecc. Per la limitazione della riserva al solo
caso previsto della lettera a dell'art. 5 § 1, invece, si è ritenuto che
questa riserva è sufficiente anche nei casi in cui la prassi svizzera
vincolasse la concessione dell'assistenza a più severe esigenze, perchè
tale riserva può essere combinata con l'ordinamento sancito dall'art. 2
della Convenzione. Secondo codesta disposizione, l'assistenza giudiziaria
può esser infatti rifiutata non solo per i reati ritenuti politici,
o connessi con reati politici, e per i reati fiscali (art. 2 lett. a),
ma anche se l'esecuzione della domanda è di natura tale da nuocere alla
sovranità, alla sicurezza, all'ordine pubblico o ad altri "interessi
essenziali" della Parte richiesta (art. 2 lett. b; sulla nozione di
interessi "essenziali" cfr. il Rapport explicatif, p. 13, il quale, dopo
aver precisato che come tali si intendono gli interessi dello Stato e non
quelli di privati, specifica però che gli interessi economici possono
esser compresi nella nozione). Si deve pertanto ritenere che, salvi i
casi in cui l'assistenza può esser rifiutata in applicazione dell'art.
2 della Convenzione, la Svizzera non può opporsi alla esecuzione della
commissione rogatoria per il motivo che detta esecuzione non sarebbe
compatibile con la legge svizzera. Un'unica eccezione dev'essere fatta, a
codesto riguardo, nei confronti di Stati che, come ad esempio la Danimarca
o la Norvegia, avessero subordinato la loro adesione alla condizione
prevista nello art. 5, § l'lett. c, e verso i quali la Svizzera potrebbe
invocare la regola della reciprocità riservata dal secondo paragrafo
dell'art. 5. Tale ipotesi non si verifica nei confronti dell'Italia, che
non ha subordinato la sua adesione ad alcuna delle condizioni previste
dalla cennata disposizione (cfr. RULF 1967, p. 878).

    b) Si deve però ammettere che codesta interpretazione può dar
luogo a difficoltà in relazione a quanto stabilisce l'art. 3 della
Convenzione. Secondo questa disposizione, l'esecuzione della commissione
rogatoria deve avvenire "nelle forme previste dalla ... legislazione"
della Parte richiesta ["in der in den Rechtsvorschriften des
ersuchten Staats vorgesehenen Form"; "dans les formes prévues par sa
(de l'Etat requis) législation"]. Questa formula è analoga, ma non
identica, a quella impiegata dall'art. 18 cpv. 2 della legge federale
sull'estradizione. Questa stabilisce che l'arresto è eseguito "nel modo
prescritto dalle legislazioni cantonali", prescrive che con lo stesso
deve procedersi "alle perquisizioni e sequestri prescritti dalle leggi del
cantone o chiesti nel mandato di cattura", ma aggiunge però espressamente
"purchè siano ammissibili secondo il diritto cantonale".

    È evidente che l'art. 3 della Convenzione non ha la medesima portata
dell'art. 18 LEstr.

    Come l'estradizione, l'assistenza giudiziaria internazionale in materia
penale non costituisce un procedimento in cui lo Stato richiesto faccia
esercizio di giurisdizione in materia penale, ma un atto del diritto
amministrativo internazionale, sia pure con strette connessioni con
la materia penale. Le disposizioni della procedura penale non debbono
necessariamente esser trasferite ed applicate nel campo particolare
dell'assistenza fra gli Stati. Il rinvio alle disposizioni procedurali
dello Stato richiesto, contenuto nell'art. 3 della Convenzione, ha quindi
anzitutto il senso di creare una base per l'applicazione della procedura
(penale) dello Stato richiesto nel campo specifico dell'assistenza
internazionale, campo in cui quest'ultimo Stato, per conto o nello
interesse dello Stato richiedente, deve eseguire atti processuali o
adottare misure di natura uguale o quantomeno analoga agli atti processuali
ed alle misure ch'esso suole adottare per i propri procedimenti penali.

    L'applicazione della procedura dello Stato richiesto deve però essere
adattata alle esigenze poste dagli obblighi internazionali assunti da
quest'ultimo nel campo specifico dell'assistenza, e deve trovare il suo
limite là dove l'applicazione stretta delle regole procedurali condurrebbe
a risultati che contraddirebbero gli impegni internazionali assunti o
gli scopi fondamentali dell'istituto della collaborazione internazionale
in materia penale. In tali casi il diritto interno, e particolarmente
quello di procedura, deve cedere il passo al diritto internazionale,
come il Tribunale federale ha stabilito in RU 97 I 384 consid. 5 c in
relazione all'art. 18 LEstr. Tra gli obblighi che la Svizzera ha assunto
aderendo alla Convenzione v'è, come visto sopra, anche quello di non
rifiutare l'assistenza perchè la richiesta misura sarebbe incompatibile
col diritto interno. Va pertanto troppo lontano, e non può quindi essere
condivisa, l'interpretazione data da HAUSER (loc. cit., p. 227 II e nota 8)
all'art. 3 della Convenzione, secondo cui l'assistenza dev'essere prestata
non soltanto esclusivamente nella forma, ma anche solo quando ricorrano
tutte le premesse ("unter den Voraussetzungen") del diritto processuale
dello Stato richiesto. Una simile interpretazione, infatti, renderebbe
privo di significato l'art. 5 § 1 lett. c della Convenzione.

    c) Non è comunque necessario approfondire tutti i delicati aspetti
che pone l'applicazione dell'art. 3 in relazione con la rinuncia della
Svizzera ad avvalersi della riserva prevista dall'art. 5 § 1 lett. c,
perchè il ricorso deve essere ammesso per altri motivi.

Erwägung 6

    6.- Secondo il senso, che si deve attribuire al gravame, il ricorrente
censura infatti anche che l'impugnato sequestro esorbita dal quadro stesso
della Convenzione.

    Questa censura è fondata per i motivi seguenti:

    a) Nel procedimento penale la misura del sequestro può perseguire
fini diversi, che eventualmente si combinano fra di loro.

    Essa può tendere innanzitutto ad assicurare l'acquisizione al
procedimento di mezzi di prova rilevanti per l'accertamento della
fattispecie penale. Si par la allora di sequestro probatorio o individuale
(Beweis- oder Individualbeschlagnahme), i cui presupposti sono regolati
dalla procedura penale. Oppure il sequestro può tendere ad assicurare
l'esecuzione del futuro giudicato penale o delle pronunzie civili
con lo stesso connesse. Tale è il caso, quando vengono sequestrati
oggetti che, secondo il diritto penale materiale, dovranno soggiacere
a confisca (sequestro confiscatorio o Einziehungsbeschlagnahme) o che
debbono garantire il pagamento delle spese o delle pene pecuniarie del
procedimento, oppure il pagamento del risarcimento o la restituzione di
oggetti alle parti lese. In tali casi si par la di sequestro conservativo
o sequestro patrimoniale (cfr. C. SPECKER, Die Beschlagnahme im
Strafverfahren zur privatrechtlichen Schadensdeckung, SJZ 49, 1953, p. 301
ss.; H. NIEDERER, Die Vermögensbeschlagnahme im Schw. Strafverfahren, 1968,
p. 1/4; HUNZIKER, Die Beschlagnahme im bern. Strafverfahren, p. 15 ss.;
FÄH, Die Zwangsmittel im st. gall. Strafrechtspflegegesetz, p. 54 ss.;
D. v. RECHENBERGER, Beschlagnahme, Siegelung und Hausdurchsuchung gemäss
zürch. Strafprozessordnung, p. 3 ss.; inoltre RU 76 I 32 ss.; 76 I 99 ss.;
per il diritto italiano: G. SABATINI, "Sequestro per il procedimento
penale" e G. GUARNERI: "Sequestro conservativo penale", entrambi in
Nuovissimo Digesto italiano; per il diritto germanico: E. SCHMIDT,
Lehrkomm. zur Strafprozessordnung, Vorbem. al § 94, N. 2 e ss. e § 94;
LÖWE-ROSENBERG, Grosskomm. zu den Str.P.O., Vorbem. al § 94 ss.).

    b) Nella disciplina della Convenzione europea cade sicuramente il
sequestro probatorio. Più delicata è la questione di sapere se essa regoli
pure il sequestro conservativo.

    A favore della tesi che vuole retto dalla Convenzione europea il
solo sequestro probatorio può essere addotto quanto segue. La misura del
sequestro, menzionata all'art. 5 § 1 della Convenzione, si riferisce alle
commissioni rogatorie definite nell'art. 3. Secondo il primo paragrafo
di questa disposizione, le commissioni rogatorie hanno per oggetto
"di compiere atti istruttori o di comunicare mezzi di prova, inserti o
documenti" ("... de communiquer des pièces à conviction, des dossiers ou
des documents", "... oder die Übermittlung von Beweisstücken, Akten oder
Schriftstücken zum Gegenstand haben"). Ne deriva che il sequestro del § 5
si riferisce ad oggetti che, giusta l'art. 3, costituiscono mezzi di prova.

    Che detto sequestro sia poi limitato ai mezzi di prova in tale
loro specifica qualità e funzione, sembra risultare anche dall'art. 6 §
2. Questa norma stabilisce che gli oggetti che saranno stati trasmessi
in esecuzione di una commissione rogatoria, saranno restituiti al più
presto possibile dalla Parte richiedente alla Parte richiesta, salvo che
questa vi rinunci. Nel "Rapport explicatif" si precisa non soltanto che
il termine di "oggetti" "vise notamment les pièces à conviction dont
il est question au paragraphe premier de l'art. 3", ma si sottolinea
espressamente che è stato riconosciuto che la Parte richiedente, in virtù
di questo testo, non potrà disporre di codesti oggetti, quand'anche la
sua legislazione contenesse norme che le ordinassero di pronunciarsi
sulla proprietà dei medesimi (Rapport explicatif p. 16). D'altra parte,
in forza dell'art. 1 cpv. 2, la Convenzione non si applica, tra l'altro,
alla esecuzione di decisioni di condanna. Se ne può inferire ch'essa
non può applicarsi neppure per l'esecuzione di provvedimenti che, oltre
lo scopo meramente istruttorio, si propongano di garantire l'esecuzione
del futuro giudicato penale, vuoi ai fini di confisca, vuoi ai fini di
risarcimento di parti lese, quali i sequestri conservativi.

    Condivisa in dottrina (cfr. NIEDERER, op.cit. p. 87), l'opinione
per cui secondo la Convenzione europea il sequestro si limita ai mezzi
di prova pare trovare d'altronde un'esplicita conferma nel progetto
di accordo tra la Confederazione svizzera e la Repubblica federale
di Germania che la completa e ne agevola l'applicazione (FF 1970, II,
1, p. 216 ss. o VVL 1970, II, 1, p. 259 ss.; Messaggio del Consiglio
federale del 15 luglio 1970, in FF citato, p. 197 ss., o BBl, p. 241
ss.). Nell'art. II di tale accordo, relativo all'art. 3 della Convenzione
europea, si specifica (cpv. 3) che "oltre ai mezzi di prova menzionati
all'art. 3 della Convenzione, su richiesta dell'autorità competente sono
parimenti trasmessi gli oggetti provenienti da un reato, come anche il
ricavo della loro realizzazione, salvo che una persona estranea al reato
faccia valere i suoi diritti sugli stessi e semprechè le sue pretese non
siano già state soddisfatte o garantite".

    In base a tale tesi, si deve cosi concludere che, giusta la Convenzione
europea, solo i mezzi di prova possono costituire oggetto di sequestro,
e che il provvedimento, nonchè la consegna alla Parte richiedente,
sono limitati e circoscritti alla funzione probatoria di questi oggetti
nell'ambito del procedimento penale instaurato dalla Parte richiedente;
un sequestro ed una consegna, che vadano oltre codesta finalità specifica,
debbono esser previsti da accordi supplementari.

    c) A favore di un'interpretazione della Convenzione europea che
includa nell'assistenza giudiziaria da essa disciplinata anche il
sequestro conservativo può, d'altra parte, distinguersi tra sequestro
e comunicazione; il sequestro conservativo rientrerebbe tra gli
"atti istruttori" genericamente indicati dall'art. 3 cpv. 1, mentre
la comunicazione, prevista nella stessa disposizione, si riferirebbe
solamente ai "mezzi di prova, inserti o documenti". Tale interpretazione
consentirebbe d'invocare la Convenzione europea per conseguire
il sequestro conservativo del "productum sceleris", e per impedire,
mediante una procedura snella e sollecita, la temuta dispersione del
provento del delitto. Secondo questa opinione, la Convenzione europea
garantirebbe, da un lato, l'immobilizzazione nello Stato richiesto del
"productum sceleris" (la sua eventuale ed eccezionale trasmissione
allo Stato richiedente, a fini probatori, sarebbe comunque accompagnata
dall'onere di restituzione espressamente previsto dalla Convenzione),
e, dall'altro, la comunicazione dei mezzi di prova ritenuti necessari
dallo Stato richiedente. Solamente cosi si attribuirebbe alla Convenzione
europea un oggetto adeguato ai fini che essa si propone, ossia una efficace
ed estesa solidarietà internazionale nella lotta contro il crimine.

    d) Nella fattispecie la questione di sapere se l'art. 3 della
Convenzione europea comprenda solo il sequestro probatorio od anche
quello conservativo può rimanere aperta. Infatti, non esiste comunque una
relazione giuridicamente adeguata tra la somma di cui è stato chiesto
il sequestro (probatorio o conservativo che sia) e il delitto a cui la
commissione rogatoria la collega.

    Nel caso concreto costituiscono indubbiamente mezzi di prova per il
procedimento penale instaurato in Italia le lettere di credito stesse -
i cui originali, però, non si trovano più in Svizzera -, le relative
scritturazioni contabili, la corrispondenza bancaria. Il ricorrente,
d'altronde, non lo contesta, nè si è opposto alla consegna all'autorità
italiana di codesti atti o delle loro copie.

    Il Credito Svizzero contesta invece che possa essere sequestrata
ai sensi della Convenzione la somma di dollari che la società X (o per
essa il titolare del conto YZ) ha depositato presso l'istituto, e che
è destinata a garantire, nei confronti della mandante, le pretese della
banca che ha emesso le lettere di credito. Il ricorrente è nel giusto.

    La circostanza per cui, ai fini di ottenere l'emissione da parte del
Credito Svizzero dellelettere di credito a favore dellabeneficiaria,
la società X abbia o meno dovuto costituire garanzie a favore del
Credito Svizzero, è assolutamente irrilevante per la questione di
sapere se l'intimata sia stata indotta a ordinare detta emissione in
conseguenza di manovre ordite dai responsabili della venditrice della
merce, che perfezionino il reato di truffa o tentata truffa. Ai fini
di codesto giudizio, la situazione non sarebbe per nulla diversa se il
Credito Svizzero avesse emesso le lettere di credito senza possedere,
per garantirsi il regresso verso la mandante, alcuna copertura. Infine,
la questione di sapere se il ricorrente possa esercitare tale regresso,
ed addebitare alla mandante l'operazione di sconto delle lettere di
credito, come l'istituto pretende e l'intimata contesta, esorbita dal
giudizio penale. Essa comporta infatti un giudizio sul contenuto del
mandato conferito dall'intimata al ricorrente per l'emissione delle
lettere di credito, e sull'esecuzione, corretta o meno, del mandato
ricevuto da parte del Credito Svizzero o della banca corrispondente;
tutte questioni che esulano dal problema della responsabilità penale dei
prevenuti, e che debbono e possono rimanere riservate.

    Da quanto sopra risulta che il deposito di cui s'è chiesto il sequestro
non costituisce nè un mezzo di prova concernente il procedimento penale,
nè il provento del delitto che con detto procedimento si vuole punire. Non
esistendo la necessaria connessione tra la somma in questione e il reato
menzionato nella commissione rogatoria - connessione che è un presupposto
essenziale per l'applicazione della Convenzione europea invocata -, il
sequestro deve quindi essere rifiutato nella misura in cui esso a tale
somma si riferisce.

Erwägung 7

    7.- Per scrupolo di completezza, ci si può chiedere se la domanda
dell'autorità italiana non possa esser fondata, anzichè sulla Convenzione
di assistenza giudiziaria, sulla Convenzione europea di estradizione del
13 dicembre 1957 (RULF 1967, p. 850 ss.), di cui ambedue gli Stati sono
membri (cfr. RU 95 I 465 consid. 1).

    a) Anche l'art. 20 di questa Convenzione si occupa del sequestro e
della consegna di oggetti, tuttavia solamente come di misure accessorie
all'estradizione di persone. Il principio dell'accessorietà risulta, e
contrario, dalla norma del paragrafo 2 dell'art. 20, per cui la consegna
di oggetti prevista dal primo paragrafo dello stesso articolo "sarà
effettuata anche qualora l'estradizione già accordata non potesse aver
luogo in seguito alla morte o all'evasione dell'individuo ricercato"
(cfr. Messaggio del Consiglio federale, FF 1967, p. 439). Poichè le
persone, ricercate dall'Italia per i noti reati, non si trovano in
Svizzera, la premessa dell'applicazione dell'art. 20 della Convenzione
di estradizione non è data (analoga soluzione nella prassi austriaca:
cfr. M. BURGSTALLER, Das europäische Auslieferungsübereinkommen und seine
Anwendung in Österreich, p. 53).

    b) Ma quand'anche si volesse sostenere che sull'art. 20 della
Convenzione di estradizione possa essere fondata una domanda di sequestro o
consegna di oggetti indipendente da una domanda di estradizione personale
(questione che, in relazione all'art. 27, cpv. 2 LEstr., il Tribunale
federale ha lasciato aperto in RU 31 I 501 consid. 2; cfr. anche SCHULTZ,
Das Schweiz. Auslieferungsrecht, p. 510 e nota 3 ivi), gli estremi per
l'applicazione di codesto disposto non sarebbero comunque dati. Infatti,
giusta il cpv. a lett. a e b dell'art. 20, dovrebbe trattarsi o di oggetti
che possano servire quali mezzi di prova o di oggetti provenienti dal
reato. Già si è visto sopra che il deposito onde si tratta non è mezzo
di prova nè "proviene" dal reato. Si tratta in realtà di un credito
nei confronti del ricorrente, che non compete al presunto reo, bensì
all'intimata che ha costituito il deposito.

Erwägung 8

    8.- L'esecuzione della commissione rogatoria italiana deve quindi esser
rifiutata, nella misura in cui essa chiede il sequestro del deposito. Ciò
comporta l'annullamento dell'impugnata decisione. È superfluo esaminare
le altre censure sollevate dal ricorrente. Per analogia con quanto
avviene in materia di rigetto dell'opposizione fondata sull'exequatur
di una sentenza straniera (RU 72 I 96; sentenza 20 settembre 1972 in re
Niccolini c. Gatti, consid. 6) e per analogia con le pronunzie in materia
di estradizione, si giustifica di fare eccezione al principio della natura
cassatoria del ricorso di diritto pubblico e di pronunciare direttamente
il rifiuto dell'assistenza - che l'art. 19 della Convenzione impone di
motivare nei confronti della Parte richiedente - nel dispositivo. Oltre
che alla ricorrente e all'interessata General Import/Export SA, del
giudizio dev'esser data conoscenza all'autorità italiana richiedente ed
al Dipartimento federale di giustizia e polizia.

Erwägung 9

    9.- Per quanto riguarda le spese, non si giustifica di porle a carico
della società X. Questa, nella procedura davanti al Tribunale federale,
non ha qualità di parte: essa non sarebbe stata legittimata ad impugnare
una decisione negativa dell'autorità ticinese sulla richiesta italiana di
assistenza giudiziaria. Non avendo qualità per impugnare una decisione
negativa, essa non l'aveva neppure per difendere la decisione positiva
presa in casu dall'autorità cantonale (RU 63 I 230; 75 I 46 consid. 3;
consid. 3 della sentenza del 17 marzo 1971 Pully c. Vaud). Le osservazioni
da essa presentate vanno considerate come quelle di "un altro interessato"
ai sensi dell'art. 93 cpv. 1 OG.

    Nessuna spesa può esser imposta, d'altra parte, all'autorità estera
richiedente (art. 20 Convenzione). Le ripetibili di sede federale sono
pertanto da porre a carico del cantone Ticino.