Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 96 II 119



96 II 119

21. Sentenza 29 agosto 1970 della I. Corte civile nella causa Da
Pra-Pastore contro Ticino. Regeste

    Recht der Erben, eine Schenkung des Erblassers wegen Nichterfüllung
der Auflage zu widerrufen. Voraussetzungen. Art. 251 Abs. 2 OR.

    1.  Der Begriff des Erben im Sinne von Art. 251 Abs. 2 OR entspricht
dem allgemeinen des ZGB (Erw. 1a).

    2.  Die Aktivlegitimation beurteilt sich nicht nach Prozess-, sondern
nach dem Zivilrecht (Erw. 1 b).

    3.  Bis zum Ablauf der Frist des Art. 251 Abs. 1 OR können die Erben
die Schenkung widerrufen und aus einem bereits vor dem Tode des Schenkers
eingetretenen Grunde Klage einreichen (Art. 251 Abs. 2; Erw. 3).

Sachverhalt

    A.- Mediante atto pubblico del 2 febbraio 1956 l'ing. Secondo Reali
donò allo Stato del Cantone Ticino un complesso immobiliare di 1374 mq
sito nel centro di Lugano, e portante il numero di mappa 302. Nell'atto di
donazione l'ing. Reali manifestava la volontà di legare il nome proprio
e della famiglia ad "un'opera culturale di carattere pubblico": egli
intendeva così favorire la creazione di quel museo ticinese d'arte che
dal 1953 rientrava nei piani cantonali. L'opera sarebbe dovuta sorgere sul
sedime donato. Ancora nel 1957, e cioè prima del decesso del donatore,
sopravvenuto il 19 novembre 1958, lo Stato del Cantone Ticino indisse
un concorso d'architettura per la progettazione d'un museo cantonale
di belle arti sulla proprietà Reali. Esaminati i lavori, la giuria
suggerì allo Stato di aprire un secondo concorso, ristretto agli autori
dei cinque migliori progetti presentati, nessuno dei quali dava piena
soddisfazione. Inoltre, su consiglio della giuria, lo Stato intavolò
trattative con i signori Riva, proprietari d'un fondo attiguo, al fine
d'ottenere convenzionalmente la cancellazione di servitù reciproche di
distanza e di non costruire, gravanti entrambi i fondi. Queste trattative,
che si protrassero durante i primi cinque mesi del 1958, fallirono per
il rifiuto della parte Riva. Nell'ottobre del 1958, il Consiglio di
Stato aprì pertanto il secondo concorso, imponendo ai partecipanti di
rispettare le servitù. Subito dopo la sua scadenza, avvenuta il 30 gennaio
1959, la giuria, non ritenendo ancora nessuno dei progetti pienamente
soddisfacente, propose al Consiglio di Stato di affidare agli autori dei
primi due progetti premiati il compito di allestire in comune un progetto
definitivo che tenesse conto di alcuni suggerimenti.

    Frattanto, il titolare del Dipartimento della pubblica educazione,
incaricato della creazione del museo, cambiò. Il 18 dicembre 1958, d'altra
parte, il Consiglio di Stato aveva ricevuto una lettera degli esecutori
testamentari dell'ing. Reali, i quali affermavano di comprendere che la
realizzazione del progetto richiedeva tempo. Infine, si rifece viva negli
ambienti luganesi l'idea di aggiungere al museo una sala dei congressi,
estendendo il previsto edificio su altre proprietà. Il Consiglio di Stato
entrò nuovamente in trattative con i signori Riva, al fine di acquistare
il loro immobile. Ma questi approcci, che si estesero dal maggio al
novembre del 1960, non furono più fruttuosi dei primi. Il Consiglio
di Stato rimase allora inattivo per oltre un anno. Interpellato in
Gran Consiglio nell'aprile 1961, riferì delle trattative condotte per
l'estensione dell'area dell'edificio, e sottolineò le preoccupazioni
d'ordine finanziario collegate al progetto.

    Nell'agosto del 1962, il municipio di Lugano informò il Consiglio
di Stato di avere previsto una variante del piano regolatore cittadino,
comportante la costruzione di una larga strada attraverso la proprietà
Reali, che si sarebbe ridotta da 1374 a 500 mq circa. Il Consiglio di
Stato rispose che tale progetto era compatibile con i piani dello Stato
solo nella misura in cui si sarebbe potuta acquisire la adiacente proprietà
Riva. Furono quindi intavolate, per la terza volta, trattative con questi
proprietari, ma ancora senza successo. Lo Stato intervenne allora presso
il comune di Lugano che, dopo lunghe resistenze, rinunciò alla variante
del piano regolatore: tale rinuncia fu ratificata dal Consiglio di Stato
nel febbraio 1968.

    Eliminato siffatto ostacolo, la situazione ritornò ad essere quella
di fine 1958 - inizio 1959, ed il Consiglio di Stato riprese l'esame del
problema. Esso incaricò l'arch. Jäggli, il cui progetto era stato premiato,
della progettazione definitiva; fece egualmente allestire piani per
l'arredamento del museo; i problemi d'ordine finanziario, nel frattempo,
s'erano attenuati per l'intervenuto accrescimento dei fondi speciali.

    B.- Con lettera del 16 maggio 1964 Angela Pastore, di Milano, nella sua
qualità di erede legittima del cugino ing. Secondo Reali, del quale aveva
raccolto, in virtù della sentenza 17 maggio 1963 del Tribunale federale,
il residuo successorale, ha fatto comunicare al Consiglio di Stato la sua
volontà di revocare la donazione del 2 febbraio 1956. Essa rimproverava
allo Stato di non aver adempiuto gli oneri incombentigli dalla donazione
e chiedeva di conseguenza la restituzione della proprietà in virtù
dell'art. 249 num. 3 CO. Lo Stato del Cantone Ticino vi si è opposto,
confermando la sua ferma intenzione di costruire il museo. Angela Pastore
ha ripetuto la sua dichiarazione di revoca con lettera del 16 agosto
1964. Mediante petizione del 17 maggio 1965, presentata direttamente
davanti alla Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino,
Alma Da Pra, figlia ed erede di Angela Pastore, decessa il 5 ottobre 1964,
unitamente al padre Antonio Pastore, usufruttuario dei beni della defunta,
ha chiesto la revoca giudiziale della donazione e la restituzione dei
beni donati.

    Antonio Pastore è morto nel corso della procedura. Sua figlia ha
continuato da sola la causa.

    C.- La Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino ha
respinto la petizione con sentenza del 12 dicembre 1969.

    La Corte cantonale ha innanzitutto scartato le eccezioni di mancata
legittimazione attiva e di abuso di diritto sollevate dallo Stato a
titolo pregiudiziale. Nel merito ha negato che alla donazione litigiosa
fosse connessa una condizione risolutiva, l'esistenza d'una simile
condizione non essendo per nulla desumibile dal contratto di donazione;
essa ha poi ritenuto non pertinenti gli argomenti tratti dal testamento
dell'ing. Reali, vale a dire da un atto unilaterale del donatore.

    La precedente istanza ha inoltre osservato che la donazione in esame
dev'essere qualificata come una donazione "modale", vale a dire gravata da
un onere. L'inadempimento di questo comporta per il donatore il diritto
di revocare la donazione. Tale diritto è tuttavia personalissimo,
e gli eredi del donatore non possono sostituirsi alla sua volontà:
giusta l'art. 251 cpv. 2 CO, questi ultimi non posseggono infatti che
il diritto di proseguire un'azione già proposta dal donatore o di dar
seguito a una revoca da lui già esplicitamente dichiarata. La Corte
cantonale ha poi aggiunto che, quando pure si dovesse riconoscere agli
eredi dell'ing. Reali il diritto d'avvalersi dell'asserito inadempimento,
il termine perentorio dell'art. 251 cpv. 1 CO sarebbe in ogni caso
ampiamente spirato, determinante essendo soltanto la conoscenza che il
donatore stesso può avere avuto della causa di revoca.

    L'azione sarebbe comunque, secondo la Corte cantonale, infondata
nel merito. L'attrice invoca infatti l'inadempimento dell'onere di cui
all'art. 249 num. 3 CO, sola causa di revoca che può del resto entrare in
linea di conto nella fattispecie. Ora, a prescindere dal caso previsto
dall'art. 251 cpv. 3 CO, il diritto di revoca è un diritto strettamente
personale del donatore. Esso può passare agli eredi solo qualora fosse
già sorto a beneficio del donatore, prima della sua morte. Ora, rileva
la precedente istanza, fino al decesso dell'ing. Reali, lo Stato ha
senz'altro agito con diligenza, come l'attrice stessa ha del resto
ammesso nella procedura. Ma quand'anche si volessero considerare i
fatti posteriori al decesso del donatore, la domanda sarebbe pure priva
di fondamento, non potendosi in alcun momento rimproverare allo Stato
d'essersi disinteressato del progetto e d'aver nutrito l'intenzione di
non più rispettare le volontà del donatore.

    Da ultimo, la Corte cantonale dichiara come frutto di pura fantasia
la tesi subordinata dell'attrice, secondo cui lo Stato avrebbe impedito
all'ing. Reali di esercitare il diritto di revoca, facendogli credere
ch'esso desiderava realizzare l'opera, mentre questa non rientrava nelle
sue reali intenzioni.

    D.- Alma Da Pra-Pastore impugna questa sentenza davanti al Tribunale
federale mediante un tempestivo ricorso per riforma. Essa chiede
d'annullare il giudizio e di riconoscere lo Stato del Cantone Ticino come
donatario inadempiente; domanda quindi di revocare la donazione del 2
febbraio 1956 e di ordinare la restituzione a suo favore dei beni mobili
ed immobili oggetto della donazione; da ultimo, la ricorrente chiede di
condannare lo Stato del Cantone Ticino a rimborsarle la somma di Fr. 300
000.--, costituita dai redditi netti degli immobili in oggetto dal 1959
in poi.

    Lo Stato del Cantone Ticino propone la reiezione del ricorso.

Auszug aus den Erwägungen:

                   Considerando in diritto:

Erwägung 1

    1.- Occorre innanzitutto esaminare se l'attrice è titolare dei diritti
di cui si avvale giudizialmente. La legittimazione attiva di Alma Da
Pra-Pastore è infatti il primo requisito per la proponibilità dell'azione.
Questo esame va operato d'ufficio (RU 74 II 216 consid. 1).

    L'attrice deduce la sua pretesa dalla propria qualità di erede
dell'ing. Reali.

    a) Giusta l'art. 251 cpv. 2 CO, se il donatore muore prima del
decorso del termine di cui al capoverso precedente, l'azione di revoca
della donazione si trasmette agli eredi. L'intimato sostiene che, dato
il carattere strettamente personale del diritto di revoca, per eredi
ai sensi della citata norma bisogna intendere solo gli eredi immediati
del donatore, non già anche gli eredi dei suoi eredi legittimi. Questa
opinione è priva di fondamento. La restrittiva interpretazione professata
dallo Stato urta contro la nozione generale di erede come la intende in
modo costante il nostro codice civile, alla quale l'art. 251 cpv. 2 CO,
nell'assenza d'ogni indicazione contraria nel testo legale e nei lavori
preparatori, è reputato riferirsi. Se ne deve quindi concludere che
l'attrice rientra nella nozione di erede di cui all'art. 251 cpv. 2 CO.

    b) Più delicato è il quesito di sapere se Alma Da Pra-Pastore ha veste
per agire da sola in qualità di erede del donatore. È infatti pacifico
ch'essa non è la sua unica erede legale.

    Secondo l'art. 602 CC i coeredi dispongono in comune dei beni
della successione. Appoggiandosi a questa norma, la Corte cantonale
sembra ammettere, senza peraltro dirlo esplicitamente, che l'attrice non
poteva agire in concreto da sola, nonostante avesse essa sola chiesto e
ottenuto la nullità delle disposizioni testamentarie dell'ing. Reali. La
Corte cantonale ha tuttavia sorvolato su tale quesito, adducendo che la
legittimazione "ad causam" non viene esaminata d'ufficio nella procedura
civile ticinese. Quest'ultima opinione è errata. Quella della veste per
agire in giudizio è una questione attinente al diritto civile, non alla
procedura. Per sapere se l'attrice ha sola il diritto di disporre dei
beni donati, o se lo ha in comunione con i coeredi, occorre esaminare
la titolarità del diritto invocato, vale a dire sciogliere un quesito di
diritto materiale, retto dal diritto federale. Secondo la giurisprudenza
del Tribunale federale, approvata dalla dottrina, il giudizio che dichiara
nulla una disposizione d'ultima volontà esplica effetti solo nei confronti
delle parti in causa (RU 81 II 36 e sentenze anteriori ivi citate; ESCHER,
2. ed., N. 6 all'art. 519; TUOR, 2. ed., nota preliminare 6 b agli art.
519-521). Ne consegue che l'attrice non può, di massima, pretendere
d'essere unica erede dell'ing. Reali, invocando il semplice fatto di avere
essa sola impugnato le disposizioni testamentarie e di avere essa sola
ottenuto la pronuncia giudiziale della loro nullità. Sennonchè, nella
fattispecie, l'azione è stata diretta non soltanto contro i beneficiari
delle disposizioni contestate, ma pure contro gli esecutori testamentari:
ci si può pertanto chiedere se l'accennato principio giurisprudenziale
è ancora applicabile in un simile caso. La questione può qui rimanere
aperta, perchè il ricorso dev'essere senz'altro respinto sulla base dei
motivi che saranno indicati più sotto.

Erwägung 2

    2.- L'atto di donazione indica in modo esplicito come fine della
liberalità la creazione del museo ticinese di belle arti. A ragione
la Corte cantonale ha rifiutato di qualificare come una condizione
l'obbligo assunto dallo Stato di istituire il museo nell'immobile
donato. Un contratto è infatti ritenuto condizionale ai sensi della legge
quando la sua obbligatorietà venga fatta dipendere da un avvenimento
incerto (art. 150 cpv. 1 CO). Ed è chiaro che, costituendo una modalità
dell'obbligazione, la condizione dev'essere contrattualmente pattuita,
vale a dire deve formare l'oggetto di una comune e reciproca manifestazione
di volontà. Sennonchè, nel citato atto di donazione, steso nella forma
pubblica da un notaio, nulla esprime la comune intenzione dei contraenti
di sospendere o di sciogliere gli effetti del contratto nel caso in cui
non venisse realizzato il progettato museo. D'altra parte, fa specie che la
ricorrente non sembra più sostenere, davanti al Tribunale federale, la tesi
della donazione condizionale. Ed appare infine decisiva la circostanza che
l'attrice chieda essenzialmente, con il ricorso per riforma, la revoca
della donazione: una tale conclusione implica necessariamente che, dal
punto di vista di Alma Da Pra-Pastore, la donazione non ha cessato di
esplicare i suoi effetti nonostante il preteso mancato compimento della
condizione.

    Bisogna dunque convenire che la donazione in oggetto è una donazione
cosiddetta modale, vale a dire vincolata ad un onere. È pertanto in questa
luce che la causa dev'essere esaminata e decisa.

Erwägung 3

    3.- Contro il beneficiario inadempiente d'una liberalità gravata da
un onere la sanzione normale è costituita dall'azione volta ad ottenere
l'adempimento. Trattandosi di liberalità a causa di morte, l'azione è
prevista dall'art. 482 CC, ed è promovibile da "qualsiasi interessato". Per
quel che riguarda le liberalità tra vivi, l'azione è istituita, giusta
l'art. 246 CO, a favore del donatore e, quando l'onere è di interesse
pubblico, a favore dell'autorità. Non v'è alcun dubbio che il diritto
del donatore di chiedere l'adempimento è trasmissibile a causa di morte
e può quindi essere esercitato dagli eredi.

    La revoca della liberalità per inadempimento dell'onere è invece
una sanzione estrema. In completo accordo con la dottrina, il Tribunale
federale qualifica d'altra parte come personalissimo il diritto di
revoca (RU 85 II 616 consid. 5). Ora, in linea di principio, i diritti
strettamente personali non sono trasmissibili e non passano agli eredi
(cfr. art. 93 cpv. 2 CC). È così che, in materia di oneri gravanti una
liberalità a causa di morte, la legge non riconosce nè agli eredi nè agli
esecutori testamentari il diritto di revoca. Loro non resta che l'azione
volta all'adempimento.

    L'art. 251 cpv. 2 CO introduce invero un'eccezione a tale principio e,
in misura limitata - com'è del resto il caso per il suesposto art. 93 CC -
ammette il trapasso del diritto di revoca agli eredi: più precisamente,
l'azione di revoca si trasmette loro fino al compimento del termine di
cui all'art. 251 cpv. 1 CO, quando il donatore muoia prima del decorso
del medesimo.

    a) Il testo di questa norma non è certo molto chiaro e la dottrina è
divisa sul punto di sapere se gli eredi possono agire in giudizio solo per
ottenere l'esecuzione di una revoca già dichiarata dal donatore vita sua
natural durante, o se invece essi possono revocare la donazione quand'anche
il donatore non l'avesse fatto. Si deve dare la preferenza a quest'ultima
tesi (v. W. MEIER, Der Widerruf der Schenkungen im schweiz. Recht,
tesi Winterthur 1958, p. 54 e 91; v. pure OSER/SCHÖNENBERGER, N. 5
all'art. 251) e intendere l'art. 251 cpv. 2 CO nel senso che, fino
al compimento del termine, gli eredi possono revocare la donazione e
promuovere l'azione per un motivo anteriore alla morte del donatore. In
altre parole, il termine di perenzione non dev'essere abbreviato in seguito
al decesso del donatore, ma, al contrario, durante la rimanente frazione
del termine gli eredi devono poter esercitare il diritto di revoca che
sarebbe spettato al loro predecessore.

    È chiaro tuttavia che il diritto di revoca è limitato nel tempo da
un termine di perenzione, che l'art. 251 cpv. 1 CO fissa ad un anno,
a contare dal giorno in cui il donatore ha conosciuto la causa di
revoca. Poichè l'art. 251 cpv. 2 CO si riferisce manifestamente e senza
ombra di dubbio a questo termine, è evidente che, in ogni caso, gli eredi
possono chiedere la revoca della donazione al più tardi un anno dopo la
morte del donatore. Ora, in concreto, l'attrice ha dichiarato la sua
volontà di revocare la donazione il 16 maggio 1964, ed ha proposto la
relativa azione giudiziale il 17 maggio 1965. Il termine dell'art. 251
cpv. 2 CO era quindi ampiamente decorso quando l'attrice s'è determinata
ad agire. Trattandosi d'altra parte di un termine di perenzione, che non
può essere nè interrotto nè sospeso, il diritto di Alma Da Pra-Pastore
di chiedere la revoca della donazione era quindi manifestamente estinto
il giorno in cui essa ha deciso di esercitarlo.

    A ciò s'aggiunge che l'attrice avrebbe comunque dovuto dimostrare
che l'inadempimento ingiustificato che essa rimprovera al Cantone sarebbe
anteriore al decesso dell'ing. Reali. Ma non si vede come avrebbe potuto
addurre la prova di una siffatta circostanza, che non trova alcuna
rispondenza nella realtà. L'ing. Reali è in effetti deceduto il 19
novembre 1958, circa due anni e mezzo dopo la donazione. Nel frattempo,
il Consiglio di Stato aveva aperto un concorso d'architettura per la
progettazione del museo, e avviato trattative per la cancellazione di
servitù reciproche di vicinato; in seguito al fallimento di questi passi,
lo Stato indisse poi, nell'ottobre del 1958, un concorso ristretto, secondo
il suggerimento della giuria del primo concorso. Si deve quindi ammettere
che lo Stato ha agito, almeno fino a quel momento, con diligenza. Le
accennate considerazioni conducono pertanto alla reiezione pura e semplice
del ricorso.

    b) Quando pure si volesse adottare un'interpretazione più lata
dell'art. 251 cpv. 2 CO, e prescindere dal carattere perentorio del
termine, il risultato non cambierebbe.

    In effetti, l'interpretazione più estensiva della citata norma limita
il diritto di revoca ad un anno dopo il decesso del donatore. La revoca
degli eredi non potrebbe evidentemente in nessun caso fondarsi su fatti
posteriori all'estinzione del loro diritto di revocare. Ne consegue che,
sulla base di questa interpretazione, l'azione di Alma Da Pra-Pastore
non potrebbe poggiare che su fatti antecedenti al 19 novembre 1959. Ora,
è nella primavera del 1959 che lo Stato, in seguito alla scadenza del
secondo concorso, avvenuta il 30 gennaio 1959, ha avuto dalla giuria la
proposta di affidare agli autori dei due progetti premiati il compito di
allestire in comune un progetto definitivo, che tenesse conto di alcuni
suggerimenti. L'attrice medesima, del resto, ha riconosciuto in corso di
procedura che il donatario, fino al decesso dell'ing. Reali, ha proceduto
attivamente; e la Corte cantonale accerta in modo vincolante che questa
ammissione trova rispondenza nella realtà. Dopo la primavera del 1959,
bisogna riconoscere che la pratica ha avuto qualche remora. Ma il ritardo,
oltre a non essere considerevole, è giustificato da varie circostanze
di fatto, accertate dalla precedente istanza: innanzitutto, il capo
del Dipartimento cantonale della pubblica educazione era nel frattempo
cambiato; poi, si era rifatta viva, da diverse parti, l'idea di abbinare
al costituendo museo una sala dei congressi, mediante l'assorbimento
di proprietà contigue; infine, si profilava sempre la necessità di
trovar fondi adeguati e di elaborare un piano di finanziamento. Nè va
dimenticato che un ente di diritto pubblico non possiede la libertà
d'azione e soprattutto la rapidità di decisione possibili in una persona
privata. Sulla base di tutti questi elementi e considerazioni, si impone
di escludere l'ammissione, a carico dello Stato, di un inadempimento, e ciò
soprattutto nel breve periodo di tempo che corre fino al 19 novembre 1959.
In ogni caso, il lieve ritardo denunciato dall'attrice - che però s'è ben
guardata dal mettere in mora il donatario - non è tale da comportare la
gravissima sanzione della revoca.

Erwägung 4

    4.- ...

Erwägung 5

    5.- Qualunque sia l'interpretazione data all'art. 251 cpv. 2 CO,
l'azione promossa da Alma Da Pra-Pastore oltre cinque anni dopo il decesso
del donatore è perenta. Il presente ricorso, diretto contro il giudizio
cantonale che aveva respinto quell'azione, si rivela quindi manifestamente
infondato, e dev'essere respinto.

    Ciò non significa evidentemente che l'onere imposto dal donatore sia
rimasto lettera morta. AI contrario, se l'attrice, com'essa afferma,
ha a cuore il desiderio di far rispettare le volontà del suo defunto
cugino, le rimane sempre aperta la possibilità di chiedere giudizialmente
l'adempimento dell'onere, qualora lo Stato tardi eccessivamente ad
eseguirlo.

Entscheid:

Il Tribunale federale pronuncia: Il ricorso è respinto e la sentenza
impugnata è confermata.