Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 94 II 173



94 II 173

31. Estratto della sentenza 25 giugno 1968 della I Camera civile nella
causa Elvezia Infortuni e Tami contro Oberhänsli. Regeste

    Haftpflicht des Motorfahrzeughalters.

    1.  Art. 61 Abs. 1 SVG. Eine Verschiedenheit der abstrakten, grob
geschätzten Betriebsgefahr, die den an einem Zusammenstoss beteiligten
Motorfahrzeugen (für die Lenker oder für Dritte) innewohnt, führt
grundsätzlich zu keiner andern Haftungsverteilung. Von Belang ist ein
solcher Unterschied, wenn die Gefährlichkeit oder die Verletzlichkeit
eines Motorfahrzeugs im konkreten Fall in Beziehung steht mit einer
Nachlässigkeit oder einem sonstigen Umstand, für die der Lenker - oder
der Halter - einzustehen hat (Erw. 1 und 2).

    2.  Wer auf einem Parkstreifen längs der Fahrbahn fährt, fällt nicht
unter Art. 15 Abs. 3 VRV und verliert daher sein Vortrittsrecht nicht
(Erw. 3).

    3.  Art. 36 Abs. 1 SVG, 13 Abs. 4 VRV. Pflicht, sich beim
Abbiegen nach links gegen die Strassenmitte zu halten, und Verbot des
Kurvenschneidens. Beweislast (Erw. 4).

    4.  Art. 26 Abs. 1 SVG. Wer das Vortrittsrecht eines andern
verletzt, kann seine Haftung nicht durch die Behauptung mindern, der
Vortrittsberechtigte habe ihm obliegende fundamentale Sorgfaltspflichten
nicht erfüllt (Erw. 5).

    5.  Art. 57 VVV will nur die Mindestleistungen der Versicherung
festsetzen. Er bedeutet nicht, dass der Ersatzanspruch für Schäden,
die sich auf diese Leistungen beziehen, gegenüber dem haftpflichtigen
Dritten dahinfällt (Erw. 8a).

    6.  Art. 96 VVG. Der für einen Schaden haftbare Motorfahrzeughalter
kann den Anspruch des Geschädigten auf Ersatz der Arzt- und Heilungskosten
nicht mit dem Hinweis darauf bestreiten, dass diese Kosten bereits durch
eine Unfallversicherung bezahlt worden sind (Erw. 8b).

Sachverhalt

    A.- La piazza Bernardino Luini è situata sul lungolago di Lugano in
direzione di Paradiso. Dal suo lato nord sboccano, verso il lago, la via
(riva) Vincenzo Vela e, dal centro, la via Nassa. Fra queste due strade è
situato il fabbricato commerciale al cui pianterreno è l'agenzia Globus
e che costituisce il fronte nord della piazzetta. Nella piazza sono
sistemati dei posteggi pubblici, il cui spazio si restringe verso sud e
termina con tre posteggi, due dei quali appaiati, destinati ai tassì e
posti longitudinalmente alla confluenza sul lungolago dei prolungamenti
delle vie Vincenzo Vela e Nassa. Dalla piazza è possibile immettersi su
via Vela anche in prossimità dell'Ufficio Globus. Il 4 aprile 1963,
verso le ore 09.00, Werner Oberhänsli proveniva da Via Nassa sulla sua
motoretta ("motorscooter") NSU, intenzionato ad attraversare la piazza
Bernardino Luini per immettersi sul lungolago in direzione nord. Egli
contornò il posteggio pubblico interamente occupato e, passando sui
posteggi riservati ai tassì, momentaneamente liberi, si immise nella via
Vincenzo Vela a passo d'uomo, voltando a sinistra. Contemporaneamente
stava sopraggiungendo da nordl'Oldsmobile di Rino Tami ad una velocità
superiore a 60 km/h. Davanti al bar Picadilly, posto a circa lo/15 metri
prima dell'Ufficio Globus, Tami aveva iniziato il sorpasso del furgone
VW guidato da certo Wittmer. Stava terminando la sua manovra spostandosi
sulla sua destra e precedendo di circa m 10 il furgone, quando entrò
in collisione con il suddetto motociclista. Tami, scorto quest'ultimo,
aveva cominciato a frenare già prima della collisione. Tuttavia - la
strada in dadi di porfido era bagnata e viscida - la sua vettura investì
frontalmente la motoretta e la sospinse con il conducente per oltre 20
metri verso sud. Il motociclo si fermò in fiamme sotto l'autovettura
leggermente spostata a sinistra. Oberhänsli ne uscì gravemente ferito e
permanentemente menomato nella sua capacità al lavoro.

    B.- L'11 aprile 1965, Oberhänsli promosse contro Tami e la Società
d'assicurazione "Elvezia Infortuni" l'azione civile. Egli chiese che i
convenuti fossero obbligati in solido a versargli la somma complessiva
di fr. 272 642.-- a titolo di risarcimento danni e riparazione di torto
morale, oltre i relativi interessi al 5%.

    Con sentenza 4 gennaio 1967, il Pretore attribuì la responsabilità
dell'infortunio per 1/3 all'automobilista e per 2/3 al motociclista,
obbligando i convenuti a pagare i danni subiti dall'attore in ragione
di 1/3.

    C.- L'attore si aggravò alla Camera civile del Tribunale di appello
che, con sentenza 13 febbraio 1968, ha confermato il giudizio del Pretore
ad eccezione di quanto concerne la ripartizione delle spese giudiziarie.

    Essa ha considerato che Oberhänsli, immettendosi da un posteggio sulla
via Vincenzo Vela, non aveva diritto di precedenza nei confronti di Tami,
proveniente da sinistra; ha pertanto giudicato l'attore colpevole di
infrazione agli art. 26, mancanza di prudenza, 31, mancanza di padronanza
del suo veicolo, 36 cpv. 4 LCStr., violazione di precedenza dei veicoli in
circolazione, nonchè dell'art. 15 cpv. 3 dell'ordinanza sulle norme della
circolazione stradale (ONC): difetto di precedenza uscendo da parcheggio.

    D'altra parte, la Corte cantonale ha considerato Tami pure colpevole
di infrazione agli art. 26 e 31, nonchè agli art. 32, velocità eccessiva,
e 35 cpv. 2 e 3 LCStr., sorpasso imprudente.

    D.- I convenuti hanno tempestivamente interposto al Tribunale federale
un ricorso per riforma, chiedendo che la petizione sia integralmente
respinta.

    Essi impugnano anzitutto, come dovuta a una svista, la determinazione
del danno per invalidità permanente. Negano poi che l'operazione di
sorpasso e la velocità dell'automobilista siano in rapporto causale
giuridicamente rilevante con l'infortunio. Questo dipenderebbe da
colpa esclusiva del motociclista. I convenuti affermano inoltre che il
rischio di esercizio dell'automobile è del 10% inferiore a quello della
motoretta. Negano il loro obbligo al risarcimento delle spese di cura
già rimborsate da altre assicurazioni e, in relazione anche con questa
circostanza, contestano pure il riconoscimento di un obbligo di riparazione
morale. Infine, i convenuti affermano che, contrariamente a quanto disposto
dalla Corte cantonale, il danno per invalidità permanente è da calcolare
solo a decorrere dal giorno della sentenza e che il danno per invalidità
concretamente determinata deve essere calcolato fino a tale data.

    E.- L'attore ha interposto il ricorso per riforma in via adesiva,
chiedendo che la petizione sia integralmente accolta. Egli impugna la
sentenza cantonale in quanto ammette una colpa del motociclista e non
ammette una sua invalidità permanente.

Auszug aus den Erwägungen:

Considerando in diritto:

Erwägung 1

    1.- Secondo l'art. 61 cpv. 1 LCStr., se - come in concreto - due
veicoli a motore sono coinvolti in un infortunio, i detentori rispondono
per i danni corporali in egual misura, "salvo che le circostanze, in
particolare la colpa, giustifichino un altro modo di ripartizione". A
questo riguardo, la nuova legge ha assunto i principi già stabiliti dalla
giurisprudenza in applicazione dei combinati art. 39 e 37 della vecchia LA
(cfr. il messaggio del CF, FF 1955, 47).

Erwägung 2

    2.- La giurisprudenza ha riconosciuto come circostanza nel senso
suesposto anche la diversità di rischio d'esercizio (rischio inerente)
dei veicoli implicati nell'infortunio (cfr. a e. RU 78 II 462, 82 II 539
consid. 1, 84 II 307 consid. 2, 86 II 52, 88 II 316). Secondo i ricorrenti,
nel caso particolare, il "motorscooter" comportava un maggior rischio
d'esercizio per effetto della sua più intensa vulnerabilità. Secondo
l'attore, tale rischio era almeno uguale nella Oldsmobile a causa della
maggior pericolosità, dipendente dalla maggior mole e superiore forza di
questa autovettura.
   a) Il Tribunale federale ha inizialmente ammesso che si può
procedere ad una diversa ripartizione del rischio d'esercizio tenendo
conto della maggior pericolosità di un veicolo per l'altro. Ne ha pertanto
concluso che, in una collisione fra un treno ferroviario e un veicolo
a motore, il primo produceva un rischio doppio di quello del secondo,
e ne ha ripartito in conseguenza l'obbligo di risarcimento (RU 67 II 187,
69 II 159, 76 II 324). Esso ha pure riconosciuto che il rischio inerente
di un'autovettura è preponderante su quello di una motocicletta (RU 68 II
127 consid. 7). In tal senso si è pure espressa la giurisprudenza cantonale
(BJM 1964, 93; SJZ 60, 219 N. 154).

    b) Più recentemente, il Tribunale federale ha ammesso che anche la
maggior vulnerabilità di un veicolo può essere rilevante agli effetti della
determinazione del rischio inerente. Esso ha statuito che una motocicletta,
presentando per il conducente una più esigua difesa, può produrre un
rischio d'esercizio pari o anche maggiore di quello rappresentato da
un'autovettura media e, persino, da un autocarro (RU 82 II 539 consid. 1,
88 II 460; sentenze inedite 17 marzo 1964 su ricorso Waadtländische
Unfallversicherung, 19 gennaio 1965 su ricorso Francioli, consid. 4).

    c) I riconoscimenti da parte della giurisprudenza del diverso rischio
d'esercizio come circostanza rilevante agli effetti della responsabilità
concernono però situazioni particolari. Di massima, il diverso astratto
e approssimativo rischio inerente, per i conducenti o per i terzi,
dei veicoli implicati in una collisione non comporta una diversa
ripartizione della responsabilità (RU 64 II 438, 78 II 461, 82 II 539
consid. 1, 86 II 52, 88 II 316 consid. 5). Una regola che stabilisse una
diversa responsabilità a dipendenza di un diverso rischio di esercizio,
astrattamente definito a seconda del tipo di veicolo usato dalle persone
implicate nella collisione, urterebbe alla massima ribadita nell'art. 61
cpv. 1 LCStr., secondo cui, nei casi di infortuni fra detentori, questi
rispondono in parti uguali.

    In realtà vi sono veicoli a motore, come i ciclomotori, che presentano
un minimo di pericolo per gli occupanti di altri autoveicoli, ma sono
particolarmente vulnerabili. Ve ne sono altri, come i grossi autocarri,
che rispetto alle motorette, sono quasi invulnerabili, ma presentano un
grave pericolo per gli utenti della strada. Nei casi normali di collisione,
la maggior vulnerabilità è compensata dalla minor pericolosità. D'altronde,
tanto gli uni quanto gli altri hanno ugual diritto alla circolazione.
Al massimo, un maggior rischio di esercizio può essere rilevante quando
la peculiarità di un determinato veicolo a motore abbia concretamente
contribuito a causare il danno; vale a dire quando detta peculiarità
sia in particolare più evidente rapporto causale con l'infortunio
(cfr. OFTINGER, Haftpflichtrecht, II ed. I vol. 281, II 654; VOYAME,
JdT 1959 79; PORTMANN ZBJV 90, 19; BREHM, SJZ 61, 72; OSWALD, BJM 1967,
19; GAROBBIO SJZ 57, 104).

    In concreto, tale problema non si pone, perchè l'infortunio non è
stato causato da un attributo proprio al tipo di uno dei due veicoli,
bensì ed esclusivamente dalla contemporanea convergenza dei due utenti
su un punto stradale. Se, invece di una motoretta, Oberhänsli avesse
guidato un'autovettura, non avrebbe evitato la collisione. Avrebbe potuto
subire minori danni, ma Tami non ne sarebbe presumibilmente uscito
illeso. D'altronde, l'attore non avrebbe probabilmente subito minori
danni se avesse effettuato l'attraversamento a piedi.

    d) Un diverso rischio d'esercizio diventa rilevante quando la
pericolosità o la vulnerabilità di un veicolo a motore è concretamente
in relazione con una negligenza o, comunque, con una circostanza per la
quale il conducente - o il detentore - deve rispondere, come nei casi
di utilizzazione di un veicolo in cattive condizioni di manutenzione
o di velocità sproporzionata o di posizione inadeguata sui sedili o di
trasporto di oggetti ingombranti.

    Nel caso particolare, un siffatto rimprovero non può essere rivolto
all'attore. Invece Tami, viaggiando a velocità inadeguata in una strada di
grande traffico, a dadi di porfido bagnati, non può non aver aggravato la
normale pericolosità della sua macchina. Al riguardo è pertanto piuttosto
preponderante la responsabilità dei convenuti. Ad ogni modo l'opposta
contestazione dei medesimi deve essere respinta.

Erwägung 3

    3.- La Corte cantonale ha accolto la tesi dei convenuti, secondo cui
l'attore, passando sugli spazi in cui era permesso il parcheggio dei tassì,
avrebbe perso il suo diritto di precedenza a'sensi dell'art. 15 cpv.
3 ONC e quindi violato quello dell'automobilista. Secondo tale norma,
chi si immette in una strada principale o secondaria da una fabbrica,
da un cortile, da strade di campi, da parcheggi, da stazioni di servizio
o simili, non ha alcuna precedenza.

    Per "parcheggio" nel senso suesposto non può però intendersi ogni
spazio in cui sia permesso sostare anche durevolmente, ma solo, come
meglio precisato nei testi tedesco e francese ("Parkplatz", "place
de stationnement"), una piazza o un campo adibiti a parcheggio che,
conformemente alle altre simili situazioni indicate nall'art. 15 cpv. 3
ONC, siano estranei alla normale circolazione. In questi casi l'uscita
dal parcheggio non dà diritto di precedenza anche perchè non costituisce
intersezione a'sensi dell'art. 1 cpv. 8 ONC. Non possono invece essere
considerati come "parcheggi" nel senso suesposto gli spazi in cui sia
permesso parcheggiare nell'ambito della carreggiata. La segnalazione
di tale possibilità sulla carreggiata stradale ha soltanto il senso di
un permesso speciale che non comporta divieti non segnalati. Qualora
siano liberi, l'utente può normalmente utilizzare detti spazi come ogni
altro punto della strada (RU 91 IV 38 consid. 2 lett. a), così come
può utilizzare le strisce zebrate sulle quali non circolino dei pedoni.
Solo i veicoli parcheggiati che si apprestino a entrare in circolazione
devono concedere la precedenza a'sensi dell'art. 36 cpv. 4 LCStr., ma
chi è già in circolazione - come Oberhänsli nel caso particolare - anche
circolando su detti spazi, perde la precedenza solo se ciò è debitamente
segnalato (cfr. RU 81 IV 295 consid. 3).

    Le suesposte considerazioni valgono a maggior ragione per gli spazi
della carreggiata nei quali è autorizzato solo il parcheggio dei tassì,
perchè in questi casi, il parcheggio essendo limitato a particolari
servizi, la menomazione delle possibilità di circolazione è meno
intensa. La vecchia ordinanza del 17 ottobre 1932 sulla segnaletica
stradale, ancora in vigore alla data dell'infortunio di cui si tratta,
non contemplava alcuna speciale segnalazione per i permessi di parcheggio
dei tassi; ma poichè nel caso particolare gli stessi erano in realtà
specificatamente segnalati, possono servire in proposito, sia pure solo a
titolo indicativo, le norme della nuova OSStr., entrata in vigore il 10
agosto 1963. Il relativo art. 55 cpv. 3 equipara i suindicati permessi
speciali ai permessi di sosta per far salire e scendere i passeggeri e
per caricare e scaricare delle merci; il contrassegno N. 417, adottato per
indicare il permesso di sosta dei tassì, definisce lo spazio corrispondente
addirittura come "spazio con divieto di parcheggio".

    Nel caso particolare, gli spazi con permesso per i tassì, attraversati
a passo d'uomo da Oberhänsli, si distinguevano dall'attiguo normale
parcheggio anche per la loro disposizione longitudinale nel mezzo della
carreggiata costitutita dai prolungamenti di riva Vela e via Nassa. Il
relativo spazio non poteva in nessun caso essere considerato come
"uscita da un parcheggio" nel senso degli art. 1 cpv. 8 e 15 cpv. 3 ONC.
D'altronde, per chi proveniva da nord su via Vela non era nemmeno
possibile - almeno viaggiando a 60 km/h - di accertare a tempo debito
i limiti dell'intersezione. Se anche avesse potuto farlo, Tami avrebbe
dovuto rendersi conto che lo spazio in cui era permesso il parcheggio dei
tassì costituiva parte integrante della carreggiata all'intersezione,
e quindi considerare che, essendo libero, poteva essere utilizzato dai
veicoli in circolazione. Non aveva alcun ragionevole motivo di rivendicare
al riguardo un diritto di precedenza nei confronti dei veicoli provenienti
dalla sua destra.

    D'altra parte, Oberhänsli non aveva ragione per ritenere che
l'autorizzazione concessa ai tassisti di parcheggiare sulla carreggiata
comportasse automaticamente particolari divieti o menomazioni di diritti
per gli altri utenti della strada. Egli poteva perciò immettersi nella
riva Vela, rivendicando il suo diritto di precedenza nei confronti dei
veicoli provenienti da sinistra; e ciò in qualsiasi punto dell'intersezione
(RU 80 IV 199, 85 IV 87).

    Ne consegue che Tami, non Oberhänsli, ha violato l'art. 36 cpv. 4
LCStr.

    Il fatto che su riva Vela la circolazione era più intensa non è,
in sè, rilevante. Lo sarebbe stato solo se, contrariamente a quanto
risulta in concreto, tale maggior traffico fosse stato debitamente
segnalato conformemente a quanto previsto all'art. 36 cpv. 2 seconda
frase LCStr. (RU 90 IV 89 lett. a).

Erwägung 4

    4.- Occorre invece chiedersi se Oberhänsli, voltando a sinistra sullo
spazio adibito anche ai parcheggi dei tassì, non abbia violato l'art. 36
cpv. 1 LCStr., il quale gli faceva obbligo di tenersi verso l'asse della
carreggiata. La Corte cantonale ha dichiarato che sul rimprovero rivolto
al motociclista di aver effettuato una curva troppo stretta non risultava
una prova sicura. Ne risulta che le conseguenze di tale mancanza devono
essere sopportate da chi aveva l'onere della prova.

    Secondo la giurisprudenza stabilita in applicazione della vecchia
LA, il detentore di un autoveicolo implicato in una collisione poteva
esimersi dall'obbligo di risarcimento dei danni corporali nei confronti
dell'altro, solo provando che nessuna colpa poteva essergli imputata (RU
86 II 54 consid. 3). Il Tribunale federale aveva fondato questa regola
sul riferimento espresso nell'art. 39 alla responsabilità prescritta
nell'art. 37 cpv. 2, secondo il quale il detentore era liberato dalla
sua responsabilità verso i terzi, solo provando che l'infortunio non era
stato causato da sua colpa o da colpa di persone per le quali egli era
responsabile (RU 76 II 230).

    L'art. 61 cpv. 1 della nuova LCStr., applicabile in concreto, non ha
confermato la suddetta regola. Non fa più riferimento alla responsabilità
verso i terzi (art. 59 cpv. 1 LCStr.) e dispone direttamente come il
danno fra detentori deve essere ripartito. Non dispone invece come deve
essere ripartito l'onere della prova. Ne consegue che a tale proposito
è applicabile la regola generale fissata all'art. 8 CC, secondo cui
chi vuol dedurre un diritto da una circostanza deve dare la prova della
medesima; vale a dire che chi adduce delle circostanze giustificanti una
ripartizione dell'obbligo di risarcimento, diversa da quella - in parti
uguali - stabilita all'art. 61 cpv. 1 LCStr., deve darne la prova. Ogni
detentore deve quindi provare la colpa della controparte e non provare
l'assenza di colpa da parte sua: quest'ultima non è presunta.

    Nel caso particolare risulta accertato soltanto che Oberhänsli si
è valso, per voltare a sinistra, dello spazio in cui era permesso il
parcheggio dei tassì. La Corte cantonale ha esplicitamente dichiarato
di non aver potuto accertare se, nell'ambito di tali spazi, l'attore
abbia preso una curva troppo stretta. Si deve perciò presumere che li
abbia utilizzati fino ai loro limiti verso l'asse della carreggiata del
prolungamento di via Nassa.

    I detti tre spazi liberi, due dei quali appaiati, essendo disposti
longitudinalmente, lasciavano libera una visuale di quasi 10 metri, e cioè
per una lunghezza quasi uguale a quella della linea gialla prescrivente il
divieto di parcheggiare in prossimità dei passaggi zebrati per i pedoni
(art. 54 cpv. 2 OSStr.). Del resto non sono rare le intersezioni libere
da divieti, nelle quali la visuale non è maggiore.

    Ciò nonostante, a questo riguardo, Oberhänsli non va esente da
colpa. La situazione, così come risulta dagli atti, gli imponeva di
allargare il più possibile la voltata anche oltre detti spazi, per
aumentare la sua visuale sul traffico di riva Vela e per rendersi il
più facilmente visibile agli utenti di tale strada. Questo suo dovere
gli era prescritto dal divieto di tagliare la curva (art. 13 cpv. 4 ONC)
e da regole fondamentali di prudenza (art. 26 LCStr.).

Erwägung 5

    5.- La Corte cantonale non ha indicato a quale preciso comportamento
ha riferito la violazione dell'art. 26 cpv. 1 LCStr. che essa addebita
a Oberhänsli. Indirettamente si è riferita alla deposizione del teste
Wittmer, il quale aveva dichiarato di non aver visto il motociclista
volgere la testa verso sinistra. Ma ciò non esclude che il medesimo abbia
dato un'occhiata al traffico anche in tale direzione. In proposito è
determinante la circostanza, da presumere in mancanza di prove contrarie,
che il motociclista si è immesso sulla riva Vela ai limiti dei parcheggi
consentiti ai tassì, in condizione di essere visto e di poter vedere
su detta strada, che ha poi attraversata ad arco. Peraltro è provato che
Wittmer, il quale seguiva Tami a circa 10 metri, ha avuto la possibilità di
scorgerlo a tempo. All'obbligo del conducente di controllare il traffico
da sinistra non possono essere poste eccessive esigenze, senza annullare
il diritto di precedenza.

    È accertato che Oberhänsli si immise nella circolazione di riva Vela
a passo d'uomo. La sua manovra non costituì alcun pericolo per il furgone
guidato da Wittmer che, inizialmente - fino al bar Picadilly attiguo al
Globus - costituiva il veicolo più prossimo. L'attore non poteva presumere
che Wittmer sarebbe stato successivamente sorpassato da un altro veicolo
circolante alla illecita velocità di oltre 60 km/h. Occorre tener conto
che, conformemente agli accertamenti cantonali, al momento in cui l'attore
si affacciò su riva Vela, la manovra di sorpasso di Tami, richiedente una
tratta di m 200, era in atto per soli m 45 e quindi da circa 3 minuti
sec. Il diritto di precedenza non avrebbe senso se si dovesse esigere
dall'avente diritto, anche nei casi di limitata visuale, di rendersi
perfettamente conto, oltre che del traffico da destra, anche di quello
proveniente da sinistra; in particolare pure di veicoli che circolano
irregolarmente. Conformemente a quanto statuito dalla Corte di cassazione
penale, non si può diminuire la responsabilità di chi ha violato il diritto
di precedenza, pretendendo che l'avente diritto non ha sufficientemente
adempiuto i suoi doveri di prudenza fondamentale (RU 93 IV 34 e seg.).

    Ciò stante, e riservato quanto esposto a proposito del divieto di
tagliare la curva, non si può trarre la conclusione che l'attore si sia
immesso nella riva Vela trasgredendo elementari doveri di prudenza. Il
suo comportamento al riguardo non è comunque in adeguato rapporto causale
con l'infortunio.

Erwägung 6

    6.- Già nell'iniziare il sorpasso davanti al bar Picadilly, Tami ha
agito illecitamente.

    Alle intersezioni il sorpasso è permesso solo se la visuale è libera
e se il diritto di precedenza degli altri utenti della strada non viene
ostacolato (art. 35 cpv. 4 LCStr.). Per regolarmente effettuare il suo
divisamento, Tami doveva contare su un tratto di strada libera di oltre
200 metri. Egli iniziò la sua manovra davanti al bar Picadilly, a pochi
metri dall'accesso situato di fronte al Globus e a 45 metri dal luogo
della collisione. Egli non aveva, all'inizio, alcuna visuale sui veicoli
che potevano normalmente provenire da destra.

    Tami ha agito illecitamente anche circolando nell'abitato a oltre
60 km/h (art. 32 cpv. 2 LCStr.). Il fatto che abbia tenuto tale velocità
per accelerare il sorpasso non giustifica il suo comportamento illecito
(RU 85 IV 36 consid. 1).

    La Corte cantonale ha accertato che, allorquando il convenuto si trovò
a pochi metri dal punto della collisione, era ancora seguito, a circa 10
metri, dal furgone di Wittmer, per cui non poteva aver terminato la sua
manovra, decelerando e riprendendo la destra; e neppure essersi liberato
dallo stato di tensione conseguente ad ogni sorpasso, riprendendo la
necessaria attenzione su quanto succedeva sulle strade laterali. Se
fosse stato in condizione di attenzione normale e se non avesse dovuto
preoccuparsi del veicolo sorpassato, che lo seguiva da vicino, doveva
- come ha fatto Wittmer - rendersi conto del motociclista; così che,
frenando più tempestivamente, avrebbe presumibilmente consentito al
motociclista di passargli davanti. L'imprudenza di Tami è poi aggravata
dal fatto di non aver tenuto conto che il fondo stradale bagnato, in
dadi, diminuiva l'aderenza delle sue ruote alla strada e gli impediva
una efficiente frenata.

    L'accertamento, da parte della Corte cantonale, dei dati suesposti
e del relativo rapporto di causalità naturale è vincolante per questa
sede (art. 63 cpv. 2 OG). Le contrarie affermazioni dei ricorrenti,
particolarmente per quanto concerne detto rapporto di causalità, le
reazioni di Tami e la maggior attenzione del teste Wittmer, trasgrediscono
i divieti di cui all'art. 55 cpv. 1 lett. c OG.

    Contrariamente a quanto affermano i ricorrenti, non si può neppure
negare che il nesso causale nello svolgimento delle suesposte circostanze
sia adeguato e quindi giuridicamente rilevante. È chiaro infatti che
una manovra di sorpasso in posizione di difettosa visualità, prossima
ad un'intersezione ed a velocità eccessiva, può normalmente causare un
infortunio come quello di cui qui si tratta.

Erwägung 7

    7.- E pertanto acquisito che le responsabilità dei convenuti, certo non
inferiori dal profilo del rischio d'esercizio, sono decisamente maggiori
da quello della colpa.

    All'attore può essere rimproverato solo di aver effettuato la curva
troppo stretta, violando gli art. 36 cpv. 1 LCStr. e 13 cpv. 4 ONC. Per
contro Tami è colpevole di aver circolato a velocità eccessiva (art. 32
cpv. 2), di aver effettuato un sorpasso (inutile) in prossimità di una
intersezione senza sufficiente visuale (art. 35 cpv. 4 LCStr.) e di
aver violato il diritto di precedenza del veicolo proveniente da destra
(art. 36 cpv. 2 LCStr.). La causalità del suo illecito comportamento con
l'infortunio è determinante.

    La relativa responsabilità deve essere riconosciuta per due terzi a
carico dei convenuti. Questi debbono pertanto risarcire in tale misura
i danni subiti dall'attore.

Erwägung 8

    8.- La ricorrente Elvezia contesta che l'attore abbia diritto di
esigere, anche nei suoi confronti, il risarcimento delle spese mediche e
di cura, in quanto tali spese sono già state rimborsate dall'assicurazione
Winterthur, presso la quale Oberhänsli era assicurato per l'uso della
motoretta, e dalla Zurigo, assicuratrice del personale dell'azienda,
da cui il medesimo dipendeva.

    a) L'art. 57 dell'ordinanza sulla responsabilità civile
e l'assicurazione in materia di circolazione stradale (ORCStr.),
anzitutto invocato dalla ricorrente Elvezia, stabilisce che i conducenti
di motoveicoli devono essere assicurati per infortuni propri e dei
passeggeri, fra altro, per le spese di guarigione fino a un minimo
di fr. 2000.--. Secondo il quarto capoverso dello stesso articolo, il
rimborso delle spese di guarigione può essere diminuito dell'importo che
deve essere pagato da una persona civilmente responsabile, se quest'ultima
è in grado di effettuare il pagamento.

    La ricorrente pretende, da una parte, che versando integralmente la
somma assicurata, la "Winterthur" avrebbe riconosciuto la colpa esclusiva
dell'assicurato e, dall'altra, che almeno nei limiti della responsabilità
riconosciuta a carico dell'infortunato, questi non ha il diritto di
chiederne nuovamente il rimborso.

    La relativa contestazione è certamente destitutita di fondamento.

    È chiaro infatti che l'attore può esigere dalla convenuta il
risarcimento dei danni solo in quanto di tali danni non sia egli stesso
responsabile. La questione della cumulazione delle pretese si pone solo
in quanto la convenuta sia tenuta a rispondere di danni già risarciti
da terzi. Ma anche in questi limiti la contestazione della convenuta è
evidentemente infondata.

    L'art. 57 ORCStr. stabilisce soltanto le prestazioni "minime"
dell'assicurazione obbligatoria prescritta all'art. 78 LCStr. per
i conducenti di motoveicoli. Al riguardo è precisato che per le sue
spese di guarigione, il motociclista deve essere assicurato fino alla
concorrenza di un minimo di fr. 2000.--. Anche la disposizione fissata
alla seconda frase dell'art. 57 cpv. 4 ORCStr., secondo cui il rimborso
delle spese di guarigione "può" essere diminuito dell'ammontare dovuto
da una persona civilmente responsabile, deve essere compresa nel contesto
dell'obbligo di stipulare l'assicurazione per un minimo. Nulla impedisce
però che le parti, in virtù della loro libertà contrattuale, stabiliscano
prestazioni maggiori e che l'assicuratore rinunci al diritto di ridurre
le sue prestazioni in concorrenza con quelle, per le quali risponde
la persona civilmente responsabile. È quindi escluso che il diritto
dell'infortunato nei confronti di quest'ultima decada per effetto della
prestazione effettuata dall'assicurazione del motoveicolo. L'art. 57
ORCStr. è inteso a stabilire le prestazioni minime che devono essere
coperte da questa assicurazione, ma non vieta una cumulazione di pretese
per effetto di obblighi di risarcimento di terzi.

    b) Per l'assicurazione contro i danni, la LCA stabilisce, al suo
art. 72 cpv. 1, che il credito spettante all'avente diritto verso
terzi per atti illeciti passa all'assicuratore fino alla concorrenza
dell'indennità da lui pagata. Ne consegue che il danneggiato può esigere
il risarcimento dei suoi danni solo dall'assicuratore o solo dall'autore
dell'atto illecito.

    Invece, per l'assicurazione delle persone, l'art. 96 LCA dispone che
i diritti del danneggiato verso i terzi non passano all'assicuratore.

    Secondo la ricorrente Elvezia, l'assicurazione delle spese
mediche e di cura adempie i requisiti dell'assicurazione contro
i danni; un dubbio potrebbe sussistere - aggiunge la convenuta -
solo sull'adempimento di tali requisiti anche per l'assicurazione di
un'indennità giornaliera. Conseguentemente, per detto titolo l'attore,
in quanto già risarcito dalle assicurazioni Zurigo e Winterthur, non
avrebbe diritto di proporre la stessa rivendicazione alla convenuta.

    Il Tribunale federale ha ripetutamente statuito che la norma
dell'art. 96 LCA si applica anche al risarcimento di spese di guarigione,
rimborsate dall'assicuratore sulla base di un contratto di assicurazione
contro gli infortuni (RU 70 II 229 e seg., 73 II 39 e seg., 89 II 124
consid. 6; cfr. anche RU 77 II 165, 81 II 167).

    Vero è che, come affermano i ricorrenti, nella letteratura prevale la
tesi, secondo cui la pretesa contro l'autore del danno al risarcimento
di dette spese passa all'assicuratore, se il contratto di assicurazione
le considera come un danno causato dal temuto evento assicurato. In
questo caso si tratterebbe di una assicurazione contro i danni nel
senso dell'art. 72 LCA; l'art. 96 LCA comprenderebbe nelle assicurazioni
di persone, solo le assicurazioni a somme determinate, nelle quali il
diritto dell'assicurato sorge, indipendentemente dal realizzarsi di un
danno, per effetto della mera realizzazione dell'evento che condiziona la
prestazione dell'assicuratore (cfr. a e. GAROBBIO ZBJV 81 p. 289 e seg.,
329 e seg.; OFTINGER, Haftpflichtrecht, II ed. I 340 e seg. e citazioni
n. 17; sfr. inoltre GAUGLER, SVZ 29, p. 65 e seg., 108 e seg. e STAUFFER,
SJZ 59 p. 177 e seg.).

    In realtà, durante i lavori preparatori, la nozione di assicurazione
di persone ("Personenversicherung") nel senso datole dal III titolo
(art. 73 e seg.) della legge e dall'art. 96, era stata contrapposta a
quella inizialmente designata assicurazione di cose ("Sachversicherung");
e ciò tanto nel disegno di legge Roelli, quanto nel messaggio del Consiglio
federale (FF ed. tedesca 1904 I 331 e seg.). L'autore del disegno di
legge e il Consiglio federale dichiararono che detti termini erano stati
scelti consciamente: essi dispensavano il legislatore dal decidere sulla
controversia dottrinale di sapere se l'assicurazione sulla vita dovesse
essere considerata come una assicurazione contro i danni (ROELLI ZSR
nF. 18, p. 551; FF ed. tedesca 1904 I 257). Non vi è perciò dubbio che
l'anzidetta suddivisione non è stata fondata sulla considerazione che in
una delle due assicurazioni, l'assicuratore deve rimborsare un determinato
danno, mentre che nell'altra esso deve pagare una somma determinata,
indipendentemente dal realizzarsi di un danno. Per assicurazioni delle
persone si intesero piuttosto quelle concernenti la vita e l'integrità
corporale delle persone. Nella discussione parlamentare, il Consiglio
nazionale dispose la sostituzione della designazione "Sachversicherung" con
quella di "Schadensversicherung", ma soltanto nell'intento di conformarsi
alla terminologia unitaria adottata nei rapporti internazionali (Protokoll
der Beratung der Nationalratkommission, p. 15; Boll. sten. 1907 CN p. 532
e seg., CSt. 512). Come fatto rilevare nella discussione, la modifica
aveva solo importanza letterale. Una modificazione sostanziale, vale a dire
l'istituzione di un diverso criterio per distinguere le assicurazioni del
II da quelle del III titolo, non fu prevista. Lo dimostra il fatto che per
queste ultime venne mantenuta la designazione di "Personenversicherung".

    Conformemente alla proposta dell'autore del disegno di legge, la
subrogazione delle pretese è stata poi limitata alle assicurazioni non
di persone. Nei casi di assicurazione di cose ("Sachversicherung") si
ritenne che un plurimo riconoscimento dello stesso danno urtasse a principi
fondamentali di equità. In questo caso, si perseguì lo scopo di impedire
che l'esclusione della subrogazione compromettesse "das Assekuranzgeschäft
in privatrechtlicher und öffentlich-rechtlicher Beziehung". Per tale
esclusione nelle assicurazioni di persone, si ritenne per contro che
le suesposte considerazioni non fossero determinanti perchè, dovendosi
prescindere dalla stima dei valori della vita umana, non poteva essere
posto un limite alla liquidazione dei danni relativi (ROELLI, Entwurf zu
einem Bundesgesetz über den Versicherungsvertrag, mit Motiven, Ergänzung
der Vorlage vom Januar 1896, p. 78; ROELLI ZSR nF. 18, 623; Messaggio del
CF, FF ed. tedesca 1904 I 316 e seg.; cfr. inoltre ROELLI, Die Rechte des
Versicherers bei Tötung und Körperverletzung des Versicherten gegen den
Täter oder verantwortlichen Dritten, ZBJV 28, 42 e seg.). Ne consegue che
nelle assicurazioni delle persone si escluse la subrogazione non perchè
o quando queste sono a somme determinate, bensì perchè si volle ammettere
il risarcimento del danno nella misura predisposta in relazione all'evento
temuto, indipendentemente dalla sua essenza oggettiva. Conseguentemente,
il titolo III della LCA non contiene alcuna delle disposizioni sulla
soprassicurazione, sulla doppia assicurazione e sul valore di risarcimento,
contenute invece nel II titolo (cfr. art. 51, 53, 62, 71 cpv. 1, 97).

    Ciò stante, se non è repellente ammettere che nelle assicurazioni
delle persone, verificandosi l'evento temuto, si conseguisca un
versamento maggiore del danno oggettivo subito, devesi pure consentire
che l'assicurato, pur avendo conseguito il risarcimento contrattualmente
prestabilito con l'assicuratore, possa inoltre perseguire l'autore del
danno. Non si può quindi affermare che, anche in queste assicurazioni, si
debba ammettere la subrogazione per impedire che l'assicurato conseguisca
vantaggio dall'esistenza del contratto di assicurazione. Non si può
comunque inferirne che a tale riguardo l'assicurazione delle persone
sia compromessa.

    I motivi per i quali la subrogazione è ammessa nelle altre
assicurazioni non ricorrono nelle assicurazioni delle persone, neppure
nei casi in cui le parti nel contratto assicurativo fanno dipendere
l'obbligo di pagamento dal verificarsi di un danno patrimoniale;
ad esempio, quando è convenuto che l'assicuratore deve rimborsare
le spese di guarigione, le spese funerarie o le perdite di guadagno,
conseguenti alla temporanea o definitiva incapacità al lavoro. Le parti
possono stabilire anche somme determinate, inferiori ai danni reali,
presupponendo l'assicurato che qualora la relativa causa dipenda da atto
illecito, gli è data la possibilità di inoltre perseguire il colpevole.
Determinante al riguardo è solo la pertinenza dell'assicurazione alla
vita e all'integrità della persona umana. Qualora tale presupposto sia
adempiuto, il fatto che l'assicurato consegua più del danno oggettivo o
magari più volte il medesimo è irrilevante agli effetti dell'applicazione
della vigente norma legale (art. 96 LCA).

    Il tentativo di trasformare delle assicurazioni delle persone in
"assicurazioni contro i danni", qualora l'obbligo di pagamento del
assicuratore dipenda contrattualmente da una concreta esigenza di denaro,
urta d'altronde al principio della libertà contrattuale. Non si vede
infatti, perchè l'adempimento di tale condizione debba automaticamente
privare il danneggiato della sua azione nei confronti dell'autore dell'atto
illecito generatore del danno. Secondo l'art. 98 LCA, la prescrizione
dell'art. 96 non può essere variata a danno dell'assicurato. In proposito,
la legislazione svizzera si distingue dalla tedesca. Contrariamante a
quanto stabilito nella LCA, la dottrina e la giurisprudenza germaniche
equiparano l'assicurazione contro gli infortuni all'assicurazione
contro i danni, e ammettono quindi la subrogazione in applicazione
del § 67 della relativa legge che la prevede esplicitamente (PRÖLSS,
Versicherungsvertragsgesetz, 16 a ed., § 67, nota 9). Questa regola
non è applicabile alla legge svizzera. Al riguardo non si può comunque
argomentare che la promessa dell'assicuratore di coprire un concreto
danno patrimoniale tramuti il contratto in una assicurazione contro i
danni. La legge svizzera non fa dipendere la subrogazione dal fatto che
l'assicuratore sia obbligato a risarcire un danno concreto, bensì dal
bene giuridico che il temuto evento può compromettere.

    Anche l'obiezione, nel senso che pure l'assicurazione sulla
responsabilità civile può concernere le persone ed è, secondo la
giurisprudenza, nondimeno una assicurazione contro i danni (cfr. a
e. STAUFFER SJZ 59, 178), non può portare a diversa conclusione. Nella
assicurazione sulla responsabilità civile l'evento temuto non compromette
la vita o l'integrità dell'assicurato, ma può rendere questi responsabile
di risarcimento e di riparazione morale nei confronti di terzi. Con
tale contratto, l'assicurato si mette al riparo da una perdita meramente
economica. Il fatto che il suo obbligo può dipendere dal ferimento o dalla
morte di una persona non modifica la natura del contratto stipulato fra
le parti.

    Infine, la tesi dei ricorrenti non è giustificata neppure da ragioni di
equità. L'assicurato consegue il diritto all'indennità versando determinati
premi. Certo, questi potrebbero essere ridotti se l'assicuratore sapesse di
essere subrogato nei diritti di risarcimento dell'assicurato. Tuttavia il
legislatore presuppose che l'assicuratore non tenesse conto di tali diritti
(verbale della sottocommissione giuridica sulla discussione del disegno di
legge del prof. dott. ROELLI, p. 65, art. 68). Comunque sia, le relative
chiare disposizioni di legge non possono essere diversamente applicate.