Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 93 II 89



93 II 89

17. Sentenza 16 maggio 1967 della I. Corte civile nella causa Riva
contro Mondini. Regeste

    Art. 41 ff. OR.

    Haftung des Leiters von Bauarbeiten, der einen gefährlichen Zustand
schafft und es unterlässt, die zur Abwendung der Gefahr geeigneten
Massnahmen zu treffen (Erw. 2).

    Adaequater Kausalzusammenhang zwischen dieser Unterlassung und dem
Tode der Opfer (Erw. 3 und 4).

    Bemessung der Genugtuungssumme. Fehlen von Herabsetzungsgründen
i.S. von Art. 44 Abs. 1 OR (Erw. 5).

Sachverhalt

    A.- Nel pomeriggio del 3 febbraio 1962, verso le ore 16.15, i fratelli
Pietro e Flavio Riva, nati rispettivamente il 20 maggio 1950 e il 23 luglio
1954, passando nei pressi del riale San Giovanni, a Tesserete, in un punto
in cui esso si allarga a formare un piccolo stagno, scorsero una palla
abbandonata su uno strato di ghiaccio che copriva l'acqua. Pietro Riva
la raggiunse e la colpì, ma la palla andò oltre il ghiaccio, in un punto
in cui lo stagno non era gelato. Suo fratello si inoltrò per ricuperarla:
il ghiaccio gli si ruppe però sotto i piedi ed egli cadde nell'acqua.

    Pietro Riva accorse in suo aiuto, ma subì la stessa sorte.  Annegarono
entrambi. Un terzo ragazzo, Pietro Romansky, che stava con loro, finì
pure nell'acqua, in un vano tentativo di portare aiuto, ma potè comunque
aggrapparsi al ghiaccio e salvarsi.

    Lo stagno in cui i fratelli Riva trovarono la morte giace in una
valletta molto frequentata dai ragazzi e facilmente accessibile dalla
strada cantonale. Agli inizi esso aveva esigue dimensioni ed una profondità
di 25-30 cm. Tra il 1957 e il 1960 una società immobiliare costruì nelle
vicinanze alcuni stabili locativi; il materiale ricavato dallo scavo delle
fondamenta per il quarto edificio fu gettato nella valletta, ove formò
una diga. Questa trattenne le acque del riale (il cui deflusso regolare
era impedito dal livello troppo alto di una tubatura che era stata appena
posata), aumentando le dimensioni dello stagno e, in particolare, la sua
profondità. Quest'ultimo raggiunse infatti una lunghezza di circa 30 m.,
una larghezza di 8-15 m. e una profondità fino a 4 m. Nessun cartello
segnalava la presenza del pericolo e nessuna misura di protezione vietava
l'accesso a quel luogo.

    B.- Pio e Martina Riva, genitori di Pietro e Flavio, ch'erano i
loro unici figli, mediante petizione del 25 gennaio 1963 convennero
direttamente davanti al Tribunale di appello del Cantone Ticino la società
immobiliare, che aveva lasciato gettare nella valletta il materiale di
scavo, trascurando ogni controllo sulla situazione di pericolo ivi creata
e quindi ogni misura atta a segnalarla, Giuseppe Mondini, che aveva
la direzione e la responsabilità di quei lavori, e i proprietari delle
particelle ove era stato gettato il materiale e posata la tubazione per
il deflusso dell'acqua.

    Gli attori chiesero che i convenuti fossero solidalmente condannati a
versar loro la somma di fr. 184 000.--, e cioè fr. 100 000.-- a titolo di
riparazione per torto morale, fr. 80 000.-- quale risarcimento per perdita
di sostegno e fr. 4000.-- a titolo di rimborso delle spese sopportate per
il ricupero delle salme e per la loro sepoltura. In sede di conclusioni
ridussero l'importo della pretesa a fr. 104 000.--, avendo rinunciato a
chiedere un risarcimento specifico per la perdita di sostegno.

    C.- La Camera civile del Tribunale di appello, mediante sentenza del
6 dicembre 1966, ha accolto parzialmente la petizione nei confronti di
Giuseppe Mondini, e l'ha respinta integralmente nei confronti degli altri
convenuti. Mondini è stato condannato a versare agli attori la somma
di fr. 24 000.-- oltre interessi al 5% dal 3 febbraio 1962, e cioè fr.
20 000.-- a titolo di riparazione per torto morale e fr. 4000.-- a titolo
di rimborso delle spese.

    La Corte cantonale ha constatato che ilmateriale gettato nella valletta
aveva ampliato lo stagno aumentandone notevolmente la profondità. La misura
di quest'ultima era però sconosciuta anche agli adulti, alcuni dei quali
si stupirono che dei ragazzi avessero potuto annegare in quelle acque. In
realtà, la profondità dello stagno non era riconoscibile, e tanto meno
lo era in inverno, quando l'acqua era coperta da uno strato di ghiaccio
cosparso di sassi e di detriti. Per di più, i ragazzi raggiungevano
in generale lo stagno partendo dalla strada cantonale e seguendo un
percorso pianeggiante che impediva di valutare la profondità del pozzo e
di avvertirne l'insidia. Mondini, progettista e direttore dei lavori,
è stato ritenuto responsabile giusta gli art. 41 e segg. CO per aver
omesso le misure atte a prevenire il pericolo.

    Nella determinazione del risarcimento dovuto agli attori da Mondini,
la Corte cantonale ha comunque tenuto conto, assumendolo come fattore
di riduzione ai sensi dell'art. 44 CO, del comportamento delle vittime,
le quali, data l'evidente trasformazione della zona e la presenza di
un sottile strato di ghiaccio, non avrebbero dovuto avventurarsi sulla
superficie gelata dello stagno.

    D.- Tanto gli attori Pio e Martina Riva quanto il convenuto Giuseppe
Mondini impugnano questa sentenza con un tempestivo ricorso per riforma
davanti al Tribunale federale.

    Gli attori chiedono la riforma della sentenza nel senso che il
convenuto Giuseppe Mondini sia condannato a pagar loro la somma di fr. 54
000.-- (cioè fr. 50 000.-- per torto morale e fr. 4000.-- per rimborso
delle spese), oltre interessi al 5% dal 3 febbraio 1962.

    Il convenuto Giuseppe Mondini, da parte sua, chiede che la sentenza
impugnata, nella misura in cui lo obbliga al pagamento d'un importo
di fr. 24 000.-- agli attori oltre agli interessi, alle spese e alle
ripetibili, sia annullata. Domanda inoltre l'integrale reiezione delle
domande petizionali.

    E.- Nelle loro osservazioni di risposta, attori e convenuto propongono
rispettivamente la reiezione del ricorso della controparte.

Auszug aus den Erwägungen:

                    Considerando in diritto:

Erwägung 1

    1.- (Questione procedurale).

Erwägung 2

    2.- Secondo la giurisprudenza, l'illiceità ai sensi degli art. 41
e segg. CO può consistere nell'omissione delle misure necessarie alla
protezione dei terzi quando si crea una situazione di pericolo (RU 82 II
28 consid. 1 e sentenze ivi citate, 90 II 89 consid. 3a).

    Giuseppe Mondini ha creato nella valletta scavata dal riale San
Giovanni una situazione di pericolo. Come ha accertato in modo vincolante
(art. 63 cpv. 2 OG) la Corte cantonale, il materiale che egli vi ha di
sua iniziativa gettato impediva il deflusso regolare delle acque, ed una
tubatura da lui fissata ad un livello troppo alto aveva fatto sì che,
al posto del primitivo stagno di modeste proporzioni, se ne formasse un
altro molto più ampio e molto più profondo. La pericolosità di questo
nuovo stato di cose non era ravvisabile ed era sconosciuta ai più. Il
posto era d'altra parte facilmente accessibile e molto frequentato dai
ragazzi di Tesserete per i loro giuochi. Ciononostante, Mondini non
ha preso alcuna misura atta a proteggere i terzi dal pericolo ch'egli
stesso aveva creato e di cui era consapevole. Non ha posto alcun cartello
premonitore, nè ha eretto sbarramenti per impedire l'accesso alla zona
pericolosa. Egli avrebbe potuto adottare queste od altre adeguate misure
senza per nulla esporsi a spese sproporzionate alla gravità del pericolo
(RU 45 II 648, 79 II 69 consid. 2). Avendo tralasciato di prendere le
misure atte ad assicurare la protezione di terzi dal pericolo di cui
era l'autore, Giuseppe Mondini ha commesso una colpa, che implica la sua
responsabilità ai sensi degli art. 41 e segg. CO.

Erwägung 3

    3.- Nel ricorso per riforma, Mondini del resto non contesta di aver
creato una situazione di pericolo e di non aver adottato le misure proprie
a prevenirlo. Egli nega però che tra il comportamento per il quale deve
rispondere e la morte dei due ragazzi ci sia un nesso causale adeguato,
come invece ha ammesso la Corte cantonale. Secondo il convenuto, la
condotta delle vittime sarebbe stata tanto imprevedibile ed irragionevole,
la loro imprudenza tanto grande, da interrompere il vincolo di causalità
tra il suo comportamento e l'evento mortale.

    Questa opinione è infondata. Non c'è nulla di straordinario,
soprattutto nei paesi di campagna, che dei ragazzi giochino e si divertano
là dove c,è uno stagno, dove scorre un riale. Certo, i fratelli Riva
non avrebbero dovuto avventurarsi sulla superficie gelata dello stagno,
tanto più che lo strato di ghiaccio diventava, all'altra estremità,
sempre più sottile, fino a scomparire completamente. Ma essi ritenevano,
per esperienza, che quello stagno, ove si erano sovente recati, aveva
una profondità di 25-30 cm. e che il solo rischio cui si esponevano era
di bagnarsi i piedi e le gambe. Ciò che non potevano sapere nè prevedere
(e ciò che, salvo qualche eccezione, nessuno sapeva), era che i lavori di
sistemazione intrapresi sotto la direzione di Mondini avevano aumentato
la profondità dell'acqua, tanto che, nel caso in cui il ghiaccio si fosse
rotto, 4 m. d'acqua li avrebbero separati dal fondo dello stagno. Non
va del resto dimenticato che la decisione di rincorrere la palla, per
ricuperarla, è stata presa dal più piccolo dei fratelli Riva, Flavio,
il quale non aveva che sette anni e mezzo. Incomprensibile è in queste
circostanze l'affermazione del convenuto, secondo cui si sarebbe trattato
non di un atto sconsiderato istantaneo del ragazzo, ma di un'azione ch'era
il frutto d'una iniziativa di una certa durata e che quindi poteva essere
evitata: come se, quella di rincorrere una palla colpita un attimo prima
dal fratello, fosse una decisione presa dopo una matura riflessione.

    Mondini rileva che nessuno si sarebbe lamentato per la formazione
del laghetto e che nessuno avrebbe preteso l'adozione di misure
protettive. Egli cita il caso di due padri di famiglia, uditi come
testi, che erano al corrente del nuovo stato di cose, della profondità
effettiva dello stagno, e dell'esistente pericolo. Ma questo rilievo
è senza importanza. Il fatto che qualche adulto si sia reso conto del
pericolo e non sia intervenuto (per es. presso l'autorità comunale,
i proprietari dei terreni o i responsabili dei lavori) perchè vi fosse
posto rimedio, ritenendo forse (ma in ogni caso a torto) che la situazione
provvisoria dei luoghi e la trasformazione subita dal corso del ruscello
costituissero da sè sole un avvertimento sufficiente e manifesto, non
permette di dedurre che dei ragazzi di 7 e 11 anni dovessero avere le
stesse reazioni e fare le medesime riflessioni. Risulta d'altra parte da
quelle stesse testimonianze che il posto non presentava, prima dei lavori
intrapresi, alcun pericolo e che i ragazzi vi si recavano spesso, entrando
anche nell'acqua, la quale non era profonda. La Corte cantonale constata
inoltre, apprezzando sovranamente le prove, che la maggior parte delle
persone ignoravano la effettiva profondità dello stagno, che la superficie
gelata, cosparsa di pietre e di detriti, impediva del resto di conoscerla,
e che l'aspetto dei luoghi e in particolare la circostanza che vi si
accedeva dalla strada cantonale seguendo un percorso pianeggiante, non
permettevano di concludere che un laghetto profondo 4 m. si era formato
là dove prima non c'era che uno stagno modesto.

    Il comportamento dei fratelli Riva non è stato, secondo l'esperienza
della vita, tanto imprevedibile da escludere che Mondini fosse tenuto
a considerarlo. Al contrario, si poteva ragionevolmente prevedere che
dei ragazzi si sarebbero avventurati sulla superficie ghiacciata di uno
stagno ch'essi sapevano non presentare praticamente alcun pericolo, dal
momento che nessuno li aveva avvertiti della nuova situazione e che la
trasformazione dei luoghi, intervenuta in seguito ai lavori di cui si
tratta, non li incitava ad essere più prudenti che per il passato.

    Secondo il corso ordinario delle cose, la omissione delle misure
di protezione imposte dalle circostanze era propria a facilitare la
realizzazione del rischio. Il pregiudizio appariva possibile, secondo una
previsione oggettiva. È quindi a giusto titolo che la Corte cantonale
ha ammesso l'esistenza di un nesso causale adeguato tra l'omissione,
di cui il convenuto è responsabile, e l'annegamento, di cui i ragazzi
sono stati vittima (cfr. inoltre RU 72 II 204 e riferimento).

Erwägung 4

    4.- Il convenuto e ricorrente sostiene comunque che, quand'anche si
dovesse ammettere l'esistenza di un nesso causale adeguato tra la sua
condotta e l'evento mortale, il comportamento sconsiderato delle vittime,
e quindi la loro colpa grave, escluderebbe l'attribuzione di un'indennità
per torto morale.

    Anche questa opinione è infondata. È vero che i ragazzi hanno commesso
oggettivamente una imprudenza avventurandosi sulla superficie gelata
dello stagno. Ma in questo loro atteggiamento non può essere ravvisata
una colpa. Essi conoscevano il posto ed avevano sempre constatato che
l'acqua non era profonda. Ignoravano invece, secondo gli accertamenti
vincolanti della sentenza cantonale, che i lavori di sistemazione della
valletta avevano completamente modificato le condizioni di deflusso
dell'acqua del ruscello, e che lo stagno era diventato profondo e,
quindi, pericoloso. Considerata la capacità di discernimento e tenuto
conto del grado di maturità intellettuale propri alla loro età, non
costituisce una colpa (nemmeno per il maggiore dei ragazzi) il fatto di
non avere attribuito la dovuta importanza alla trasformazione subita
dai luoghi. Il loro comportamento è stato oggettivamente criticabile.
Ma esso non dev'essere valutato con quel rigore che si userebbe qualora
si trattasse di un adulto. Non si può rimproverare ai ragazzi di non aver
fatto prova della prudenza e dell'attenzione che si esigono normalmente
dalle persone adulte (RU 58 II 216 consid. 2, 66 II 201).

    L'attribuzione di un'indennità a titolo di riparazione morale
(art. 47 CO) appare così giustificata in linea di principio. Una colpa
leggera delle vittime non potrebbe del resto escluderla, la colpa del
responsabile essendo, in concreto, preponderante (RU 82 II 35 consid. 7
e le sentenze ivi citate).

Erwägung 5

    5.- a) Mondini adduce che l'importo totale del risarcimento (indennità
a titolo di riparazione morale e rimborso delle spese) da versare agli
attori non dovrebbe in ogni caso superare i fr. 6000.--. Egli rileva che
la Corte cantonale ha ammesso l'esistenza d'una colpa concomitante delle
vittime ed ha invocato quindi l'art. 44 CO senza però applicarlo. Infatti,
essa ha accolto integralmente la domanda di rimborso delle spese formulata
dagli attori e avrebbe determinato l'importo della riparazione morale
sulla base della pratica giurisprudenziale, senza operare alcuna riduzione.

    Dal canto loro, gli attori fanno valere che l'art. 44 CO non è
affatto applicabile in concreto, ai ragazzi annegati nello stagno non
essendo imputabile colpa alcuna. Del resto, quella norma, se mai fosse
applicabile nella fattispecie, non impone affatto una riduzione del
risarcimento, ma dà al giudice la facoltà di effettuarla ("Il giudice
può ridurre..."). La Corte cantonale avrebbe ecceduto manifestamente il
suo potere di apprezzamento ammettendo un motivo di riduzione anche nei
confronti del maggiore dei ragazzi, che perse la vita nell'ammirevole
tentativo di salvare il fratello.

    b) Secondo l'art. 44 cpv. 1 CO, il giudice può ridurre il
risarcimento, e quindi l'indennità per torto morale (cfr. OFTINGER,
Schweiz. Haftpflichtrecht, I, p. 269), in caso di colpa concorrente
della vittima.

    Nella fattispecie, la Corte cantonale sembra aver applicato l'art. 44
CO unicamente per quanto concerne la determinazione dell'importo della
riparazione normale, i fr. 4000.-- reclamati a titolo di risarcimento
essendo stati attribuiti integralmente. Essa non indica però la misura
(il tasso) della riduzione e non dice soprattutto quale importo avrebbe
attribuito nel caso in cui non avesse applicato l'art. 44 CO.

    c) Il pregiudizio morale subìto dagli attori è molto grave. La perdita
dei loro due (unici) figli li ha colpiti nei sentimenti più profondi,
nei loro affetti e nelle loro speranze. La loro salute ne è rimasta
scossa. Anche se si dovesse ammettere una colpa concorrente (leggera) dei
ragazzi in vista dell'applicazione dell'art. 44 CO, l'importo di fr. 20
000.-- quale indennità a titolo di riparazione sarebbe giustificato. Ne
consegue che su questo punto il ricorso del convenuto deve in ogni caso
essere respinto.

    d) È accertato che i ragazzi ignoravano l'altezza dell'acqua nello
stagno. Nessuno li aveva resi attenti delle conseguenze delle avvenute
modifiche. Da sè soli, secondo le capacità d'osservazione e di deduzione
proprie alla loro età, e sulla base della configurazione dei luoghi,
non potevano avvertire il pericolo che li minacciava.

    Certo, anche un ragazzo di 7 anni sa che non si può camminare
sull'acqua. Ma se Flavio Riva si è messo a correre sul ghiaccio per
ricuperare la palla che vedeva galleggiare sull'acqua (in un punto
ove lo stagno non era gelato), è perchè riteneva nel suo spirito e
soggettivamente - sulla base della sua conoscenza del posto e della
sua esperienza convalidata dal fatto che suo fratello maggiore l'aveva
preceduto - a ragione, che l'acqua non nascondeva un'insidia.

    In tali circostanze, la Corte cantonale avrebbe dovuto prescindere
dall'applicare l'art. 44 CO. Appare inoltre contrario ad ogni sentimento
di equità, come hanno pertinentemente rilevato gli attori, applicare questa
disposizione nei confronti di Pietro Riva, che perse la vita nel commovente
e generoso tentativo di salvare il fratello e alla cui memoria fu reso,
per tale motivo, un pubblico omaggio con l'attribuzione d'un diploma e
d'una medaglia d'argento ai genitori.

    Nei casi in cui il Tribunale federale ha ammesso una colpa concorrente
del ragazzo, quest'ultimo era o doveva essere manifestamente cosciente
della situazione di pericolo e del rischio cui si esponeva (RU 66 II 200
consid. 2, 71 I 56 consid. 4, 71 II 121, 72 II 204, 75 II 73).

    e) Tenuto conto del pregiudizio subìto dagli attori, della colpa del
responsabile, della sua situazione economica, della possibilità ch'egli
aveva, mediante una spesa modesta, di adottare le misure adeguate a
prevenire il pericolo, è equo fissare l'importo a titolo di riparazione
morale dovuto dal convenuto Mondini agli attori a fr. 25 000.-- (cfr.,
a questo riguardo, le recenti sentenze RU 89 II 26, 90 II 83, 189, 91 II
225 consid. 5; inoltre: SJZ 1963 p. 134 n. 79, 1965 p. 127 n. 73). Nessun
motivo giustifica di tener conto, nel quadro dell'indennità per torto
morale, di una perdita di sostegno, i cui elementi appaiono in concreto
troppo aleatori ed incerti. Gli attori stessi hanno del resto abbandonato
la richiesta specifica d'una indennità per perdita di sostegno già in
sede cantonale.

Erwägung 6

    6.- All'importo dell'indennità per torto morale vanno aggiunti 4000
fr. a titolo di risarcimento dei danni subiti dagli attori (spese di
ricupero delle salme, della loro sepoltura, ecc.).

Erwägung 7

    7.- (Questione riguardante le spese della procedura cantonale).

Entscheid:

Il Tribunale federale pronuncia:

    1. Il ricorso per riforma degli attori è parzialmente accolto. La
sentenza impugnata è di conseguenza riformata nel senso che il convenuto
Giuseppe Mondini è condannato a pagare agli attori la somma di 29 000
fr. oltre interessi al 5% dal 3 febbraio 1962.

    2. Il ricorso per riforma del convenuto Giuseppe Mondini è respinto.