Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 92 IV 191



92 IV 191

48. Sentenza 5 luglio 1966 della Corte di cassazione penale nella causa
Procuratore pubblico sottocenerino contro Brochetta Regeste

    Gültigkeit des Zollverschlusses als amtliches Siegel.

    Art. 41 ZG, 290 StGB.

    1.  Die Gültigkeit des Zollverschlusses ist an diejenige
des zugehörigen Geleitscheins gebunden. Mit der Löschung des
Geleitscheins bei der Ausfuhr oder dem Ablauf der darin für die
Ausfuhr der Ware festgesetzten Frist verliert der Zollverschluss seine
Kennzeichnungsfunktion und ermangelt deshalb eines der objektiven Merkmale
des amtlichen Siegels im Sinne von Art. 290 StGB.

    2.  Durch Beamtenbestechung erwirkte betrügerische Löschung eines
Geleitscheins. Ein solcher Verwaltungsakt ist nur dann nichtig, wenn
er mit grundlegenden Fehlern behaftet ist, die aus dem Akt selbst ohne
weiteres ersichtlich sind. Im vorliegenden Fall blosse Ungültigkeit.

Sachverhalt

    A.- Secondo la LD, lo sdoganamento all'importazione è definitivo
quando l'obbligo di pagare il dazio è stato definitivamente determinato
e la merce ammessa al libero traffico entro il territorio doganale
nazionale. Lo sdoganamento ha luogo alle stesse condizioni anche per la
denuncia delle merci all'esportazione (art. 38 cpv. 1 LD).

    La legge prevede però anche delle operazioni intermedie per le merci
che non possono essere subito sdoganate (art. 40 LD). In questo caso
si procede ad uno sdoganamento provvisorio. Se, ad esempio, trattasi di
merci importate destinate ad essere riesportate, lo sdoganamento avviene
mediante bolletta di cauzione: l'interessato effettua un deposito o
produce una garanzia del dazio e, eventualmente, delle altre tasse che
avrebbe dovuto pagare e riceve una bolletta di cauzione che vien scaricata
dall'ufficio competente per lo sdoganamento all'esportazione. Effettuata
questa operazione, l'obbligo di pagamento diventa caduco. Se, invece,
la bolletta di cauzione non vien presentata, nel termine prescritto, con
la merce da riesportare, l'obbligo di pagamento diventa definitivo. Alla
merce sdoganata mediante bolletta di cauzione può essere applicata la
chiusura doganale (art. 41 LD, 74 RD). La stessa si effettua, di regola,
mediante applicazione di piombi ai colli importati. In questo caso, la
designazione della merce da parte del vettore può essere fatta in modo
sommario (art. 69 cpv. 3, 70 cpv. 2 RD). Il vettore può far scaricare la
sua bolletta presentando i colli per la riesportazione con il chiudimento
intatto (art. 41 cpv. 2 LD).

    Lo stesso procedimento è adottato quando della merce, depositata in un
distretto franco (in Svizzera dal profilo doganale considerato all'estero:
art. 2 cpv. 2 LD), deve essere avviata per l'esportazione ad un altro
posto doganale.

    B.- Nel IV circondario doganale, e probabilmente anche in un altro, si
adotta un procedimento analogo anche per lo sdoganamento all'esportazione
di merce svizzera (orologi o casse di orologi in oro o placcate in
oro, preziosi) per la quale è prescritta la dichiarazione stesa sul
modulo ufficiale 19 HO previsto dall'ordinanza 17 giugno 1954, N. 8,
del Dipartimento federale delle finanze e dogane. La dichiarazione deve
essere presentata all'Ufficio di controllo dei metalli preziosi (CMP) di
Chiasso, che è l'unico per tutto il circondario. La merce può poi essere
fatta proseguire direttamente per l'Italia sotto controllo della dogana di
Chiasso Stazione. Invece, se l'esportazione vien effettuata attraverso un
altro valico doganale, il CMP, terminato il controllo, sigilla i colli
e rilascia all'interessato una bolletta di cauzione. L'esportatore
presenta questa bolletta con la merce all'ufficio doganale scelto
per l'esportazione. Il funzionario controlla l'imballaggio, lo libera
dalla chiusura doganale, si assicura che la merce varchi il confine e
scarica la bolletta di cauzione: così che, per il tramite dell'Ufficio di
Chiasso Stazione, il fabbricante svizzero può beneficiare dell'esonero,
rispettivamente del rimborso, della ICA.

    Questo cosiddetto procedimento di "esportazione indiretta" non
è previsto dalla LD, nè dalle relative disposizioni regolamentari. È
preferito all'esportazione diretta particolarmente dai contrabbandieri,
i quali possono così scegliere il valico ove il posto doganale italiano si
trovi a sufficiente distanza da quello svizzero, per avere la possibilità
di occultare la merce prima di presentarsi alla dogana italiana.

    C.- Alcuni contrabbandieri della zona di Chiasso ritennero tuttavia
che il procedimento di "esportazione indiretta" non procurasse loro
sufficienti vantaggi, per cui predisposero e conseguirono, mediante
la corruzione di funzionari svizzeri, che le bollette di cauzione
fossero scaricate a Chiasso, come se la merce fosse già stata esportata.
L'elusione del controllo sull'esportazione doveva servire, secondo quanto
affermano i contrabbandieri, a render loro possibile l'occultamento della
merce, con ogni comodità, nell'interno del territorio doganale svizzero,
senza presentare la merce al controllo del posto di dogana svizzero di
esportazione. Secondo quanto risulta dalla sentenza di prima istanza
cantonale, sarebbero stati così falsificati oltre 1000 documenti per
merce di un valore complessivo di 60 milioni di franchi, costituita
in gran parte da prodotti svizzeri (orologi o parti d'orologeria) e in
minor parte da merce estera proveniente da magazzini del Punto franco di
Chiasso. Sempre secondo la sentenza di prima istanza cantonale, qualora
i contrabbandieri avessero approfittato delle suddette falsificazioni
per immettere la merce nel mercato svizzero, avrebbero conseguito un
illecito profitto ai danni della Confederazione di oltre Fr. 3 500 000.--.
Gli accertamenti delle autorità doganali non raggiungono complessivamente
tale cifra, ma dai medesimi risulta che le operazioni effettuate dal
contrabbandiere più attivo, Giovanni Brochetta, comportano un dazio (per
la merce estera proveniente dal Punto franco) di Fr. 178 114.80 e l'ICA
(per la merce di fabbricazione svizzera) per Fr. 692 454.--.

    Questa merce fu tuttavia in gran parte effettivamente esportata;
tanto che la scoperta delle falsificazioni avvenne grazie ad un controllo
effettuato su un autoveicolo in uscita: ne risultò che degli orologi
nascosti nell'autovettura erano già stati dichiarati per l'esportazione
e che i relativi documenti erano già scaricati.

    D.- Con atto di accusa 30 settembre 1964, il Procuratore pubblico
sottocenerino rinviò a giudizio tre funzionari doganali, Beretta, Reber e
Domenighetti, come autori colpevoli di continuata falsità e continuata
corruzione passiva aggravata, Reber inoltre di rottura di sigilli.
17 altre persone vennero rinviate a giudizio per imputazioni diverse.

    La Corte delle assise criminali in Mendrisio riconobbe i funzionari
colpevoli della due prime imputazioni suindicate, condannando Beretta
ad un anno e mezzo, Reber a tre anni di reclusione, e Domenighetti ad un
anno di detenzione; i primi due inoltre alla privazione dei diritti civici
per 5 anni. La Corte pronunciò inoltre diverse condanne a carico di 14
altri accusati. Giovanni Brochetta venne riconosciuto autore colpevole:

    a) di continuata complicità in falsità, per aver fornito a Chiasso,
nell'interesse della sua ditta di spedizioni, ai fini di illecito scarico,
bollette di cauzione relative a merci del valore complessivo di Fr.
36 000 000.-- circa, non accompagnate dalla merce corrispondente; b) di
continuata corruzione attiva, promettendo e versando compensi in denaro di
Fr. 3000.-- almeno a Beretta e di Fr. 12 000.-- a Reber; c) di continuata
rottura dei sigilli (piombi) apposti ai pacchi, a cui erano riferite le
bollette di cauzione illecitamente scaricate. Egli venne condannato alla
pena di tredici mesi di detenzione.

    Di continuata rottura di sigilli vennero riconosciuti colpevoli
anche sei altri accusati, e cioè Gigi Giannini, Jeanne Balabanoglou,
Maria Mattiello, Lauro Tessari, Giuseppe Molina e Bruno Cavadini.

    E.- La Corte cantonale di cassazione e di revisione penale ha
parzialmente accolto un ricorso di Brochetta, assolvendolo dall'imputazione
di continuata rottura di sigilli, riducendo la condanna a 12 mesi di
detenzione e sospendendone l'esecuzione per un periodo di prova di 2 anni.

    In ossequio all'art. 238 del codice di procedura cantonale, la Corte
di cassazione ha poi esteso la cassazione della condanna per rottura
di sigilli anche agli altri accusati per tale titolo ma non ricorrenti,
senza tuttavia ridurre la pena inflitta ai medesimi.

    F.- Il Procuratore pubblico sottocenerino ha tempestivamente interposto
al Tribunale federale un ricorso per cassazione fondato sugli art. 290
e 41 CP. Esso chiede che i sette accusati anzidetti siano riconosciuti
colpevoli anche di rottura continuata di sigilli e che Brochetta sia
condannato alla pena pronunciata dalla prima istanza cantonale, esclusa
per il medesimo la sospensione condizionale della pena.

Auszug aus den Erwägungen:

Considerando in diritto:

Erwägung 1

    1.- La Corte cantonale di cassazione, pur assolvendo Giannini,
Balabanoglou, Mattiello, Tessari, Molina e Cavadini dall'imputazione di
rottura di sigilli, non ha modificato la pena inflitta ai medesimi dalla
Corte delle assise criminali, ritenendo che tale pena doveva considerarsi
adeguata anche a prescindere dalla anzidetta imputazione. Essa ha ridotto,
da 13 a 12 mesi, solo la pena inflitta a Brochetta, al quale ha inoltre
accordato la sospensione condizionale.

    Il Procuratore pubblico ha nondimeno impugnato la sentenza cantonale
anche a riguardo dei sei coaccusati suddetti. A tale proposito, il ricorso
è irricevibile perchè, come sancito dalla giurisprudenza, il ricorso per
cassazione non è dato contro i motivi della condanna, ma soltanto contro
quest'ultima (RU 91 IV 172 e citazioni). Peraltro, il ricorrente non ha
impugnato davanti alla corte di seconda istanza cantonale la pena che la
corte di prima istanza, tenendo conto pure dell'imputazione di rottura
di sigilli, aveva inflitto ai 6 coaccusati. Infine, anche in questa sede,
il ricorrente chiede la conferma di detta condanna.

    Il ricorso deve perciò essere esaminato solo per quanto si riferisce
a Brochetta.

Erwägung 2

    2.- Secondo l'art. 290 CP, chi rompe, rimuove o rende inefficace
un segno ufficiale, in modo particolare un sigillo ufficiale apposto
dall'autorità per rinchiudere od identificare una cosa, è punito con la
detenzione o con la multa.

    La chiusura doganale, effettuata di regola mediante piombi, ha lo
scopo di impedire che, durante il tragitto fra il posto di controllo,
il quale ha stabilito la condizionata imposizione fiscale, e quello
di uscita, l'interessato sostituisca o comunque modifichi il contenuto
del collo, allo scopo di immetterlo nel territorio doganale svizzero,
conseguendo un indebito esonero dai tributi fiscali. Ciò stante, la
chiusura doganale, fin tanto che è intesa a identificare ufficialmente la
merce in transito, costituisce un sigillo ufficiale a'sensi dell'art. 290
CP. Essa conserva però questo suo carattere solo durante il periodo di
validità della bolletta di cauzione che documenta i controlli di entrata e
di uscita. Dal momento che la stessa è scaricata in uscita o è decorso il
termine stabilito per l'esportazione della merce, la chiusura doganale
perde la sua funzione identificatrice e difetta perciò di uno degli
elementi oggettivi del sigillo ufficiale nel senso dell'art. 290 CP. Nel
primo caso, il vettore, presentando la bolletta scaricata, può senz'altro
esigere il rimborso dei tributi anticipati o la liberazione della relativa
garanzia; nel secondo, l'imposizione fiscale diventa definitiva, per cui
l'interessato può liberamente immettere la merce nel territorio doganale
svizzero; a questa bisogna esso può evidentemente provvedere soltanto
eliminando il sigillo divenuto inutile e può agire personalmente senza
controllo delle autorità doganali, la sua bolletta di cauzione essendo
divenuta priva di oggetto.

    Nel caso particolare è accertato che i piombi vennero rimossi da
Brochetta o da persone che agivano alle dipendenze del medesimo, i due
funzionari Reber e Beretta essendosi limitati a procedere allo indebito
scarico delle bollette di cauzione. La data precisa della rimozione dei
sigilli non è però stata accertata.

    a) La Corte cantonale ha ritenuto di non poter escludere che la
rottura dei sigilli sia stata effettuata dopo il decorso del periodo di
validità della bolletta di cauzione e ne ha conseguito che, ciò stante,
applicando il principio "in dubio pro reo", si doveva concludere per
l'insussistenza del reato.

    Le critiche rivolte dal ricorrente alla suesposta costatazione di
fatto non sono ricevibili in sede di ricorso per cassazione (art. 273
cpv. 1 lett. b PPF). D'altronde, non si può ammettere che detta
conclusione della Corte cantonale violi il diritto federale perchè,
indipendentemente dalla validità o invalidità dello scarico della bolletta
di cauzione, se, come devesi ritenere, i piombi sono stati rimossi dopo
la decadenza della bolletta di cauzione e quindi quando avevano perso la
loro funzione di identificare la merce, uno degli essenziali presupposti
oggettivi dell'art. 290 CP non è adempiuto. Ne consegue che Brochetta, il
quale, a tale riguardo, nulla ha aggiunto al suo precedente comportamento
delittuoso, non può essere punito in base all'art. 290 CP.

    b) Comunque, anche se avesse rimosso o fatto rimuovere i piombi
prima della suddetta scadenza, Brochetta potrebbe essere punito solo
qualora lo scarico della bolletta di cauzione, indebitamente effettuato
dai funzionari Reber e Beretta, potesse essere considerato nullo e di
nessun effetto. Se tale non fosse il caso, lo scarico della bolletta di
cauzione non essendo stato comunque revocato dall'autorità doganale prima
della rimozione dei piombi, a questo momento i sigilli non avrebbero più
avuto alcuna funzione identificatrice. Peraltro, indipendentemente dalla
rimozione dei medesimi, nulla impediva a Brochetta di immediatamente
esigere il rimborso dei tributi pagati o la liberazione della garanzia,
producendo la bolletta di cauzione scaricata.

    L'amministrazione può normalmente funzionare solo se è riconosciuta ai
suoi atti una speciale presunzione di validità; onde un atto amministrativo
può essere considerato assolutamente nullo ed inefficace, solo in quanto
irrito da difetti fondamentali, ravvisabili prima facie dall'atto stesso
(RU 44 I 59/60 e citazioni; IMBODEN, Der nichtige Staatsakt, spec. p. 7,
84). Se tale non è il caso, l'atto amministrativo può essere annullabile
ma non è assolutamente nullo, vale a dire inesistente.

    Questa regola si applica anche all'atto amministrativo surrettizio
("erschlichener Staatsakt") (W. JELLINECK: Der fehlerhafte Staatsakt
p. 112; IMBODEN o.c. p. 129/30). La tesi esposta nel giudizio di prima
istanza e sostenuta dal ricorrente, secondo cui chi - come in concreto
Brochetta - ha collaborato alla formazione dell'atto difettoso non
ha diritto di invocarne l'efficacia, non può essere condivisa: ad un
determinato momento, l'atto amministrativo può essere soltanto o valido o
annullabile o assolutamente nullo. Altre soluzioni non sono logicamente
ammissibili. Lo scarico delle bollette di cauzione di cui si tratta era
stato effettuato da funzionari doganali che dovevano, almeno dall'esterno,
essere considerati competenti a effettuarli. I difetti inerenti al
documento di scarico, specie quello di essere stato certificato da
funzionari che non avevano controllato l'esportazione della merce, non
erano evidentemente ravvisabili nella relativa dichiarazione. Questa,
pur essendo chiaramente annullabile, non era pertanto priva di ogni
effetto giuridico.

    Ne consegue che Brochetta, rimovendo dei sigilli privi di funzione
identificatrice e quindi privi di oggetto, non può aver violato l'art. 290
CP. Egli ha portato a termine la sua azione delittuosa perfezionando
i delitti di corruzione attiva e di complicità in falsità di cui agli
art. 251 e 288 CP.