Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 87 II 293



87 II 293

43. Estratto della sentenza 28 novembre 1961 della I Camera civile nella
causa Mancini contro Zanolini Regeste

    Verantwortlichkeitsklage gemäss Art. 752 ff. OR.

    1.  Wer Gläubiger und Aktionär einer A.-G. ist, kann die
Verantwortlichkeitsklage gestützt auf seine Gläubigereigenschaft auch
erheben, wenn er von der ihm als Aktionär zustehenden Klagemöglichkeit
keinen Gebrauch gemacht hat.

    2.  Die Verjährungsfrist von 5 Jahren für die Klage des
Gesellschaftsgläubigers kann nicht vor der Konkurseröffnung über die
Gesellschaft zu laufen beginnen.

Sachverhalt

    A.- Nelle sedute del 19 maggio 1951 e 5 giugno 1951 il consiglio di
amministrazione della Salina SA, Muralto, approvò un conto presentato da
Plinio Zanolini per prestazioni effettuate quale segretario sociale a far
tempo dalla fondazione della società. Il conto venne pagato e iscritto
nel bilancio al 31 dicembre 1951, che l'assemblea del 17 luglio 1952
approvò dando scarico agli amministratori. Nel frattempo Graziano Mancini,
ex membro del consiglio di amministrazione, aveva pure fatto valere un
credito per prestazioni, che fu poi giudizialmente riconosciuto nella
somma di fr. 12'272,50.

    Il 16 ottobre 1957, la Salina SA, già posta in liquidazione, venne
dichiarata in fallimento. Nell'inventario venne iscritta la pretesa della
massa ad ottenere la restituzione del versamento fatto a Zanolini con
la motivazione seguente: "... diritto alla retrocessione dei fr. 25'000
dati senza alcuna giustificazione o causa legittima all'azionista Plinio
Zanolini in Muralto... valore di stima fr. 7'500."

    B.- Con petizione 19 maggio 1958, Mancini convenne Zanolini davanti
alla Pretura di Locarno-città, chiedendo che il convenuto fosse condannato
a restituire la somma di fr. 25'000 e a rimborsare i relativi interessi
del 5% dal 20 aprile 1957. La petizione venne respinta dal Pretore e, su
ricorso, dalla Camera civile del Tribunale di appello. Dalle motivazioni
della sentenza cantonale si rileva quanto segue. Mancini ha agito in
qualità di creditore sociale a'sensi dell'art. 756 cpv. 2 CO, ma al
momento in cui fu tenuta l'assemblea di approvazione del bilancio 1951,
Mancini era ancora azionista e non decadde dai relativi diritti prima della
diffida 6 agosto 1953 fattagli intimare a'sensi dell'art. 682 CO. Egli
era quindi stato in grado di contestare la deliberazione assembleare
del 17 luglio 1952 entro il termine di due mesi secondo l'art. 706 o
di farsi attore secondo l'art. 755 CO. L'azione è comunque prescritta
a'sensi dell'art. 760 CO, perchè, avendo l'attore preso conoscenza del
controverso prelevamento al più tardi il 25 febbraio 1953, la petizione
avrebbe dovuto essere presentata al più tardi verso la fine del febbraio
1958. "L'attore-creditore", avendo trascurato di esercitare i diritti che
gli spettavano in qualità di azionista, deve sopportare le conseguenze
di questa sua inazione.

    C.- Contro la sentenza suindicata, Mancini ha tempestivamente
interposto un ricorso per riforma al Tribunale federale, chiedendo che
la sentenza cantonale venga riformata e che vengano accolte le domande
della petizione. Secondo il ricorrente, la sua sarebbe un'azione
creditoria in restituzione del creditore sociale contro la società
a'sensi dell'art. 758 CO. Quest'azione si prescrive solo in cinque
anni a decorrere dal fallimento della società. Un anteriore inizio
del decorso della prescrizione dovrebbe peraltro essere escluso perchè
l'illecito prelevamento di fr. 25'000 è venuto alla luce solo dopo la
dichiarazione del fallimento. Detto prelevamento sarebbe stato effettuato
illecitamente in danno della società (art. 754 CO) e sarebbe stato
approvato da un'assemblea in cui erano stati violati l'art. 695 CO, che
impone agli amministratori di astenersi dalle deliberazioni riguardanti
il discarico, ed altre norme concernenti il diritto di controllo degli
azionisti (art. 696 e 729 CO). D'altronde, il prelevamento in questione era
stato effettuato senza la minima giustificazione e senza alcun fondamento
giuridico. Mancini era decaduto dalla sua posizione di azionista certamente
già al 17 luglio 1952, data dell'assemblea sociale.

    D.- Il convenuto ha risposto chiedendo, in via principale, che il
ricorso sia respinto e, in via subordinata, che la causa venga rinviata
alla Corte cantonale per nuovo giudizio nel senso dei considerandi. Esso fa
particolarmente rilevare che la pretesa di Mancini concerne unicamente
l'azione di indebito arricchimento; come tale è stata ceduta dalla
massa fallimentare e come tale è stata proposta nella causa in esame. Una
siffatta azione, essendo stata promossa oltre un anno dopo l'effettuazione
del versamento controverso, è prescritta. Il fatto che Mancini abbia
preso conoscenza del versamento solo il 25 febbraio 1953 è irrrilevante,
perchè l'azione non è di Mancini contro Zanolini, ma della Salina SA
contro quest'ultimo. Pure priva di rilievo è la tesi della nullità
dell'assemblea di approvazione del bilancio. Da rilevare invece che
Mancini ha fatto valere una pretesa dipendente dalla sua posizione di
azionista e di membro del consiglio di amministrazione; egli ha quindi
ottenuto la cessione non quale creditore ma quale azionista. A questo
riguardo l'azione sarebbe comunque perenta perchè non proposta entro il
termine di sei mesi, previsto dall'art. 757 CO.

Auszug aus den Erwägungen:

Considerando in diritto:

    .....

Erwägung 3

    3.- Secondo la Corte cantonale, l'attore ha agito come creditore
sociale a'sensi dell'art. 756 CO. Ora questa disposizione costituisce la
norma speciale applicabile alla cessione dell'azione di responsabilità
prevista dagli art. 752 e segg. CO.

    Il ricorrente ha affermato che i fr. 25'000 corrisposti al convenuto
sono stati prelevati illecitamente "violando un dovere espresso di un
amministratore (art. 754 CO)" e che il beneficiario ha illegalmente
partecipato alle pratiche concernenti le relative deliberazioni degli
organi sociali. In proposito giova anzitutto rilevare che il presunto
illegale comportamento dell'amministrazione, segnatamente di Zanolini,
avrebbe leso in modo diretto solo gli interessi della società. Gli
azionisti, interessati alla conservazione del capitale e delle aspettative
sociali, e i creditori, interessati a mantenere intatta la solvibilità
della società debitrice, ne potevano essere danneggiati soltanto in
modo indiretto. Per questo, finchè la società non è fallita, la legge
(art. 755 CO) accorda agli azionisti e, in principio, anche ai creditori
(in pratica questi possono esercitare la loro azione solo dopo il
fallimento - art. 758 CO) soltanto un'azione intesa a far ottenere alla
società il risarcimento dovutole.

    Nel momento in cui si è verificato il presunto atto illecito,
Mancini era azionista e, più tardi, si è qualificato anche come creditore
sociale. Dalle motivazioni dell'impugnata sentenza si deve dedurre che la
Corte cantonale, pur riconoscendo, in principio, a Mancini la facoltà di
far valere i suoi diritti di azionista - comunque in concreto prescritti -
gli contesti come abuso di diritto, l'azione in veste di creditore. Essa
ha infatti affermato "... questa camera non ritiene ammissibile che
l'attore ... nell'attuale lite promossa in veste di creditore possa per
vie traverse, sollevare impugnative e proporre temi di responsabilità,
che in altra sede e a tempo debito egli aveva la facoltà di formulare".

    Questa conclusione non può essere condivisa perchè Mancini,
rinunciando a proporre la causa come azionista e promovendola come
creditore, ha disposto di due interessi e di due diritti di natura
e fondamento diversi. Non si vede perchè Mancini non avrebbe dovuto
poter rinunciare a far valere i suoi interessi di azionista (egli era
detentore di un'azione di fr. 1'000) senza automaticamente rinunciare al
suo credito di fr. 12'272.80. Peraltro risulta che Mancini è decaduto da
azionista subito dopo il 6 agosto 1953, mentre la sua pretesa creditoria
è stata giudizialmente riconosciuta solo con sentenza 27 ottobre 1955 del
Tribunale di appello. A questa epoca, egli non aveva più alcuna possibilità
di influire sulla società, non aveva più alcun diritto o dovere sociale, ed
era pertanto posto nelle stesse condizioni degli altri creditori. Comunque,
chi ha due diversi interessi giuridicamente protetti - come in concreto la
persona che è azionista e creditore sociale -, deve avere, salvo diversa
speciale disposizione di legge, la possibilità di difenderli entrambi o
di rinunciare ad uno pur facendo valere l'altro.

    La Corte cantonale, negando a Mancini di valersi della azione di
responsabilità in veste di creditore sociale, ha pertanto erroneamente
applicato gli art. 754 e segg. CO.

Erwägung 4

    4.- Occorre perciò stabilire se l'eccezione di prescrizione proposta
dal convenuto ed accolta dalla Corte cantonale valga anche a riguardo
dell'azione proposta dall'attore come creditore sociale.

    Secondo l'art. 760 cpv. 1 CO, le azioni di risarcimento contro le
persone responsabili a norme delle precedenti disposizioni si prescrivono
in cinque anni dal giorno in cui il danneggiato conobbe il danno e la
persona responsabile, e in ogni caso nel termine di dieci anni dal giorno
dell'atto che ha causato il danno.

    Questa disposizione istituita nel 1928, in occasione della revisione
del CO, differisce dall'art. 60 cpv. 1, applicabile in precedenza anche
alle azioni di responsabilità concernenti la costituzione e la gestione
di società anonime, per quanto ha riferimento al termine relativo di
prescrizione. La durata del medesimo è stata stabilita in 5 anni invece di
un anno per tener conto dell'opportunità di fissare un termine unitario,
valido tanto per la responsabilità per atto illecito quanto per quella
risultante da contratto e indipendentemente dalla personalità dell'attore
e del convenuto (Prot. Exp. Komm. 1928 p. 452 e segg.).

    Tuttavia, l'art. 760 CO determina in modo inequivocabile e compiuto
solo il termine assoluto di 10 anni - che in concreto è fuori discussione
- ma non quello relativo di 5 anni, perchè le disposizioni che precedono
prevedono eccezioni e modificano i presupposti dell'inizio di decorrenza
del termine. Così, all'azionista può essere opposta la deliberazione
assembleare di discarico, se l'azione è promossa dopo sei mesi da detta
deliberazione o anche se è stata proposta prima, qualora l'attore abbia
dato il suo voto alla deliberazione o abbia acquistato le sue azioni
dopo averla conosciuta (art. 757 CO). D'altronde, la decorrenza del
termine non può aver inizio alla stessa data per il creditore come
per l'azionista, perchè, mentre questo può proporre la causa subito
dopo aver preso conoscenza di un danno causato da un amministratore
alla società (art. 755), i creditori non possono promuoverla finchè la
società non è stata dichiarata in fallimento (art. 758) e soltanto se
l'amministrazione del fallimento rinunci da parte sua ad esercitarla (art.
756 cpv. 1). Se il termine dovesse decorrere dalla data in cui il creditore
ha conosciuto la persona responsabile e il danno causato alla società,
potrebbe succedere che l'azione del creditore si prescriva ancora prima che
sia resa proponibile. Tale sarebbe ad esempio il caso particolare se si
dovesse ammettere che Mancini abbia conosciuto il presunto danno causato
da Zanolini già alla data dell'assemblea generale di discarico (17 luglio
1952), perchè il fallimento è stato dichiarato il 16 ottobre 1957 e la
seconda assemblea dei creditori, che ha ceduto a Mancini la pretesa verso
il convenuto, ebbe luogo il 2 aprile 1958. Una siffatta regolamentazione
di un così importante mezzo di difesa del creditore contro gli abusi
delle società anonime non può essere stato voluto dal legislatore.

    L'art. 755 CO, riservando alla società il risarcimento dei danni
causatile direttamente, presuppone che gli stessi danni si riversino
indirettamente tanto sugli azionisti quanto sui creditori. Qualora si
dovesse ritenere che questa disposizione conferisca, in principio,
un'azione per danno indiretto anche ai creditori, detta azione
soggiacerebbe comunque a condizione sospensiva in forza degli art. 758
e 756 cpv. 1 OG. Ora la decorrenza del termine di prescrizione prima che
la pretesa sia materialmente esigibile e quindi, nel caso della condizione
sospensiva, prima che la condizione sia adempiuta, urta contro il principio
stesso della prescrizione e contro la norma generale di cui all'art. 130
cpv. 1 CO (cfr. OSER/SCHÖNENBERGER, art. 130 N. 5; BECKER, art. 130
N. 4; VON TUHR/SIEGWART § 80 N. 62; NABHOLZ, Verjährung und Verwirkung,
Zurigo 1958 p. 97). In questo ordine di idee, per il creditore Mancini il
termine di prescrizione avrebbe cominciato a decorrere solo dal 2 aprile
1958, data della cessione del credito da parte dell'amministrazione del
fallimento. Tuttavia, il richiamo alla norma generale dell'art. 130 cpv. 1
CO, in opposizione al testo dell'art. 760 cpv. 1 CO, che è norma speciale,
non soddisfa ed a maggior ragione non soddisfa la tesi sostenuta nella
dottrina (CAPITAINE, Des courtes prescriptions des délais et actes de
déchéances, Genève 1937, p. 126 e segg.), secondo cui sarebbe applicabile
per analogia la norma, per altro verso speciale, dell'art. 134 num. 6. La
soluzione al problema suesposto deve perciò essere ricercata nell'ambito
degli art. 752 e segg. CO.

    In realtà la contraddizione fra l'art. 760 che fa dipendere l'inizio
della decorrenza della prescrizione dal giorno in cui il danneggiato ha
conosciuto il danno e la persona responsabile e l'art. 758 CO che inibisce
al creditore di esercitare l'azione prima che sia dichiarato il fallimento
della società è più apparente che reale.

    I danni di cui all'art. 755 CO, causati direttamente alla società,
menomano il patrimonio sociale e quindi necessariamente anche l'azione
sociale che ne rappresenta una parte. Avuto conoscenza del danno arrecato
alla società, l'azionista può pertanto determinare anche quello causato
indirettamente a se stesso. La facoltà riconosciutagli dagli art. 754 e
755 CO di proporre la causa per danno indiretto è perciò conforme a queste
considerazioni e in consonanza coi diritti e doveri sociali dell'azionista.

    Invece, il danno causato alla società non si ripercuote necessariamente
sul creditore sociale, ma solo in quanto contribuisca a rendere la società
totalmente o parzialmente insolvibile. Di regola, il creditore prende atto
dell'ammontare di questo danno soltanto in seguito alla dichiarazione di
fallimento e più precisamente con il deposito della graduatoria.

    Quand'anche si dovesse reputare che l'azione del creditore non
sia originaria e indipendente ma derivata da quella spettante avantutto
all'amministrazione (art. 756 cpv. 1), al riguardo l'art. 760 cpv. 1 CO non
potrebbe essere diversamente interpretato. Come già stabilito dal Tribunale
federale, in altra occasione, l'amministrazione del fallimento non può
infatti aver avuto conoscenza del danno prima di essersi costituita. Essa
rappresenta una comunità e, quantunque non abbia formalmente personalità
giuridica, risponde solo degli impegni da essa assunti come organo della
massa; per cui non possono esserle opposte le eccezioni proponibili
contro i creditori presi singolarmente; questi non sono abilitati a
rappresentarla nè ad opporsi ai suoi diritti. Per l'amministrazione del
fallimento la decorrenza del termine non può pertanto aver avuto inizio
prima della dichiarazione di fallimento (sentenza inedita 7 ottobre 1958
della la Corte civile nella causa Duttweiler/Kehrli c. Masse en faillite
de Maritime suisse SA).

    Ne consegue che per Mancini, quale creditore sociale, la decorrenza del
termine di prescrizione di cinque anni previsto dall'art. 760 cpv. 1 CO non
poteva cominciare a decorrere prima della dichiarazione di fallimento (16
ottobre 1957), sia che la sua azione venga considerata come indipendente
ed originaria, sia che la si consideri derivata da quella cedutagli
dall'amministrazione del fallimento. Pertanto, la relativa azione,
proposta il 19 maggio 1958, non è prescritta.