Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 82 II 441



82 II 441

59. Estratto della sentenza 10 maggio 1956 della I Corte civile nella
causa Siegrist contro Rusconi. Regeste

    Leibrentenvertrag. Wirkungen des Verzugs des Schuldners in der
Bezahlung verfallener Raten. Befugnis des Gläubigers zum Rücktritt vom
Vertrag auf Grund analoger Anwendung von Art. 107 ff. OR.

Auszug aus den Erwägungen:

                   Estratto dai considerandi:

Erwägung 3

    3.- Il ricorso per riforma dell'attore pone il problema degli effetti
della mora del debitore nel versamento delle rate scadute, in caso di
costituzione di rendita vitalizia a titolo oneroso.

    Il legislatore federale non ha disciplinato il problema nelle norme
sul contratto di rendita vitalizia (art. 516-520 CO). Nella dottrina
svizzera la soluzione è controversa: OSER-SCHÖNENBERGER (Commentario,
nota 2 all'art. 518 CO) non ritengono ammissibile, in mancanza di un
patto speciale, il recesso dal contratto a'sensi degli art. 107 sgg. CO,
poichè la mancata corresponsione delle singole rate non costituerebbe
un'inadempienza parziale del rapporto obbligatorio complesso (il cosiddetto
"Stammrecht"), onde derivano le singole prestazioni (in senso conforme per
il diritto tedesco: Kommentar der Reichsgerichtsräte, 10a ed., nota 2 al §
759 BGB; PALANDT, Kommentar, 8a ed., nota 1 al § 759 BGB; Entscheidungen
des Reichsgerichts, vol. 106, p. 96 sgg.); BECKER (Commentario, nota
6 all'art. 516 CO) ritiene invece, trattandosi di rendita costituita
a titolo oneroso, che in caso di mora si possa procedere secondo gli
art. 107 sgg. CO, ma soggiunge che la mora di un'unica prestazione non
legittimerebbe al recesso, mentre il contratto può essere risolto, come
nelle obbligazioni a esecuzione continuata, se le circostanze fanno
apparire che il debitore della rendita non può o non vuole adempiere
(cf. anche WEGMANN, Der Leibrentenvertrag im schweiz. OR, p. 86).

    Il contratto di rendita vitalizia entra nel concetto di obbligazione
a esecuzione continuata, caratterizzata da un complesso di obbligazioni
semplici e identiche, nascenti da una stessa fonte e differenziate
soltanto dall'elemento temporale. Le obbligazioni ad esecuzione continuata
si estinguono progressivamente, poichè ogni singolo atto di esecuzione
consegue il suo scopo. Avvenuta la naturale estinzione dell'obbligazione
singola, derivante dal rapporto obbligatorio complesso, nulla può farla
risorgere (DEVOTO, Appunti per una definizione delle obbligazioni
a esecuzione continuata, Rivista del diritto commerciale, 1942 I,
p. 307). Per cui non vi è di regola posto per il diritto di risoluzione
operante retroattivamente. Sennonchè, non ci si può limitare a questa
conclusione negativa, ma con BECKER si deve riconoscere che, quando è
tale da escludere la fiducia nei futuri adempimenti, l'inadempienza
si comunica a tutte le prestazioni della serie, per cui non si può
più in buona fede costringere il creditore ad attenersi al contratto,
ma gli si deve riconoscere il diritto di recederne unilateralmente, in
applicazione analogetica degli art. 107 sgg. CO, a datare dal giorno in
cui viene manifestata al debitore la volontà di recedere (cf. anche:
v. GIERKE, Dauernde Schuldverhältnisse, Iherings Jahrbücher, vol. 64,
p. 390/391; per l'istituto affine del vitalizio: RU 79 II 171). Perchè
cessi la fiducia nei futuri adempimenti non è ovviamente sufficiente la
mora di una singola prestazione, ma occorre una violazione contrattuale
tale da distruggere, nelle circostanze del caso, la legittima fiducia
del creditore nel puntuale futuro adempimento.

    Applicando questi concetti alla fattispecie è avantutto da precisare
che la mora nel versamento di "alcune" rate mensili accertata dalla
Corte cantonale si estendeva, alla data in cui fu iniziata la causa,
a ben sette rate mensili. Difatto, l'attore aveva escusso il convenuto
per il pagamento di 2310 fr., pari a sette mensilità arretrate. Se si
considera che la petizione di causa e la procedura esecutiva sono state
precedute da tre raccomandate completamente inefficaci a rimuovere il
debitore dalla sua inadempienza; che è rimasto lettera morta l'impegno
del debitore di provvedere affinchè i versamenti della rendita dal gennaio
1954 innanzi fossero effettuati tramite una banca; che costui era persino
inadempiente rispetto all'obbligo di versare entro otto giorni dall'11
gennaio 1954 i 1200 fr. risultanti a suo debito dalla scrittura di tale
data, la fiducia che il debitore rispettasse in futuro gli impegni assunti
poteva ragionevolmente essere distrutta nel creditore per il contegno del
debitore. Non si può pertanto negare all'attore il diritto di recedere da
un rapporto obbligatorio che la controparte non si preoccupava da mesi di
eseguire. Del resto, quand'anche si volesse prescindere dall'applicazione
analogetica degli art. 107 sgg. CO, la rescissione unilaterale dei
contratti si giustificherebbe in concreto anche dal profilo dell'art. 2
CC. Con la sua inadempienza il debitore ha reso frustraneo lo scopo dei
contratti di rendita vitalizia che, come lo scopo del contratto iniziale di
vitalizio, era di soddisfare bisogni essenziali della vita del creditore,
resosi praticamente nullatenente per la costituzione della rendita.

    Contrariamente a quanto ha ammesso la Corte cantonale, alla rescissione
dei contratti non è di ostacolo l'omissione del creditore di fissare al
debitore il termine previsto dall'art. 107 cp 1 CO. La volontà manifesta
del debitore di non soddisfare gli obblighi assunti stava a dimostrare
l'inutilità dell'assegnazione d'un termine per l'adempimento tardivo (art.
108 n. 1 CO). Nè si può escludere l'efficacia della dichiarazione di
recedere dai contratti per il motivo che in corso di causa il creditore
ha ancora fatto valere in via esecutiva talune rate mensili e ne ha
ottenuto il pagamento dopo la fase del pignoramento dei mobili. Infatti,
se è esatto che dal recesso cessa l'obbligo delle prestazioni successive,
non è meno esatto che fin che il recesso era sub iudice l'attore si era
espressamente riservato, senza che questa riserva fosse da interpretare
come rinuncia al suo diritto di disdctta, di incassare le rate scadute o in
scadenza durante il processo. Nel caso in cui la funzione della rendita è
di procacciare al creditore la somma che gli occorre per i bisogni della
vita, la riserva anzidetta può non essere interpretata come rinuncia al
diritto che si fa anzi valere; essa risponde esclusivamente alla necessità
in cui l'attore è stato posto, dall'inadempienza del convenuto, di non
poter attendere la fine del processo trascurando l'incasso delle rate
scadute. Il fatto, poi, che questo incasso sia stato possibile soltanto
in via esecutiva ed in fase di pignoramento rafforza il convincimento
che la fiducia nei puntuali adempimenti futuri era completamente scossa.

    Pronunciata la risoluzione dei contratti di rendita vitalizia,
il calcolo fatto dal Pretore sull'importo da restituire dal convenuto
non è come tale criticato in sede federale da alcuna parte e risulta
d'altronde corretto.