Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 138 I 123



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Urteilskopf

138 I 123

10. Estratto della sentenza della II Corte di diritto pubblico nella causa A.A.
e B.A. contro Dipartimento dell'educazione, della cultura e dello sport e
Consiglio di Stato del Cantone Ticino (ricorso in materia di diritto pubblico)
2C_449/2011 del 26 aprile 2012

Regeste

Art. 18 und 70 BV; Sprachenfreiheit; Territorialitätsprinzip; Ausnahme von der
Pflicht, die Grundschule an einem privaten Institut in italienischer Sprache zu
absolvieren.
Die Rechtsprechung führt auch die Befugnis der Kantone, für Privatschulen den
Unterricht in der Amtssprache obligatorisch zu erklären, auf das
Territorialitätsprinzip zurück. Die Möglichkeit der Kantone, unter
Einschränkung der Sprachenfreiheit in diesem Sinne zu legiferieren, beruht auf
dem Prinzip der Einheit des Sprachgebiets als ein Teilgehalt des
Territorialprinzips (E. 5-7).
Die Normen des Tessiner Schulgesetzes, die den Gebrauch der italienischen
Sprache in den öffentlichen und, unter gewissen Bedingungen, auch in den
privaten Schulen als obligatorisch erklären, stellen zugleich eine Massnahme
zur Erhaltung der Identität der italienischsprachigen Schweiz dar. An diesen
Normen besteht daher ein erhebliches öffentliches Interesse (E. 8.1-8.3).
Die Beschwerdeführer - die für sich offenbar ein selbständiges Recht auf
Gebrauch einer beliebigen anderen Sprache in Anspruch nehmen - stellen dem
erwähnten öffentlichen Interesse keine privaten Interessen gegenüber, welche
die vom Tessiner Gesetzgeber im Schulbereich getroffenen Massnahmen als
nachrangig erscheinen lassen (E. 8.4 und 8.5).

Sachverhalt ab Seite 124

BGE 138 I 123 S. 124

A. Il 19 maggio 2010 i coniugi A., cittadini svizzeri e italiani residenti nel
Cantone Ticino, hanno chiesto di autorizzare la loro figlia a frequentare la 1^
a classe elementare nella sezione di lingua inglese presso una scuola privata
con sede in Ticino, in deroga a quanto stabilito dall'ordinamento scolastico
ticinese. La domanda è stata respinta prima dal Dipartimento dell'educazione,
della cultura e dello sport, poi dal Consiglio di Stato e, infine, dal
Tribunale cantonale amministrativo.

B. I coniugi A., in rappresentanza della figlia, sono insorti davanti al
Tribunale federale con ricorso in materia di diritto pubblico del 27 maggio
2011. Prevalendosi della violazione della libertà di lingua (art. 18 Cost.),
hanno chiesto che la sentenza cantonale fosse riformata e che la figlia fosse
autorizzata a frequentare la menzionata scuola in lingua inglese durante il
periodo dell'obbligo scolastico.
Il Tribunale federale ha respinto il ricorso.
(riassunto)

Erwägungen

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Dai considerandi:

2. La materia litigiosa è retta dalla legge ticinese della scuola del 1°
febbraio 1990 (RL 5.1.1.1) e dal relativo regolamento del Consiglio di Stato
del 19 maggio 1992 (RL 5.1.1.1.1).
L'art. 1 cpv. 3 della legge della scuola stabilisce che nelle scuole pubbliche
l'insegnamento è impartito in lingua italiana. L'art. 80 ha il tenore seguente:
1. L'insegnamento privato è libero nei limiti della Costituzione federale.
2. Agli allievi in età d'obbligo scolastico l'insegnamento dev'essere impartito
in lingua italiana; deroghe possono essere concesse eccezionalmente dal
Consiglio di Stato per sopperire ai bisogni di famiglie residenti
temporaneamente nel Cantone; la lingua italiana deve essere comunque insegnata.
In esecuzione della competenza attribuitagli dall'art. 8 della legge della
scuola, il Consiglio di Stato ha adottato il citato regolamento del 19 maggio
1992. Il testo dell'art. 73 è questo:
1. La deroga prevista dall'art. 80 cpv. 2 della legge della scuola è concessa
dal Dipartimento solo nel caso di famiglie che risiedono temporaneamente e per
un massimo di sei anni nel Cantone.
2. Durante tale periodo agli allievi in età d'obbligo scolastico l'insegnamento
deve essere impartito, almeno nella misura di 1/5 dell'orario settimanale, in
lingua italiana.
3. Dopo i sei anni la famiglia deve iscrivere i propri figli in età d'obbligo
scolastico in una scuola pubblica o privata in cui l'insegnamento sia impartito
interamente in lingua italiana.
4. (...)
(...)

5. La controversia riguarda la competenza concessa ai Cantoni d'istituire un
ordinamento giuridico che assicuri l'uso della lingua ufficiale sul proprio
territorio e limiti di conseguenza la libertà di lingua. La sentenza impugnata
espone correttamente le basi legali.

5.1 L'art. 18 Cost. istituisce la libertà di lingua, garantendo al cittadino,
tra l'altro, l'uso della lingua di sua scelta, sia essa quella materna o no (
DTF 122 I 236 consid. 2b pag. 328). La libertà di lingua, come tutti i diritti
fondamentali, non è assoluta; può essere limitata, prim'ancora che alle
condizioni generali dell'art. 36 Cost., in forza dell'art. 70 cpv. 2 Cost., che
impone ai Cantoni il rispetto della
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composizione linguistica tradizionale delle regioni e delle minoranze
linguistiche autoctone.
Questa norma codifica in sostanza il principio della territorialità della
lingua, che ha due componenti. D'un canto, il principio di territorialità vuole
che ogni Cantone, Distretto o Comune abbia la sua lingua tradizionale e la
possa conservare nonostante l'immigrazione di persone di lingua straniera. Esso
permette perciò ai Cantoni di adottare sul proprio territorio i provvedimenti
atti a preservare l'omogeneità e i limiti tradizionali delle regioni
linguistiche; tali misure, che possono limitare il diritto del cittadino di
usare la propria lingua materna, devono rispettare il principio di
proporzionalità. D'altro canto, il principio di territorialità si propone di
assicurare, in armonia con la libertà di lingua, la coesistenza pacifica delle
lingue nazionali e la protezione delle lingue di minoranza (DTF 136 I 149
consid. 4.1 e 4.2 pag. 152 seg.; DTF 122 I 236 consid. 2b e c pag. 238 seg. e
riferimenti).

5.2 I Cantoni sono competenti per definire la lingua ufficiale (art. 70 cpv. 2
prima frase Cost.) e per regolarne l'uso sul proprio territorio, nel rispetto
del diritto costituzionale federale. Nei rapporti con l'autorità la libertà di
lingua è perciò limitata anche dal principio della lingua ufficiale (DTF 136 I
149 consid. 4.3 e 5 pag. 153 seg. e riferimenti). L'insegnamento nelle scuole
pubbliche appartiene al campo di queste relazioni. La giurisprudenza riconduce
tuttavia al principio della territorialità anche la facoltà dei Cantoni
d'imporre l'insegnamento nella lingua ufficiale nelle scuole private. Il
fondamento di tale limitazione della libertà di lingua non è da ricercare tanto
nella volontà di promuovere un insegnamento attuabile e di contenerne i costi,
com'è il caso per la scuola pubblica, né di tutelare le lingue minoritarie
minacciate, quanto piuttosto nell'esigenza di preservare la pace e l'omogeneità
linguistica e quindi di favorire la coesione sociale (DTF 122 I 236 consid. 2d
e e pag. 239 segg.; DTF 91 I 480 consid. 2 e 3b pag. 486 segg.).

6. Nel Cantone Ticino, l'art. 1 cpv. 1 Cost./TI (RS 131.229) stabilisce che la
lingua ufficiale è l'italiano. La legge della scuola ne regola l'uso nel campo
scolastico rendendolo obbligatorio per l'insegnamento nella scuola pubblica
(art. 1 cpv. 3) e, a certe condizioni, in quelle private (art. 80 cpv. 2). Come
detto, il Tribunale federale ha riconosciuto tali facoltà ai Cantoni,
individuandone il fondamento nella componente del principio di territorialità,
ancorato nell'art. 70
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cpv. 2 Cost., che promuove l'omogeneità linguistica. La norma costituzionale -
per riprendere un'espressione usata dai ricorrenti - non obbliga le persone a
integrarsi nella comunità in cui vivono ma, quanto meno, a seguire
l'insegnamento dell'obbligo nella lingua ufficiale di tale comunità, se il
legislatore cantonale lo vuole.
La censura secondo la quale la Corte cantonale avrebbe attribuito all'art. 70
cpv. 2 Cost. una portata superiore a quanto concesso finora dalla
giurisprudenza è pertanto infondata.

7. I ricorrenti obiettano che la giurisprudenza è criticata dalla dottrina e
non è più attuale, essendo stata "principalmente la conseguenza della massiccia
immigrazione (allora soprattutto di italiani) che il nostro Paese ha conosciuto
negli anni '60, ciò che aveva posto in modo molto importante la necessità di
garantire una corretta integrazione degli stranieri".
Le sentenze che hanno avuto per oggetto la libertà di lingua nell'insegnamento
sono relativamente poche e riguardano più che altro i rapporti tra le lingue
nazionali. Abbondano invece i pareri dottrinali, a volte effettivamente molto
critici verso la giurisprudenza. Essi non sono tuttavia così unanimi come
espongono i ricorrenti.
In breve, tra coloro che hanno valutato anche l'influenza delle lingue
d'immigrazione, non solo i rapporti tra le lingue nazionali, v'è d'un canto chi
mette in dubbio la necessità di promuovere l'assimilazione nelle relazioni tra
privati, arrivando quindi a negare l'esistenza di un interesse pubblico a
sostegno delle minoranze linguistiche nell'insegnamento privato (CHARLES-ALBERT
MORAND, Liberté de la langue et principe de territorialité. Variations sur un
thème encore méconnu, ZSR 112/1993 I pag. 11 segg., in particolare 23-24); e
chi dissente dall'applicazione rigida del principio di territorialità o
s'interroga sull'opportunità di contrapporre tale principio alla libertà di
lingua (MÜLLER/SCHEFER, Grundrechte in der Schweiz, 4^a ed. 2008, pag. 292
segg., in particolare 296 segg.; MARCO BORGHI, La liberté de la langue et ses
limites, in: Verfassungsrecht der Schweiz, Thürer/Aubert/Müller [ed.],2001,
pag. 607 segg., in particolare 613- 615; GIORGIO MALINVERNI, in: Commentaire de
la Constitution fédérale, Aubert e altri [ed.], 1995, n. 23 segg. ad art. 116
vCost.). Dall'altro v'è chi condivide invece la preoccupazione che il
moltiplicarsi di scuole private di lingue straniere possa ostacolare
l'assimilazione e giustificare perciò in forza del principio di territorialità
misure atte a proteggere una comunità linguistica indigena dalle conseguenze
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negative dell'immigrazione esterna o interna (AUGUSTIN MACHERET, Le droit des
langues, in: La nouvelle constitution fribourgoise, Revue fribourgeoise de
jurisprudence [RFJ], numero speciale 2005, pag. 101 segg., in particolare 112
segg.).

8. La particolarità del caso in esame, per rispetto alle fattispecie
considerate finora dalla giurisprudenza, sta nel fatto ch'esso non è originato
da una situazione conflittuale in un territorio bilingue né dall'uso di una
lingua nazionale diversa da quella ufficiale. I ricorrenti ritengono che la
loro bambina debba poter seguire l'insegnamento elementare in una lingua
straniera, l'inglese, in un Cantone in cui la lingua ufficiale è solo
l'italiano. Dal momento che, come si dirà, essi non rivendicano l'appartenenza
a una minoranza linguistica nazionale o straniera, e neppure un'identità
culturale specifica, le considerazioni in parte controverse sulla necessità o
l'opportunità di assimilare le minoranze straniere per il tramite della lingua
e sull'efficacia dei provvedimenti che i Cantoni possono adottare in tale senso
passano in secondo piano. La soluzione va invece cercata nel raffronto tra
l'interesse pubblico del Cantone Ticino alla scolarizzazione in lingua italiana
e quello privato dei ricorrenti.

8.1 L'italiano, in Svizzera, non è una lingua in pericolo d'estinzione. È però
assai minoritaria: lo parla come lingua principale solo il 6,46 % della
popolazione residente. La lingua italiana, in Ticino, è tuttavia minacciata da
un forte inforestierimento: basti pensare che il 16,9 % della popolazione
residente nel Cantone usa un'altra lingua principale. Circa la metà (49,33 %)
dei residenti di lingua straniera è germanofona. Riferita al totale della
popolazione ticinese, la percentuale dei residenti che usa il tedesco come
lingua principale è dell'8,3 % (fonte dei dati: Ufficio federale di statistica,
censimento della popolazione 2000).
Il Tribunale cantonale amministrativo ha rilevato con ragione che il
legislatore federale, consapevole di questa situazione, ha predisposto degli
aiuti finanziari specifici a salvaguardia e promozione della lingua e della
cultura italiane, in esecuzione del mandato costituzionale conferitogli dagli
art. 4, 18 e 70 Cost. (art. 22 della legge federale sulle lingue del 5 ottobre
2007 e art. 22 segg. della relativa ordinanza [RS 441.1, risp. 441.11]).

8.2 La necessità di proteggere la lingua italiana sul territorio svizzero dal
diffondersi del tedesco è stata percepita, a livello federale, fin dalla prima
metà del secolo scorso, allorquando un progetto
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costituzionale, poi abbandonato, prevedeva una sorta di statuto speciale per il
Ticino, vietando in particolare la creazione di scuole di lingua tedesca
(BARBARA WILSON, La liberté de la langue des minorités dans l'enseignement,
1999, pag. 382).
La legislazione ticinese attuale sulla scuola recepisce quelle preoccupazioni.
Ha fondamento nell'art. 1 Cost./TI, che fa del Cantone Ticino una "repubblica
democratica di cultura e lingua italiane" e ancora quindi alla Costituzione il
principio di territorialità della lingua. Gli art. 80 della legge della scuola
e 73 del regolamento perseguono perciò due obiettivi: oltre a promuovere
l'integrazione delle persone di lingua materna diversa da quella ufficiale,
l'imposizione dell'insegnamento in italiano nella scuola dell'obbligo è una
misura di salvaguardia dell'italianità, uno strumento di difesa da contrapporre
al grande numero di residenti di lingua straniera, in particolare di
germanofoni (WILSON, op. cit., pag. 385-387).

8.3 Nel contesto demografico suddetto, le norme scolastiche ticinesi sono
pertanto sorrette da un interesse pubblico intenso, anche se in parte diverso
da quello individuato dal Tribunale cantonale amministrativo. La scuola
dell'obbligo è indubbiamente un vettore importante dell'identità culturale e
linguistica di un territorio (a tal riguardo, cfr. peraltro anche la già citata
DTF 91 I 480 consid. 2 pag. 486 segg.).

8.4 I ricorrenti affermano di avere la nazionalità italiana e svizzera e di
essere di lingua madre italiana e inglese. Precisano di conoscere perfettamente
l'italiano e spiegano che la figlia "in considerazione delle relazioni sociali
proprie e della sua famiglia e delle possibilità di un trasferimento
all'estero, ha la necessità di padroneggiare la lingua inglese"; lingua che è
d'altronde "sempre più importante e fondamentale nel contesto internazionale
globale", come attesterebbe anche il ruolo attribuitole nel concordato HarmoS.
I ricorrenti, quindi, non rivendicano un'identità culturale specifica diversa
da quella italiana, né spiegano in altro modo le origini del loro bilinguismo,
in particolare dell'uso dell'inglese in famiglia. Sui motivi per i quali hanno
deciso che la loro bambina debba essere istruita in questa lingua le loro
argomentazioni sono generiche; alludono infatti, ma senza indicazioni concrete,
alle relazioni sociali della famiglia e all'ipotesi di un trasferimento
all'estero, oltre che all'importanza dell'inglese nella comunicazione
internazionale. I ricorrenti sembrano in definitiva prevalersi del diritto in
sé di usare
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una lingua diversa dall'italiano; considerano infatti che la loro decisione
concernente la scolarizzazione della figlia proceda da una "precisa e libera
scelta che non può essere sindacata dal Tribunale cantonale amministrativo".

8.5 La motivazione surriferita, che sta alla base della scelta dei ricorrenti
di privilegiare l'inglese nell'educazione della figlia, non attesta l'esistenza
di interessi privati tali da mettere in secondo piano le misure predisposte dal
legislatore ticinese nell'ambito scolastico a difesa della lingua italiana. Se
ne deve concludere che, nelle circostanze del caso specifico, l'interesse
pubblico teso alla difesa dell'italianità prevale su quello privato dei
ricorrenti. L'italianità nel Cantone Ticino non è messa in pericolo dai
residenti che parlano inglese ma, posta la necessità di contenere
l'inforestierimento linguistico del quale s'è detto, la lingua ufficiale del
territorio va protetta nei confronti di tutti gli idiomi stranieri. Sarebbe del
resto discutibile, sotto il profilo della parità di trattamento, permettere
l'insegnamento scolastico obbligatorio in talune lingue e non in altre, a
seconda dell'importanza numerica dei residenti che le parlano.