Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 137 V 273



Urteilskopf

137 V 273

29. Estratto della sentenza della II Corte di diritto sociale nella causa
Ufficio dell'assicurazione invalidità del Cantone Ticino contro N. (ricorso in
materia di diritto pubblico)
9C_897/2010 del 1° luglio 2011

Regeste

Art. 17 und 26 Abs. 2 ATSG; Anspruch auf Verzugszinsen im Rahmen des
Revisionsverfahrens.
Es gibt keinen Grund, die Leistung von Verzugszinsen auf Fälle einer
erstmaligen Zusprechung der Invalidenrente zu beschränken und sie für das
Revisionsverfahren auszuschliessen. Die ausgleichende (und präventive) Funktion
von Verzugszinsen kommt auch im letzteren Zusammenhang vollauf zum Tragen (E. 4
und 5).

Sachverhalt ab Seite 274

BGE 137 V 273 S. 274

A. Il 26 agosto 2003 N., nata nel 1954, ausiliaria di pulizia, ha presentato
una domanda di prestazioni AI. Esperiti gli accertamenti del caso, l'Ufficio AI
del Cantone Ticino (UAI) le ha assegnato un quarto di rendita, per un grado
d'invalidità del 41 %, con effetto dal 1° settembre 2006 (decisione su
opposizione del 7 dicembre 2006).
Facendo valere un peggioramento del suo stato di salute e allegando nuova
documentazione medica, il 20 dicembre 2006 l'assicurata ha formulato una
domanda di revisione che l'UAI ha però respinto con decisione del 17 marzo
2008. Adito su ricorso, il Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino,
preso atto della risposta con cui l'amministrazione proponeva la retrocessione
degli atti per complemento istruttorio, ha stralciato dai ruoli la causa
rinviandola all'UAI per l'esecuzione di ulteriori accertamenti medici
(pronuncia del 1° luglio 2008).
Dopo avere incaricato il Servizio X. di allestire una (ulteriore) perizia
pluridisciplinare, l'UAI, per progetto di decisione del 15 ottobre 2009, ha
aumentato, da un quarto a intera, la rendita dell'assicurata dal 1° dicembre
2006, riducendola in seguito a metà dal 1° gennaio 2008. Con osservazioni del
19 novembre 2009 N. ha chiesto tra le altre cose l'assegnazione di interessi di
mora sulle prestazioni arretrate. Mediante decisione del 17 dicembre 2009 l'UAI
ha stabilito l'erogazione di una mezza rendita dal 1° gennaio 2008. Con
separate decisioni dell'8 gennaio 2010 l'UAI ha inoltre fissato l'importo delle
prestazioni arretrate (1° dicembre 2006-31 dicembre 2009). Ritenendo però
possibile l'assegnazione di interessi di mora solo in caso di (prima) nascita
del diritto alle prestazioni, ma non anche in caso di modifica,
l'amministrazione ha respinto la relativa richiesta dell'assicurata.

B. Lamentando la mancata assegnazione di interessi di mora, N. si è nuovamente
aggravata al Tribunale cantonale delle assicurazioni. Per pronuncia del 30
settembre 2010 i giudici cantonali hanno accolto il ricorso e hanno
riconosciuto all'assicurata il diritto a interessi moratori al tasso
d'interesse del 5 % dal 1° dicembre 2008 sino al versamento delle rendite
arretrate.

C. L'UAI ha presentato ricorso in materia di diritto pubblico al Tribunale
federale al quale domanda di annullare la pronuncia cantonale e di confermare
la decisione amministrativa dell'8 gennaio 2010.
N. postula la reiezione del gravame. Interpellato per un avviso, l'Ufficio
federale delle assicurazioni sociali (UFAS) propone da parte sua alcune
considerazioni sulla regolamentazione in materia.
BGE 137 V 273 S. 275

D. Con decreto del 25 gennaio 2011 è stata accolta la domanda di conferimento
dell'effetto sospensivo formulata nel gravame.
Il ricorso è stato respinto.

Erwägungen

Dai considerandi:

2.

2.1 Controverso è il diritto agli interessi di mora sulle prestazioni arretrate
che l'amministrazione ha riconosciuto all'opponente al termine di una procedura
di revisione con la quale ha aumentato il diritto alla rendita, da un quarto a
intera, con effetto dal 1° dicembre 2006, vale a dire dal mese in cui
l'assicurata ha presentato la domanda di revisione (art. 88^bis cpv. 1 lett. a
OAI [RS 831.201]).

2.2 Giusta l'art. 26 cpv. 2 LPGA (RS 830.1), sempre che l'assicurato si sia
pienamente attenuto all'obbligo di collaborare, l'assicurazione sociale deve
interessi di mora sulle sue prestazioni dopo 24 mesi dalla nascita del diritto,
ma al più presto 12 mesi dopo che si è fatto valere il diritto. L'obbligo di
versare interessi di mora giusta l'art. 26 cpv. 2 LPGA comincia per l'insieme
delle prestazioni maturate fino a quel momento 24 mesi dalla nascita del
diritto in quanto tale, e non solo due anni dopo la scadenza di ogni singola
rendita mensile (DTF 133 V 9 consid. 3.6 pag. 13).

3.

3.1 Il Tribunale cantonale ha osservato che con l'emanazione dell'art. 26 cpv.
2 LPGA è stato codificato un obbligo di versamento di interessi di mora per le
prestazioni assicurative in conformità al principio generale altrimenti valido
nel diritto amministrativo secondo il quale i crediti pecuniari di diritto
pubblico sono in linea di massima soggetti ad interesse. Interpretando il
disposto, la giurisprudenza e la dottrina in materia, i giudici di prime cure
hanno rilevato che la limitazione - caldeggiata dall'UAI - dell'assegnazione di
interessi moratori ai soli casi di primo riconoscimento del diritto a
prestazioni, ma non anche di sua modifica, sarebbe contraria allo spirito della
normativa.

3.2 Per l'Ufficio ricorrente, per contro, il testo di legge, nel menzionare la
"nascita del diritto", si riferirebbe solo ai casi di primo riconoscimento del
diritto a prestazioni e non contemplerebbe anche la sua modifica. Reputando per
il resto detto testo del tutto chiaro, rimprovera ai primi giudici di essersi
distanziati senza motivo dal suo tenore letterale e di avere applicato altri
metodi interpretativi.
BGE 137 V 273 S. 276

3.3 Per l'opponente, invece, il tenore letterale della norma lascerebbe spazio
a più interpretazioni possibili e giustificava dunque l'applicazione degli
usuali metodi d'interpretazione. Richiamandosi in particolare alla volontà del
legislatore, così come emerge dai lavori preparatori, e a un avviso espresso in
dottrina, l'assicurata aderisce in pieno alla valutazione della Corte
cantonale.

3.4 Per parte sua, l'UFAS ripercorre l'iter legislativo che ha preceduto la
promulgazione dell'art. 26 cpv. 2 LPGA ed osserva come da esso traspaia la
volontà di limitare temporalmente il versamento degli interessi. Rileva inoltre
l'assenza, nei lavori preparatori, di riferimenti al pagamento di interessi di
mora in caso di ritardo nell'istruzione di procedure di revisione. Da tali
considerazioni l'autorità di vigilanza deduce che il testo di legge sembrerebbe
davvero volersi limitare ai casi di primo riconoscimento di prestazioni.
D'altra parte l'UFAS non scorge validi motivi per operare una distinzione fra
le due fattispecie (primo riconoscimento, da un lato, e modifica in seguito a
revisione, dall'altro).

4.

4.1 Né la pronuncia impugnata né l'Ufficio ricorrente (art. 42 cpv. 2 LTF)
ravvisano minimamente una violazione dell'obbligo di collaborare da parte
dell'opponente. In assenza di chiari indizi di senso contrario, si può pertanto
partire dal presupposto che l'assicurata si sia pienamente attenuta a tale
obbligo e che i (lunghi) tempi d'istruzione della procedura di revisione non le
siano addebitabili (sulle conseguenze di un'eventuale violazione dell'obbligo
di collaborare cfr. in ogni caso UELI KIESER, ATSG-Kommentar, 2^a ed. 2009, n.
29 ad art. 26 LPGA, per il quale, anche se causale per il ritardo, essa non
provoca automaticamente la perenzione del diritto a interessi di mora bensì
solo, ma pur sempre, la sospensione della loro decorrenza). Resta a questo
punto solo da determinare il vero senso della normativa in esame e da
verificare se essa poteva essere interpretata come lo hanno fatto i giudici
cantonali oppure se le si debba attribuire il senso riservatole dall'Ufficio
ricorrente.

4.2 La legge è da interpretare in primo luogo procedendo dalla sua lettera
(interpretazione letterale). Tuttavia, se il testo non è perfettamente chiaro,
se più interpretazioni del medesimo sono possibili, dev'essere ricercata la
vera portata della norma, prendendo in considerazione tutti gli elementi
d'interpretazione, in particolare lo scopo della disposizione, il suo spirito,
nonché i valori su cui essa
BGE 137 V 273 S. 277
prende fondamento (interpretazione teleologica). Pure di rilievo è il senso che
essa assume nel suo contesto (interpretazione sistematica; DTF 135 II 78
consid. 2.2 pag. 81; DTF 135 V 153 consid. 4.1 pag. 157, DTF 131 II 249 consid.
4.1 pag. 252; DTF 134 I 184 consid. 5.1 pag. 193; DTF 134 II 249 consid. 2.3
pag. 252). I lavori preparatori, segnatamente laddove una disposizione non è
chiara oppure si presta a diverse interpretazioni, costituiscono un mezzo
valido per determinarne il senso ed evitare così di incorrere in
interpretazioni erronee (interpretazione storica). Soprattutto nel caso di
disposizioni recenti, la volontà storica dell'autore della norma non può essere
ignorata se ha trovato espressione nel testo oggetto d'interpretazione (DTF 134
V 170 consid. 4.1 pag. 174 con riferimenti). Occorre prendere la decisione
materialmente corretta nel contesto normativo, orientandosi verso un risultato
soddisfacente sotto il profilo della ratio legis. Il Tribunale federale non
privilegia un criterio d'interpretazione in particolare; per accedere al senso
di una norma preferisce, pragmaticamente, ispirarsi a un pluralismo
interpretativo (DTF 135 III 483 consid. 5.1 pag. 486). Se sono possibili più
interpretazioni, dà la preferenza a quella che meglio si concilia con la
Costituzione. In effetti, a meno che il contrario non risulti chiaramente dal
testo o dal senso della disposizione, il Tribunale federale, pur non potendo
esaminare la costituzionalità delle leggi federali (art. 190 Cost.), parte
dall'idea che il legislatore federale non propone soluzioni contrarie alla
Costituzione (DTF 131 II 562 consid. 3.5 pag. 567, DTF 131 II 710 consid. 4.1
pag. 716; DTF 130 II 65 consid. 4.2 pag. 71).

4.3 Contrariamente a quanto invocato anche in questa sede, il testo dell'art.
26 cpv. 2 LPGA non esprime di certo con la necessaria chiarezza il senso che
intende attribuirgli l'insorgente. Esso si limita in effetti ad affermare che
l'assicuratore sociale deve interessi di mora sulle sue prestazioni ("für ihre
Leistungen"; "pour toute créance de prestations d'assurances sociales") dopo 24
mesi dalla nascita del diritto ("Entstehung des Anspruchs"; "naissance du
droit"), ma al più presto 12 mesi dopo che si è fatto valere il diritto. Il
disposto non dice per contro nulla sul fatto che tale pretesa sarebbe
circoscritta ai casi di primo riconoscimento del diritto a prestazioni, mentre
sarebbe esclusa nell'ipotesi di sua successiva modifica a seguito di revisione.
Una simile restrizione si scontra a ben vedere con il tenore letterale della
disposizione in esame, ben esplicitato soprattutto nella sua versione francese,
che sembra estendere il campo applicativo della norma a tutte le prestazioni
arretrate, purché siano state
BGE 137 V 273 S. 278
assegnate al di fuori dei limiti temporali fissati dalla legge (cfr. anche DTF
131 V 358 consid. 2.2 pag. 361; KIESER, op. cit., n. 24 ad art. 26 LPGA).
Inoltre il ricorrente dimentica che anche nel caso di specie, in cui il quarto
di rendita è stato aumentato, per via di revisione, a una rendita intera con
effetto dal 1° dicembre 2006, il diritto alla piena prestazione è in realtà
sorto a tale data. Già solo per queste considerazioni, non potendo il testo
legale essere interpretato con la necessaria certezza nel senso auspicato dal
ricorrente, nulla ostava a che i primi giudici facessero capo anche agli
ulteriori elementi d'interpretazione.

4.4 Il senso e lo scopo dell'art. 26 cpv. 2 LPGA si evincono dai lavori
preparatori (DTF 133 V 9 consid. 3.6 pag. 13). La Commissione della sicurezza
sociale e della sanità (CSS) del Consiglio degli Stati aveva inizialmente
previsto di codificare la giurisprudenza in materia del Tribunale federale
delle assicurazioni che subordinava il diritto a interessi di mora
all'esistenza di un comportamento dilatorio o illecito della parte debitrice
oppure alla sua regolamentazione in una singola legge (FF 1991 II 177 segg.,
pag. 249 ad art. 33 D-LPGA). L'omonima Commissione del Consiglio nazionale
propose al suo posto l'attuale versione di legge che venne poi ripresa senza
particolari discussioni dalle Camere federali (FF 1999 3949 segg. ad art. 33
D-LPGA; BU 2000 CS 180; 1999 CN 1243). Questo cambiamento di orientamento era
motivato dalla constatazione che nel diritto amministrativo (nel quale rientra
il diritto delle assicurazioni sociali) i crediti pecuniari di diritto pubblico
sono di massima soggetti ad interesse e teneva conto delle critiche espresse in
dottrina avverso la prassi giudiziaria in materia (cfr. segnatamente THOMAS
KOLLER, Verzugszinsen bei der verspäteten Ausrichtung von
Sozialversicherungsleistungen - Gibt "Strassburg" den Anstoss für die dringend
notwendige Praxisänderung-, recht 13/1995 pag. 215 seg.). In tal modo si decise
di iscrivere nella LPGA il principio secondo il quale il ritardo nella
fornitura di prestazioni di assicurazioni sociali dà diritto a interessi di
mora (FF 1999 3949 seg. ad art. 33 D-LPGA). Il legislatore ha così voluto, per
ragioni di equità, concedere agli assicurati una sorta di compensazione per le
in parte lunghissime procedure di accertamento del diritto a prestazioni. Nel
contempo però, con il doppio limite temporale di 24 (dalla nascita del diritto)
e 12 mesi (dalla sua rivendicazione), che inizialmente era addirittura stato
fissato in sei mesi e che poi è stato progressivamente aumentato in sede
commissionale per rendere accettabili e
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sopportabili le conseguenze finanziarie che il nuovo sistema avrebbe
inevitabilmente comportato, esso ha moderato le condizioni per il
riconoscimento di interessi di mora. Tant'è che la regolamentazione in esame è
stata qualificata come molto mite (cfr. KIESER, op. cit., n. 17 ad art. 26
LPGA). Con l'adozione del termine di 24 mesi si è voluto garantire
all'assicuratore sociale - e in particolare agli uffici AI che si trovano
spesso confrontati con accertamenti lunghi e complessi - un certo margine di
tempo entro il quale potere tranquillamente eseguire - nel pieno rispetto del
principio inquisitorio (cfr. HANS-ULRICH ZÜRCHER, Verzugszinsen im
Bundesverwaltungsrecht: Unter besonderer Berücksichtigung des
Sozialversicherungsrechts, 1998, pag. 287) - gli accertamenti necessari e
decidere senza preoccuparsi di incorrere in un obbligo di pagare interessi di
mora (BU 2000 CS 180; 1999 CN 1243; DTF 133 V 9 consid. 3.6 pag. 13). Questa
soluzione pondera in maniera equilibrata, da un lato, gli interessi finanziari
delle assicurazioni sociali e, dall'altro, quelli degli assicurati a che le
procedure e il pagamento delle prestazioni avvengano il più celermente
possibile. Con essa si è cercato di contenere entro limiti accettabili i costi
supplementari legati alla riforma (soprattutto) nell'assicurazione per
l'invalidità (BU 2000 CS 180; 1999 CN 1243; cfr. inoltre verbali delle sedute
della CSS del Consiglio degli Stati del 6 settembre 1999 e dell'omonima
Commissione del Consiglio nazionale del 14 gennaio 1999). L'assicurato non
riceve più di quanto gli spetta, ma ottiene la garanzia che la sua prestazione
conserva il suo valore monetario nel caso in cui l'assicurazione accumula
ritardi ingiustificati (verbale della seduta della CSS del Consiglio nazionale
del 14 gennaio 1999). In questo modo gli interessi di mora svolgono al tempo
stesso funzione preventiva e compensatrice (cfr. ZÜRCHER, op. cit., ibidem). La
normativa in discussione costituisce in effetti un incentivo all'accelerazione
delle procedure e dei pagamenti (FF 1999 3950 seg. ad art. 33 D-LPGA; verbale
della seduta della CSS del Consiglio nazionale del 14 gennaio 1999).

4.5 Fatte queste premesse e rilevata l'assenza, nei lavori preparatori, di ogni
appiglio per una diversa trattazione, ai fini dell'obbligo di pagare interessi
di mora, tra primo riconoscimento del diritto a prestazioni e sua successiva
estensione per via di revisione, la valutazione dei primi giudici appare la più
aderente al testo e (soprattutto) alla volontà del legislatore. La funzione
preventiva e compensatrice degli interessi di mora trova piena giustificazione
anche nell'ambito di una procedura di revisione come quella oggetto del
BGE 137 V 273 S. 280
presente ricorso. Una durata di tre anni - e senza che all'assicurato possa
rimproverarsi una violazione del suo obbligo di collaborare - per evadere una
domanda di revisione è eccessiva (cfr. verbale della seduta della CSS del
Consiglio nazionale del 14 gennaio 1999). Essa va pertanto riparata con
l'attribuzione di interessi di mora sulle prestazioni arretrate; i quali
interessi, giova precisare, non hanno funzione penale essendo dovuti
indipendentemente da una colpa degli organi esecutivi dell'AI, ma servono
esclusivamente a compensare il danno che il ritardato pagamento delle
prestazioni e la loro svalutazione provocano all'assicurato (KIESER, op. cit.,
n. 30 ad art. 26 LPGA; KOLLER, op. cit., pag. 216; MARIO CHRISTOFFEL,
Spezifische Fragen, in: Praktische Anwendungsfragen des ATSG, Schaffhauser/
Kieser [ed.], 2004, pag. 154).

4.6 Nulla muta pertanto la circostanza - peraltro nemmeno invocata dall'UAI -
che a ritardare la procedura di revisione avrebbe contribuito nel caso di
specie la decisione di stralcio e di rinvio, per complemento istruttorio, 1°
luglio 2008 del Tribunale cantonale delle assicurazioni. A prescindere dal
fatto che tale rinvio fu comunque proposto dagli stessi organi amministrativi,
si ricorda che l'assicuratore sociale - in ragione proprio della funzione
compensatrice e non penale degli interessi di mora - deve comunque rispondere
anche di questi ritardi legati alla verifica giudiziaria, a condizione
ovviamente che l'assicurato non abbia leso l'obbligo di collaborare (KIESER,
op. cit., n. 30 ad art. 26 LPGA; cfr. pure DTF 131 V 358 consid. 2.2 pag. 361).

4.7 A ciò si aggiunge che l'interpretazione sostenuta dalla Corte cantonale -
ma anche dalla dottrina, per quanto è dato modo di vedere e nella limitata
misura in cui essa si esprime sul tema (v. KIESER, op. cit., n. 48 ad art. 26
LPGA) - meglio si concilia con la Costituzione e in particolare con il
principio della parità di trattamento (art. 8 Cost.). Come osserva del resto a
ragione pure l'autorità di vigilanza, non sussistono validi motivi per operare
una distinzione fra le due fattispecie e per negare - in assenza di violazione
dell'obbligo di collaborare - l'assegnazione di interessi di mora
all'assicurato che si vede aumentare, in via di revisione e per un periodo
retroattivo superiore ai 24 mesi, il diritto alle sue prestazioni. In entrambi
i casi si tratta infatti di ristabilire, attraverso il riconoscimento di
interessi di mora, la parità con quei beneficiari di prestazioni che (spesso
solo per ragioni contingenti) entrano per tempo in possesso delle loro
prestazioni (KOLLER, op. cit., pag. 216).
BGE 137 V 273 S. 281

5. Per il resto, il Tribunale cantonale ha correttamente accertato che poiché
erano ampiamente trascorsi sia i 24 mesi dalla nascita (il 1° dicembre 2006)
del diritto alla rendita intera sia i 12 mesi dalla domanda di revisione
(presentata il 20 dicembre 2006), l'assicurata poteva pretendere il pagamento
di interessi di mora al tasso del 5 % dal 1° dicembre 2008 (ovvero trascorsi 24
mesi dalla nascita del diritto alla rendita intera) e ciò sino ad avvenuto
versamento delle prestazioni arretrate. In tali condizioni, il ricorso va
disatteso e la pronuncia impugnata confermata. Va da sé che spetta ora all'UAI
calcolare gli interessi dovuti conformemente ai precetti legali (art. 7 OPGA
[RS 830.11]; cfr. inoltre VSI 2003 pag. 47). Il Tribunale federale si limita ad
osservare che gli interessi andranno calcolati unicamente su tre quarti di
rendita, ovvero solo sulla parte corrispondente alla differenza tra la rendita
intera riconosciuta con effetto retroattivo l'8 gennaio 2010 e il quarto di
rendita già assegnato e versato in seguito alla decisione su opposizione del 7
dicembre 2006. In tale contesto l'amministrazione potrà, se del caso, ancora
esaminare - come sembra proporre l'UFAS - se gli arretrati di rendita debbano
essere versati direttamente all'assicurata oppure nelle mani di un terzo in
virtù di un anticipo prestato. Solo in quest'ultima ipotesi - per la quale le
tavole processuali non forniscono però alcun indizio - il diritto ad interessi
di mora potrebbe eventualmente essere rimesso in discussione (art. 26 cpv. 4
LPGA).