Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 137 IV 13



Urteilskopf

137 IV 13

3. Estratto della sentenza della I Corte di diritto pubblico nella causa A.
contro Giudice dei provvedimenti coercitivi e Ministero pubblico del Cantone
Ticino (ricorso in materia penale)
1B_25/2011 del 14 marzo 2011

Regeste

Art. 221 Abs. 1 lit. c StPO; Haftverlängerung wegen Wiederholungsgefahr.
Ein psychiatrisches Gutachten diagnostiziert beim Beschwerdeführer, der das
Bestehen eines dringenden und konkreten Tatverdachts gegen ihn betreffend eines
Tötungsdeliktes einräumt, eine psychische Störung mit gravierenden dissozialen
Persönlichkeitsstrukturen, welche nur mit einer langfristigen Psychotherapie
behandelbar sei, der er sich widersetzt. Zudem besteht eine massive und
ernsthafte Wiederholungsgefahr, indem die Freilassung des Beschwerdeführers mit
erheblichen konkreten Risiken für die öffentliche Sicherheit verbunden wäre (E.
2). Aus einer systematisch-teleologischen Auslegung von Art. 221 Abs. 1 lit. c
StPO ergibt sich, dass es - selbst bei Fehlen von früheren gleichartigen
Straftaten - nicht in der Absicht des Gesetzgebers lag, mögliche Opfer von
weiteren Gewaltdelikten derartigen Risiken auszusetzen. Angesichts der
Besonderheiten des beurteilten Falles erscheint die Sicherheit anderer hier
nicht weniger gefährdet als im Falle der Drohung einer Person, sie werde ein
schweres Verbrechen ausführen, im Sinne von Art. 221 Abs. 2 StPO. Die
Haftverlängerung erweist sich daher als rechtmässig (E. 3 und 4).

Sachverhalt ab Seite 14

BGE 137 IV 13 S. 14

A. A. è stato arrestato l'11 maggio 2010, siccome accusato d'essere il
responsabile della morte di B. avvenuta presso un'area di sosta
dell'autostrada. Egli, sentitosi offeso e oltraggiato dalle provocazioni di
stampo omosessuale della vittima, l'avrebbe colpita con una gomitata e, caduta
questa per terra, due volte con un piede. Una prima richiesta del Procuratore
pubblico (PP) di proroga del carcere preventivo fino all'11 gennaio 2011 è
stata confermata il 6 dicembre 2010 dalla Corte cantonale.
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B. Il 10 gennaio 2011 il Giudice dei provvedimenti coercitivi (GPC) ha accolto
un'ulteriore domanda di proroga fino all'11 febbraio 2011. Ammessa l'esistenza
di gravi indizi di reato, ha rilevato che scopo della carcerazione preventiva
per pericolo di recidiva, di cui all'art. 221 cpv. 1 lett. c del Codice di
diritto processuale penale svizzero del 5 ottobre 2007 (CPP; RS 312.0), entrato
in vigore il 1° gennaio 2011, è la tutela della sicurezza pubblica, finalità
che si realizzerebbe in presenza di una prognosi di recidiva infausta,
attestata in concreto da una perizia psichiatrica.

C. Il 31 gennaio 2011, la Corte dei reclami penali del Tribunale d'appello del
Cantone Ticino (CRP) ha respinto un ricorso dell'interessato. Ha ritenuto che
scopo della citata norma è la prevenzione dei reati, in relazione alla tutela
dei diritti fondamentali di altre persone.

D. Avverso questa decisione A. presenta un ricorso in materia penale al
Tribunale federale. Chiede di annullarla, di respingere l'istanza di proroga
del carcere preventivo e d'essere posto in libertà provvisoria.

E. La CRP rinvia alla propria decisione mentre il GPC propone di respingere il
ricorso. Con osservazioni del 15 febbraio 2011, il ricorrente si conferma nelle
proprie tesi.
Il Tribunale federale ha respinto il ricorso.
(riassunto)

Erwägungen

Dai considerandi:

2.

2.1 (...) Il ricorrente adduce l'assenza di un interesse pubblico alla
criticata misura poiché l'asserito limitato pericolo di recidiva attestato
nella perizia giudiziaria non sarebbe sufficiente a giustificarla. Fa valere
inoltre una violazione del principio di legalità e della separazione dei
poteri, per avere la CRP interpretato la norma litigiosa in preteso contrasto
con la volontà del legislatore. Ravvisa infine una lesione del principio della
proporzionalità a causa della mancata adozione di misure sostitutive della
carcerazione.

2.2 Riguardo al contestato pericolo di recidiva, nella perizia psichiatrica del
4 ottobre 2010 e nel verbale di delucidazione del 7 dicembre seguente si
afferma che il ricorrente, sia al momento dei fatti sia attualmente, sarebbe
affetto da una turba psichica nell'ambito di un disturbo della personalità di
tipo narcisistico, con gravi tratti antisociali (ICD 10, F 60.8 della scala
diagnostica). Secondo il perito,
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che fornisce due spiegazioni diverse (versione A, fondata sulle dichiarazioni
del ricorrente, ossia reato perpetrato in preda a un "raptus"; versione B,
frutto di un'ipotesi della psichiatra, secondo la quale egli avrebbe raggiunto
il luogo del delitto dietro un preciso disegno volto a cercare la vittima
probabilmente per chiarire e puntualizzare la sua non-omosessualità), il reato
troverebbe la sua spiegazione in una problematica narcisistica, con
un'omosessualità che il ricorrente non potrebbe ammettere coscientemente.
Questa turba sarebbe permanente e di lunga durata, aggravata da tratti
antisociali e di difficile cura. Per guarirla sarebbe necessario un trattamento
psicoterapico a lungo termine, effettuato da un terapeuta esperto, che tuttavia
non può essere imposto contro la volontà del ricorrente: questi non aveva
espresso l'accordo a sottoporsi a una siffatta terapia. Nella delucidazione
orale della perizia, l'esperto sostiene che senza il citato lungo trattamento
il ricorrente rimane a rischio di recidiva. In relazione a questo pericolo, il
perito rileva poi che il reato è avvenuto in una particolare e precisa
situazione a sfondo sessuale: la possibilità di commettere un nuovo reato
sarebbe strettamente inerente a questo ambito finché l'omosessualità viene
risentita come dissintona, quindi per lui non accettabile. Ne ha concluso di
non ritenere che "al di fuori di questa particolare situazione che si è venuta
a configurare (...) il peritando sia a rischio di commettere reati", precisando
che "al momento attuale il rischio di commettere nuovi reati dello stesso tipo
è legato alle particolari circostanze in cui sarebbe stato commesso il reato ed
inerente la sfera sessuale". Anche tenuto conto delle parziali e generiche
critiche appellatorie mosse al referto peritale (art. 42 cpv. 2 LTF; DTF 136 II
304 consid. 2.4 e 2.5; sentenza 6B_202/2010 del 31 maggio 2010 consid. 2.3, non
pubblicato in DTF 136 IV 117; DTF 134 I 140 consid. 5.4), che non ne dimostrano
l'insostenibilità, spetterà in definitiva al giudice del merito valutarne
compiutamente la portata.

2.3 Il litigio verte, oltre che sulla mancata adozione di misure sostitutive
alla carcerazione, sostanzialmente sull'applicazione dell'art. 221 CPP, dal
tenore seguente:
"^1 La carcerazione preventiva o di sicurezza è ammissibile soltanto quando
l'imputato è gravemente indiziato di un crimine o un delitto e vi è seriamente
motivo da temere che:
a. si sottragga con la fuga al procedimento penale o alla prevedibile sanzione;
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b. influenzi persone o inquini mezzi di prova, compromettendo in tal modo
l'accertamento della verità; o
c. minacci seriamente la sicurezza altrui commettendo gravi crimini o delitti,
dopo aver già commesso in precedenza reati analoghi.
^2 La carcerazione è pure ammissibile se vi è seriamente da temere che chi ha
proferito la minaccia di commettere un grave crimine lo compia effettivamente."

2.4 Il ricorrente non contesta, ritenendola pacifica e ammessa, la sussistenza
di gravi e seri indizi di colpevolezza. Né in concreto si è in presenza del
pericolo di fuga e di collusione o di inquinamento di mezzi di prova. Litigiosa
è unicamente l'interpretazione del pericolo di recidiva ai sensi dell'art. 221
cpv. 1 lett. c CPP.

2.5 A sostegno del mantenimento della carcerazione, il PP, fondandosi sulla
perizia psichiatrica e sul relativo verbale di delucidazione, ha addotto il
pericolo di recidiva, suffragato da una prognosi infausta e dalla gravità dei
crimini, dei quali si teme la commissione futura. Nella decisione di proroga
del 10 gennaio 2011, il GPC ha ritenuto che, al di là di un'interpretazione
letterale della norma, il pericolo di recidiva, anche in assenza di reati
analoghi commessi in precedenza, può fondarsi su un elemento di prova
oggettivo, quale una perizia psichiatrica che concluda per un siffatto pericolo
e sulla pericolosità del prevenuto.

2.6 Riguardo al pericolo di recidiva, la CRP, circa la relativa concretezza, ha
rimandato alla precedente sentenza confermandone l'esistenza. Ha invece
ritenuto che, sotto il profilo giuridico, la situazione è mutata con l'entrata
in vigore del CPP. Al riguardo, essa ha constatato che il testo legale non è
perfettamente chiaro, per cui la sua interpretazione non può limitarsi solo a
quella letterale. Ha rilevato che dai lavori preparatori risulta che lo scopo
della norma litigiosa è la prevenzione, ossia un motivo di carcerazione non
propriamente procedurale, bensì una misura preventiva e coercitiva di polizia
(Dipartimento federale di giustizia e polizia, Rapporto esplicativo concernente
il Codice di procedura penale svizzero, 2001, pag. 157). Insistendo sulla
finalità della norma, essa ha dedotto che un'interpretazione eccessivamente
restrittiva e rigida della condizione relativa ai reati anteriori, come quella
deducibile dall'interpretazione storica, può quindi contraddire la finalità e
lo scopo stessi perseguiti dall'art. 221 cpv. 1 lett. c CPP e comportare
risultati manifestamente insostenibili, in evidente contrasto con la volontà
del legislatore. Del resto, nei casi di reati violenti, la recidiva sarebbe
spesso
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dedotta più da valutazioni peritali che non da precedenti analoghi. La CRP ha
quindi privilegiato un'interpretazione logica e teleologica della norma
rispetto a quella meramente letterale e storica.
Nell'ottica dello scopo di prevenzione perseguito dalla norma in discussione,
la CRP ha poi ricordato che la recente casistica dimostrerebbe che simili
situazioni (di disturbi psichici all'origine di reati gravi e di seri rischi di
recidiva) sarebbero sempre più frequenti. Ne ha concluso, premessa l'esistenza
di pesanti indizi di un grave crimine o delitto, che in presenza di disturbi
psichici e di un pericolo di recidiva accertati da una perizia giudiziaria,
quest'ultima può sostituire l'esigenza della commissione in precedenza di reati
analoghi.

3.

3.1 Per interpretare una norma di legge ci si riferisce in primo luogo al suo
tenore letterale. Secondo la giurisprudenza, ci si discosta dal senso letterale
di un testo chiaro, facendo capo all'interpretazione, solamente qualora delle
ragioni obiettive inducano a ritenere ch'esso non restituisce il vero
significato della disposizione in esame. Simili ragioni possono risultare dai
lavori preparatori, dallo scopo e dal senso della disposizione legale, così
come dalla sistematica della legge. Se il testo di una norma non appare invece
completamente chiaro o si presta a diverse possibili interpretazioni, la sua
portata viene allora determinata tenendo conto dei lavori preparatori
(interpretazione storica), del suo senso e scopo (interpretazione teleologica),
nonché della sua relazione con altri disposti (interpretazione sistematica). Il
Tribunale federale non privilegia un criterio d'interpretazione in particolare:
per accedere al senso di una norma preferisce, pragmaticamente, ispirarsi a un
pluralismo interpretativo (DTF 135 II 243 consid. 4.1; DTF 135 III 483 consid.
5.1).

3.2 L'art. 212 CPP enuncia il principio, statuito dall'art. 9 n. 3 secondo
periodo Patto ONU II (RS 0.103.2), secondo cui, pur non parlando di recidiva,
la privazione della libertà costituisce l'eccezione, l'imputato restando di
massima in stato di libertà durante il procedimento giudiziario (messaggio del
21 dicembre 2005 concernente l'unificazione del diritto processuale penale, FF
2006 1126 ad art. 210). Nel contesto della recidività, per evitare che siano
poste in carcerazione preventiva persone sulla base di supposizioni poco
fondate, l'art. 221 CPP prevede le citate limitazioni.

3.3 Nel rapporto della Commissione esperti "Aus 29 mach 1", del 1997, non si
prevedevano condizioni particolari per la fattispecie
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della recidiva (Bericht der Expertenkommission "Vereinheitlichung des
Strafprozessrechts", pag. 111), mentre il rapporto esplicativo, richiamato come
il CPP debba limitarsi a disciplinare in modo alquanto generale gli strumenti
procedurali e in particolare le misure coercitive (pag. 145), rileva che, non
trattandosi in linea di principio di un motivo di carcerazione propriamente
procedurale, bensì di una misura preventiva e coercitiva di polizia, si rendono
necessarie restrizioni legali.

3.4 Nel messaggio al CPP si ricorda che non tutti ma una gran parte dei codici
processuali penali menzionano, seppure in forme diverse, il pericolo di
recidiva quale motivo di carcerazione, se giustificato da due ragioni. La
prima, se esso contribuisce a permettere la sollecita conclusione di un
procedimento pendente, impedendo che l'imputato differisca o renda impossibile
la fine del procedimento commettendo sempre nuovi atti di delinquenza. La
seconda, che interessa nel caso di specie, se può servire soltanto per
prevenire pericoli. In questo senso si tratta però di un provvedimento
coercitivo di sicurezza di polizia. Secondo il messaggio, poiché il capoverso 1
lett. c dell'art. 221 CPP non esige che l'imputato abbia commesso un reato
mentre era pendente il procedimento, il pericolo di recidiva, quale motivo di
carcerazione, va inteso in questo secondo senso, ossia siccome teso a prevenire
pericoli futuri (pag. 1132 ad art. 220). Durante i dibattiti commissionali la
norma litigiosa, che del resto a quel momento non trovava più riscontro in
alcun codice di procedura penale cantonale, in sostanza non è stata oggetto di
discussioni, se non per la definizione di "gravi crimini o delitti". Come
rettamente rilevato dalle istanze cantonali, la dottrina non si esprime
specificatamente sul tema litigioso, insistendo semmai sulla necessità e sul
numero dei reati commessi in precedenza.

4.

4.1 Questa prevenzione speciale contro la commissione di reati, ritenuta dalla
dottrina quale motivo principale della carcerazione ai sensi dell'art. 221 CPP,
è espressamente prevista e ammessa quale motivo di carcerazione anche dall'art.
5 n. 1 lett. c CEDU, secondo cui la privazione della libertà è ammissibile
quando vi sono ragioni plausibili per sospettare che l'interessato abbia
commesso un reato o ci sono motivi fondati per ritenere necessario di
impedirgli di commetterlo, pur ricordato che una siffatta ipotesi dev'essere
ammessa con ritegno e la carcerazione ordinata e mantenuta soltanto quale
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"ultima ratio" (DTF 123 I 268 consid. 2c). Giova ricordare che la CEDU non
esige la commissione, in precedenza, di reati analoghi.

4.2 In concreto si è in presenza di due differenti beni giuridici da
proteggere: da una parte, la libertà personale del carcerato in attesa di
giudizio e, dall'altra, la sicurezza pubblica e quindi i diritti fondamentali
di terzi. Come visto, secondo il messaggio, il pericolo di recidiva dell'art.
221 cpv. 1 lett. c CPP ha lo scopo di prevenire pericoli e costituisce un
provvedimento coercitivo di sicurezza. Nemmeno l'art. 5 n. 1 lett. c CEDU esige
ulteriori presupposti per giustificare la privazione della libertà, quando vi
sono motivi fondati, seri e concreti per ritenere necessario di impedire
all'interessato di commettere un reato, decisivo essendo il criterio della
sicurezza pubblica.

4.3 In effetti, la sicurezza pubblica non è meno compromessa dal pericolo serio
e concreto che un imputato gravemente indiziato di un crimine o un delitto
minacci seriamente la sicurezza altrui commettendone altri, pericolo derivante
nel caso di specie dal comportamento e dall'accertata turba psichica del
ricorrente, che quando vi è seriamente da temere che chi ha proferito la
minaccia di commettere un grave crimine lo compia poi effettivamente, come
previsto dall'art. 221 cpv. 2 CPP. Dalla perizia psichiatrica, dal relativo
verbale di delucidazione e dagli accertamenti operati dalla Corte cantonale
risulta infatti chiaramente che, nel caso di specie, la messa in libertà del
ricorrente costituirebbe una minaccia grave, seria e concreta per la sicurezza
pubblica. Ora, dall'interpretazione sistematica e teleologica dell'art. 221
cpv. 1 lett. c CPP in relazione al suo cpv. 2, risulta la volontà del
legislatore, precisata nel messaggio, di tutelare in casi particolarmente gravi
la sicurezza altrui prevenendo pericoli seri e concreti.

4.4 Nel caso in esame, ricordati la situazione personale del ricorrente e il
suo rifiuto di sottoporsi al necessario citato trattamento psicoterapico di
lunga durata, si è in presenza di un pericolo potenziale particolarmente
intenso, grave e realistico, non altrimenti evitabile, se non con la
carcerazione. Egli stesso ha ammesso la sussistenza di gravi e seri indizi di
colpevolezza; si è inoltre in presenza di un crimine grave, in relazione al
quale la perizia conclude in determinate condizioni per un chiaro pericolo di
recidiva. Considerate le specificità di questo caso, appare manifesto che il
legislatore non intendesse, in siffatte circostanze, esporre a un serio
pericolo la sicurezza di altre persone. Decidere in senso contrario, tenuto
conto
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della situazione psichica dell'imputato, della sua imprevedibilità o
aggressività, significherebbe esporre a un rischio irresponsabile le vittime
potenziali di nuovi, gravi atti di violenza (cfr. DTF 123 I 268 consid. 2d pag.
271). In concreto decisiva è quindi la circostanza che la sicurezza altrui non
è meno minacciata in questo specifico caso che in quello previsto dalla
fattispecie dell'art. 221 cpv. 2 CPP.
Infine, sempre per quanto riguarda il caso di specie, il principio della
celerità del procedimento penale è rispettato, l'atto di accusa per omicidio
intenzionale (art. 111 CP) è già stato emanato e la carcerazione, che perdura
da dieci mesi, non appare sproporzionata rispetto alla presumibile pena (DTF
133 I 270 consid. 3.4.2 pag. 281).

4.5 Ne segue che nella fattispecie le autorità cantonali non hanno violato i
diritti costituzionali del ricorrente, la criticata carcerazione essendo
giustificata dall'interesse pubblico e dalla protezione dei diritti
fondamentali altrui (art. 36 cpv. 2 Cost.). Ciò non vuole dire che l'art. 221
cpv. 1 lett. c CPP possa indiscriminatamente essere applicato anche in assenza
di reati pregressi, ma lo può essere solo con grande ritegno, in presenza di
gravi crimini o delitti e di un pericolo serio e concreto per le potenziali
vittime. Spetterà alla giurisprudenza delimitarne, di caso in caso, con
particolare circospezione la sua applicazione, tenendo conto delle specificità
delle singole, differenti fattispecie.