Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 134 IV 307



Urteilskopf

134 IV 307

31. Estratto della sentenza della Corte di diritto penale nella causa A. contro
C.E. e Ministero pubblico del Cantone Ticino (ricorso in materia penale)
6B_249/2008 del 12 settembre 2008

Regeste

Art. 305ter Abs. 1 und Art. 97 f. StGB, Art. 3-5 GwG; mangelnde Sorgfalt bei
Finanzgeschäften, Verjährung. Die Pflicht zur Identifizierung der
Vertragspartei entsteht mit der Aufnahme der Geschäftsbeziehung und dauert bis
zu ihrer Beendigung an. Der Finanzintermediär, der im Rahmen einer dauerhaften
Geschäftsbeziehung Geschäftsführungshandlungen tätigt, ohne die Identität des
wirtschaftlich Berechtigten festzustellen, handelt andauernd rechtswidrig. In
diesem Fall stellt die mangelnde Sorgfalt bei Finanzgeschäften ein Dauerdelikt
dar. Die Verjährung beginnt daher an dem Tag zu laufen, an dem die
Geschäftsbeziehung aufhört und damit die diesbezügliche Pflicht zur
Identifizierung nicht mehr besteht oder an welchem der Finanzintermediär der
rechtswidrigen Situation durch Feststellung der Identität des an den
verwalteten Vermögenswerten wirtschaftlich Berechtigten ein Ende gesetzt hat
(E. 2.4).

Sachverhalt ab Seite 308

BGE 134 IV 307 S. 308

A. Il 21 maggio 2007, il Procuratore pubblico del Cantone Ticino emanava un
decreto d'accusa nei confronti di A. Questi veniva ritenuto autore colpevole di
ripetuta carente diligenza in operazioni finanziarie per avere, nel periodo
1992-2003, a Lugano, agendo a titolo professionale, accettato, aiutato a
collocare e/o a trasferire valori patrimoniali altrui senza accertare, con la
diligenza richiesta dalle circostanze, l'identità dell'avente economicamente
diritto, segnatamente per avere aperto e mantenuto in essere tre relazioni
presso diversi istituti bancari - l'allora banca X. di Lugano e la banca Y. -
omettendo di accertare l'identità del reale avente economicamente diritto,
ovvero sottoscrivendo i formulari A indicandovi, contrariamente al vero, C.
(relazioni n. r intestata alla R. Ltd, Panama, e n. s intestata alla S. Ltd,
Dublino) e D. (relazione n. t intestata alla T. Ltd, Dublino) quali aventi
diritto economico e tralasciando anche in seguito di modificare tale errata
indicazione.
BGE 134 IV 307 S. 309
Con il medesimo decreto d'accusa il Procuratore pubblico riteneva A. autore
colpevole anche di dichiarazione falsa di una parte in giudizio per avere, il
24 ottobre 2000, a Lugano, dopo essere stato avvertito dal giudice dell'obbligo
di dire la verità e delle conseguenze penali in cui poteva incorrere,
dichiarato il falso quale parte in una causa civile su fatti della
contestazione che costituisce un mezzo di prova, e meglio per avere in qualità
di convenuto nell'ambito di una causa civile di rendiconto pendente dinanzi
alla Pretura del Distretto di Lugano, sezione 1, dichiarato contrariamente al
vero di non avere "mai detenuto beni del prof. B.E., questo neppure
indirettamente tramite società di cui egli era avente diritto economico",
mentre in realtà egli era o era stato procuratore generale di diverse società,
riconducibili economicamente al Gruppo E. ovvero a B.E., e/o avente diritto di
firma sulle relazioni bancarie a loro intestate.
In applicazione della pena, il Procuratore pubblico proponeva la condanna di A.
alla pena pecuniaria di fr. 16'200.-, pari a 90 aliquote di fr. 180.- l'una,
sospesa condizionalmente per un periodo di prova di due anni, e alla multa di
fr. 1'000.- commutabile in una pena detentiva di 10 giorni in caso di mancato
pagamento. C.E. veniva rinviata al competente foro per le pretese di natura
civile.

B. Statuendo sull'opposizione di A. contro il suddetto decreto d'accusa, il 17
ottobre 2007, il Presidente della Pretura penale confermava le imputazioni a
carico dell'accusato e lo condannava alla pena pecuniaria di 75 aliquote
giornaliere di fr. 190.-, per un totale di fr. 14'250.-, sospesa
condizionalmente per un periodo di due anni nonché alla multa di fr. 1'000.-
commutabile in una pena detentiva sostitutiva di 10 giorni in caso di mancato
pagamento. A. veniva inoltre condannato a pagare alla parte civile C.E. fr.
4'000.- a titolo di ripetibili. Quest'ultima veniva rinviata al competente foro
civile per eventuali ulteriori pretese di corrispondente natura.

C. Con sentenza del 5 marzo 2008, la Corte di cassazione e di revisione penale
del Tribunale d'appello (CCRP) respingeva, per quanto ammissibile, il ricorso
per cassazione presentato dal condannato.

D. Avverso questa sentenza A. insorge al Tribunale federale con ricorso in
materia penale. In via principale, postula la riforma del giudizio dell'ultima
istanza cantonale nel senso che egli è prosciolto dai reati di cui agli art.
305^ter e 306 CP, subordinatamente dall'accusa di carente diligenza per le
operazioni finanziarie antecedenti il 17 ottobre 2000; domanda inoltre che
venga annullata la condanna al
BGE 134 IV 307 S. 310
versamento di indennità di patrocinio a favore di C.E. In via subordinata,
chiede l'annullamento della sentenza impugnata.

Auszug aus den Erwägungen:

Dai considerandi:

2. Sul piano del diritto materiale, il ricorrente lamenta la violazione
dell'art. 305^ter CP. La carente diligenza in operazioni finanziarie non
sarebbe un reato di omissione, bensì un'infrazione per commissione. Egli rileva
di essere stato condannato non solo per aver accertato in modo insufficiente
oppure errato l'identità dell'avente economicamente diritto al momento
dell'apertura dei conti, ma anche per aver omesso di rettificare
rispettivamente correggere le indicazioni da lui fornite agli istituti bancari.
Trattandosi di un'infrazione per commissione, con particolare riguardo alla
questione della prescrizione, il reato ex art. 305^ter CP sarebbe un reato
istantaneo e non, come erroneamente ritenuto nella sentenza contrastata, un
reato permanente.

2.1 Secondo la giurisprudenza, la carente diligenza in operazioni finanziarie è
un reato di pericolo. Il comportamento incriminato consiste nell'effettuare
operazioni finanziarie senza accertarsi dell'identità dell'avente
economicamente diritto, malgrado particolari indizi inducano a ritenere che la
controparte non corrisponde all'avente economicamente diritto dei valori
patrimoniali. La violazione del dovere di identificazione è sufficiente. Non è
per contro di rilievo sapere se l'avente economicamente diritto abbia acquisito
in modo penalmente riprensibile i valori patrimoniali. L'art. 305^ter CP
reprime un reato per commissione. Il fulcro del comportamento incriminato
consiste nel concludere affari, attività il cui esercizio a titolo
professionale permette di qualificare colui che agisce come autore
dell'infrazione, quando omette di accertare l'identità dell'avente
economicamente diritto con la diligenza richiesta dalle circostanze. Una
commissione per omissione è possibile nella misura in cui l'autore assume una
posizione di garante (DTF 125 IV 139 consid. 3b).

2.2 Nel caso specifico, a A. non è stato rimproverato esclusivamente di essersi
astenuto dall'agire laddove era tenuto a farlo. I fatti imputatigli
consistevano infatti non solo nella mancata corretta identificazione
dell'avente economicamente diritto, bensì pure in operazioni di gestione delle
tre relazioni bancarie in parola, ossia nella loro apertura e nel loro
mantenimento in essere. Così com'è formulata la critica cade quindi nel vuoto.
In realtà, la censura del ricorrente riguarda un'altra questione - determinante
per la prescrizione dell'azione penale
BGE 134 IV 307 S. 311
- ovvero quella di sapere se la fattispecie dell'art. 305^ter CP costituisce un
reato permanente, segnatamente se l'obbligo di rettificare le informazioni
perduri sino alla fine delle relazioni d'affari, come ritenuto in sede
cantonale.

2.3 Contrariamente a quanto sostenuto nel gravame, l'enumerazione delle
operazioni finanziarie contenuta nell'art. 305^ter CP (accettare, prendere in
custodia, aiutare a collocare o a trasferire valori patrimoniali) non è
esaustiva. Conformemente all'opinione della dottrina maggioritaria, si tratta
piuttosto della descrizione di atti caratterizzanti l'attività di intermediario
finanziario volta più a individuare l'autore anziché il suo comportamento (tra
gli altri: STEFAN TRECHSEL, Schweizerisches Strafgesetzbuch, Kurzkommentar, 2^a
ed., Zurigo 1997, n. 3 ad art. 305^ter CP; MARK PIETH, Strafrecht II,
commentario basilese, 2^a ed., n. 8 ad art. 305^ter CP; NIKLAUS SCHMID,
Einziehung, Organisiertes Verbrechen, Geldwäscherei, Kommentar, vol. II, Zurigo
2002, § 6, n. 69 ad art. 305^ter CP; URSULA CASSANI, Commentaire du droit pénal
suisse, vol. 9, Berna 1996, n. 14 ad art. 305^ter CP; nello stesso senso anche
DTF 125 IV 139 consid. 3b che stabilisce un nesso tra l'attività volta a
concludere affari e la qualità di autore dell'infrazione "Der Schwerpunkt des
Tatbestandes liegt bei den Tätigkeiten des Geschäftsabschlusses, deren
berufsmässige Vornahme den Handelnden als Täter qualifizieren [...]" nonché DTF
129 IV 338 consid. 2.3). Non è pertanto necessario determinare con precisione e
qualificare ciascun atto di gestione come se ognuno di questi facesse decorrere
un termine di prescrizione.

2.4 Non è possibile seguire il ricorrente neppure laddove sostiene che, in
quanto reato per commissione, la carente diligenza in operazioni finanziarie
sia un'infrazione istantanea definitivamente ed esclusivamente consumata al
momento della conclusione della relazione contrattuale. A prescindere dal fatto
che quest'opinione non trova alcun riscontro nella dottrina, gli autori che si
chinano su questo aspetto propendono a ritenere la fattispecie dell'art. 305^
ter CP un reato permanente: l'infrazione comincia con l'inizio del rapporto
d'affari e termina, al più tardi, alla fine dello stesso o nel momento in cui
l'intermediario finanziario assolve al proprio dovere di identificazione (v.
MARLÈNE KISTLER, La vigilance requise en matière d'opérations financières, tesi
Losanna 1994, pag. 171, per cui però l'art. 305^ter CP sanziona un reato di
omissione; NIKLAUS SCHMID, op. cit., § 6, n. 47, n. 259 ad art. 305^ter CP, per
cui la carente diligenza in operazioni finanziare è - anche - un reato
permanente). Sebbene non
BGE 134 IV 307 S. 312
pronunciandosi espressamente sulla prescrizione, taluni autori sostengono che
l'infrazione è consumata dall'atto di gestione (BERNARD CORBOZ, Les infractions
en droit suisse, vol. II, Berna 2002, n. 6 ad art. 305^ter CP; STEFAN TRECHSEL,
op. cit., n. 7 ad art. 305^ter CP). Questa opinione è senz'altro condivisibile.
Difatti, l'art. 305^ter CP, quale reato per commissione, punisce
l'intermediario finanziario che compie atti di gestione su valori patrimoniali
di cui non ha identificato l'avente economicamente diritto con la diligenza
richiesta dalle circostanze. La questione di sapere se si tratta di
un'infrazione istantanea o permanente dev'essere quindi risolta alla luce
dell'atto di gestione che l'intermediario finanziario è chiamato a fornire. La
legge federale del 10 ottobre 1997 relativa alla lotta contro il riciclaggio di
denaro nel settore finanziario (legge sul riciclaggio di denaro, LRD; RS
955.0), che disciplina la diligenza richiesta in materia di operazioni
finanziarie (cfr. art. 1 LRD), opera un distinguo tra relazioni e operazioni.
Nella prima ipotesi, essa impone all'intermediario finanziario di procedere
all'identificazione della controparte e dell'avente economicamente diritto al
momento dell'avvio della relazione d'affari (art. 3 unitamente all'art. 4 LRD).
Se nel corso della relazione d'affari sorgono dubbi in merito all'identità
della controparte o dell'avente economicamente diritto, egli deve procedere
nuovamente a un'identificazione o un accertamento conformemente agli art. 3 e 4
LRD (art. 5 cpv. 1 LRD). L'obbligo di identificazione sorge dunque con la
conclusione di una relazione d'affari e perdura fino al termine della stessa.
Se la prestazione dell'operatore finanziario dura nel tempo (come ad esempio la
presa in custodia), la carente diligenza in operazioni finanziarie si configura
reato permanente in quanto l'obbligo di accertare l'identità dell'avente
economicamente diritto dei valori patrimoniali sussiste fino al termine della
relazione contrattuale. Per contro, se la prestazione fornita è "istantanea"
anche il reato di cui all'art. 305^ter CP è tale. In senso analogo si esprime
anche GRÜNINGER per cui la carente diligenza in operazioni finanziarie
costituisce un reato istantaneo (Zustandsdelikt) con riguardo all'accettazione,
al collocamento o al trasferimento di valori patrimoniali, mentre il reato è
permanente (Dauerdelikt) in caso di presa in custodia di valori patrimoniali
(PHILIPPE GRÜNINGER, Die Strafbarkeit der Verletzung von Sorgfaltspflichten bei
Finanzgeschäften, tesi Zurigo 2005, pag. 58). Di conseguenza, l'operatore
finanziario che, nell'ambito di una duratura relazione d'affari (v. sulla
distinzione tra clientela occasionale - Laufkunden - e clientela permanente -
Dauerkunden - MARK PIETH, op. cit., n. 20 seg. ad art. 305^ter CP), compie atti
di gestione
BGE 134 IV 307 S. 313
senza accertarsi dell'identità dell'avente economicamente diritto agisce in
modo permanentemente contrario al diritto. In simili circostanze, la carente
diligenza in operazioni finanziarie costituisce quindi un reato permanente. Il
termine di prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui è cessata la
relazione d'affari e con essa il relativo dovere di identificazione o dal
giorno in cui l'operatore finanziario ha posto un termine alla situazione
illecita creatasi accertando l'identità dell'avente economicamente diritto dei
valori patrimoniali gestiti.
In concreto, è stato appurato che il ricorrente si è occupato dei valori
patrimoniali in modo permanente, aprendo e mantenendo in essere tre diverse
relazioni bancarie senza accertare l'identità dell'avente economicamente
diritto dei valori in questione. In simili circostanze, la carente diligenza in
operazioni finanziarie si configura come reato permanente, sicché su questo
punto il gravame va disatteso.

2.5 Il ricorrente sostiene inoltre che l'obbligo di correggere o retti ficare
il risultato dell'identificazione viziata contrasterebbe con il principio nemo
tenetur se detegere. Difatti, prosegue l'insorgente, se la banca dovesse
ricevere da parte di un intermediario finanziario la comunicazione di rettifica
dell'identità dell'avente economicamente diritto, essa ne ricaverebbe un motivo
di sospetto tale da segnalare il caso all'autorità competente giusta l'art. 9
LRD.
Sennonché, l'insorgente equivoca sulla portata di questo principio che concerne
la procedura penale e dal quale non può dunque dedurre alcunché a sostegno
della sua tesi per quanto attiene alle informazioni destinate a istituti
bancari al di fuori di una procedura penale. Del resto, egli misconosce che non
è tanto il carattere erroneo dell'accertamento dell'identità dell'avente
economicamente diritto, quanto la carente diligenza richiesta dalle circostanze
che è sanzionata dall'art. 305^ter CP. Così, chi non identifica correttamente
l'avente diritto economico sebbene abbia fatto prova di tutta la diligenza
richiesta dalle circostanze non è punibile e può pertanto correggere senza
rischi le informazioni. Per contro, la possibilità di scoprire, all'occasione
di una rettifica, che l'intermediario finanziario non aveva effettuato le
ricerche necessarie e possibili, e di incriminarlo a questo stadio appare
conforme allo scopo della norma in questione.

2.6 A mente dell'insorgente, l'autorità cantonale avrebbe pure interpretato
estensivamente l'art. 305^ter CP rimproverandogli di aver omesso di rettificare
le informazioni relative all'avente economicamente diritto.
BGE 134 IV 307 S. 314
A dire il vero, non è tanto l'omessa rettifica che fonda l'infrazione quanto
l'omissione di procedere alle verifiche del caso. L'omessa rettifica
concretizza piuttosto la persistenza di uno stato di fatto illecito oltre
l'atto di gestione propriamente detto. La questione di sapere se il ricorrente,
quale intermediario finanziario, aveva un obbligo di rettifica prima
dell'entrata in vigore della LRD può restare indecisa. È possibile tuttavia
constatare che, per lo meno due anni dopo l'entrata in vigore di questa legge
il 1° aprile 1998 (art. 42 cpv. 3 unitamente all'art. 2 cpv. 3 LRD), ossia il
1° aprile 2000, in un momento in cui le tre relazioni bancarie erano ancora
aperte, sull'insorgente gravava chiaramente tale obbligo (art. 5 cpv. 1 LRD).

2.7 Nel gravame viene inoltre eccepita l'impossibilità di procedere a qualsiasi
rettifica a partire dal momento in cui le banche sono state informate delle
divergenze relative all'identità dell'avente economicamente diritto, divergenze
poi confermate dal decreto di sequestro emanato dal Ministero Pubblico. Il
ricorrente sostiene che, da quel momento, nessuna delle banche coinvolte
avrebbe effettuato le rettifiche da lui richieste.
Su questo punto l'insorgente sviluppa un'argomentazione che si fonda su fatti
che divergono da quanto accertato in sede cantonale, sicché non v'è ragione di
entrare nel merito di tale censura (v. art. 105 cpv. 1 LTF). Peraltro egli
dimostra di misconoscere la portata del suo obbligo di accertare l'identità del
reale avente economicamente diritto, obbligo autonomo e indipendente da quello
dell'istituto bancario. Egli è tenuto ad accertare ed eventualmente rettificare
l'identità dell'avente economicamente diritto anche qualora, per ipotesi, non
collochi i valori patrimoniali in un istituto bancario ma li prenda
semplicemente in custodia. Non può pertanto dedurre alcunché in suo favore
pretendendo che, in taluni casi, le banche rifiutino di modificare le
indicazioni relative all'avente economicamente diritto.

2.8 Infine, secondo il ricorrente, l'azione penale sarebbe prescritta. Egli
riprende le argomentazioni addotte in relazione al genere di reato punito
dall'art. 305^ter CP. Su questo punto si può rinviare a quanto sopraesposto (v.
consid. 2.4). L'insorgente precisa che ritenere che l'infrazione cominci con
l'inizio della relazione d'affari e termini alla fine della stessa condurrebbe
a una situazione assurda, laddove l'intermediario finanziario responsabile
dell'apertura di una relazione bancaria in modo viziato dovesse successivamente
abbandonare la sua funzione di responsabile. In questo caso, infatti,
BGE 134 IV 307 S. 315
l'intermediario in questione continuerebbe a essere punibile giusta l'art. 305^
ter CP sino alla chiusura della relazione d'affari malgrado non assuma più
alcun tipo di responsabilità in relazione ai valori patrimoniali. Nel caso
specifico questa questione può tuttavia restare indecisa, dal momento che il
ricorrente non contesta di essere stato responsabile dei conti bancari in
parola fino al termine delle relazioni d'affari.
L'insorgente non può dedurre nulla in suo favore nemmeno dallo scopo della
norma. Non si scorge infatti perché la lotta al riciclaggio di denaro sporco
imponga necessariamente di considerare l'infrazione ex art. 305^ter CP come un
reato istantaneo. Al contrario, ritenere che l'infrazione perduri fintantoché
la relazione d'affari è ancora in essere rafforza l'obbligo di accertare con
cura l'avente economicamente diritto. Nella fattispecie, le relazioni d'affari
sono continuate fino al 30 aprile 2001 (conto T.) rispettivamente fino al 22
marzo 2002 (conto S.). Per quanto attiene al terzo conto bancario (R.), dalla
sentenza di primo grado risulta che fosse ancora aperto il 24 novembre 2000,
ossia nel momento in cui l'interessato ha fatto le dichiarazioni oggetto di
un'altra imputazione. In simili circostanze, non è possibile ritenere che le
autorità cantonali hanno violato il diritto federale per non aver accertato la
prescrizione dell'azione penale sia sotto l'egida del vecchio diritto che del
nuovo. Di conseguenza, il gravame, infondato, dev'essere respinto e la sentenza
impugnata confermata.