Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 134 IV 289



Urteilskopf

134 IV 289

29. Estratto della sentenza della Corte di diritto penale nella causa A. contro
Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, Sezione dell'esecuzione
delle pene e delle misure (ricorso in materia penale)
6B_348/2008 del 29 agosto 2008

Regeste

Art. 75a in Verbindung mit Art. 62d StGB, Art. 29 Abs. 1 BV; Ablehnung der
Mitglieder einer Kommission nach Art. 62d Abs. 2 StGB. Der Inhaftierte, der um
bedingte Entlassung ersucht, kann die Mitglieder der zur Beurteilung seiner
Gemeingefährlichkeit gemäss Art. 75a StGB zuständigen Kommission in analoger
Weise wie einen Sachverständigen ablehnen (E. 5). Der in Art. 62d Abs. 2 StGB
vorgesehene Ausschluss gilt nur für den Vertreter der Psychiatrie und nicht
auch für die übrigen Mitglieder der Kommission (E. 6.1). Die
Kommissionszugehörigkeit eines Richters, welcher den um bedingte Entlassung
ersuchenden Täter verurteilt hat, verstösst nicht gegen Art. 29 Abs. 1 BV (E.
6.2). Der Inhaftierte kann den öffentlichen Ankläger als Mitglied der
Kommission nach Art. 62d Abs. 2 StGB ablehnen, wenn dieser die Anklage im
Verfahren vertreten hatte, das zur Verurteilung zu einer Freiheitsstrafe
führte, aus deren Vollzug der Betroffene bedingt entlassen werden möchte.
Hingegen genügt es für die Ablehnung nicht, dass der öffentliche Ankläger die
Anklage vertreten hatte in anderen Prozessen, die zu einem Freispruch, einer
Verfahrenseinstellung oder zur Verurteilung zu einer Strafe geführt haben, die
bereits verbüsst oder verjährt ist oder aus andern Gründen nicht vollzogen
werden kann (E. 6.3).

Sachverhalt ab Seite 290

BGE 134 IV 289 S. 290
A. si trova attualmente presso il carcere di X. in espiazione di pena. Egli sta
scontando una condanna di venti anni di reclusione per titolo di, segnatamente,
omicidio e tentata rapina aggravata e una condanna di sei anni di reclusione
per ripetuto furto aggravato, consumato e tentato, ripetuto danneggiamento,
ripetuta violazione di domicilio, nonché per rapina, ripetuto furto d'uso,
ripetuto abuso della licenza e delle targhe, ripetuto incendio intenzionale,
ripetuta violazione della legge federale sulle armi, ripetuta ricettazione e
ripetuta
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contravvenzione alla LStup. Secondo il calcolo dell'esecuzione della pena, la
fine della pena è prevista per il 1° ottobre 2016. Egli ha raggiunto i 2/3
della pena il 31 gennaio 2008.
Con decisione del 24 gennaio 2008, dopo aver raccolto i pareri della Direzione
del carcere di X., dell'Ufficio del Patronato, della Sezione delle pene e delle
misure nonché della Commissione per l'esame dei condannati pericolosi e sentito
il detenuto, il Giudice dell'applicazione della pena (GIAP) negava a A. la
liberazione condizionale.
Il 1° aprile 2008, la Camera dei ricorsi penali del Tribunale d'appello del
Cantone Ticino (CRP) respingeva il ricorso interposto da A. avverso la
decisione del GIAP e dichiarava irricevibile l'istanza di ammissione al
beneficio del gratuito patrocinio.
A. impugna il giudizio dell'ultima istanza cantonale con ricorso in materia
penale al Tribunale federale. Postula l'annullamento delle sentenze della CRP,
del GIAP nonché del parere della Commissione per l'esame dei condannati
pericolosi e chiede la sua liberazione condizionale a far tempo dal 31 gennaio
2008 e, in via subordinata, il rinvio dell'incarto al GIAP per nuova decisione.
Formula inoltre istanza di assistenza giudiziaria e di gratuito patrocinio.
Invitati a esprimersi sul ricorso, la CRP si rimette al giudizio del Tribunale
federale, mentre la Sezione dell'esecuzione delle pene e delle misure conclude
chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
Il Tribunale federale ha accolto parzialmente il ricorso, nella misura in cui
era ammissibile.

Auszug aus den Erwägungen:

Dai considerandi:

4.

4.1 Proprio in relazione all'intervento della Commissione per l'esame dei
condannati pericolosi, il ricorrente lamenta di non essere stato reso edotto
dei nominativi dei suoi membri. Questa mancata comunicazione gli avrebbe
precluso la possibilità di censurare la composizione di tale commissione prima
che rendesse il suo parere. Egli si duole della violazione dell'art. 62d CP
nonché dell'art. 29 cpv. 1 Cost. L'art. 62d cpv. 2 CP esige che il
rappresentante della psichiatria - membro della commissione - non abbia curato
né assistito in altro modo l'autore. In questa disposizione viene così
stabilito un motivo di ricusa. A mente del ricorrente, tale esigenza dovrebbe
valere mutatis mutandis anche per gli altri membri della
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commissione al fine di garantire l'imparzialità di tale autorità. Questa
garanzia è un fattore di grande importanza per il detenuto, atteso che de facto
la Commissione per l'esame dei condannati pericolosi assume una funzione
giudicante in virtù del peso del suo preavviso sulla decisione del GIAP. Nella
fattispecie, due membri della Commissione, la Presidente del Tribunale penale
cantonale e il Procuratore generale (gli unici di cui conosce l'identità),
erano già intervenuti in precedenza in incarti riguardanti il ricorrente. Essi
avrebbero pertanto dovuto ricusarsi. La loro mancata astensione in seno alla
Commissione violerebbe quindi l'art. 62d CP e l'art. 29 cpv. 1 Cost.

4.2 Basandosi sul chiaro testo dell'art. 62d CP, la CRP ha ritenuto che tale
norma non esige che i rappresentanti delle autorità preposte al procedimento
penale e delle autorità di esecuzione della pena non si siano mai occupati in
passato delle persone richiedenti la liberazione. Il motivo di esclusione,
rispettivamente di ricusa, stabilito dalla disposizione appare manifestamente
riferito alle cure e all'assistenza dell'autore e limitato al rappresentante
della psichiatria. Di conseguenza, non si applica agli altri membri della
commissione. L'autorità cantonale ha poi negato l'applicabilità, in materia di
decisioni relative all'esecuzione della pena, dell'art. 40 lett. e del Codice
di procedura penale del 19 dicembre 1994 (RL TI 3.3.3.1; in seguito: CPP/TI)
per cui ogni giudice, procuratore pubblico, segretario od assessore-giurato è
escluso per legge dall'esercitare il suo ufficio quando abbia avuto parte al
processo come magistrato o funzionario della polizia, come procuratore della
parte lesa o difensore. Difatti, l'art. 340 cpv. 4 vCPP/TI prevedeva
esplicitamente l'inapplicabilità dell'art. 40 lett. e CPP/TI al Consiglio di
vigilanza, autorità competente a concedere la liberazione condizionale fino al
31 dicembre 2006. Ciò che valeva per l'autorità giudicante, vale a maggior
ragione per una commissione chiamata unicamente a esprimere un parere.

5. Si può certo concordare con il ricorrente laddove afferma che la commissione
chiamata a valutare la pericolosità del detenuto debba offrire garanzie di
imparzialità. Difatti, sebbene tale commissione assuma una funzione consultiva
e non giudicante, il suo parere è di sicuro rilievo per l'autorità che deve
pronunciarsi sulla liberazione condizionale. Posto come per pericolosità
pubblica si debba intendere, tra l'altro, il rischio che l'interessato commetta
nuovi reati atti a pregiudicare gravemente l'integrità fisica, psichica o
sessuale di un'altra persona (art. 75a cpv. 3 CP), la valutazione della
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commissione sulla pericolosità del detenuto è tale da influire in modo
determinante sulla formulazione della prognosi nell'ambito dell'esame della
liberazione condizionale. Quale condizione per concedere la liberazione l'art.
86 cpv. 1 CP esige, infatti, che non si debba presumere che il detenuto
commetterà nuovi crimini o delitti. Va inoltre rilevato che il parere della
commissione è il risultato di un'indagine interdisciplinare (v. FF 1999 pag.
1772), emesso quindi dopo un esame del caso sotto il profilo psichiatrico,
criminologico e giuridico. In simili circostanze, seppur l'autorità competente
non sia vincolata dalla posizione della commissione, difficilmente si scosterà
dalla raccomandazione da questa espressa. Al detenuto deve quindi essere
riconosciuta la facoltà di far valere dei motivi di ricusa nei confronti dei
membri della commissione, analogamente a quanto avviene nei confronti degli
esperti. Va comunque precisato che, in tal caso, una ricusa sarà ammessa meno
facilmente di quanto accade per i componenti di un'autorità chiamata a rendere
una decisione formale. Orbene, la facoltà di ricusare implica evidentemente che
i nominativi dei membri della commissione siano noti (v. DTF 117 Ia 322). La
sua composizione dev'essere comunicata prima o, al più tardi, al momento
dell'intimazione del suo parere all'interessato. In concreto, tuttavia, così
non è stato. Il parere espresso dalla Commissione non indica chi abbia
partecipato alla sua elaborazione e non risulta che questa informazione sia
stata in altro modo fornita al detenuto. Non risulta nemmeno che la
composizione della Commissione sia stata l'oggetto di una pubblicazione
accessibile a tutti. La mancata comunicazione dei nominativi dei membri della
Commissione per l'esame dei condannati pericolosi impedisce al ricorrente di
far valere eventuali motivi di ricusa nei loro confronti e viola pertanto
l'art. 29 cpv. 1 Cost. Su questo punto il gravame deve quindi essere accolto.

6.

6.1 Per quanto attiene all'invocata violazione dell'art. 62d CP, il gravame in
esame è invece volto all'insuccesso. Il codice penale prevede effettivamente un
caso di esclusione che, come già rettamente osservato dalla CRP, è
esplicitamente riferito al rappresentante della psichiatria. Un'estensione di
questo caso agli altri membri della commissione si urterebbe quindi al chiaro
testo legale che menziona unicamente il rappresentante della psichiatria
(rispettivamente l'esperto) quale soggetto del caso di esclusione e la cura o
l'assistenza dell'autore quale oggetto. Lo stesso messaggio del Consiglio
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federale concernente la modifica del Codice penale svizzero non accenna
minimamente agli altri membri della commissione (FF 1999 pag. 1772). Ne
consegue che la presenza in seno alla commissione di un giudice che in passato
ha già condannato l'interessato e di un procuratore che ha già sostenuto
l'accusa non viola l'art. 62d CP.

6.2 Trattandosi in particolare della presenza del giudice in seno alla
commissione, contrariamente alla tesi del ricorrente, neppure sulla base
dell'art. 29 cpv. 1 Cost. sarebbe possibile pretendere la sua ricusa, adducendo
quale motivo unicamente la sua partecipazione in precedenti procedure che lo
vedevano coinvolto in veste di accusato.

6.2.1 La Costituzione federale assicura a ciascuno il diritto di sottoporre la
propria causa a magistrati non prevenuti, ossia in grado di garantire un
apprezzamento libero e imparziale. Sebbene la semplice affermazione della
parzialità basata sui sentimenti soggettivi di una parte non sia sufficiente
per fondare un dubbio legittimo, non occorre che il magistrato sia
effettivamente prevenuto: bastano circostanze concrete idonee a suscitare
l'apparenza di una prevenzione e a far sorgere un rischio di parzialità, per
giustificare la sua ricusazione (v. DTF 133 I 1 consid. 6.2; DTF 131 I 24
consid. 1.1). Una di queste circostanze può essere il cumulo di funzioni
giudiziarie o la partecipazione del magistrato a un'altra decisione (v. ANDREAS
AUER/GIORGIO MALINVERNI/MICHEL HOTTELIER, Droit constitutionnel suisse, vol.
II, 2^a ed., Berna 2006, n. 1240 segg.). Secondo la giurisprudenza del
Tribunale federale - resa nell'ambito dell'art. 30 cpv. 1 Cost. - il fatto che
un giudice si sia già occupato della procedura in uno stadio anteriore può
suscitare il sospetto di parzialità. La questione di sapere se un cumulo di
funzioni giudiziarie contravviene alla garanzia di imparzialità non è stata
risolta in modo definitivo. La giurisprudenza esige tuttavia che l'esito di una
causa non sia già determinato in partenza, ma che rimanga indeciso con
riferimento all'accertamento dei fatti e alla soluzione dei quesiti giuridici.
Occorre in particolare esaminare le funzioni procedurali che il giudice era
chiamato a esercitare nel suo precedente intervento, considerare le successive
questioni che dovranno essere decise in ogni stadio della procedura, mettendo
in evidenza una loro eventuale analogia o interdipendenza, nonché l'estensione
del potere decisionale con riferimento a ciascuna di esse (DTF 131 I 24 consid.
1.2 e rinvii). Nell'ambito della procedura penale, il Tribunale federale ha
giudicato inammissibile l'unione personale tra giudice del rinvio e giudice del
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merito (DTF 114 Ia 50 consid. 4 e 5), tra giudice del decreto penale e giudice
del merito (DTF 114 Ia 143 consid. 7b), oppure ancora tra giudice istruttore,
magistrato che rinvia a giudizio e presidente del tribunale (DTF 114 Ia 275
consid. 2b). Non ha per contro ritenuto lesivo della garanzia di un tribunale
imparziale l'unione personale tra giudice della carcerazione e giudice del
merito (DTF 117 Ia 182 consid. 3b).

6.2.2 La procedura di condanna e la procedura attinente alla liberazione
condizionale sono procedimenti ben distinti già solo in ragione del loro
oggetto. Mentre la prima è volta a determinare la colpevolezza dell'accusato e
(eventualmente) a commisurare la pena, la seconda verte essenzialmente intorno
alla formulazione della prognosi sul comportamento futuro del detenuto posto in
libertà (art. 86 cpv. 1 CP). Nelle due procedure si pongono quindi quesiti
giuridici diversi. Anche le funzioni assunte dal magistrato interessato sono
diverse. Nella prima procedura il giudice assume la veste di autorità
giudicante. Nella seconda, invece, è membro di una commissione chiamata a
rendere un parere consultivo su temi che sconfinano dal diritto penale in senso
stretto, comprendendo anche aspetti della criminologia e della psichiatria. La
decisione finale sulla liberazione condizionale spetta poi a un giudice
distinto (art. 339 lett. j CPP/TI). La sua partecipazione in precedenti
procedure sfociate in condanne a pene privative della libertà non è quindi tale
da far sorgere dubbi riguardo alla sua imparzialità né tale da suscitare
l'impressione che l'esito della procedura di liberazione condizionale sia già
determinato in partenza. Statuendo nel merito delle infrazioni prospettate, il
magistrato non può essersi formato dei preconcetti atti a influire sulla
decisione relativa alla liberazione condizionale. Di conseguenza, la presenza
in seno alla commissione ex art. 62d cpv. 2 CP di un giudice che in passato ha
condannato il detenuto non viola l'art. 29 cpv. 1 Cost.

6.3 Per quanto concerne la figura del procuratore pubblico, va innanzitutto
rilevato che, in quanto autorità preposta al procedimento penale, di principio
nulla s'oppone alla sua presenza in seno alla commissione incaricata di
valutare la pericolosità pubblica dell'autore giusta l'art. 75a CP. La
questione appare invero più problematica qualora la medesima persona assuma
dapprima la veste di accusatore pubblico nel procedimento di merito e
successivamente di membro della suddetta commissione. Infatti, esercitando la
funzione di accusatore nella prima procedura che vede opporsi accusa e
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difesa, il procuratore pubblico assurge a vera e propria controparte
dell'accusato. Ora, l'intervento del medesimo magistrato nella procedura di
liberazione condizionale dall'esecuzione della pena - che lo stesso in veste di
parte aveva richiesto - può suscitare nel detenuto dei dubbi legittimi sulla
sua imparzialità e minare la sua fiducia negli organi giudiziari. Agli occhi
dell'interessato, infatti, il procuratore pubblico, sua precedente controparte,
non appare privo di preconcetti avendo questi richiesto la pena da cui chiede
di essere liberato condizionalmente. In simili circostanze, sebbene il
magistrato in questione non sia tenuto ad astenersi, si deve riconoscere al
richiedente la liberazione condizionale il diritto di ricusarlo quanto meno
sulla base delle pertinenti norme di diritto cantonale relative alla ricusa.
Occorre tuttavia precisare che questo caso di ricusa si realizza unicamente
quando il procuratore pubblico membro della commissione ex art. 62d cpv. 2 CP
ha sostenuto l'accusa contro il detenuto nei processi sfociati in condanne a
pene privative della libertà da cui chiede di essere liberato condizionalmente.
Non è dunque sufficiente che il magistrato abbia esercitato l'azione pubblica
in altri procedimenti conclusisi con un proscioglimento, un abbandono o una
condanna a pene ormai scontate, prescritte oppure ancora non più esecutive per
altre ragioni (v. per esempio art. 89 cpv. 4 CP).
Applicando quanto appena esposto nel caso qui in esame, discende che A. potrà
ricusare il procuratore pubblico membro della Commissione per l'esame dei
condannati pericolosi solo qualora abbia sostenuto l'accusa nei procedimenti
conclusisi con le condanne a pene che il ricorrente sta scontando, vale a dire
quella del 1995 a venti anni di reclusione e quella del 2005 a sei anni di
reclusione.

6.4 Dal momento che il ricorrente non censura l'interpretazione del diritto
cantonale effettuato dalla CRP, non occorre esaminare se la Presidente del
Tribunale penale cantonale e il Procuratore generale avrebbero dovuto astenersi
dall'esercitare le loro funzioni in seno alla Commissione per l'esame dei
condannati pericolosi in virtù dell'art. 40 lett. e CPP/TI.