Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 133 V 169



Urteilskopf

133 V 169

  24. Estratto della sentenza della I Corte di diritto sociale nella causa
Segretariato di Stato dell'economia contro H. nonchè Tribunale delle
assicurazioni del Cantone Ticino (ricorso di diritto amministrativo)
  C 124/06 del 25 gennaio 2007

Regeste

  Art. 8 und 121 AVIG; Art. 16 Abs. 2 FZA; Anhang II zum FZA; Art. 71 Abs. 1
Bst. a Ziff. ii und Bst. b der Verordnung Nr. 1408/71: Versichertenstatus
des atypischen Grenzgängers.

  Der voll arbeitslose Grenzgänger (ein in Italien wohnhafter Schweizer
Bürger), welcher aussergewöhnlicherweise im letzten Beschäftigungsstaat
(Schweiz) persönliche und berufliche Bindungen solcher Art aufrechterhält,
dass er dort über die besten Möglichkeiten für eine berufliche
Wiedereingliederung verfügt, fällt in den Anwendungsbereich des Art. 71 Abs.
1 Bst. b der Verordnung Nr. 1408/71. Er kann in diesem Staat (Schweiz)
Arbeitslosenentschädigung geltend machen, sofern er die übrigen gesetzlichen
Voraussetzungen erfüllt. Begriff des "echten", aber atypischen Grenzgängers.
Anwendungsfall der vom Gerichtshof der Europäischen Gemeinschaften in der
Rechtssache Miethe (1/85, Slg. 1986, S. 1837) entwickelten Rechtsprechung
(E. 7.1 und 10.2-10.4).

Sachverhalt

  A.- H., di nazionalità elvetica, è nato (...) e cresciuto in Svizzera,
dove ha conseguito il diploma di impiegato di commercio. Eccezion fatta per
il periodo aprile 1966 - dicembre 1969 in cui è stato alle dipendenze della
ditta B., egli ha sempre lavorato in Svizzera, dapprima a Z. e in seguito, a
partire dal 1999 e fino al 2004, in Ticino presso la Banca X. SA in qualità
di responsabile reparto lettere di credito e garanzie. Proveniente da Z.,
l'interessato ha abitato in Ticino dal 1999 al mese di giugno 2001, quando
si è trasferito a P. (Italia), paese sito in prossimità della frontiera,
dove ha acquistato un'abitazione. A causa della fusione con un altro
istituto di credito, l'interessato si è visto disdire il rapporto di lavoro
che lo legava alla sua banca con effetto al 29 febbraio 2004.

  A margine di un momento informativo organizzato dall'Ufficio regionale di
collocamento di Lugano (URC) per i dipendenti della banca toccati dalla
misura, H. ha domandato al caposede dell'URC, O., e a C. dell'O. alcune
informazioni in merito alla sua posizione di svizzero residente in Italia,
ricevendo in risposta l'indicazione che, in qualità di frontaliere, poteva
richiedere le prestazioni dell'assicurazione contro la disoccupazione
soltanto in Italia, eccezione fatta per la possibilità di inoltrare una
domanda di esportazione delle prestazioni in Svizzera per al massimo tre
mesi impegnandosi a ricercare attivamente un nuovo impiego in Ticino. In
seguito a tali e ad altre informazioni, l'interessato si è rivolto alle
autorità italiane, più precisamente all'Istituto nazionale italiano di
previdenza sociale (INPS), ottenendo - per nove mesi - indennità di
disoccupazione ordinarie (EUR 840 al mese); la richiesta di poter
beneficiare del sostegno speciale previsto in favore dei lavoratori
frontalieri gli è per contro stata respinta dalle medesime autorità per il
motivo che non era - e nemmeno poteva esserlo, essendo di cittadinanza
svizzera - in possesso di una carta di frontaliere emessa dalle autorità
elvetiche.

  In seguito alla pubblicazione di una pronuncia in materia emessa dal
Tribunale delle assicurazioni del Canton Zurigo, di cui l'interessato
sarebbe (casualmente) venuto a conoscenza, e in particolare dopo
un'interrogazione presso il Segretariato di Stato dell'economia (seco), H.
ha quindi appreso, nel giugno 2005, della possibilità potenziale di
beneficiare dell'indennità di disoccupazione in Svizzera qualora avesse
adempito i presupposti per essere considerato un "falso" frontaliere. Sulla
base di tali indicazioni e dopo avere consultato uno studio legale
specializzato in diritto europeo d'oltre Gottardo, egli si è di conseguenza,
il 1° luglio 2005, annunciato all'URC di Lugano e ha rivendicato il diritto
a indennità di disoccupazione a partire dal 1° marzo 2004 facendo valere la
sua posizione di "falso" frontaliere.

  Mediante decisione del 28 luglio 2005, sostanzialmente confermata il 1°
settembre seguente anche in seguito all'opposizione dell'interessato, la
Cassa cantonale di disoccupazione ha respinto la richiesta di prestazioni
dal 1° luglio 2005 in quanto, nel termine quadro compreso tra il 1° luglio
2003 e il 30 giugno 2005, l'assicurato aveva esercitato un'attività
salariata soggetta a contribuzione unicamente dal 1° luglio 2003 al 29
febbraio 2004 e non poteva per il resto fare valere un motivo di esenzione.
Inoltre, ha motivato il rifiuto con il fatto che l'interessato non aveva
alcuna residenza in Svizzera.

  B.-  H. si è aggravato al Tribunale delle assicurazioni del Cantone
Ticino, il quale, per pronuncia del 28 marzo 2006, ha accolto il gravame e
retrocesso gli atti all'amministrazione per nuovo esame del diritto alle
indennità di disoccupazione a partire dal 1° marzo 2004. L'autorità
giudiziaria cantonale ha dapprima osservato come la Cassa di disoccupazione,
rifiutando le prestazioni dal luglio 2005, avesse in realtà anche inteso
negarle a titolo retroattivo dal 1° marzo 2004. Constatando poi che
l'assicurato non aveva fatto valere il diritto alle indennità entro il
termine (perentorio) legale di tre mesi dalla fine del periodo di controllo
di riferimento, ha verificato se comunque esistevano ragioni atte a
giustificare il ritardo e ad ammettere una eventuale restituzione del
termine. I primi giudici hanno in seguito esaminato se l'interessato era
effettivamente legittimato a introdurre domanda di indennità di
disoccupazione in Svizzera in virtù delle disposizioni dell'Accordo sulla
libera circolazione delle persone. Richiamandosi alla pertinente
giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE), hanno

in particolare accertato che egli aveva mantenuto stretti legami personali e
professionali con la Svizzera, paese che gli garantiva le migliori
possibilità di reinserimento professionale, e che, in virtù di tale
giurisprudenza, andava considerato un "falso" frontaliere, cui doveva essere
riservato il diritto di scegliere in quale Stato, tra la Svizzera e
l'Italia, richiedere le indennità di disoccupazione. Tutelando la buona fede
dell'assicurato nelle informazioni erronee, o quantomeno incomplete,
fornitegli dagli organi competenti, la Corte cantonale ha giustificato il
tardivo annuncio all'assicurazione contro la disoccupazione elvetica e ha
ammesso una restituzione del termine omesso.

  C.- Il seco ha interposto ricorso di diritto amministrativo al Tribunale
federale delle assicurazioni (dal 1° gennaio 2007 integrato nel Tribunale
federale), al quale chiede, in accoglimento del gravame, l'annullamento del
giudizio cantonale. Confutando la valutazione dei primi giudici in merito
alle asserite migliori possibilità di reinserimento professionale in
Svizzera, il Segretariato ricorrente ritiene che l'interessato non soddisfa
le condizioni per essere qualificato un "falso" lavoratore frontaliere ai
sensi della giurisprudenza della CGCE. Dovendo al contrario essere
considerato un "vero" frontaliere, l'assicurato non potrebbe di conseguenza
beneficiare di alcun diritto di scelta, bensì dovrebbe unicamente fare
valere le sue pretese nello Stato di residenza.

  Patrocinato dall'avv. Erwin Jutzet, H. propone la reiezione del gravame,
mentre la Cassa cantonale di disoccupazione ne chiede l'accoglimento.

Auszug aus den Erwägungen:

                            Dai considerandi:

Erwägung 3

  3.  Nei considerandi dell'impugnata pronuncia, la Corte cantonale ha
compiutamente ricordato che, dal profilo del solo diritto interno (art. 8
cpv. 1 lett. c LADI; cfr. pure DTF 125 V 465 consid. 2a pag. 466; 115 V 448;
SVR 2006 AlV n. 24 pag. 82, C 290/03, con riferimenti), l'assicurato non
avrebbe di per sé il diritto di iscriversi in disoccupazione in Svizzera in
quanto non vi risiede. Correttamente ha pertanto esaminato se la Svizzera
debba comunque essere riconosciuta quale Stato competente ad erogare le
prestazioni di disoccupazione - se del caso previa deduzione delle
prestazioni già percepite in Italia - in forza degli obblighi che le
derivano dal diritto internazionale, ritenuto che, in siffatta ipotesi, la
clausola di residenza di cui all'art. 8 cpv. 1 lett. c LADI perderebbe la
propria

rilevanza (THOMAS NUSSBAUMER, Arbeitslosenversicherung, in: Schweizerisches
Bundesverwaltungsrecht [SBVR], Soziale Sicherheit, 2a ed., cifra marg. 191;
cfr. pure PATRICIA USINGER-EGGER, Ausgewählte Rechtsfragen des
Arbeitslosenversicherungsrechts im Verhältnis Schweiz-EU, in: Thomas Gächter
[editore], Das europäische Koordinationsrecht der sozialen Sicherheit und
die Schweiz, Erfahrungen und Perspektiven [in seguito: USINGER-EGGER,
Ausgewählte Rechtsfragen], Zurigo/Basilea/Ginevra 2006, pag. 38 segg., per
la quale autrice l'art. 8 cpv. 1 lett. c LADI sarebbe addirittura
discriminatorio e contrario al diritto convenzionale e comunitario).

Erwägung 4

  4.

  4.1  Il 1° giugno 2002 è entrato in vigore l'Accordo del 21 giugno 1999
tra la Confederazione Svizzera, da una parte, e la Comunità europea ed i
suoi Stati membri, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone (ALC)
e in particolare il suo Allegato II regolante il coordinamento dei sistemi
di sicurezza sociale (DTF 130 V 145  consid. 3 pag. 146; 128 V 315, con
riferimenti [RS 0.142.112.681]). Giusta l'art. 1 cpv. 1 dell'Allegato II
ALC, elaborato sulla base dell'art. 8 ALC e facente parte integrante dello
stesso (art. 15 ALC), in unione con la sezione A di tale allegato, le parti
contraenti applicano nell'ambito delle loro relazioni in particolare il
regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo
all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati,
ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della
Comunità (in seguito: regolamento n. 1408/71 [RS 0.831.109.268.1]), come
pure il regolamento (CEE) n. 574/72 del Consiglio, del 21 marzo 1972, che
stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71
relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori
subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano
all'interno della Comunità (RS 0.831.109.268.11), oppure disposizioni
equivalenti. L'art. 121 LADI, entrato in vigore il 1° giugno 2002, rinvia,
alla lett. a, all'ALC e a questi due regolamenti di coordinamento (SVR 2006
AlV n. 24 pag. 82 consid. 1.1, C 290/03).

  4.2  Ratione temporis sono applicabili sia l'ALC che il regolamento n.
1408/71. Infatti la decisione (del 28 luglio 2005) e la decisione su
opposizione (del 1° settembre 2005) concernono il diritto a indennità di
disoccupazione dal 1° marzo 2004, vale a dire per un periodo successivo
all'entrata in vigore dell'Accordo (cfr. art. 94 n. 1 e art. 95 n. 1 del
regolamento n. 1408/71; DTF 132 V 46 consid. 3.2.1 pag. 48).

  4.3  L'Accordo e il regolamento n. 1408/71 sono quindi pure applicabili
ratione personae. L'assicurato è di nazionalità svizzera e pertanto
cittadino di uno Stato contraente (art. 1 cpv. 2 Allegato II ALC). Inoltre,
in qualità di lavoratore autonomo o subordinato, egli è stato soggetto alla
legislazione svizzera e quindi alla legislazione di uno Stato contraente
(art. 2 n. 1 in relazione con l'art. 1 lett. a del regolamento n. 1408/71).
Quanto al necessario nesso transfrontaliero, esso è senz'altro dato (MANFRED
HUSMANN, Koordinierung der Leistungen bei Arbeitslosigkeit durch EG-Recht,
I. Teil, in: Die Sozialgerichtsbarkeit, 45 [1998], Wiesbaden, pag. 249;
EBERHARD EICHENHOFER, in: Maximilian Fuchs [editore], Europäisches
Sozialrecht, 4a ed., Baden-Baden 2005, n. 14 all'art. 2 del regolamento n.
1408/71). Nulla osta peraltro all'invocazione di dette disposizioni anche
nei confronti del proprio Stato di origine (cfr. DTF 129 II 249 consid. 4.2
pag. 260 in fine; sentenza della CGCE del 7 luglio 1992 nella causa
C-370/90, Singh, Racc. 1992, pag. I-4265, punti 15-24; SILVIA BUCHER, Das
Freizügigkeitsabkommen im letztinstanzlichen Sozialversicherungsprozess, in:
Gächter [editore], op. cit., pag. 1 segg., pag. 12 segg.).

  4.4  Ugualmente data è l'applicabilità ratione materiae, ritenuto che il
regolamento n. 1408/71 si applica fra l'altro alle legislazioni relative ai
settori di sicurezza sociale (su tale nozione: DTF 132 V 46 consid. 3.2.3
pag. 50; 131 V 390 consid. 3.2 pag. 395, con riferimenti) riguardanti le
prestazioni di disoccupazione (art. 4 n. 1 lett. g).

  4.5  Per il resto, le norme di collisione del regolamento n. 1408/71
determinano il diritto nazionale applicabile. Nel rispetto delle direttive
convenzionali, rispettivamente di diritto comunitario - e in particolare del
divieto di discriminazione (v. art. 2 ALC e art. 3 n. 1 regolamento n.
1408/71) - spetta all'ordinamento di ciascuno Stato membro determinare le
condizioni cui è subordinato il diritto a prestazioni (DTF 131 V 209 consid.
5.3 pag. 214; SVR 2006 AlV n. 24 pag. 82, consid. 1.2, C 290/03).

Erwägung 5

  5.

  5.1  Il titolo II del regolamento n. 1408/71 (art. 13 a 17bis) contiene
delle regole atte a determinare la legislazione applicabile. L'art. 13 n. 1
enuncia il principio dell'unicità della legislazione applicabile in funzione
delle regole previste dagli art. 13 n. 2 a 17bis, dichiarando determinanti
le disposizioni di un solo Stato membro. Salvo eccezioni, il lavoratore
subordinato è soggetto alla legislazione del

suo Stato di occupazione salariata, anche se risiede sul territorio di un
altro Stato membro o se l'impresa o il datore di lavoro da cui dipende ha la
propria sede o il proprio domicilio nel territorio di un altro Stato membro
(principio della lex loci laboris; art. 13 n. 2 lett. a del regolamento n.
1408/71). Il lavoratore frontaliero sarebbe quindi soggetto, in virtù di
questo principio, alla legislazione dello Stato in cui lavora (DTF 132 V 53
consid. 4.1 pag. 57 con riferimento).

  Per parte sua, il titolo III del regolamento n. 1408/71 contiene
disposizioni specifiche alle varie categorie di prestazioni. Per rispondere
al quesito se la parte resistente possa fare valere il diritto a prestazioni
dell'assicurazione contro la disoccupazione elvetica in virtù del
regolamento n. 1408/71, occorre pertanto innanzitutto determinare le
disposizioni applicabili sulla base delle norme generali di collegamento del
titolo II per poi esaminare se quelle speciali prescrivano l'applicazione di
altre regole (DTF 132 V 53 consid. 5 pag. 58).

  5.2  Secondo la norma generale dell'art. 13 n. 2 lett. a del regolamento
n. 1408/71, determinante, di per sé, sarebbe la legislazione dello Stato di
occupazione. Da considerare ci sarebbe inoltre pure l'art. 13 n. 2 lett. f
del regolamento, stante il quale la persona cui cessi d'essere applicabile
le legislazione di uno Stato membro senza che ad essa divenga applicabile la
legislazione di un altro Stato membro in forza di una delle norme enunciate
alle precedenti lettere o di una delle eccezioni o norme specifiche di cui
agli articoli da 14 a 17, è soggetta alla legislazione dello Stato membro
nel cui territorio risiede, in conformità delle disposizioni di questa sola
legislazione.

  Tali regole valgono tuttavia, come detto, unicamente nella misura in cui
le disposizioni specifiche del titolo III non prevedano diversamente. Ora,
il capitolo 6 ("Disoccupazione") del regolamento prevede, da un lato, che le
prestazioni in caso di disoccupazione sono di principio, giusta l'art. 67 n.
3, erogate dallo Stato secondo le cui disposizioni la persona interessata ha
compiuto da ultimo periodi di assicurazione o di occupazione, vale a dire
dallo Stato dell'ultima occupazione (art. 68 n. 1). Dall'altro, all'art. 71
disciplina la competenza per i disoccupati, che durante l'ultima occupazione
risiedevano in uno Stato membro diverso dallo Stato competente. È questa la
situazione in particolare dei lavoratori frontalieri.

Erwägung 6

  6.

  6.1  In tale contesto, di attualità anche nella fattispecie concreta,
l'art. 71 n. 1 del regolamento n. 1408/71 opera una distinzione fra
frontalieri "veri" e "non veri".

  Giusta l'art. 1 lett. b del regolamento, il termine lavoratore frontaliero
designa qualsiasi lavoratore subordinato o autonomo che esercita una
attività professionale nel territorio di uno Stato membro e risiede nel
territorio di un altro Stato membro dove, di massima, ritorna ogni giorno o
almeno una volta alla settimana (a tal proposito il seco ricorda giustamente
che il predetto regolamento è applicabile a tutti i lavoratori che riempiono
le suddette condizioni di lavoratore frontaliero, indipendentemente dal
fatto che abbiano la stessa qualifica ai sensi del diritto della polizia
degli stranieri). Queste persone rientrano nel campo applicativo dell'art.
71 n. 1 lett. a del regolamento n. 1408/71.

  I lavoratori diversi dai frontalieri (frontalieri "non veri"), il cui
statuto è disciplinato dall'art. 71 n. 1 lett. b del regolamento n. 1408/71,
sono per contro persone, per le quali il luogo di occupazione e di residenza
non coincide ugualmente, ma che per1ò, a differenza dei frontalieri "veri",
nemmeno rientrano almeno una volta alla settimana al loro luogo di
residenza. Fanno parte di questa categoria segnatamente i lavoratori
stagionali, i lavoratori operanti nel settore dei trasporti internazionali,
i lavoratori che esercitano normalmente la loro attività sul territorio di
vari Stati membri e i lavoratori occupati da un'impresa frontaliera
(decisione n. 160 del 28 novembre 1995 della Commissione amministrativa
delle Comunità europee per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti
concernente l'applicabilità dell'art. 71 n. 1 lett. b punto ii del
regolamento n. 1408/71 [GU 1996 L 49 pag. 31-33]; cfr. pure la sentenza del
Tribunale federale delle assicurazioni DTF C 227/05 dell'8 novembre 2006,
consid. 1.4, non ancora pubblicata nella Raccolta ufficiale, nonché la
Circolare del seco relativa alle ripercussioni, in materia di assicurazione
contro la disoccupazione, dell'Accordo sulla libera circolazione delle
persone e dell'Accordo di emendamento della Convenzione istitutiva dell'AELS
[C-AD-LCP], cifra marg. B46).

  6.2  L'art. 71 n. 1 del regolamento n. 1408/71 stabilisce, da un lato, che
il lavoratore frontaliero (quello "vero") che è in disoccupazione completa
beneficia - esclusivamente - delle prestazioni secondo le disposizioni della
legislazione dello Stato membro nel cui territorio risiede come se fosse
stato soggetto durante l'ultima occupazione

a tale legislazione, ritenuto che tali prestazioni vengono erogate
dall'istituzione del luogo di residenza e sono a carico della medesima
(lett. a punto ii).

  D'altro lato esso prevede pure che un lavoratore subordinato diverso dal
lavoratore frontaliero (ossia il frontaliero "non vero"), che è in
disoccupazione completa, dispone di un diritto di opzione tra le prestazioni
dello Stato d'impiego e quelle dello Stato di residenza. Diritto di opzione
che il frontaliero "non vero" esercita mettendosi a disposizione degli
uffici del lavoro dello Stato dell'ultima occupazione oppure degli uffici
del lavoro del luogo di residenza (lett. b). In tali condizioni, il
lavoratore può scegliere tra il regime di prestazioni di disoccupazione
dello Stato della sua ultima occupazione e quello dello Stato di residenza.
Si tratta in questo modo di fare beneficiare il lavoratore delle migliori
possibilità di reinserimento professionale (DTF 132 V 53 consid. 6.4 pag.
61; 131 V 222 consid. 6.2 pag. 228).

  6.3  Per quanto concerne le prestazioni di disoccupazione, che consistono
non soltanto nell'erogazione di somme di denaro, ma anche nell'aiuto alla
riqualificazione professionale fornito dagli uffici del lavoro ai lavoratori
che si sono messi a loro disposizione, il regolamento n. 1408/71 mira quindi
a garantire al lavoratore migrante le prestazioni di disoccupazione nelle
condizioni più favorevoli alla ricerca di una nuova occupazione. Assume di
conseguenza importanza decisiva la questione di sapere in quale Stato la
persona interessata dispone delle migliori possibilità di reintegrazione
professionale (DTF 132 V 53 consid. 6.4 pag. 61; sentenza della CGCE del 12
giugno 1986 nella causa 1/85, Miethe, Racc. 1986 pag. 1837, punto 16; più in
generale sulla rilevanza della giurisprudenza della CGCE ai fini
interpretativi dell'ALC cfr. l'art. 16 cpv. 2 ALC e la sentenza del
Tribunale federale delle assicurazioni DTF I 667/05 del 24 luglio 2006, non
ancora pubblicata nella Raccolta ufficiale).

  Da questo punto di vista si deve ammettere che l'art. 71 n. 1 lett. a
punto ii, stabilendo il principio secondo cui in caso di disoccupazione
completa il lavoratore frontaliero (quello "vero") che risponda alla
definizione di cui all'art. 1 lett. b del regolamento beneficia
esclusivamente delle prestazioni dello Stato di residenza, presuppone
implicitamente che detto lavoratore fruisca in questo Stato delle condizioni
più favorevoli alla ricerca di una nuova occupazione (sentenza Miethe, già
citata, punto 17; in questo senso pure

la sentenza della CGCE del 15 marzo 2001 nella causa C-444/98, de Laat,
Racc. 1998 pag. I-2229, punto 32). Come l'ha ben illustrato l'Avvocato
generale Lenz nelle sue conclusioni nella causa Miethe, il sistema messo in
piedi si spiega con la considerazione che le persone interessate (i "veri"
frontalieri) non hanno normalmente un legame particolare con lo Stato di
occupazione. Esse vi soggiornano piuttosto per mero scopo lavorativo e una
volta terminato il rapporto di lavoro non hanno più motivo di rimanervi,
bensì ritornano nel loro luogo di residenza, là dove si trova il centro dei
loro interessi. È pertanto nello Stato di residenza che devono più
opportunamente essere adottate le misure di accompagnamento essenziali quali
il servizio di collocamento (conclusioni nella causa Miethe, Racc. 1986 pag.
1842).

Erwägung 7

  7.

  7.1  Con la sua giurisprudenza, di cui anche il Tribunale federale deve
tenere conto (art. 16 cpv. 2 ALC), la CGCE ha tuttavia attenuato il
principio per cui il "vero" frontaliero in disoccupazione completa debba
sempre rigorosamente essere rinviato al mercato del lavoro dello Stato di
residenza (art. 71 n. 1 lett. a punto ii del regolamento n. 1408/71). Ha
infatti stabilito che lo scopo perseguito dall'art. 71 n. 1 lett. a punto ii
del regolamento n. 1408/71 non può essere raggiunto qualora il lavoratore in
disoccupazione completa, pur rispondendo alla definizione dettata dall'art.
1 lett. b dello stesso regolamento, abbia eccezionalmente conservato nello
Stato dell'ultima occupazione legami personali e professionali tali da
disporre in questo Stato delle migliori possibilità di reinserimento
professionale. In una siffatta evenienza, ha precisato la Corte di
giustizia, tale lavoratore dev'essere considerato "diverso dal lavoratore
frontaliero" ai sensi dell'art. 71 e rientrare conseguentemente nella sfera
di applicazione del n. 1 lett. b di detto articolo. Tuttavia, hanno concluso
i giudici lussemburghesi, spetta esclusivamente al giudice nazionale
stabilire se il lavoratore che risieda in uno Stato diverso dallo Stato
d'occupazione abbia conservato le migliori possibilità di reinserimento
professionale e debba, di conseguenza, rientrare nel campo applicativo
dell'art. 71 n. 1 lett. b del regolamento n. 1408/71 (sentenza Miethe,
citata, punti 18 e 19). Il lavoratore interessato non dispone così in questo
caso di un diritto di scelta incondizionato, la decisione essendo demandata
alle autorità competenti dello Stato di occupazione (NUSSBAUmer, op. cit.,
cifra marg. 980; USINGER-EGGER, Ausgewählte Rechtsfragen,

pag. 37 nota 23; della stessa autrice inoltre: Die soziale Sicherheit der
Arbeitslosen in der Verordnung [EWG] Nr. 1408/71 und in den bilateralen
Abkommen zwischen der Schweiz und ihren Nachbarstaaten, tesi Zurigo 2000,
pag. 85 [in seguito: USINGER- EGGER, tesi]; UELI KIESER, Das
Personenfreizügigkeitsabkommen und die Arbeitslosenversicherung, in: AJP/PJA
2003, pag. 283 segg., pag. 290, nota 97; in favore di un diritto di scelta
si esprimono invece EICHENHOFER, in: Fuchs, op. cit., n. 3 all'art. 71 del
regolamento n. 1408/71, e FRANS PENNINGS, Introduction to European Social
Security Law, 4a ed., Anversa/Oxford/New York 2003, pag. 228, 230 e 235).

  7.2  Questa giurisprudenza è stata resa nell'ambito di una procedura di
decisione pregiudiziale. La CGCE doveva pronunciarsi in merito ad alcune
domande d'interpretazione dell'art. 71 n. 1 del regolamento n. 1408/71
sottopostele dal Bundessozialgericht tedesco in relazione alla situazione di
un cittadino tedesco (Horst Miethe) che aveva sempre lavorato e vissuto in
Germania. Quest'ultimo pur continuando a lavorare come rappresentante di
commercio per una ditta tedesca ad Aquisgrana, si era trasferito, insieme
alla moglie, in Belgio per permettere ai loro figli, che frequentavano un
collegio belga, di tornare a casa ogni sera. Miethe, oltre a essere rimasto
iscritto nei registri di polizia tedeschi, aveva conservato in Germania,
presso la suocera, un ufficio e una possibilità di pernottamento. Perso il
lavoro, si era messo a disposizione dell'ufficio di collocamento tedesco,
chiedendo l'erogazione delle prestazioni di disoccupazione, che le autorità
tedesche tuttavia gli rifiutarono per la sua posizione di frontaliere e per
il fatto che, in quanto tale, doveva rivolgersi alle competenti istituzioni
belghe. Donde la vertenza giudiziaria e la susseguente domanda pregiudiziale
alla CGCE (cfr. sentenza citata, punti 3 segg., e conclusioni dell'Avvocato
generale Lenz, Racc. 1986 pag. 1838 segg.; cfr. pure la menzionata Circolare
del seco C-AD-LCP, B54).

  7.3  La giurisprudenza Miethe ha ispirato la formulazione della prima nota
a piè di pagina alla cifra 1, sezione A, Allegato II ALC secondo cui "i
lavoratori frontalieri possono mettersi a disposizione del mercato del
lavoro nello Stato della loro residenza o, se vi hanno conservato legami
personali e professionali tali da avervi migliori opportunità di
reinserimento professionale, nello Stato del loro ultimo lavoro. Essi
realizzano i propri diritti alle indennità di disoccupazione nello Stato in
cui si mettono a disposizione del mercato del lavoro" (cfr. pure FF 1999 p.
5281).

Erwägung 8

  8.  Il Segretariato ricorrente osserva che H., avendo percepito le
indennità di disoccupazione in Italia e avendo pendente con le stesse
autorità una vertenza circa l'estensione del sostegno ottenibile
(trattamento speciale previsto per i frontalieri a norma della legge interna
italiana anziché indennità ordinarie), avrebbe di per sé esplicitamente
riconosciuto di considerarsi quale "vero" frontaliero e di poter unicamente
fare valere il diritto alle indennità dello Stato di residenza. Il seco fa
inoltre notare che, mentre nel caso Miethe quest'ultimo presentava un legame
molto stretto con lo Stato di occupazione - avrebbe così continuato a
possedere una tessera per venditori ambulanti valevole soltanto in Germania
- a fronte di una possibilità di reinserimento professionale in Belgio molto
limitata, il resistente, oltre a non disporre di un secondo appartamento in
Svizzera, qui non godrebbe delle migliori opportunità professionali, le
stesse essendo uguali, se non addirittura migliori, nello Stato di
residenza, ossia in Italia. A mente del seco, l'annuncio alla disoccupazione
svizzera non sarebbe stato motivato dalle migliori opportunità di
reinserimento nel nostro Paese, ma bensì semplicemente dal fatto che qui
avrebbe potuto beneficiare di più consistenti indennità di disoccupazione.
Per il resto sostiene che la CGCE avrebbe imposto di applicare la sentenza
Miethe in modo restrittivo e di negare ai veri lavoratori frontalieri un
diritto di scelta. Di conseguenza un'applicazione analogica di tale prassi
al caso di specie, come ha per contro ritenuto l'istanza precedente, non si
giustificherebbe.

Erwägung 9

  9.  Giustamente la parte resistente ricorda che il fatto di essersi
rivolta alle autorità italiane e di avere chiesto in Italia il versamento
delle indennità di disoccupazione non è certamente da ascrivere a una sua
libera scelta, bensì è da ricondurre alle erronee, o quantomeno incomplete,
indicazioni fornite dagli organi di esecuzione della LADI, che non gli
avrebbero accennato all'eventualità - più che teorica, considerata la sua
situazione - di fare capo all'assicurazione svizzera. Questi ultimi lo
avrebbero chiaramente indirizzato all'INPS. Non avendo motivo per dubitare
della competenza e della pertinenza delle informazioni ricevute, egli si
sarebbe semplicemente limitato a seguire le istruzioni e a fare pieno
affidamento nelle indicazioni delle autorità elvetiche. Questa osservazione
merita piena tutela. L'istruttoria cantonale ha infatti appurato la
circostanza raccogliendo in particolare le testimonianze del caposede URC,
O., e di C. che non lasciano spazio ad altra interpretazione

se non a quella cui è giunta la Corte cantonale. Su tale questione non mette
pertanto più conto di tornare, tanto più che il seco nemmeno contesta -
giustamente - l'attendibilità delle dichiarazioni testimoniali. La richiesta
(iniziale) di prestazioni italiane di disoccupazione è pertanto spiegabile
alla luce di queste indicazioni. Va da sé che in ogni caso, qualora si
dovesse concludere per un obbligo di prestazione a carico dell'assicurazione
contro la disoccupazione svizzera, le prestazioni già ricevute dalle
autorità italiane non potranno essere cumulate (art. 12 del regolamento n.
1408/71).

Erwägung 10

  10.  Fatta questa premessa, resta da esaminare se H. poteva essere
considerato come un ("vero", anche se atipico) frontaliere nel senso della
giurisprudenza Miethe.

  10.1  La già citata Circolare del seco C-AD-LCP osserva a tal proposito
che per essere considerato un lavoratore ai sensi della giurisprudenza
Miethe, la persona interessata deve conservare, cumulativamente, legami
personali e professionali stretti nello Stato d'impiego (cifra marg. B55).
Indizi a sostegno dell'esistenza di simili legami personali sono ad esempio
la presenza di un secondo domicilio nello Stato d'impiego e la
partecipazione alla vita sociale in tale Stato (membro di un'associazione
sportiva, culturale o professionale, ecc. [cifra marg. B56]). A sostegno di
stretti legami professionali la circolare menziona per contro, sempre a
titolo di esempio, la circostanza che l'ultima professione appresa può
essere esercitata soprattutto nello Stato dell'ultimo impiego (diploma
nazionale), che la persona interessata dispone di un secondo domicilio in
tale Stato, in modo da non dovere rientrare regolarmente, almeno una volta a
settimana, al suo domicilio ufficiale, come pure il fatto che essa vi lavora
già da svariati anni (cifra marg. B57; sulla portata, non vincolante per il
giudice delle assicurazioni sociali, delle direttive amministrative cfr. DTF
132 V 121 consid. 4.4 pag. 125, 200 consid. 5.1.2 pag. 203; 131 V 42 consid.
2.3 pag. 45; 130 V 229 consid. 2.1 pag. 232 e sentenze ivi citate).

  10.2  Quanto all'esistenza degli stretti legami personali con lo Stato
d'impiego, il seco giustamente non sembra contestarla. Ci si limita pertanto
ad osservare che il resistente - celibe e senza figli, i cui parenti più
prossimi sono una sorella che vive in Gran Bretagna e una zia che abita nel
Cantone X. - , benché disponga di conoscenze scritte e orali di italiano
molto buone, è di madre lingua tedesca. Egli è socio attivo e impegnato di
due associazioni svizzere per la tutela degli animali, è abbonato a giornali
e riviste svizzere,

che riceve presso un fermo posta ad A. (TI), e incontra regolarmente suoi ex
colleghi a L. (TI) e suoi amici a Z. (CH), dove si trova peraltro anche il
suo dentista. A ciò si aggiunge che la decisione di trasferirsi a I. (un
paesino italiano di 871 abitanti in prossimità [ca. 7 km] della frontiera
svizzera, alla cui vita comunale l'interessato non sembrerebbe partecipare)
dopo avere trascorso la maggior parte della sua vita in Svizzera - e
apparentemente fino al 1999 nella Svizzera tedesca -, appare influenzata da
contingenze esterne, non proprio totalmente frutto di una sua libera scelta.
Emerge infatti dalle dichiarazioni rese da H. in sede procedurale che,
presso la sua precedente abitazione ticinese, egli sarebbe stato ultimamente
oggetto di atti vandalici e intimidatori (rottura dei vetri e taglio delle
gomme dell'autovettura) da parte di sconosciuti contro i quali avrebbe anche
sporto denuncia. Atti, che l'interessato ricondurrebbe al fatto che, con il
suo intervento, avrebbe convinto il suo precedente locatore a sfrattare due
vicini tossicodipendenti che lo turbavano nel riposo notturno e nel suo
bisogno di tranquillità, e che il mantenimento della residenza in Ticino non
avrebbe probabilmente favorito a fare cessare. Da ultimo ma non per ultimo,
non va dimenticato che se il mantenimento di stretti legami personali con il
luogo d'impiego era comunque stato riconosciuto nella vertenza Miethe (cfr.
soprattutto conclusioni dell'Avvocato generale, Racc. 1986 pag. 1840),
nonostante l'interessato avesse trasferito la residenza in altro luogo
(Belgio) per importanti motivi familiari (per vivere tutti sotto lo stesso
tetto), ben difficilmente questo legame potrebbe ora essere negato nella
presente fattispecie.

  10.3  Contrariamente a quanto sostiene il Segretariato ricorrente, il
giudizio cantonale non è censurabile nella misura in cui ha pure ritenuto
soddisfatta la seconda condizione, vale a dire quella dell'esistenza di
stretti legami professionali con la Svizzera.

  10.3.1  Eccezion fatta per il breve, e ormai lontano, periodo dal 1966 al
1969 - quando peraltro la situazione congiunturale e del mercato del lavoro
nella vicina Penisola non era necessariamente paragonabile a quella attuale
-, H. ha infatti effettuato tutta la sua formazione e la carriera
professionale in Svizzera, prevalentemente nella Svizzera tedesca. Orbene,
sostenere, come fa ora il seco, che un suo reinserimento in qualità di
agente bancario risulterebbe più facile a Como o a Milano che non in
Svizzera appare quantomeno opinabile. Da un lato, l'affermazione astrae
dalle peculiarità

personali e culturali dell'interessato, poc'anzi esposte, dall'altro sembra
ignorare che l'attività da lui svolta, da ultimo in qualità di "responsabile
reparto lettere di credito e garanzie", non può prescindere da conoscenze
specifiche degli usi commerciali e del quadro legislativo nazionali. Anche e
soprattutto in ragione dello specifico quadro istituzionale e regolamentare
che disciplina in dettaglio l'attività bancaria in esame, ben difficilmente
l'interessato, ormai sessantenne e già difficilmente collocabile in
Svizzera, come dimostrano le finora infruttuose ricerche di lavoro, avrebbe
uguali se non addirittura migliori opportunità di reinserimento
professionale nella vicina Lombardia. A ciò si aggiungono le difficoltà, per
non dire l'impossibilità, di reintegrazione professionale in Italia legate
all'età che rendono ancora più improbabile l'opportunità di reperire una
nuova occupazione in un Paese in cui l'età pensionabile si situa intorno ai
59 anni (in linea con la media europea; cfr. www.
camera.it/_dati/leg14/lavori/stenografici/sed500/21450b01.htm pag. 63).

  Né si potrebbe propriamente sostenere che i legami professionali di H. con
la Svizzera sarebbero meno importanti di quelli che poteva fare valere Horst
Miethe con la Germania nella nota vertenza in qualità di rappresentante
(itinerante) di commercio; non fosse altro per la mancanza di un vero
vincolo di ubicazione per quest'ultima attività. Quanto al fatto che la
tessera professionale, di cui sarebbe stato in possesso Horst Miethe anche
dopo la sua iscrizione alla disoccupazione, avrebbe avuto validità solo in
Germania, la circostanza, oltre a porre qualche legittima perplessità dal
profilo dell'eventuale compatibilità con il diritto comunitario, non risulta
comunque in questi termini né dalla sentenza della CGCE né dalle conclusioni
dell'Avvocato generale.

  10.3.2  Né è atto infirmare questa convinzione il fatto che H. non
disporrebbe di un secondo alloggio o addirittura, secondo la formulazione
della citata Circolare del seco (cifra marg. B57), di un secondo domicilio
("Zweitwohnsitz"; "second domicile") in Svizzera, come sarebbe invece stato
il caso del signor Miethe nella nota vertenza. Contrariamente a quanto
sembra sottintendere il seco, in nessun modo la CGCE (o l'Avvocato generale
nelle sue conclusioni, sostanzialmente seguite dalla Corte) ha infatti
dichiarato necessaria questa condizione (e tanto meno quella di un secondo
domicilio, visto e considerato che il signor Miethe disponeva di una
semplice possibilità di pernottamento presso la suocera) per potere

ammettere l'esistenza di stretti legami (personali e) professionali con lo
Stato d'ultimo impiego. Né, a ben vedere, la Corte di giustizia si è in
realtà concretamente pronunciata sulla situazione specifica di Horst Miethe,
avendo essa piuttosto demandato al giudice nazionale il compito di stabilire
se il singolo lavoratore avesse conservato nello Stato membro dell'ultima
occupazione legami personali e professionali tali da ivi disporre delle
migliori possibilità di reinserimento professionale (conformemente alla
procedura di rinvio procedurale ai sensi dell'art. 234 del Trattato CE la
Corte di giustizia si limita infatti a rispondere alle questioni
d'interpretazione del diritto comunitario che le vengono sottoposte dai
giudici nazionali, mentre questi ultimi rimangono i soli competenti a
statuire sul merito tenendo conto delle circostanze di fatto e di diritto
delle vertenze in esame [DTF 130 II 113 consid. 6.1 pag. 120 con
riferimenti]).

  Per il resto, va comunque osservato, in via abbondanziale, che anche la
Circolare del seco considera questo aspetto (la presenza di un "secondo
domicilio" nel luogo di lavoro) unicamente come uno tra i possibili indizi
per ammettere il necessario legame con lo Stato d'impiego. Ciò che non
esclude pertanto l'applicazione della giurisprudenza Miethe nel caso di
specie.

  10.3.3  Anche un esame comparativo conferma la tesi qui sostenuta
dell'esistenza del necessario legame professionale con lo Stato d'ultimo
impiego. È infatti utile rilevare che la giurisprudenza Miethe viene
regolarmente applicata in altri Paesi europei, ad esempio nei confronti dei
cittadini germanici e belgi residenti nelle zone di frontiera dei Paesi
Bassi, che lì si trasferiscono per potere beneficiare delle condizioni più
favorevoli di acquisto di un'abitazione, e dove le stesse persone, una volta
cadute in disoccupazione, vengono indirizzate all'assicurazione di
disoccupazione dello Stato d'ultimo impiego (cfr. PENNINGS, op. cit., pag.
235 seg.).

  10.3.4  A ciò si aggiunge che il sistema introdotto dalla CGCE a
correzione della norma generale di cui all'art. 71 n. 1 lett. a punto ii del
regolamento n. 1408/71 e allo scopo di tenere conto, per ragioni di equità,
delle situazioni concrete che possono venirsi a creare e per le quali
l'applicazione della norma generale darebbe luogo a delle indesiderate
distorsioni, rendendo segnatamente più difficile le reintegrazione
professionale (conclusioni dell'Avvocato generale Lenz nella causa Miethe,
Racc. 1986 pag. 1843), oltre a già trovare applicazione altrove, si
giustifica anche alla luce del fatto

che, operando diversamente, uno Stato verrebbe altrimenti chiamato a erogare
le prestazioni in favore di lavoratori per rapporto ai quali è per contro
stato privato dei relativi contributi di disoccupazione (PENNINGS, op. cit.,
pag. 236; in questo senso pure USINGER-EGGER, tesi, pag. 94; cfr. pure le
conclusioni dell'Avvocato generale Lenz nella causa Miethe, Racc. 1986 pag.
1844). Ora, è vero che il Protocollo addizionale all'Allegato II ALC
concernente l'assicurazione contro la disoccupazione, alla cifra 2 e 3,
stabilisce che per una durata di sette anni dall'entrata in vigore dell'ALC,
la retrocessione dei contributi dei lavoratori frontalieri all'assicurazione
svizzera contro la disoccupazione, quale è disciplinata negli accordi
bilaterali rispettivi (in casu cfr. l'Accordo italo-svizzero sulla
compensazione finanziaria in materia d'assicurazione-disoccupazione dei
frontalieri; RS 0.837.945.4), continua a essere applicata. Se nondimeno ci
si limita ad applicare la menzionata disposizione convenzionale - peraltro
di natura provvisoria e transitoria - unicamente ai "veri" e tipici
lavoratori frontalieri, cosa che il suo tenore letterale e la sua ratio
consentono senz'altro di fare, ecco che (anche) la considerazione di fondo
legata alla necessità di correggere le suindicate distorsioni mantiene la
sua integrale validità nel presente contesto.

  10.3.5  Per rispondere quindi alle ulteriori allegazioni ricorsuali, se è
pur vero che la giurisprudenza Miethe non conferisce alle persone
interessate un incondizionato diritto di scelta, la decisione circa lo
statuto applicabile essendo stata demandata alle autorità giudiziarie
nazionali, d'altra parte non si può nemmeno propriamente affermare, come
sostiene invece il seco, che la CGCE avrebbe invitato a un'applicazione
restrittiva di tale prassi. L'analisi della sentenza e delle conclusioni
dell'Avvocato generale come pure l'esame comparativo attestato dall'esempio
olandese (consid. 10.3.3) non corroborano questa tesi. Al contrario, non
manca chi, in dottrina, non esita a fare notare come la Corte di giustizia
avrebbe sottovalutato la portata della sua giurisprudenza (PENNINGS, op.
cit., pag. 235: "The Court may have understimated the number of situations
in which the Miethe rule can apply"). A ciò si aggiunge che il nuovo
regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29
aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU
L 166 del 30 aprile 2004), che dovrebbe sostituire e semplificare il
regolamento n. 1408/71, anche se per la Svizzera non è ancora stato
dichiarato vincolante, oltre

a recepire la giurisprudenza Miethe, prevede, al suo art. 65 n. 2,
addirittura un diritto di opzione in favore dei lavoratori frontalieri (cfr.
pure USINGER-EGGER, Ausgewählte Rechtsfragen, pag. 37, nota 23 in fine).

  10.3.6  Infine, contrariamente a quanto lascia intendere la Circolare
C-AD-LCP, la giurisprudenza Miethe nemmeno esige che i contatti debbano
essere molto più stretti con lo Stato d'ultimo impiego - anche se nel caso
di specie risultano effettivamente esserli - che non con lo Stato di
residenza. La CGCE si è infatti, ma pur sempre, limitata a richiedere
l'esistenza di legami con lo Stato d'impiego tali da fare qui apparire le
migliori possibilità di reinserimento professionale. Sono pertanto queste
ultime che devono risultare maggiori nello Stato d'ultimo impiego (in questo
senso pure EDGAR IMHOF, FZA/EFTA-Übereinkommen und soziale Sicherheit, Ein
Überblick unter Berücksichtigung der bis Juni 2006 ergangenen
höchstrichterlichen Rechtsprechung zum materiellen Koordinationsrecht, in:
Jusletter del 23 ottobre 2006, cifra marg. 43 e nota 122). Ciò che, per
quanto detto, si realizza senz'altro nel caso di specie.

  10.4  Visto quanto precede, si deve concludere che H. poteva, come hanno
ritenuto i primi giudici, essere considerato un ("vero", anche se atipico)
frontaliere nel senso della giurisprudenza Miethe e avrebbe potuto per
principio, contrariamente alle indicazioni fornitegli dagli organi
competenti, rivolgersi all'assicurazione disoccupazione svizzera a partire
dal 1° marzo 2004. In tali condizioni, la pronuncia cantonale merita di
essere confermata, la causa essendo rinviata all'amministrazione affinché
verifichi l'adempimento degli ulteriori presupposti necessari per il diritto
alle indennità di disoccupazione.