Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 132 IV 63



Urteilskopf

132 IV 63

  9. Estratto della sentenza della I Corte di diritto pubblico nella causa
avv. A.A. e avv. B.A. contro Amministrazione federale delle contribuzioni e
Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale (ricorso)
  1S.31/2005 del 6 febbraio 2006

Regeste

  Art. 50 VStrR, Art. 321 StGB; Entsiegelung von Papieren und Datenträgern
einer Anwaltskanzlei. Ausscheidung in einem dreistufigen Verfahren durch die
Beschwerdekammer des Bundesstrafgerichts.

  Das folgende dreistufige Verfahren verletzt kein Bundesrecht: Zuerst
werden die für die Untersuchung sachdienlichen Dokumente ausgesondert.
Nachher wird bestimmt, welche dieser Dokumente unter das Anwaltsgeheimnis
fallen. Bei den übrigen sachdienlichen Dokumenten werden schliesslich,
soweit nötig, die Namen der Klienten zu deren Schutz abgedeckt oder durch
Codes ersetzt; dafür wird bei Bedarf ein aussenstehender Sachverständiger
beigezogen (E. 4).

  Art. 33 Abs. 3 lit. a SGG; Zulässigkeit der Beschwerde bezüglich der
Gerichtsgebühr.

  Zulässigkeit der Beschwerde an das Bundesgericht gegen die vom
Bundesstrafgericht auferlegte Gerichtsgebühr, wenn dieser Punkt eng mit
einer Zwangsmassnahme zusammenhängt (E. 5).

Sachverhalt

  A.- Il 24 dicembre 2004 l'Amministrazione federale delle contribuzioni
(AFC) è stata autorizzata ad aprire un'inchiesta fiscale speciale nei
confronti degli avvocati A.A. e B.A., quest'ultima titolare di uno studio
legale e notarile a Lugano. Il legale è sospettato d'aver commesso gravi
infrazioni fiscali per aver sottaciuto al fisco federale una parte
importante della sua sostanza e dei suoi redditi imponibili, ricorrendo in
particolare a conti bancari non dichiarati intestati a società di tipo
"off-shore". Il 2/3 febbraio 2005 la Divisione delle inchieste speciali
dell'AFC ha perquisito il citato studio legale, ponendo in luogo sicuro
diversi documenti cartacei e informatici, sequestrando in seguito numerosi
documenti, anch'essi posti sotto suggello. L'11 aprile 2005 l'AFC ha
presentato alla Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale una
richiesta di levata dei sigilli sui documenti e sui supporti informatici
sequestrati.

  B.- Con sentenza dell'8 agosto 2005 la Corte dei reclami penali ha accolto
la richiesta di dissuggellamento stabilendo per la cernita, che sarà
effettuata dalla Corte medesima, una procedura in tre fasi; questa prevede
dapprima la separazione dei documenti utili all'inchiesta da quelli che non
lo sono, la distinzione in seguito di quelli coperti dal segreto
professionale dell'avvocato da quelli che non lo sono e, infine, per i
documenti restanti e utili all'inchiesta, a protezione dei clienti, la
depennazione o la codificazione, se del caso,

dei loro nomi, facendo capo, se necessario, alla collaborazione di un
esperto esterno.

  C.- Avverso questo giudizio gli avvocati A.A. e B.A. presentano un ricorso
secondo l'art. 33 cpv. 3 lett. a della legge del 4 ottobre 2002 sul
Tribunale penale federale (LTPF; RS 173.71).

  La Corte dei reclami penali, riconfermandosi nel giudizio impugnato,
propone di respingere il ricorso. L'AFC propone la reiezione del gravame.
Nelle osservazioni del 18 ottobre 2005 i ricorrenti si riconfermano nelle
loro tesi e conclusioni.

  Il Tribunale federale ha respinto il ricorso.

Auszug aus den Erwägungen:

                            Dai considerandi:

Erwägung 4

  4.

  4.1  Confermata l'ammissibilità della perquisizione e del suggellamento,
occorre esaminare ora la criticata procedura di levata dei sigilli. La
competenza del Tribunale penale federale per statuire sulla domanda di
dissuggellamento e procedere alla cernita è pacifica (cfr. DTF 130 II 302).
La Corte dei reclami penali ha ritenuto che per stabilire se i ricorrenti
abbiano effettivamente sottratto redditi al fisco è necessario poter
accedere a tutti i documenti concernenti le loro attività remunerative, ciò
che implica l'accesso agli incarti dei clienti dello studio legale allo
scopo di controllare le modalità di fatturazione delle prestazioni, in
pratica quindi gli importi fatturati e i conti bancari utilizzati. Ha
ricordato che, in tale ambito, i clienti hanno diritto alla protezione della
loro identità, nella misura in cui la loro rivelazione non sia necessaria ai
fini dell'inchiesta fiscale, da cui la necessità di adottare un modo di
operare che permetta di accedere alla documentazione e di tutelare nel
contempo l'identità dei clienti.

  4.2  La Corte ha quindi esaminato la possibilità di far intervenire un
esperto neutrale, modalità, come visto, ammessa dalla giurisprudenza e dalla
dottrina, alla quale accennavano anche i ricorrenti sulla base di un parere
giuridico da loro prodotto. Al proposito essa ha rilevato tuttavia che una
tale soluzione né è prevista dalla legge federale del 14 dicembre 1990
sull'imposta federale diretta (LIFD; RS 642.11) né dalla DPA (RS 313.0), ma
dall'art. 57 della legge federale del 2 settembre 1999 concernente l'imposta
sul valore aggiunto (LIVA; RS 641.20). Secondo questa norma le persone
tenute a osservare il segreto professionale hanno l'obbligo di presentare i
loro

libri, ma possono celare i nomi dei clienti o sostituirli con codici; nei
casi dubbi è data la possibilità, su richiesta, di designare esperti neutri
come organi di controllo. La Corte ha poi ricordato che nel contesto
dell'elaborazione della LIVA il Consiglio federale e il Parlamento
concordavano sul fatto che i detentori di segreti, avvocati e notai,
potessero in effetti tener segreta l'identità dei clienti nascondendo i loro
nomi o sostituendoli con dei codici.

  4.3  La Corte dei reclami penali, rilevato rettamente che non tutti gli
atti raccolti nell'ambito di una perquisizione sono necessariamente utili ai
fini dell'inchiesta, ha ritenuto giudizioso procedere alla cernita dei
documenti rinvenuti presso lo studio legale sulla base di una procedura da
svolgere in tre fasi e segnatamente nel modo seguente:
a) distinguere i documenti utili all'inchiesta da quelli che non lo sono,
ritenuto che questi ultimi devono essere restituiti ai ricorrenti;
b) distinguere tra i documenti utili quelli concernenti l'attività tipica
dell'avvocato e del notaio (coperti di regola dal segreto), da quelli che
non lo sono (quindi non coperti dal segreto) e che possono pertanto essere
presi in considerazione per l'inchiesta;
c) garantire per i documenti restanti utili all'inchiesta la protezione dei
clienti, per cui, nella misura in cui determinati fatti o nomi di persone
non siano necessari per l'imposizione fiscale del detentore medesimo del
segreto, i relativi nomi devono essere oscurati o sostituti con dei codici.

  La Corte dei reclami penali ha precisato che effettuerà essa stessa queste
operazioni, facendo capo, se necessario, alla collaborazione di un esperto
esterno, da essa nominato, ulteriormente, per l'esecuzione della terza fase.

  4.4  La tesi dei ricorrenti secondo cui nell'ambito della perquisizione
sussisterebbe un chiaro onere di allegare e di circostanziare, per ogni
singolo incarto asportato e per ogni documento sequestrato, perché sarebbe
significativo per l'inchiesta non regge, già per il fatto che l'autorità
inquirente non può esaminare i documenti di cui è chiesto il suggellamento.
I ricorrenti aggiungono che la Corte dei reclami penali non potrebbe
effettuare la prima fase della cernita, poiché l'AFC non avrebbe
preliminarmente spiegato né indicato i motivi per i quali i documenti
elencati nei processi verbali sarebbero rilevanti per l'inchiesta. Come si è
visto, questa generica censura non regge. L'AFC e la Corte dei reclami
penali hanno infatti spiegato i motivi, condivisibili viste le particolarità
della fattispecie,

che impongono l'esame della documentazione dello studio legale. I
ricorrenti, richiamando alcune pratiche, sostengono invero che le istanze
precedenti non ne avrebbero spiegato la rilevanza ai sensi della prassi
esposta nella sentenza 1P.32/2005 dell'11 luglio 2005. Come si è già
rilevato, quella decisione concerne tuttavia un'altra fattispecie. Non
occorre pertanto sospendere la procedura di levata dei sigilli, come
richiesto dai ricorrenti, per invitare l'AFC a motivare ulteriormente la
richiesta per ogni singolo documento.

  4.5  I ricorrenti adducono che occorre offrire alla ricorrente,
rispettivamente al ricorrente per i documenti del "vecchio" studio, da una
parte la possibilità di indicare preventivamente il contenuto dei documenti
oggetto di cernita e di precisare se gli stessi rientrano nell'attività
tipica dell'avvocato e, dall'altra, il diritto di assistere e di essere
sentiti in ogni fase della cernita. Certo, anche se questa facoltà non è
stata espressamente indicata, la Corte dei reclami penali ha comunque
sottolineato che la cernita avverrà in presenza del detentore, che potrà
esprimere il suo parere. Del resto, già nella richiesta di levata dei
sigilli, l'AFC chiedeva che la cernita avvenisse in presenza dei
rappresentanti dei ricorrenti.

  4.6  Il modo di procedere in tre fasi adottato dalla Corte dei reclami
penali è conforme alla giurisprudenza (sentenza 8G.35/1999 del 22 settembre
1999, consid. 6e) e tutela anche l'interesse dei clienti dello studio legale
(NIKLAUS OBERHOLZER, in: Commentario basilese, 2003, n. 22 all'art. 321 CP;
STEFAN TRECHSEL, Schweizerisches Strafgesetzbuch, Kurzkommentar, 2a ed.,
Zurigo 1997, n. 34 all'art. 321 CP). Il Tribunale federale si è già espresso
sulla portata del segreto professionale dell'avvocato nell'ambito del
diritto fiscale (sentenza 2A.247/2000 del 20 aprile 2001, apparsa in ASA 71
pag. 394, richiamata nel giudizio impugnato). In quella decisione,
concernente l'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto di prestazioni
fornite a destinatari residenti all'estero, è stato stabilito che il
detentore di un segreto professionale legalmente protetto è obbligato
nell'ambito della propria procedura di tassazione fiscale, come tutti gli
altri contribuenti, a collaborare; questi, invocando il segreto
professionale, non può pertanto sottrarsi ai suoi obblighi di fornire
informazioni e al suo dovere di dimostrazione. In quella sede è stato
nondimeno rilevato che tale obbligo dev'essere adempiuto tenendo conto del
principio della proporzionalità, ricordato che non è d'altra parte
ammissibile insinuare fin dall'inizio nei suoi confronti l'esistenza di un
abuso. È quindi stato ritenuto che la richiesta di fornire in ogni caso

le prove di una esportazione di servizi, con indicazioni complete dei nomi e
degli indirizzi dei clienti esteri dell'avvocato, costituisce una misura
sproporzionata se le circostanze della fattispecie non destino dubbi
sull'esattezza dell'autotassazione e non si sia in presenza di fondati
sospetti di abuso o di un comportamento criminoso. I nomi e le indicazioni
delle strade potevano quindi essere anonimizzati fino alle iniziali
(sentenza citata, consid. 2; cfr. anche MICHAEL PFEIFER, in: Walter
Fellmann/Gaudenz G. Zindel [editori], Kommentar zum Anwaltsgesetz, Zurigo
2005, n. 50 all'art. 13 LLCA).

  La protezione dei clienti, sulla quale insistono i ricorrenti, è quindi
garantita dalla procedura adottata dalla Corte dei reclami penali, visto che
i nomi possono essere oscurati o sostituiti con codici (sentenza del 20
settembre 1957, consid. 4, in: ASA 26 pag. 336; sul tema vedi PETER BÖCKLI,
Anwaltsgeheimnis und Fiskus im Rechtsstaat, in: SJZ 76/1980 pag. 125 segg.,
128, 133 seg.; JÜRG DUBS, Der Anwalt als Steuerpflichtiger und als
Drittperson im Steuerrecht, in: Das Anwaltsgeheimnis, Zurigo 1997, pag. 10
segg., in particolare pag. 14 seg., 23 segg.; JEAN-MARC RIVIER, Le secret
professionnel de l'avocat, in: L'avvocato svizzero, 1993, vol. 9, pag. 15
segg.; RAMON MABILLARD, Anwaltsgeheimnis als verfassungsrechtliche Schranke
für Zwangsmassnahmen, in: SJZ 101/2005 pag. 209 segg., in particolare pag.
215 segg.). La procedura adottata dalla Corte dei reclami penali non viola
quindi il diritto federale. Ne segue che, riguardo al dissuggellamento, il
ricorso dev'essere respinto.

Erwägung 5

  5.

  5.1  I ricorrenti criticano infine che la tassa di giustizia di fr. 1500.-
è stata posta solidalmente a loro carico. Sostengono che il procedimento
dinanzi alla Corte dei reclami penali non avrebbe comportato la loro
integrale soccombenza, visto che l'AFC chiedeva l'autorizzazione a procedere
essa medesima alla levata dei sigilli. La procedura in tre fasi finalmente
ritenuta dall'istanza precedente corrisponderebbe in sostanza alla loro
conclusione in via subordinata, per cui la soccombenza avrebbe dovuto essere
ripartita proporzionalmente, con preponderanza a carico dell'autorità
inquirente.

  5.2  Il Tribunale federale, pronunciandosi sul mantenimento della
detenzione preventiva, ha recentemente stabilito che il ricorso non era
ammissibile nella misura in cui il ricorrente faceva valere d'essere stato
privato del diritto di consultare l'incarto della procedura

e di essere stato interrogato senza la presenza del suo avvocato: queste
censure, fondate sull'asserita violazione dei diritti della difesa, esulano
in effetti dall'oggetto del litigio deferibile davanti al Tribunale federale
(sentenza 1S.1/2004 del 9 luglio 2004, consid. 2); ciò vale anche per
l'esclusione del patrocinio di due coimputati da parte del medesimo legale,
perlomeno qualora la critica non sia sollevata nell'ambito di una misura
coercitiva (DTF 131 I 52 consid. 1.2.2-1.2.5), per il suggellamento di
documenti a titolo provvisorio ordinato dal Presidente della Corte dei
reclami penali (DTF 130 IV 156 consid. 1.2) e per la decisione presidenziale
concernente l'effetto sospensivo (sentenza 1S.9/2004 del 23 settembre 2004,
consid. 2.1). Pure la questione dell'indennità degli avvocati d'ufficio e
quella sulla portata della decisione concernente l'assistenza giudiziaria
non costituiscono misure coercitive (sentenza 1S.3/2004 del 13 agosto 2004,
consid. 2.3; cfr. anche la sentenza 6S.15/2005 del 12 maggio 2005, consid. 2
e 3).

  Il Tribunale federale ha ritenuto che quando sussiste una connessione
stretta e concreta tra le questioni procedurali e le misure coercitive di
merito, il ricorso è nondimeno ammissibile: ciò vale segnatamente per la
questione della lingua nella quale è notificata la misura coercitiva, ma non
riguardo all'assunzione del procedimento, alla competenza dell'autorità
inquirente e all'attribuzione interna della causa (sentenza 1S.6/2004 del 26
settembre 2005, consid. 1.1-1.3).

  5.3  In una decisione, rimasta isolata, concernente soltanto la
ripartizione delle spese del procedimento dinanzi alla Corte dei reclami
penali perché il sequestro era divenuto privo di oggetto, il Tribunale
federale ha ribadito che una siffatta vertenza non si riferiva direttamente
a una misura coercitiva. Ha stabilito nondimeno che la decisione relativa
alle spese era comunque accessoria a quella di merito inerente al sequestro,
ossia a una misura impugnabile ai sensi dell'art. 33 cpv. 3 lett. a LTPF: ha
quindi esaminato la criticata ripartizione delle spese, accogliendo il
ricorso a causa di una violazione del diritto di essere sentito (1S.15/2005
del 24 maggio 2005). Questa soluzione è discutibile e si scosta dalla citata
prassi.

  Nella fattispecie il litigio sulla questione della tassa di giustizia del
Tribunale penale federale è tuttavia strettamente connesso a una misura
coercitiva ed è pertanto impugnabile dinanzi al Tribunale federale (sentenza
1S.3/2004, citata, consid. 2.4).

  5.4  I ricorrenti non sostengono, rettamente, che le criticate spese
processuali, fissate in funzione dell'ampiezza e delle difficoltà della

causa, del modo di condotta processuale e della situazione finanziaria delle
parti, sarebbero eccessive. In effetti, la tassa di giustizia può ammontare
davanti alla Corte dei reclami penali, di regola, fino a fr. 10'000.- (art.
1, 3 e 4 lett. c del regolamento dell'11 febbraio 2004 sulle tasse di
giustizia del Tribunale penale federale [RS 173.711.32]). L'importo di fr.
1'500.-, che si situa nel limite inferiore della tassa di giustizia, tiene
sufficientemente conto dell'esito della lite. Del resto i ricorrenti,
richiamando l'art. 156 OG, secondo cui le spese processuali sono messe a
carico della parte soccombente (cpv. 1) o ripartite proporzionalmente tra le
parti quando nessuna di loro ha interamente vinto (cpv. 3), disattendono che
di regola la Confederazione è dispensata dal pagamento della tassa di
giustizia (art. 156 cpv. 2 OG; cfr. DTF 130 IV 156 consid. 2).