Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 131 IV 160



Urteilskopf

131 IV 160

  23. Estratto della sentenza della Corte di cassazione penale nella causa
A. contro Procuratore pubblico del Cantone Ticino (ricorso per cassazione)
  6S.110/2005 del 1° settembre 2005

Regeste

  Art. 173 und 176 StGB; üble Nachrede durch Schrift, Bild oder andere
Mittel.

  Die Bestimmungen zu den Ehrverletzungen müssen verfassungskonform
ausgelegt werden. Notwendigkeit einer Interessenabwägung (E. 3.3.1).

  Die Auslegung ehrverletzender Behauptungen ist eine Rechtsfrage und als
solche im Rahmen einer Nichtigkeitsbeschwerde vom Bundesgericht überprüfbar
(E. 3.3.3).

  Voraussetzungen, unter welchen die Seitengestaltung, die Titel und die
Fotografien einer Reportage in ihrer Gesamtheit eine Ehrverletzung
darstellen (E. 3.3.3).

Sachverhalt

  Il 25 agosto 2002 sul settimanale "Il Caffè" appariva un servizio con
lancio in prima pagina, firmato da B. e A., intitolato "Corruzione a
Palazzo. Ecco i nuovi intrighi". A pagina 2 del giornale figuravano due
articoli dedicati alla vicenda: il primo intitolato "Le confessioni di C.
L'ex funzionario ammette le sue relazioni pericolose con l'avvocato G."; il
secondo dal titolo "Così mi indicarono quel legale. Le rivelazioni di uno
svizzero coinvolto nei meccanismi di riciclaggio di denaro dall'Italia". In
terza pagina venivano disposti altri tre articoli dedicati alle rivelazioni
di C. In cima alle pagine 2 e 3 era posto un cosiddetto "pulsante" o anche
"bottone" (accorgimento grafico per consentire al lettore di prendere atto
immediatamente del tema principale della pagina) dal titolo "G. connection",
con l'immagine di alcune mazzette di denaro su sfondo azzurro.

  A pagina 2, subito sotto il citato pulsante, veniva collocata una striscia
riassuntiva denominata "I fatti", comprendente due fotografie di D., di cui
una con E. e l'altra con F. Sopra la prima fotografia figurava la dicitura
"Giugno 2000. Inchiesta sul giudice" e sopra la seconda "Inizio agosto 2000.
Amici da alcuni anni". Accanto ad esse veniva inserito un breve trafiletto
sulla vicenda E.-D. Al centro della pagina 2 veniva posta una grande
fotografia di G. e, di fianco, una striscia verticale colorata dal titolo "I
protagonisti", con una breve presentazione di G., H., I., C., E., L. e D.
Nella striscia verticale venivano pure inserite le fotografie di I., E. e D.

  Il 5 settembre 2002, reputandosi leso nel suo onore, D. presentava al
Ministero pubblico un esposto contro B. e A. Con decreti di accusa 14 luglio
2003 il Procuratore pubblico riconosceva entrambi autori colpevoli di
diffamazione e li condannava ad una multa di fr. 1'000.-, rispettivamente di
fr. 800.-.

  Il giudice della Pretura penale, statuendo su opposizione degli
interessati e previo congiungimento dei due procedimenti, con sentenza del
22 ottobre 2003 assolveva B., mentre confermava l'imputazione e la pena
contenute nel decreto di accusa a carico di A.

  In data 25 febbraio 2005 la Corte di cassazione e di revisione penale del
Tribunale d'appello del Cantone Ticino (CCRP) respingeva nella misura della
sua ammissibilità il ricorso per cassazione interposto da A. contro la
sentenza pretorile.

  A. insorge contro la sentenza dell'ultima istanza cantonale domandandone
l'annullamento per violazione del diritto federale.

  La CCRP rinuncia a presentare osservazioni. Il Procuratore pubblico
domanda l'integrale reiezione del ricorso.

  Il Tribunale federale ha respinto il ricorso, nella misura in cui è
ammissibile.

Auszug aus den Erwägungen:

                            Dai considerandi:

Erwägung 3

  3.

  3.1  La ricorrente censura anche una violazione dell'articolo 173 CP in
relazione alla fattispecie oggettiva del reato. A questo proposito essa
rileva preliminarmente come la particolarità di questo caso risieda nel
fatto che l'ipotesi del reato di diffamazione non si fondi su ciò che fu
scritto bensì sull'impaginazione e sulla veste grafica. Afferma quindi la
necessità in questi casi di procedere a un'interpretazione della fattispecie
penale conforme al diritto fondamentale della libertà dei media, nella quale
si tengano presenti le difficoltà tecniche e i ritmi di lavoro serrati con
cui sono chiamati a lavorare i giornalisti. Al giornale non si rimprovera di
avere scritto falsità al riguardo di D., bensì di aver veicolato
diffamazione attraverso un'impaginazione e una veste grafica tali da far
sorgere nel lettore l'errata convinzione che egli fosse anche coinvolto
nell'inchiesta a carico di G. per riciclaggio ed altri reati. L'insorgente
produce quindi tutta una serie di articoli di giornale con analoghi problemi
di accostamento fra titoli, giungendo alla conclusione che il servizio in
esame non possa lasciare spazio ad equivoci nel lettore medio. Equivoci che
verrebbero comunque spazzati via dalla lettura dei contenuti testuali del
servizio. Relativizzata viene inoltre la portata del suddetto bottone dal
titolo "G. connection", il quale dal profilo dell'impatto visivo non sarebbe
nemmeno lontanamente paragonabile ad un titolo.

  3.2  La CCRP rileva come la lesione dell'onore non derivi unicamente dalla
veste grafica e dall'impaginazione del giornale, ma dalla combinazione di
entrambi gli elementi con tre fotografie di D. sotto il pulsante "G.
connection", dopo che il tema era già lanciato in prima pagina con il titolo
"Corruzione a Palazzo. Ecco i nuovi intrighi". Condividendo le
argomentazioni pretorili l'ultima Corte cantonale considera come dal
complesso degli articoli, dei titoli e delle fotografie il lettore potesse
solo concludere che il tema del servizio fosse il caso di G., con
particolare riferimento ai suoi rapporti con taluni funzionari cantonali.
Trovando poi le immagini del querelante inserite nel medesimo contesto e
collocate in due strisce

riassuntive designate con termini eloquenti, il destinatario medio, cioè non
prevenuto e di cultura adeguata, poteva legittimamente trarre la conclusione
che D. fosse in qualche modo coinvolto anche nella vicenda di riciclaggio
imputabile al solo G.

  3.3  Si rende colpevole di diffamazione ai sensi dell'art. 173 CP
chiunque, comunicando con un terzo, incolpa o rende sospetta una persona di
condotta disonorevole o di altri fatti che possano nuocere alla reputazione
di lei, come pure chiunque divulga una tale incolpazione o un tale sospetto.
Alla diffamazione e alla calunnia verbali sono parificate le diffamazioni e
la calunnia commesse mediante scritti, immagini, gesti o qualunque altro
mezzo (art. 176 CP).

  3.3.1  Le norme che puniscono i delitti contro l'onore devono essere
interpretate in modo conforme alla Costituzione (DTF 118 IV 153 consid. 4c).
Nella fattispecie è quindi a ragione che l'insorgente sottolinea la
necessità di applicare l'art. 173 CP in maniera rispettosa della libertà dei
media giusta l'art. 17 Cost. (v. anche art. 10 CEDU; in generale sullo
statuto dei mass media nella nuova Costituzione federale v. ROBERTO PEDUZZI,
Meinungs- und Medienfreiheit in der Schweiz, tesi Zurigo 2004, pag. 17-19;
FRANZ ZELLER, Öffentliches Medienrecht, Berna 2004, pag. 91-99; ANDREAS
AUER, Les médias dans la nouvelle Constitution fédérale, in Medien,
Kriminalität und Justiz a cura di Ursula Cassani/Renie Maag/Marcel Alexander
Niggli, Coira/Zurigo 2001, pag. 13-34). D'altro canto non va dimenticato che
le norme penali in ambito di delitti contro l'onore e la sfera personale
riservata sono a loro volta espressione di diritti fondamentali come il
rispetto della dignità umana (art. 7 Cost.) e la protezione della sfera
privata (art. 13 Cost. rispettivamente art. 8 CEDU), i quali devono essere
parimenti tenuti in considerazione per un'interpretazione conforme alla
Costituzione (v. del resto lo stesso art. 10 n. 2 CEDU sui limiti alla
libertà di espressione, con la relativa giurisprudenza della Corte europea
dei diritti dell'uomo, in particolare le sentenze nelle seguenti cause, con
rispettivi rinvii: Cumpãnã contro Romania del 17 dicembre 2004, n. 88-91;
Karhuvaara contro Finlandia del 16 novembre 2004, n. 37-42; Perna contro
Italia del 6 maggio 2003, Recueil CourEDH 2003-V pag. 303, n. 39; Feldek
contro Slovacchia del 12 luglio 2001, Recueil CourEDH 2001-VIII pag. 117, n.
72-76; più in generale sulla contrapposizione fra libertà dell'informazione
e protezione dall'informazione v. ROLF H. WEBER, Informations- und
Kommunikationsrecht,

Allgemeiner Überblick, 2a ed., Basilea/Ginevra/Monaco 2003, pag. 26). In
questi casi occorre dunque procedere ad una ponderazione degli interessi in
gioco, cui nel concreto deve conformarsi la stessa operazione interpretativa
(comparativamente v. anche MARTIN LÖFFLER/REINHART RICKER, Handbuch des
Presserechts, 5a ed., Monaco 2005, pag. 73 e seg.; YVES MAYAUD, Code pénal,
Parigi 2004, pag. 1860 e seg.; ALBERTO CRESPI/FEDERICO STELLA/ GIUSEPPE
ZUCCALÀ, Commentario breve al Codice penale, Padova 2003, pag. 1900 e seg.,
con riferimenti alle rispettive prassi costituzionali).

  3.3.2  In tal senso, a prescindere dal regime particolare dell'art. 27bis
CP, il giornalista non beneficia di alcun privilegio in caso di lesione
dell'onore perpetrata per mezzo della stampa. L'autorità giudiziaria può
tenere conto delle particolari condizioni di lavoro dei giornalisti,
segnatamente dei ritmi di lavoro serrati con i quali essi sono sovente
chiamati ad operare, nonché della loro missione specifica solo nelle
questioni, come ad esempio quelle poste all'art. 173 n. 3 CP (interesse
pubblico alla divulgazione, motivo sufficiente, dovere di verifica delle
informazioni), in cui la legge le affida latitudine di apprezzamento.
L'interpretazione in quanto tale degli elementi costitutivi dell'infrazione
di cui all'art. 173 CP deve essere invece la stessa per tutti, a prescindere
dal fatto che il reo abbia agito o meno per mezzo della stampa (DTF 117 IV
27 consid. 2c; 104 IV 11 consid. 1c).

  3.3.3  Analogo discorso vale per l'interpretazione del senso delle
affermazioni incriminate, problematica esaminabile, in quanto questione di
diritto e non di fatto, nell'ambito di un ricorso per cassazione al
Tribunale federale (sentenza 6S.234/1996 del 10 giugno 1996, consid. 2a, Pra
85/1996 n. 242 pag. 947 e segg.; di altra opinione MISCHA CHARLES SENN, Der
"gedankenlose" Durchschnittsleser als normative Figur?, Medialex 1998 pag.
150-155, in part. 154 e seg.). Così nel determinare se un prodotto
giornalistico contiene un'offesa all'onore non ci si deve fondare sul
significato ad esso dato dalla persona direttamente toccata, ma bensì su di
un'interpretazione obiettiva secondo il senso che il lettore medio ed
imparziale gli deve dare considerate le circostanze concrete (DTF 128 IV 53
consid. 1a e rinvii).

  Si tratta di un'interpretazione che nel caso in esame deve basarsi sia
sull'impostazione grafica che sul contenuto testuale e fotografico

del servizio incriminato. A questo proposito l'istanza precedente ha
correttamente rilevato, a fronte di un'attenta ed equilibrata analisi sia
della forma che della sostanza dello stesso, come a determinarne il
carattere di offensività all'onore non concorrano unicamente la veste
grafica e l'impaginazione, quant'anche la combinazione di entrambi gli
elementi con tre fotografie dell'interessato sotto il pulsante "G.
connection". Contrariamente a quanto sostenuto nel gravame il pulsante in
questione non è un elemento secondario del servizio, ma ne costituisce
l'architrave grafica visto che oltre ad essere posto in una zona di alta
visibilità (sull'importanza ottica dei quadranti superiori della pagina v.
ad esempio ALBERTO PAPUZZI, Professione giornalista. Tecniche e regole di un
mestiere, Roma 1998, pag. 72) comunica al lettore un ben preciso messaggio,
ossia che quanto contenuto all'interno delle due pagine in questione
costituisca un'unità tematica, agglutinata appunto attorno alla
denominazione "G. connection", che in questo contesto assume quasi la
posizione e la funzione di un occhiello, l'elemento della titolazione
generalmente destinato ad introdurre con poche parole l'argomento principale
dell'articolo (v. LUIGI ALLORI, Dizionario dei mass media, Milano 1992, pag.
297). Si badi bene "G. connection" e non espressioni più generiche come ad
esempio "Ticinogate", il termine ispirato al famoso scandalo americano del
"Watergate" e sovente utilizzato per riassumere tutta una serie di
avvenimenti politico-giudiziari della recente storia ticinese, fra cui lo
stesso affare G. Affare poi sfociato nella condanna dell'omonimo
protagonista ad una pena di 14 anni di reclusione e fr. 50'000.- di multa
per infrazione aggravata alla legge federale sugli stupefacenti (LStup; RS
812.121), ripetuto riciclaggio di denaro (in parte aggravato) e ripetuta
organizzazione criminale (sentenza 16 giugno 2003 della Corte delle assise
criminali in Lugano, confermata dalla CCRP in data 19 aprile 2004 e dal
Tribunale federale mediante sentenza del 3 novembre 2004 nelle cause
6P.82/2004 e 6S.228/2004).

  A torto insiste quindi l'insorgente sul fatto che D. e G. sono comunque
due protagonisti del "Ticinogate" per cui gli accostamenti fra i due
sarebbero frequenti nella stampa. Non è l'accostamento grafico in quanto
tale ad essere diffamatorio, bensì l'inserimento di immagini e testi
relativi a D. all'interno di un ben preciso discorso che, in forza della
architettura grafica ad esso sottesa, induce il lettore a ritenere,
contrariamente al vero, che lo stesso D. fosse direttamente

coinvolto (anzi fosse tra "I protagonisti" come testualmente titolato in
capo alla striscia verticale colorata a pag. 2 del giornale, di cui sopra
nei Fatti) nel procedimento penale a carico di G., allora in detenzione
preventiva. Questo per di più a fronte di un lancio d'apertura in prima
pagina a titoli cubitali in cui si preannunciavano nuove sconvolgenti
rivelazioni (sul decisivo impatto dell'apertura in prima pagina v. WERNER
SCHWARZWÄLDER, Modernes Layout - Leitschnur für den Leser, in ABC des
Journalismus. Ein Handbuch, a cura di Claudia Mast, 10a ed., Costanza 2004,
pag. 365). Poco importa che la sostanza di questo discorso non trovi
conferma (ma comunque neppure esplicita confutazione) nel contenuto degli
articoli: è proprio la gratuità dell'inserimento a connotare penalmente il
fatto, visto che non molti lettori leggeranno nel dettaglio i pezzi del
servizio, mentre la gran parte tenderà a formarsi un'opinione, seppur
superficiale, sulla base di una lettura trasversale delle pagine in
questione, già traendo decisivi contenuti informativi dall'impaginazione,
dai titoli e dalle fotografie (sull'importanza per il lettore medio del
primo colpo d'occhio sulla pagina, con la connessa problematica del rischio
di incoerenza fra titoli e pezzo giornalistico PAPUZZI, op. cit., pag.
75-83; sul ruolo chiave delle fotografie SCHWARZWÄLDER, op. cit., pag. 367),
ovvero dai fattori, oggi sempre più importanti, di quella che viene definita
la comunicazione visiva (v. ad esempio NICHOLAS MIRZOEFF, Introduzione alla
cultura visuale, trad. ital., Roma 2002, pag. 32-38; AVE APPIANO,
Comunicazione visiva, 2a ed., Torino 1996, pag. 1-17). Non si tratta quindi,
come asserisce la ricorrente, di fare un "processo alle impressioni",
pretendendo dal giornale una sorta di "esame preliminare di impatto visivo"
per evitare accostamenti suggestivi. Accostamenti più o meno casuali e con
portata più o meno suggestiva di due o più articoli sono sempre possibili
senza configurare per questo reato di sorta. Penalmente rilevanti sono
invece quegli accostamenti che attraverso ben precise soluzioni grafiche -
come nel caso qui in esame l'insieme costituito da pulsante, immagini e
didascalie ad alta densità informativa - vengono organicamente inseriti in
un determinato discorso, che nel suo complesso arriva ad assumere valenza
diffamatoria.

  3.3.4  Da quanto sopra discende che la CCRP, giudicando adempiuta la
fattispecie di diffamazione dal profilo oggettivo, non ha violato il diritto
federale, per cui anche su questo punto il ricorso per cassazione va
respinto.