Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 129 IV 246



129 IV 246

37. Sentenza della Corte di cassazione penale nella causa Ministero
pubblico del Cantone Ticino contro A. (ricorso per cassazione)

    6S.489/2002 del 5 giugno 2003

Regeste

    Art. 13 Abs. 1 i.V.m. Art. 23 Abs. 1 ANAG; wiederholte rechtswidrige
Einreise in die Schweiz; Überprüfung der Rechtmässigkeit einer unbegrenzten
Einreisesperre.

    Dreistufige Überprüfungsbefugnis von Verwaltungsverfügungen durch
den Strafrichter (Bestätigung der Rechtsprechung; E. 2.1).

    Wenn der Beschuldigte darauf verzichtet hat, beim Verwaltungsgericht
Beschwerde zu erheben, oder wenn seine Beschwerde dort noch hängig ist,
kann der Strafrichter den Verwaltungsentscheid nur auf offensichtliche
Rechtsverletzung und offensichtliche Ermessensüberschreitung hin überprüfen
(teilweise Änderung der Rechtsprechung; E. 2.2).

    Prüfung der Rechtmässigkeit eines Entscheids der
Bundesverwaltungsbehörde, die einem Ausländer, der sich schwerer
Widerhandlungen gegen das Betäubungsmittelgesetz schuldig gemacht hat,
die Einreise in die Schweiz verbietet. Die Angemessenheit des Entscheids
kann nicht überprüft werden (E. 2.3).

Sachverhalt

    A.- Il 15 giugno 1983 la Corte delle assise criminali in Lugano ha
condannato il cittadino turco A., ora titolare anche di un passaporto
greco, a 10 anni di reclusione e all'espulsione dalla Svizzera per 15
anni per violazione aggravata della legge federale sugli stupefacenti.
Il 19 aprile 1990 il Consiglio di vigilanza sull'esecuzione delle pene
gli ha concesso la liberazione condizionale e la sospensione a titolo di
prova per 5 anni della pena accessoria dell'espulsione. Il 25 ottobre 1990
l'Ufficio federale degli stranieri (UFDS) ha disposto un divieto di entrata
di durata illimitata considerando che A., a seguito della condanna penale,
era persona indesiderata. Il provvedimento è stato confermato su ricorso
con decisione 5 dicembre 1991 del Dipartimento federale di giustizia e
polizia (DFGP).

    B.- Con decreto di accusa del 31 luglio 1991 il Procuratore pubblico
sottocenerino ha riconosciuto A. autore colpevole di violazione della
legge federale del 26 marzo 1931 concernente la dimora e il domicilio degli
stranieri (LDDS; RS 142.20) per essere entrato in Svizzera nonostante il
divieto d'entrata: la pena proposta, sospesa condizionalmente, è stata di
15 giorni di detenzione. Il 14 gennaio 1992 il Pretore del distretto di
Lugano, statuendo su opposizione, ha prosciolto l'interessato dall'accusa
perché il fatto non costituiva reato. Fondandosi su questa sentenza A. ha
chiesto la revoca del divieto di entrata. La richiesta è stata respinta
con decisione 3 marzo 1992 dell'UFDS, confermata su ricorso il 12 marzo
1993 dal DFGP.

    C.- Con decreto di accusa del 22 gennaio 2001 il Procuratore pubblico
riconosceva nuovamente A. autore colpevole di infrazione all'art. 23 cpv. 1
LDDS per essere ripetutamente entrato illegalmente in Svizzera dal 1995
in poi e per avere soggiornato in diverse località ticinesi: proponeva la
detenzione di 15 giorni sospesa condizionalmente per 2 anni. La successiva
opposizione sfociava nella sentenza 13 settembre 2001 del Pretore del
distretto di Lugano, che proscioglieva di nuovo l'accusato. Il Procuratore
pubblico insorgeva davanti alla Corte di cassazione e di revisione penale
del Tribunale d'appello ticinese (CCRP), la quale respingeva il ricorso,
nella misura in cui era ammissibile, con sentenza del 31 ottobre 2002.

    D.- Il Procuratore generale del Cantone Ticino insorge davanti
al Tribunale federale con ricorso per cassazione datato 18 dicembre
2002. Chiede che la sentenza impugnata sia annullata e che il procedimento
sia rinviato all'autorità cantonale per nuovo giudizio. Con scritto
del 30 dicembre 2002 la CCRP dichiara di rinunciare a presentare
osservazioni. Nella sua risposta del 13 maggio 2003 l'opponente domanda
che il ricorso venga respinto.

    Il Tribunale federale ha accolto il ricorso per cassazione.

Auszug aus den Erwägungen:

                            Considerandi:

Erwägung 1

    1.  Il ricorso per cassazione può essere proposto unicamente per
violazione del diritto federale (art. 269 cpv. 1 PP). La Corte di
cassazione penale del Tribunale federale è vincolata dagli accertamenti
di fatto dell'autorità cantonale (art. 277bis cpv. 1 seconda e terza
frase PP). Essa deve pertanto fondare il proprio giudizio sui fatti
accertati dall'ultima istanza cantonale oppure su quelli considerati
dall'autorità inferiore, ma solo nella misura in cui quest'ultimi siano
ripresi perlomeno implicitamente nella decisione impugnata (DTF 118 IV
122 consid. 1). Il ricorrente non deve criticare accertamenti di fatto
né proporre eccezioni ed impugnazioni nuove (art. 273 cpv. 1 lett. b PP).

Erwägung 2

    2.  La CCRP ha premesso che le decisioni 5 dicembre 1991 e 12
marzo 1993 con le quali il DFGP ha confermato i divieti di entrata
erano definitive. Ne ha dedotto, con richiamo alla dottrina ed alla
giurisprudenza, che il Pretore poteva vagliare pregiudizialmente con
pieno potere cognitivo la legittimità del divieto di entrata; esame che
andava eseguito sulla base della situazione di fatto vigente nel momento
in cui la decisione è stata presa. Il Procuratore generale riconosce tale
facoltà del giudice penale, ma rimprovera alla Corte cantonale di avere
effettuato un esame di opportunità invece che di legalità.

    2.1  In una sentenza di principio risalente al 1972 il Tribunale
federale ha modificato la propria giurisprudenza in merito alla facoltà del
giudice penale di esaminare pregiudizialmente la legalità delle decisioni
amministrative che stanno alla base dell'infrazione penale (per la vecchia
giurisprudenza cfr. DTF 71 IV 219 e 73 IV 254 consid. 2). Disturba
infatti l'idea che si possa venire puniti perché si è disubbidito ad
una decisione illegale dell'autorità (in questo senso già JOHANN CASPAR
BLUNTSCHLI, Allgemeines Staatsrecht, 6a ed., Stoccarda 1885, pag. 366,
n. 5). In DTF 98 IV 106 sono state quindi definite tre ipotesi. La prima
si verifica quando un tribunale amministrativo si è già pronunciato:
in tale caso il giudice penale non può più rivedere la legalità della
decisione amministrativa. Nella seconda ipotesi un ricorso al tribunale
amministrativo sarebbe stato possibile ma l'accusato non lo ha proposto
oppure, se lo avesse fatto, la decisione non è ancora stata emanata:
in questo caso, secondo la citata giurisprudenza, l'esame della legalità
da parte del giudice penale è possibile, ma è limitato alla violazione
manifesta della legge e all'abuso del potere di apprezzamento. Infine il
giudice penale sindaca liberamente la legalità, e quindi anche l'abuso
del potere d'apprezzamento, quando nessun ricorso ad un tribunale
amministrativo è ammesso contro la decisione amministrativa (DTF 121 IV
29 consid. 2a pag. 31; 98 IV 106 consid. 3).

    2.2  Questa costruzione a tre livelli non è priva di difetti. In
particolare vanno rilevate talune frizioni logiche nella transizione
fra il secondo ed il terzo livello. Non vi è infatti corrispondenza tra
il controllo della legalità da un lato e del potere d'apprezzamento
dall'altro. Se il passaggio dalla terza alla seconda costellazione
comporta giustamente una restrizione del potere d'esame sulla legalità,
lo stesso non vale in ambito di potere d'apprezzamento, dove invece il
potere d'esame resta invariato. Vi è in questo senso un'incoerenza del
sistema da rettificare adottando anche in ambito d'apprezzamento una
parallela restrizione del potere d'esame. Per fare questo va rivisto il
secondo livello introducendo una cognizione limitata all'abuso manifesto
del potere d'apprezzamento. Al terzo livello resta invece sempre possibile
un esame del semplice abuso del potere d'apprezzamento, quale emanazione
del controllo pieno della legalità. Tale correzione è quanto mai opportuna
anche in considerazione del fatto che la precedente giurisprudenza
affondava le proprie radici in un contesto storico-giuridico in cui la
giurisdizione dei tribunali amministrativi era molto meno sviluppata,
per cui l'esigenza di un controllo da parte del giudice penale era più
urgente rispetto ad oggi.

    2.3  Nella fattispecie si tratta di un caso del terzo livello. A
questo proposito dottrina e giurisprudenza sono concordi sul fatto
che l'esame non può venire in alcun modo esteso all'opportunità o
all'adeguatezza della decisione (v. DTF 100 IV 68; 98 IV 108; CHRISTOF
RIEDO, Commentario basilese, n. 65 all'art. 292 CP; BERNARD CORBOZ, Les
principales infractions, vol. II, Berna 2002, n. 12 all'art. 292 CP; JÖRG
REHBERG, Strafrecht IV, 2a ed., Zurigo 1996, pag. 308; GÜNTER STRATENWERTH,
Schweizerisches Strafrecht, BT II, 5a ed., Berna 2000, § 51 n. 6). Il
giudice penale non può godere di un potere d'esame più ampio del giudice
amministrativo, il quale nemmeno in materia d'espulsione degli stranieri ha
la facoltà di sindacare l'adeguatezza della decisione dell'amministrazione
cantonale (art. 104 lett. c OG; DTF 125 II 105 consid. 2a). Esamina
se la decisione d'espulsione è conforme alla legge ed al principio di
proporzionalità, ma non può sostituire l'apprezzamento dell'autorità
amministrativa con il proprio (DTF 104 Ib 1 consid. 1b). Si tratta dunque
di un esame di legalità ma non di opportunità o adeguatezza. È per tanto
corretta la tesi del Procuratore generale, secondo la quale il giudizio
penale non poteva rivedere l'opportunità delle decisioni amministrative
che stanno alla base dell'infrazione.

Erwägung 3

    3.  Nella decisione del 12 marzo 1993 il DFGP ha confermato il divieto
di entrata contro A. in applicazione dell'art. 13 cpv. 1 LDDS, considerando
determinante la condanna penale del 15 giugno 1983. La Corte cantonale ha
ritenuto che l'autorità amministrativa, così facendo, avrebbe dato "prova
di esagerato rigore trascurando in particolare di valutare le circostanze
favorevoli all'accusato. Tra queste circostanze l'autorità cantonale ha
menzionato le relazioni personali, lo stato di salute e il ravvedimento.

    Il Procuratore generale limita l'oggetto del ricorso all'accusa
di ripetuta entrata illegale; rinuncia invece ad ogni contestazione
concernente l'imputazione di ripetuto soggiorno illegale. Egli sostiene
che per l'applicazione dell'art. 13 cpv. 1 LDDS basta l'adempimento
della condizione oggettiva della condanna per crimine o delitto. Ciò
premesso, a suo avviso, rimarrebbe da esaminare soltanto se la durata
indeterminata del divieto di entrata rispetti i principi di proporzionalità
e di uguaglianza nonché il divieto di arbitrio. Quesito a cui risponde
affermativamente ribadendo la pericolosità dell'opponente e contestando il
di lui legame con la Svizzera. Il Procuratore generale si sofferma anche
sulle finalità diverse perseguite dall'espulsione penale per rispetto a
quella amministrativa e sulla conseguente indipendenza di giudizio delle
autorità che la pronunciano.

    3.1  Per l'art. 13 cpv. 1 prima frase LDDS l'autorità federale può
vietare l'entrata in Svizzera agli stranieri indesiderabili. Si tratta
di una misura di polizia degli stranieri, come tale da distinguere
dalla pena accessoria dell'espulsione dal territorio svizzero ex art. 55
CP. Infatti secondo la giurisprudenza del Tribunale federale le misure di
polizia degli stranieri perseguono scopi differenti rispetto a quelle
di natura penale. In questo senso il fatto che l'espulsione penale
sia stata sospesa in virtù dell'art. 55 cpv. 2 CP non costituisce un
ostacolo per un'eventuale espulsione di polizia (DTF 125 II 105 consid.
2b). In un'ottica giuspenalistica è determinante la questione del
possibile reinserimento sociale del reo, mentre per l'autorità di polizia
degli stranieri è centrale l'interesse della sicurezza e dell'ordine
pubblici. Quello della risocializzazione è in questo ambito soltanto un
fattore accanto a molti altri, da prendere in considerazione in maniera
più severa rispetto all'autorità penale o di esecuzione delle pene,
tenuto conto di una esaustiva ponderazione degli interessi di polizia
(sentenza 2A.531/1996 del 18 febbraio 1997, consid. 2b; DTF 114 Ib 1
consid. 3a pag. 3 e seg.; 120 Ib 129 consid. 5b pag. 132).

    3.2  L'opponente ha commesso una grave infrazione contro la legge
federale sugli stupefacenti avendo organizzato l'importazione di 4,180 kg
di eroina dalla Turchia alla Svizzera. La gravità del reato giustifica già
di per sé l'espulsione di polizia. Secondo la giurisprudenza amministrativa
del DFGP è infatti da considerarsi indesiderabile ai sensi dell'art. 13
cpv. 1 prima frase LDDS lo straniero che è stato condannato da un'autorità
giudiziaria per un crimine o un delitto (GAAC 63/1999 n. 1 consid. 12a
pag. 23 e rinvii). La ratio della norma è di ordine pubblico: occorre
impedire l'entrata ed il soggiorno agli stranieri i cui antecedenti
permettono di concludere ch'essi non vogliono o non sono capaci di
rispettare l'ordine stabilito né di tenere il comportamento che ci si
deve attendere da chi desideri soggiornare anche solo temporaneamente in
Svizzera (GAAC 63/1999 n. 1 consid. 12a pag. 24; 60/1996 n. 4 consid. IV/2
pag. 45). Solamente circostanze particolari possono indurre a prescindere
dal vietare l'entrata di uno straniero, sebbene egli sia stato condannato
per un crimine o un delitto. Si pone dunque la questione di sapere se
nella fattispecie siano date circostanze particolari tali da rendere
sproporzionata e quindi illegittima la misura dell'espulsione. Tali
circostanze vanno esaminate sulla base della situazione di fatto al momento
dell'emanazione della decisione, ovvero in data 12 marzo 1993. Tutto
ciò che è accaduto dopo non può essere oggetto dell'esame del giudice
penale, ma potrà tutt'al più essere preso in considerazione a fronte di
un'eventuale istanza di riesame amministrativo presso le autorità federali
competenti (cfr. ANDREAS ZÜND, Beendigung der Anwesenheit, Entfernung und
Fernhaltung, in: Uebersax/Münch/Geiser/Arnold, Ausländerrecht, n. 6.84).

    3.3  L'opponente, nato nel 1946, era in Svizzera dal 1979 e ha commesso
le infrazioni in questione tre anni più tardi. È impossibile dunque parlare
di legami particolari con la Svizzera. Effettivamente dopo la sua condanna
e fino all'emanazione delle contestate misure di polizia degli stranieri,
egli non ha commesso nuovi reati, ma ciò non è molto indicativo visto
che il periodo in questione l'ha passato principalmente in carcere. Egli
era sì legato sentimentalmente ad una cittadina di nazionalità svizzera,
conosciuta nel 1988 durante il regime di semilibertà, come non ha mancato
di prendere in considerazione il DFGP nella sua decisione 12 marzo 1993,
ma questo non è sufficiente per rovesciare l'impatto negativo dei reati
commessi in precedenza. Come ha pertinentemente sottolineato l'autorità
amministrativa federale i crimini commessi da quest'ultimo sono di una
gravità estrema, in quanto atti a mettere in pericolo la vita di un
numero molto alto di persone. La perniciosità di questo genere di reati
per l'ordine e la salute pubblici è stata sottolineata anche dalla Corte
europea dei diritti dell'uomo, la quale, chiamata a giudicare il caso di
un cittadino algerino espulso dalla Francia, dove viveva dall'età di due
anni, ossia dal 1967, in seguito ad una condanna a tre anni di detenzione
(di cui due sospesi condizionalmente) per traffico di stupefacenti, ha
negato che tale misura violasse l'art. 8 CEDU (sentenza nella causa Baghli
contro Francia del 30 novembre 1999, Recueil CourEDH 1999-VIII pag. 189,
n. 36, 37, 39, 40 e 45-49).

    Date simili circostanze non si può certo sostenere che il rapporto
tra l'opponente ed il nostro Paese fosse, al momento dell'emanazione
della decisione, così profondo da far apparire il divieto d'entrata
in Svizzera come sproporzionato nei confronti dell'interesse pubblico
tutelato. Questo vale anche tenuto conto della grave malattia che ha
colpito l'opponente durante l'esecuzione della pena, ma da cui sembrava
essere guarito già nell'aprile 1992 e per la quale non risulta che egli
dovesse seguire ancora un particolare trattamento in Svizzera. In questo
senso gli elementi che si opponevano all'espulsione erano molto tenui e
non assolutamente paragonabili alla gravità dell'infrazione commessa, per
cui l'autorità amministrativa non ha abusato del suo potere d'apprezzamento
confermando l'espulsione dell'opponente dalla Svizzera.

    3.4  Da tutto questo discende che l'autorità cantonale, prosciogliendo
l'opponente dall'accusa di ripetuta entrata illegale ai sensi dell'art. 23
cpv. 1 LDDS, ha violato il diritto federale per cui il ricorso va accolto.