Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 128 IV 117



128 IV 117

20. Estratto della sentenza della Corte di cassazione penale nella
causa Ministero pubblico del Cantone Ticino contro A. e B. (ricorso
per cassazione)

    6S.452/2001 del 29 aprile 2002

Regeste

    Art. 1 und 196 StGB; Internationales Abkommen über die Unterdrückung
des Handels mit volljährigen Frauen, nullum crimen sine lege,
Menschenhandel, Begriff der wirksamen Einwilligung.

    Zum Verhältnis Staatsvertragsrecht/nationales Recht nach Ablehnung
der Verfassungsgerichtsbarkeit (E. 3b).

    Bei Fehlen einer entsprechenden Bestimmung im Landesrecht schliesst
der Grundsatz nullum crimen sine lege die Strafbarkeit eines Verhaltens
allein auf der Grundlage eines Staatsvertrages jedenfalls dann aus,
wenn dieser nicht direkt anwendbar ist (E. 3b am Ende).

    Der Tatbestand des Menschenhandels ist in der Regel erfüllt,
wenn junge Frauen, die aus dem Ausland kommen, unter Ausnützung ihrer
schwierigen Lage zur Ausübung der Prostitution in der Schweiz engagiert
werden. Deren Einwilligung in diese Tätigkeit ist nicht wirksam, wenn
sie, wie im beurteilten Fall, durch die schwierigen wirtschaftlichen
Verhältnisse bedingt ist (E. 4b und c; Präzisierung der Rechtsprechung).

    Art. 196 StGB ist auch anwendbar auf die Tätigkeit eines
Geschäftsführers, der im Ausland Prostituierte für sein Bordell in der
Schweiz anwirbt und verpflichtet (E. 6d; Änderung der Rechtsprechung).

    Art. 196 und 305bis StGB.

    Zwischen den Tatbeständen des Menschenhandels und der Geldwäscherei
besteht echte Konkurrenz. Die Finanzierung des Menschenhandels mit
Vermögenswerten, die aus dem Menschenhandel selbst oder aus andern
Verbrechen herrühren, ist daher nicht bloss eine durch Art. 196 StGB
mitbestrafte Vortat, wenn die Ermittlung der Herkunft der Vermögenswerte
aus Verbrechen vereitelt werden soll (E. 7f).

    Art. 23 Abs. 1 al. 5 und Abs. 4 ANAG.

    Wer junge Prostituierte beschäftigt, die mit einem unrechtmässig
erlangten Touristenvisum in die Schweiz eingereist sind und hier verweilen,
um eine Erwerbstätigkeit auszuüben, ist allein wegen Widerhandlung gemäss
Art. 23 Abs. 4 ANAG strafbar (E. 9).

Sachverhalt

    A.- Il 17 gennaio 2001, il Presidente della Corte delle assise
correzionali di Leventina, riunita a Bellinzona, riconosceva B. colpevole
in particolare:

    - di tratta di essere umani per aver compiuto la tratta di 20 donne,
tra novembre 1998 e maggio 2000, nell'Osteria Y. a X., da lei gestita
congiuntamente a A. e, tra settembre 1998 e maggio 2000, di altre 38
donne in vari locali ticinesi;

    - di riciclaggio di denaro per avere inviato all'estero almeno
fr. 10'000.- di origine criminosa; e

    - d'infrazione e contravvenzione alla legge federale concernente la
dimora e il domicilio degli stranieri, per avere favorito l'entrata e
il soggiorno illegale di 6 donne nell'Osteria Y., per avere impiegato
circa 60 donne straniere non autorizzate a lavorare in Svizzera, per
avere illegalmente soggiornato lei stessa in Svizzera dal 26 ottobre
al 5 novembre 1998 e per avere esercitato un'attività lavorativa senza
permesso tra il 26 luglio e il 26 ottobre 1998.

    Egli riconosceva altresì A. colpevole in particolare:

    - di tratta di esseri umani per aver compiuto la tratta di 20 donne,
tra novembre 1998 e maggio 2000, nell'Osteria Y. a X., da lui gestita
congiuntamente a B., e, tra agosto e settembre 1999, di altre 5 o 6 donne
nello stesso esercizio pubblico;

    - di riciclaggio di denaro per avere inviato all'estero almeno
fr. 10'000.- di origine criminosa; e

    - d'infrazione e contravvenzione alla legge federale concernente
la dimora e il domicilio degli stranieri per avere favorito l'entrata
e il soggiorno illegale di almeno 6 donne nell'Osteria Y., per avere
impiegato senza autorizzazione il cittadino lettone D., oltre a circa
60 donne lettoni e un imprecisato numero di donne dell'America latina,
stranieri non autorizzati a lavorare in Svizzera.

    A ragione di questi fatti, il Presidente della Corte delle assise
condannava, computato il carcere preventivo sofferto, B. a 18 mesi di
detenzione, al pagamento di una multa di fr. 7'000.- e all'espulsione dal
territorio svizzero per 3 anni, e A. a 14 mesi di detenzione nonché al
pagamento di una multa di fr. 5'000.-. L'esecuzione delle pene detentive
nonché l'espulsione pronunciata nei confronti di B. venivano sospese con
un periodo di prova di 2 anni.

    B.- Il 29 maggio 2001, la Corte di cassazione e di revisione penale
del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (in seguito: CCRP) accoglieva
i ricorsi di B. e di A., respingeva il ricorso del Ministero pubblico
e riformava parzialmente la sentenza del Presidente della Corte delle
assise. Essa proscioglieva B. dall'imputazione di tratta di esseri

umani nonché di riciclaggio di denaro e la condannava alla pena di 2 mesi
di detenzione, computato il carcere preventivo sofferto, all'espulsione
dalla Svizzera per 3 anni, entrambe sospese condizionalmente con un
periodo di prova di 2 anni, e al pagamento di una multa di fr. 4'000.-. La
Corte cantonale proscioglieva altresì A. dall'imputazione di tratta di
esseri umani e di riciclaggio di denaro e lo condannava alla pena di 2
mesi di detenzione, computato il carcere preventivo sofferto, sospesa
condizionalmente per un periodo di prova di 2 anni, nonché al pagamento
di una multa di fr. 4'000.-.

    C.- Con tempestivo ricorso per cassazione, il Ministero pubblico
del Cantone Ticino (in seguito: Ministero pubblico) è insorto dinanzi
il Tribunale federale contro la decisione della CCRP chiedendone
l'annullamento.

    D.- Il Tribunale federale ha accolto, parzialmente e nella misura
della sua ammissibilità, il ricorso per cassazione.

Auszug aus den Erwägungen:

                        Dai considerandi:

Erwägung 2

    2.- a) La CCRP ha annullato la condanna dei resistenti per tratta di
esseri umani, reato perseguito all'art. 196 CP. Richiamando la recente
giurisprudenza pubblicata in DTF 126 IV 225 e ancora sconosciuta all'epoca
della decisione sul merito, essa ha ribadito che la tratta di esseri
umani presuppone un'offesa al diritto all'autodeterminazione in campo
sessuale; non è quindi punibile chi si occupa d'ingaggiare o di trasferire
delle prostitute se esse hanno dato il proprio assenso con cognizione di
causa. Fondandosi sugli accertamenti di prima istanza, la Corte cantonale
ha ritenuto che le giovani donne avevano scelto liberamente di venire
in Ticino e di dedicarsi alla prostituzione per cui, oggettivamente,
non vi erano gli estremi per applicare l'art. 196 CP.

    b) Il Ministero pubblico sostiene che l'art. 196 CP deve essere
interpretato alla luce dell'art. 1 cpv. 1 della Convenzione dell'11 ottobre
1933 concernente la repressione della tratta delle donne maggiorenni (RS
0.311.34; in seguito: "Convenzione dell'11 ottobre 1933") che postula
espressamente la punibilità del reato di tratta di esseri umani anche
nell'ipotesi in cui le giovani donne abbiano acconsentito liberamente
di prostituirsi. La DTF 126 IV 225 concerneva un caso interno, ossia
il trasferimento di prostitute ungare da uno stabilimento svizzero
all'altro. La fattispecie in esame si estende al di là del territorio
nazionale; pertanto, in applicazione della Convenzione

dell'11 ottobre 1933, i presupposti della tratta di esseri umani sarebbero
adempiuti nonostante il consenso delle interessate.

Erwägung 3

    3.- a) Secondo l'art. 1 cpv. 1 della Convenzione dell'11 ottobre 1933
deve essere punito chiunque, allo scopo di favorire l'altrui libidine,
arruola, rapisce o svia, anche col suo consenso, una donna o una
giovane maggiorenne per trarla alla prostituzione in un altro paese. La
Convenzione dell'11 ottobre 1933 completa l'Accordo internazionale del 18
maggio 1904 inteso a garantire una protezione efficace contro il traffico
criminale conosciuto sotto il nome di tratta delle bianche (RS 0.311.31;
in seguito: "Accordo internazionale del 18 maggio 1904"), la Convenzione
internazionale del 4 maggio 1910 per la repressione della tratta delle
bianche (RS 0.311.32; in seguito: "Convenzione del 4 maggio 1910") e la
Convenzione internazionale per la repressione della tratta delle donne e
dei fanciulli del 30 settembre 1921 (RS 0.311.33; in seguito: "Convenzione
del 30 settembre 1921"). Storicamente, siffatti strumenti s'inserivano
nell'ambito della lotta contro il traffico e lo sfruttamento di donne
a livello internazionale, lotta resa necessaria dalla constatazione,
alla fine del XIX e all'inizio del XX secolo, dell'esistenza di vere
e proprie organizzazioni che attiravano giovani donne con vantaggiose
offerte di lavoro all'estero come governanti, istitutrici, cuoche,
cantanti, ecc. Simili offerte erano un pretesto per poi spingerle alla
prostituzione. La tratta sfruttava la loro inesperienza e ingenuità
nonché le condizioni di miseria in cui vertevano. I trafficanti,
ricorrevano all'astuzia, all'inganno, alla minaccia o ad altri mezzi
di costrizione per abusare cinicamente e circuire le loro vittime (FF
1924 III 1059-1060). In tale clima, le norme internazionali volevano
colmare le lacune di quelle legislazioni nazionali che non prevedevano la
punibilità della tratta di esseri umani (v. in particolare gli art. 2 e 3
della Convenzione del 30 settembre 1921). Sotto mira era principalmente
il traffico internazionale, più pericoloso per la sua ramificazione
al di là delle frontiere. La Convenzione del 4 maggio 1910 auspicava
la punibilità del traffico di donne maggiorenni solo se quest'ultime
non erano consenzienti, ossia in caso di "inganno, minaccia, abuso di
autorità o altro mezzo di costrizione" (art. 2; FF 1924 III 1069-1070). La
Convenzione dell'11 ottobre 1933 ha poi esteso la perseguibilità anche
ai casi in cui vi era consenso. All'epoca, la Svizzera aveva ratificato
tali strumenti internazionali poiché la legge federale del 30 settembre
1925 sulla tratta delle donne e dei fanciulli (RU 42 pag. 9; in seguito:
"Legge federale del 30 settembre 1925") perseguiva già la tratta senza
distinguere tra donne consenzienti o meno (FF 1934 I 878).

    b) Le Convenzioni testé citate non sono direttamente applicabili
(sulla nozione v. ANDREAS AUER/GIORGIO MALINVERNI/MICHEL HOTTELIER,
Droit constitutionnel suisse, vol. I, Berna 2000, pagg. 452-454), ma
esortano il legislatore svizzero a concretizzare i principi universali
in esse contenuti (FF 1924 III 1067 nonché art. 2 e 3 della Convenzione
del 30 settembre 1921). L'interpretazione delle norme e dei principi
penali deve essere, nella misura del possibile, conforme al diritto
costituzionale e convenzionale (DTF 127 IV 66 consid. 2g; 126 IV 236
consid. 4; 118 IV 153 consid. 4c; 106 Ia 33 consid. 2 e 3). All'epoca
della Costituzione previgente, il Tribunale federale ha ribadito a
più riprese che la Confederazione non può sottrarsi ai suoi obblighi
internazionali invocando il diritto interno: quest'ultimo deve essere
interpretato anzitutto in modo conforme alle norme internazionali (DTF 125
II 417 consid. 4c). In caso di conflitto, esse prevalgono, comunque e in
linea di massima, sul diritto interno e la regola nazionale non conforme
non va applicata. Questa soluzione si giustifica ancor più se la norma
internazionale tende a proteggere i diritti dell'uomo. Non fu tuttavia
decisa la questione se tale modo di procedere dovesse estendersi anche
ad altri campi (DTF 125 II 417 consid. 4d). Fu poi lasciato indeciso il
quesito se e in quale misura il diritto convenzionale possa "correggere"
una norma del Codice civile (DTF 125 III 209 consid. 6e). Il 12 marzo 2000
la modifica della Costituzione concernente la riforma della giustizia
è stata accettata. Contrariamente alla proposta del Consiglio federale,
essa non prevede l'introduzione della giurisdizione costituzionale. La
questione se la decisione politica debba avere delle conseguenze sulla
giurisprudenza anteriore in materia di conflitto tra diritto interno
e internazionale può, per il momento, rimanere irrisolta. Infine,
è d'uopo ribadire che nell'ambito penale il principio nullum crimen
sine lege esclude, in mancanza di una disposizione specifica di diritto
interno, la punibilità di un comportamento esclusivamente in base ad un
testo internazionale, in ogni caso quando tale testo non è direttamente
applicabile (v. in generale DTF 127 IV 198 consid. 3b).

Erwägung 4

    4.- a) Conformemente ai suoi obblighi internazionali, il legislatore
svizzero ha adottato, ultimo in data, l'art. 196 CP che prevede la condanna
alla reclusione o alla detenzione non inferiore a 6 mesi di chi, per
favorire l'altrui libidine, esercita la tratta di esseri umani. Tale
disposizione concretizza i dettami contenuti in particolare nella
Convenzione dell'11 ottobre 1933; conferisce, tra l'altro, al principio
della punibilità della tratta una portata più vasta di quella

convenzionale poiché estesa a tutti gli esseri umani, cioè a ogni individuo
indipendentemente dall'età e dal sesso (FF 1985 II 978). I presupposti
del reato di cui all'art. 196 CP, interpretato anche alla luce della DTF
126 IV 225, sono adempiuti allorquando viene pregiudicato il diritto
all'autodeterminazione nel campo sessuale della persona interessata
(FF 1985 II 956; sulla nozione di tratta di esseri umani v. anche infra
consid. 6; nonché GUIDO JENNY, Delikte gegen die sexuelle Integrität und
gegen die Familie: Art. 187-200, Art. 213-220 CP, in Guido Jenny, Martin
Schubarth, Peter Albrecht, Kommentar zum schweizerischen Strafrecht,
vol. 4, Berna 1997, ad art. 196 CP, n. 5 e 6; JÖRG REHBERG/NIKLAUS
SCHMID, Delikte gegen den Einzelnen, 7a ed., Zurigo 1997, pagg. 413-414;
GÜNTER STRATENWERTH, Schweizerisches Strafrecht, Besonderer Teil
I, 5a ed., Berna 1995, pagg. 174-176, n. 19 e 21). Ciò avviene
esclusivamente quando un essere umano è sfruttato come vera e propria
mercanzia, in particolare se tenuto all'oscuro di ciò che l'attende,
se poco informato o se, per altre ragioni, incapace di difendersi
(DTF 126 IV 225 consid. 1d). Più precisamente nel caso di donne che si
prostituiscono, la loro libertà all'autodeterminazione sessuale non è
infranta se acconsentono al trasferimento da un postribolo all'altro con
l'aiuto di un mediatore. Questo principio vale, tuttavia, solo se esse si
dedicano spontaneamente alla prostituzione e, dietro compenso, ricorrono
a intermediari per cambiare posto di lavoro alla stessa stregua di quanto
capita nell'ambito di altre professioni. Una simile analogia deve tuttavia
essere relativizzata tenendo presente la peculiarità del settore della
prostituzione, ove le persone che vi si dedicano sono confrontate alla
discriminazione e alla condanna morale da cui possono risultare un serio
isolamento e una dipendenza personale nonché finanziaria da protettori,
tenutari di postriboli e gestori di saloni di massaggio. Le prostitute che
soggiornano illegalmente in Svizzera sono le più esposte (v. anche TIZIANO
CRAMERI, Immissioni moleste legate all'esercizio della prostituzione, con
particolare riferimento alle zone abitative, in RDAT 2000 I pagg. 168-169).
La questione se la libertà sessuale sia lesa deve quindi essere decisa in
funzione delle circostanze concrete; il consenso formale della vittima
non basta, è imperativo accertare che tale consenso sia effettivamente
libero da costrizioni (DTF 126 IV 225 consid 1d).

    b) L'art. 196 CP deve essere interpretato tenendo conto delle
circostanze attuali (DTF 105 Ib 49 consid. 5a), avendo tuttavia come
sfondo l'armonizzazione tra diritto interno e internazionale.

    Come testé ribadito (v. supra consid. 3a), lo scopo del legislatore
internazionale all'inizio del XX secolo era quello di lottare e
ostacolare il commercio di donne provenienti dai paesi poveri, ove
difettavano le risorse intellettuali ed economiche, nei postriboli dei
paesi più ricchi (FF 1924 III 1060; v. anche DTF 96 IV 118 consid. 2b). La
stessa prostituzione era un'attività moralmente condannata e le attività
connesse, quali il lenocinio, erano in alcuni casi penalmente perseguibili
(v. ad esempio, gli art. 198 segg. vCP). I trafficanti, creando una vera e
propria rete internazionale, approfittavano delle condizioni sociali testé
descritte con astuzia e sfrontato cinismo per circuire ed ingannare giovani
donne sul loro destino (FF 1924 III 1060). Date le difficoltà riscontrate
nel determinare se esse fossero effettivamente vittime d'inganni o di
pressioni, quest'ultime non volendo parlare per paura di rappresaglie o
dell'intervento delle autorità di polizia, la punibilità della tratta fu
resa indipendente dal consenso (FF 1934 I 882 e art. 1 della Convenzione
dell'11 ottobre 1933).

    Ancor oggi e conformemente alla giurisprudenza pubblicata in DTF
126 IV 225, i presupposti del reato di tratta di esseri umani possono
essere adempiuti in presenza di giovani donne consenzienti, se il loro
consenso è viziato. Per potere escludere con la massima certezza una
qualsiasi relazione di dipendenza che intaccherebbe il libero consenso,
le autorità devono prestare un'attenzione accresciuta alle condizioni,
in particolare sociali ed economiche, in cui le donne accettano di essere
arruolate per prostituirsi (DTF 126 IV 225 consid. 1d). La tratta di
esseri umani impone che le eventuali vittime siano messe sul mercato e
sfruttate come vera e propria mercanzia (FF 1924 III 1068). Tale non può
manifestamente essere il caso se esse sono consapevoli e consenzienti e,
pertanto, libere nell'esercizio del loro diritto all'autodeterminazione
sessuale. L'art. 196 CP interpretato alla luce della nozione di consenso
effettivo rispetta gli obblighi internazionali assunti dalla Svizzera e,
come si vedrà qui di seguito, s'inserisce perfettamente nell'evoluzione
normativa attuale.

    aa) Il Codice penale tedesco esige che venga esercitata un'influenza
sulla capacità di determinarsi della vittima (v. art. 180b e 181);
il solo fatto di arruolare senza esercitare pressioni di alcun genere
non è sufficiente. Non vi è tratta di esseri umani, poiché non esiste
bene giuridico degno di protezione, quando la giovane donna, senza essere
motivata da uno stato di bisogno o di vulnerabilità, acconsente pienamente
a prostituirsi all'estero per migliorare la

propria situazione (v. ADOLF SCHÖNKE/HORST SCHRÖDER, Strafgesetzbuch,
Kommentar, 26a ed., Monaco 2001, § 181, n. 14; REINHART
MAURACH/FRIEDRICH-CHRISTIAN SCHROEDER/MANFRED MAIWALD, Strafrecht,
Besonderer Teil, vol. 1, 8a ed., Heidelberg 1995, § 22 I, n. 35). In
Austria, il reato di tratta di esseri umani sembra avere una portata
più ampia poiché il consenso nella speranza di migliori possibilità di
guadagno non esclude di regola la perseguibilità (THOMAS PHILIPP, Wiener
Kommentar zum Strafgesetzbuch, 2a ed., Vienna 2001, 32simo fascicolo, §
217, n. 10). Simile portata non è tuttavia esente da critica (PHILIPP,
op. cit., § 217, n. 6). La legislazione francese è irrilevante ai
fini della presente causa poiché il reato di lenocinio, consistente tra
l'altro nell'aiutare, assistere e proteggere colui che si prostituisce
ricavandone un profitto, è tutt'oggi perseguibile (art. 225-5 a 225-10
del nuovo Codice penale francese). Lo stesso vale per il Codice penale
italiano, il quale sanziona i reati d'istigazione, favoreggiamento e
sfruttamento della prostituzione (art. 531-534 del Codice penale italiano);
una disposizione speciale prevede tuttavia la punibilità della tratta di
donne e di minori, ma solamente in caso di violenza, minaccia o inganno
(art. 536 del Codice penale italiano).

    bb) In seno alle istanze europee e internazionali si profila una
nozione di tratta di esseri umani che esclude la punibilità se il consenso
è effettivo. La Risoluzione del Parlamento europeo del 18 gennaio 1996
sulla tratta di esseri umani (Gazzetta ufficiale, n. C 032 del 5 febbraio
1996, pag. 88; in seguito: "Risoluzione del Parlamento europeo del 18
gennaio 1996") la definisce come "l'atto illegale di chi, direttamente
o indirettamente, favorisce l'entrata o il soggiorno di un cittadino
proveniente da un paese terzo ai fini del suo sfruttamento utilizzando
l'inganno o qualunque altra forma di costrizione o abusando di una
situazione di vulnerabilità o incertezza amministrativa". Il 22 gennaio
2001 la Commissione ha proposto al Consiglio e al Parlamento dell'Unione
europea una decisione quadro sulla lotta alla tratta degli esseri umani
(in seguito: "Decisione quadro") la quale prevede all'art. 2, intitolato
"Reati relativi alla tratta degli esseri umani a fini di sfruttamento
sessuale", l'obbligo per ciascun Stato membro di adottare le misure
necessarie affinché il reclutamento, il trasporto o il trasferimento di
una persona siano puniti come reato qualora sia fatto uso di coercizione,
violenza o minacce, d'inganno o frode, oppure di pressioni o influenze
abusive qualunque sia la loro forma. La Raccomandazione del 19 maggio
2000 n. R (2000) 11 del Comitato dei Ministri del Consiglio dell'Europa
sulla lotta contro la tratta di esseri umani ai fini di

sfruttamento sessuale (in seguito: "Raccomandazione del Consiglio
dell'Europa n. R (2000) 11") definisce la tratta come l'arruolamento
di persone, quand'anche consenzienti, in vista del loro sfruttamento
sessuale, se del caso ricorrendo a forme di costrizione quali violenza,
minaccia, abuso di autorità o di una situazione di vulnerabilità. La
Raccomandazione 1325 (1997) relativa alla tratta delle donne e alla
prostituzione coatta negli Stati membri del Consiglio dell'Europa
adottata dall'Assemblea parlamentare il 23 aprile 1997 (in seguito:
"Raccomandazione del Consiglio dell'Europa 1325 (1997)") proponeva già la
stessa definizione. Il Protocollo aggiuntivo relativo alla lotta contro
la tratta di persone in particolare di donne e bambini alla Convenzione
delle Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale organizzata
(Doc. ONU AC.254/4 Add. 3, 24 settembre 1999) (in seguito: "Protocollo
aggiuntivo relativo alla Convenzione delle Nazioni Unite") precisa infine
che il consenso della vittima è indifferente allorquando vi sia minaccia,
utilizzo della forza, rapimento, frode, inganno, abuso di autorità o di
una situazione di vulnerabilità (art. 3 lett. a e b).

    cc) Risulta dalla panoramica di diritto comparato e internazionale
che di regola i presupposti della tratta di esseri umani sono adempiuti
nonostante l'accordo dell'interessata se viene sfruttata una "situazione
di vulnerabilità". Quest'ultima può derivare da condizioni economiche o
sociali difficili o da rapporti di dipendenza personale e/o finanziari
costrittivi. In assenza di una qualsiasi vulnerabilità, non sussiste
reato poiché, dato l'incontestato diritto all'autodeterminazione nel
campo sessuale, non sussiste bene giuridico da proteggere.

    c) La portata dell'art. 196 CP sviluppata nella DTF 126 IV 225
rispecchia perfettamente questa evoluzione: non vi è tratta di esseri
umani solo se non viene pregiudicato il diritto all'autodeterminazione
sessuale della persona interessata, ossia in assenza di una qualsiasi forma
di abuso, minaccia o sfruttamento di una situazione di vulnerabilità. Il
consenso deve corrispondere effettivamente alla volontà delle prostitute,
le quali devono essere adeguatamente informate sul loro destino e coscienti
di quello che le aspetta senza essere influenzate da condizioni di
debolezza o d'incertezza. La nozione di consenso deve essere interpretata
in modo restrittivo tenendo conto dei molteplici rapporti di dipendenza
in cui esse possono trovarsi, soprattutto se straniere (DTF 126 IV 225
consid. 1c in fine). Nel caso di persone che si recano all'estero per
prostituirsi, il consenso effettivo deve essere ammesso con estrema
prudenza poiché il rischio

di sfruttamento di una situazione di povertà è particolarmente acuto
(v. per analogia con il diritto tedesco anche SCHÖNKE/SCHRÖDER, op. cit., §
180b, n. 12). Tale interpretazione è conforme ai principi enunciati nelle
Convenzioni internazionali ratificate dalla Svizzera interpretate alla
luce delle circostanze attuali e non vi è ragione di scostarvisi. Non vi
è luogo nemmeno, come sostiene il Ministero pubblico, di differenziare
dal punto di vista della perseguibilità la tratta interna da quella
internazionale. Come rileva a ragione la CCRP, una siffatta soluzione
sarebbe iniqua poiché permetterebbe di punire l'intermediario che
colloca in un postribolo una donna proveniente dall'estero, mentre chi,
come nella DTF 126 IV 225, si adopera per trasferire una prostituta da
uno stabilimento all'altro sul territorio svizzero andrebbe esente da
pena. Ma non solo. Essa sarebbe contraria agli stessi principi sanciti
nella Convenzione dell'11 ottobre 1933: già a quell'epoca il legislatore
internazionale qualificava d'inammissibile che un paese perseguisse in
modo diverso il traffico esterno da quello interno (FF 1924 III 1067 in
fine). Essa contravverrebbe altresì allo scopo perseguito dall'art. 196 CP,
ossia punire il rifornimento di merce umana per i postriboli in tutto il
mondo (DTF 96 IV 118 consid. 2b in merito al previgente art. 202 CP).

Erwägung 5

    5.- a) La CCRP ha annullato la condanna dei resistenti per tratta di
esseri umani poiché le ragazze che arrivavano all'Osteria Y. o in altri
postriboli ticinesi sapevano a quali condizioni dovevano prostituirsi
e non hanno subito costrizioni o pressioni né sono state influenzate da
un qualsiasi rapporto di dipendenza. Esse si prostituivano liberamente,
non venivano loro imposti clienti, non furono mai minacciate o percosse
e decidevano in modo autonomo delle loro prestazioni, in particolare
della durata e del prezzo. Tali elementi non sono tuttavia sufficienti
per escludere i presupposti della tratta di esseri umani quali testé
delimitati.

    b) È d'uopo premettere che in materia di tratta di esseri umani,
un'attenzione particolare è necessaria quando il suo oggetto sono le
donne e i bambini provenienti dai paesi in via di sviluppo e dai paesi
dell'Europa centrale e orientale (v. anche consid. 9 della Risoluzione
del Parlamento europeo del 18 gennaio 1996).

    c) È accertato in modo insindacabile (art. 273 cpv. 1 lett.  b e 277bis
cpv. 1 della legge federale del 15 giugno 1934 sulla procedura penale
[PP; RS 312.0]) che le ragazze si prostituivano per povertà. È altresì
accertato che nel periodo tra novembre 1998 e maggio 2000 i resistenti
hanno provocato ed organizzato la venuta in Svizzera di

circa 87 ragazze. Di queste, circa 43 hanno trovato posto di lavoro
all'Osteria Y., 20 circa grazie all'intermediazione di terzi, mentre le
altre furono ingaggiate direttamente dalla resistente. Di sua iniziativa,
essa svolse anche un'attività in proprio procurando 38 ragazze provenienti
dai paesi dell'Est a diversi postriboli del Cantone Ticino. Il resistente,
dal canto suo, ingaggiò da solo ancora 5/6 ragazze. Si trattava di
un'operazione di chiara importanza, per il sovrappiù ben strutturata
con una rete d'intermediari efficiente. Tutte le ragazze provenivano
dall'Europa dell'Est, in particolare dalla Lettonia. Esse giungevano in
Svizzera per sfuggire a condizioni economiche difficili e migliorare così
la loro situazione. Tenuto conto che la resistente stessa, di nazionalità
lettone, era venuta in Svizzera per prostituirsi a causa della sua
disastrosa situazione finanziaria, gli accusati hanno coscientemente
approfittato dell'evidente stato di necessità delle giovani donne.
Quest'ultime non potevano tra l'altro ragionevolmente rappresentarsi
un quadro completo di quello che avrebbero vissuto una volta sul suolo
elvetico. Ispirato da una situazione di vulnerabilità dovuta alle accertate
precarie condizioni economiche, il loro consenso non può essere considerato
come effettivo. Al riguardo non è necessario, come sembra sostenere la
CCRP, che le ragazze vertessero in uno stato di miseria tale da essere
ridotte a una specie di schiavitù equiparata a quella vissuta dalle
donne provenienti dai paesi del terzo mondo. Visto anche il numero
di prostitute implicate e la durata del traffico, la fattispecie è un
tipico caso di tratta di esseri umani. Il proscioglimento dei resistenti
dall'imputazione del reato di cui all'art. 196 CP, le ragazze avendo
liberamente acconsentito alla loro venuta in Svizzera per dedicarsi alla
prostituzione, viola pertanto il diritto federale. L'autonomia che le
giovani donne godevano nell'esercizio della loro attività è rilevante
solo per la commisurazione della pena.

Erwägung 6

    6.- a) Resta da esaminare se i presupposti dell'art. 196 CP debbano
estendersi alla totalità delle ragazze la cui venuta in Svizzera era
stata organizzata dai resistenti, ossia a tutte le 87, oppure se in
applicazione della DTF 96 IV 118 quest'ultimi debbano essere prosciolti -
come fu il caso in prima istanza - dall'imputazione di tratta per le 20
ragazze giunte all'Osteria Y. grazie alla loro intermediazione diretta,
anticipando loro il denaro per il viaggio e le piccole spese. Il Ministero
pubblico contesta l'applicazione della DTF 96 IV 118 alla fattispecie. La
CCRP non ne ha trattato, poiché ha considerato come non adempiuti i
presupposti del reato di cui all'art. 196 CP.

    b) Nella DTF 96 IV 118, resa sotto l'imperio del diritto previgente, il
Tribunale federale escluse dalla nozione di tratta l'attività consistente
nell'ingaggiare delle prostitute per il proprio postribolo. La fattispecie
in esame concerneva l'impiego di prostitute arruolate in Africa dal
gestore di un postribolo per prostituirsi nel suo locale in Svizzera. Due
interpretazioni erano a confronto: quella più restrittiva per cui il
gestore che arruola e ingaggia delle prostitute per il suo postribolo
non è colpevole di tratta di esseri umani, quest'ultima presupponendo un
vero e proprio commercio con l'intervento di un intermediario; e quella
più estesa per cui la tratta di esseri umani ha una portata più larga
che la nozione usuale di commercio dati i comportamenti tipici che ne
costituiscono le varie fasi, ossia il fatto di arruolare, allettare
o rapire (DTF 96 IV 118 consid. 1). Il Tribunale federale, dopo aver
proceduto all'interpretazione storica e teleologica della norma previgente
e avere ribadito che le due accezioni si fondavano su motivi altrettanto
validi, optò per quella restrittiva (DTF 96 IV 118 consid. 2).

    c) Fino ad oggi non si era presentata l'occasione per riesaminare tale
giurisprudenza nell'ambito del nuovo art. 196 CP, il quale ha comunque
essenzialmente ripreso i presupposti dell'art. 202 vCP (FF 1985 II 976
nonché JENNY, op. cit., ad art. 196 CP, n. 5 e rinvii).

    d) Le disposizioni in materia di repressione della tratta di esseri
umani sono state concepite per armonizzare la legislazione svizzera alle
regole internazionali vigenti in tale ambito (FF 1924 III 1078 e FF 1934
I 877). Lo scopo era, ed è ancor oggi, di perseguire la tratta di esseri
umani con la medesima efficienza, che essa si svolga all'interno del
confine svizzero o si estenda al di là del territorio nazionale (FF 1924
II 1067). Furono così adottate dapprima la Legge federale del 30 settembre
1925 (FF 1934 II 878) in seguito l'art. 202 vCP (DTF 96 IV 118 consid. 2a)
e, infine, l'art. 196 CP attualmente in vigore. L'imperativo per il
legislatore svizzero di tenere conto delle convenzioni internazionali
in questo settore è stato altresì ribadito al momento dell'adozione di
quest'ultima disposizione (FF 1985 II 978). La nozione di tratta di esseri
umani deve essere quindi interpretata avendo come sfondo l'essenziale
armonizzazione tra diritto interno e internazionale; questo aspetto è
stato in parte trascurato a torto nella DTF 96 IV 118.

    aa) Esiste oramai una nozione internazionale di tratta di esseri
umani. Già la Convenzione del 4 maggio 1910 definiva tale attività come
l'atto di colui che, allo scopo di favorire l'altrui libidine, arruola,
sottrae o rapisce una donna (art. 1). La Convenzione

dell'11 ottobre 1933 riprendeva sostanzialmente gli stessi termini
(art. 1). Come testé visto (v. supra consid. 4b/bb), i testi internazionali
più recenti riproducono una nozione di ancor più larga portata. In virtù
del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione delle Nazioni Unite l'attività
di tratta si estende all'arruolamento, al trasporto o al trasferimento,
ivi compreso al dare alloggio, ai fini di approfittare della prostituzione
altrui (art. 3 lett. a). L'art. 1 della Raccomandazione del Consiglio
dell'Europa no R (2000) 11 riprende essenzialmente lo stesso concetto. La
Raccomandazione del Consiglio dell'Europa 1325 (1997) definisce la tratta
come il trasferimento legale o illegale di donne e/o il loro commercio in
vista di un profitto commerciale. La Risoluzione del Parlamento europeo
del 18 gennaio 1996 qualifica la tratta come l'atto illegale di chi,
direttamente o indirettamente, favorisce l'entrata o il soggiorno di una
persona ai fini del suo sfruttamento. Nella costellazione internazionale
un'attività consistente in un vero e proprio "commercio" inteso nel senso
della DTF 96 IV 118 non è indispensabile: il solo fatto di arruolare,
trasportare o trasferire può già essere costitutivo di tratta. Per cui
l'attività di un gestore che ingaggia e arruola all'estero delle prostitute
per il proprio postribolo rientra nel campo di applicazione della
nozione di tratta di esseri umani consacrata nei testi internazionali,
a condizione tuttavia che le ragazze non siano consenzienti o meglio che
il loro consenso appaia viziato.

    bb) La nozione di tratta di esseri umani dell'art. 196 CP deve essere
interpretata alla luce di quanto precede. Siffatta interpretazione
s'impone anche tenuto conto delle circostanze economiche e sociali
attuali (DTF 105 Ib 49 consid. 5a). La tratta di esseri umani è divenuta
per un numero sempre maggiore di persone una fonte di lucro di forte
attrattiva. Il fenomeno è favorito altresì dalla globalizzazione e dalle
tecnologie moderne. Il commercio di donne provenienti da paesi lontani,
quand'anche apparentemente consenzienti, per dedicarsi alla prostituzione
assume sfaccettature sempre più complesse e raffinate. In particolare,
proliferano organizzazioni specializzate che si occupano delle varie
fasi indispensabili all'arruolamento e al piazzamento di prostitute
in vari locali, di regola di loro proprietà. Ostacolare, perseguendo
penalmente i responsabili, la proliferazione di un simile traffico,
quand'anche con modalità diverse, era già la preoccupazione essenziale
del legislatore all'inizio del XX secolo (DTF 96 IV 118 consid. 2a). In
virtù dell'interpretazione sviluppata nella DTF 96 IV 118, i responsabili
di queste organizzazioni ben strutturate e capaci di portare a buon
fine l'intero

processo di tratta, dal reclutamento sul posto fino all'ingaggio,
non sarebbero punibili ai sensi dell'art. 196 CP. Sarebbero invece
perseguibili coloro che, non potendo usufruire di una vasta rete
organizzativa, si limitassero a fornire prostituite a vari locali del
nostro paese. Siffatto risultato, il cui carattere iniquo è manifesto,
non poteva essere voluto dalla DTF 96 IV 118, la quale, è bene ribadirlo,
si fondava sull'interpretazione storica e teleologica dell'art. 202 vCP
che s'inscriveva in un'epoca ben diversa da quella attuale.

    cc) Discende da quanto precede che la nozione di tratta di esseri
umani di cui all'art. 196 CP deve essere estesa anche al caso di chi,
come nella fattispecie, arruola all'estero giovani donne in situazione
di vulnerabilità, organizza la loro venuta in Svizzera e le ingaggia,
affinché si prostituiscano, nel proprio postribolo, indifferentemente che
egli agisca con l'aiuto di un intermediario prezzolato o direttamente. Di
primo acchito, l'attività dei resistenti adempie indistintamente tali
presupposti e come tale deve essere perseguita. Incomberà all'autorità
cantonale di esaminare la questione tenendo conto delle considerazioni
che precedono.

Erwägung 7

    7.- a) Per quanto concerne la pretesa violazione dell'art.  305bis CP,
è d'uopo ribadire che il reato di riciclaggio di denaro ha per fine la
sottrazione all'autorità penale del provento di un crimine. Qualsiasi atto
suscettibile di vanificare l'accertamento dell'origine, il ritrovamento
o la confisca di valori patrimoniali costituisce oggettivamente un
atto di riciclaggio (DTF 119 IV 59 consid. 2, 242 consid. 1e). Ciò
non necessita di operazioni finanziarie complicate: anche gli atti
più semplici, come l'occultazione del bottino, possono essere adeguati
(DTF 122 IV 211 consid. 3b/aa). Tutti i valori patrimoniali provenienti
da un crimine possono costituire oggetto di riciclaggio (DTF 119 IV 242
consid. 1b). Il reato di riciclaggio è un reato di esposizione a pericolo
astratto; il comportamento è punibile a questo titolo anche se l'atto
vanificatorio non ha raggiunto il suo scopo (DTF 127 IV 20 consid. 3;
119 IV 59 consid. 2e). È compito della giurisprudenza di sviluppare una
casistica di atti vanificatori tipici (FF 1989 II 859). Fino ad oggi l'atto
di riciclaggio è stato riconosciuto nei casi in cui i valori patrimoniali
sono stati occultati (DTF 127 IV 20 consid. 3; 122 IV 211 consid. 2b; 119
IV 59 consid. 2e), investiti (DTF 119 IV 242 consid. 1d) e cambiati con
banconote di taglio differente (DTF 122 IV 211 consid. 2c). Al contrario,
non è un atto di riciclaggio il semplice versamento su un conto bancario
personale (DTF 124 IV 274 consid. 4) o il solo possesso, rispettivamente
la custodia, di valori (sentenza del Tribunale federale

6S.595/1999 del 24 gennaio 2000, consid. 2d/aa). Il reato di cui
all'art. 305bis CP può essere adempiuto anche, come nella fattispecie,
nei confronti di chi ricicla valori patrimoniali provenienti da un
crimine da lui stesso perpetrato (DTF 124 IV 274 consid. 3; 120 IV 323
consid. 3; MARTIN SCHUBARTH, Geldwäscherei - Neuland für das traditionelle
kontinentale Strafrechtsdenken, in Festschrift für Günter Bemmann,
Joachim Schulz/Thomas Vormbaum ed., Baden-Baden 1997, pagg. 430-435).

    b) Il giudice di merito ha qualificato di atto di riciclaggio il denaro
inviato all'estero ai famigliari della resistente. Tale comportamento di
per se è oggettivamente suscettibile di sottrarre il provento della tratta
di esseri umani all'amministrazione della giustizia, ossia d'impedire di
scoprire il legame esistente tra il crimine e i valori patrimoniali che
ne sono il prodotto (DTF 124 IV 274 consid. 2; 127 IV 20 consid. 3a;
BERNARD CORBOZ, Les principales infractions, vol. II, Berna 1999, ad
art. 305bis CP, n. 25; JÜRG-BEAT ACKERMANN, Geldwäscherei [StGB Art.
305bis], in Niklaus Schmid, Kommentar Einziehung, organisiertes Verbrechen,
Geldwäscherei, vol. 1, Zurigo 1998, n. 315 segg.).

    c) Il Ministero pubblico insorge contro l'ammontare stabilito
"prudenzialmente" a fr. 10'000.-. La CCRP, avendo prosciolto dei resistenti
del reato che presuppone il riciclaggio ossia quello previsto all'art. 196
CP, non ha esaminato la questione.

    d) Tenuto conto dell'esito della presente causa e del conseguente
rinvio per quanto concerne l'applicazione dell'art. 196 CP, la CCRP
dovrà confrontarsi ex novo con l'imputazione di riciclaggio di denaro. Non
è quindi possibile trattare il gravame del Ministero pubblico su questo
punto. Conviene comunque già fin d'ora ribadire alcuni elementi essenziali
di cui l'autorità cantonale dovrà tenere conto.

    e) Riferendosi alla giurisprudenza pubblicata in DTF 122 IV 211,
il giudice di merito ha ritenuto che i trasferimenti all'estero del
denaro guadagnato con la tratta di esseri umani destinati a compensare
gli intermediari nonché gli invii degli anticipi per le spese di viaggio
e l'evidenza dei fondi alle prostitute erano indispensabili per compiere
o concludere la tratta e, pertanto, non costitutivi di riciclaggio.

    f) Tale conclusione, sostanzialmente criticata dal Ministero pubblico,
non è conforme al diritto federale. Essa travisa in particolare la
giurisprudenza pubblicata nella DTF 122 IV 211 relativa al traffico di
stupefacenti e al suo finanziamento con denaro riciclato, ove

è precisato che il riciclaggio non deve essere qualificato di comportamento
necessario a tale traffico in quanto si riferisce a una fattispecie
distinta che concerne unicamente gli atti suscettibili di ostacolare
l'identificazione di valori patrimoniali ottenuti con un crimine (DTF 122
IV 211 consid. 3). La disposizione sulla tratta degli esseri umani e la
disposizione sul riciclaggio hanno per fine la salvaguardia di due beni
giuridici distinti, rispettivamente, la protezione delle donne e della
loro libertà sessuale e la buona amministrazione della giustizia (DTF 127
IV 79 consid. 2e e rinvii); pertanto, gli art. 196 e 305bis CP sono in
concorso perfetto, si delimitano in modo chiaro, hanno scopi autonomi e
concernono fattispecie diverse (v. per analogia DTF 127 IV 79 consid. 2e;
122 IV 211 consid. 4e). Finanziare la tratta di esseri umani con denaro
illecito proveniente dalla tratta stessa o da altre attività illegali
non può quindi essere considerato come un atto accessorio antecedente
corepresso dall'art. 196 CP se lo scopo perseguito è l'occultamento del
provento di un crimine (v. per analogia di motivi DTF 122 IV 211 consid. 4;
sulla nozione v. anche PHILIPPE GRAVEN, L'infraction pénale punissable,
2a ed., Berna 1995, pagg. 340-342). In altre parole, se l'attività di
finanziamento della tratta, per quanto possa apparire indispensabile
alla sua preparazione, adempie al contempo i presupposti oggettivi e
soggettivi dell'art. 305bis CP, coloro che vi si dedicano sono punibili
sulla base degli art. 196 e 305bis CP, applicati in concorso. Ciò vale
per l'integralità dell'ammontare trasferito dai resistenti all'estero
senza dover distinguere tra i compensi versati agli intermediari
e i soldi anticipati alle ragazze o i soldi inviati ai famigliari
della resistente. Non è tuttavia accertato se l'importo versato agli
intermediari e anticipato alle ragazze fosse effettivamente il provento
della tratta di esseri umani. Non sono altresì accertati, allo stadio
attuale, i presupposti soggettivi del reato di riciclaggio. Difatti,
affinché quest'ultimi siano adempiuti, l'agente deve conoscere l'origine
criminosa dei fondi e essere consapevole che il suo atto potrà vanificare
l'accertamento dell'origine, il ritrovamento o la confisca dei valori
patrimoniali; o quanto meno, in caso di dolo eventuale, egli deve
ipotizzarne l'eventualità ed accettarne le conseguenze (FF 1989 II 860; DTF
119 IV 242 consid. 2; 122 IV 211 consid. 2e). Tali elementi non sono stati
accertati neanche per i fr. 10'000.- considerati di sicura provenienza
illecita. Incomberà quindi all'autorità cantonale di esaminare se il
reato di riciclaggio può oggettivamente concernere un ammontare superiore
a quello stabilito in precedenza - tenendo conto tra l'altro che la tratta

riguarda in tutto 87 giovani prostitute - e se i resistenti avevano la
volontà, foss'anche per dolo eventuale, di riciclare tali proventi.

Erwägung 8

    8.- ...

Erwägung 9

    9.- a) Il Ministero pubblico critica infine la condanna dei resistenti
per semplice contravvenzione all'art. 23 n. 4 della legge federale del 26
marzo 1931 concernente la dimora e il domicilio degli stranieri (LDDS;
RS 142.20) per avere impiegato stranieri non autorizzati a lavorare in
Svizzera. L'entrata nonché il soggiorno sul suolo elvetico delle giovani
donne provviste di visto da turista erano, a sua mente, illegali poiché
esse avevano fin dall'inizio l'intenzione di esercitare un'attività
lucrativa. Non potevano quindi beneficiare dello "statuto di favore" di
turiste e avrebbero dovuto avvertire le autorità conformemente all'art. 2
cpv. 1 seconda proposizione LDDS. Fornendo loro alloggio, i resistenti
avrebbero favoreggiato in particolare la loro entrata e il loro soggiorno
illegali, adempiendo così i presupposti del reato di cui all'art. 23 n. 1
cpv. 5 LDDS.

    b) La questione litigiosa è circoscritta alle prostitute regolarmente
annunciate alle autorità e rimaste in Svizzera per una durata non superiore
a 3 mesi. È accertato che il loro soggiorno veniva regolarmente notificato,
conformemente all'art. 2 cpv. 2 LDDS, ma si trattava di semplici notifiche
di soggiorni turistici non comprensive dell'annuncio di un'attività
lucrativa. È inoltre accertato che esse possedevano un visto da turista
valido per entrare in Svizzera. Dati questi elementi, la CCRP ha ritenuto
che le giovani donne si trovavano legalmente sul suolo elvetico per cui
i resistenti erano punibili esclusivamente giusta l'art. 23 n. 4 LDDS
per avere ingaggiato stranieri non autorizzati a lavorare.

    c) In materia di sanzioni penali, l'art. 23 LDDS distingue tra i reati
citati ai n. 1 e 2 e le contravvenzioni perseguite in virtù dei n. 4 e
6. Giusta l'art. 23 n. 1 cpv. 5 LDDS è punito con la detenzione fino a 6
mesi, a cui può aggiungersi una multa fino a fr. 10'000.-, e con la sola
multa nei casi poco gravi, chiunque faciliti o aiuti l'entrata o l'uscita
illegale o un soggiorno illegale di uno straniero in Svizzera. Secondo
l'art. 23 n. 2 LDDS chi agisce a scopo d'indebito arricchimento è
punito con la detenzione e con la multa fino a fr. 10'000.-. Conformemente
all'art. 23 n. 4 LDDS, salvo nei casi di poca gravità, chi intenzionalmente
impiega stranieri non autorizzati a lavorare in Svizzera, è punito per
ogni straniero impiegato illegalmente con la multa fino a fr. 5'000.- se
ha agito intenzionalmente, o fino a fr. 3'000.- se ha agito con negligenza;
se l'agente ha agito a scopo di lucro, il giudice non è vincolato da questi

massimi. Infine, l'art. 23 n. 6 LDDS prevede la multa fino a fr. 2'000.-
per le "altre" infrazioni alle disposizioni di polizia degli stranieri
o ai provvedimenti delle autorità competenti.

    d) Secondo giurisprudenza costante, la semplice attività consistente
nell'assunzione di uno straniero, che soggiorna legalmente in Svizzera,
senza permesso è una contravvenzione (DTF 118 IV 262 consid. 1-4 e rinvii;
v. anche VALENTIN ROSCHACHER, Die Strafbestimmung des Bundesgesetzes
über Aufenthalt und Niederlassung der Ausländer vom 26 März 1931 (ANAG),
Zurigo 1991, pagg. 113-114, nonché HEINZ HELLER, Schwarzarbeit: Das Recht
der Illegalen, unter besonderer Berücksichtigung der Prostitution, Tesi
Zurigo 1999, pagg. 25-26).

    e) L'entrata o il soggiorno in Svizzera sono illegali ai sensi
dell'art. 23 n. 1 LDDS in particolare se lo straniero oltrepassa il confine
senza validi documenti di legittimazione e/o risiede sul suolo elvetico
senza i necessari permessi. Secondo l'art. 1 cpv. 2 dell'ordinanza di
esecuzione del 1o marzo 1949 della legge federale concernente la dimora e
il domicilio degli stranieri (ODDS; RS 142.201), uno straniero è entrato
legalmente in Svizzera, se ha osservato le prescrizioni sul possesso di
documenti di legittimazione, sul visto, sul controllo di confine, ecc. e
non ha contravvenuto a un divieto personale come un'espulsione, un divieto
e una restrizione di entrata (v. anche art. 1 e 2 dell'ordinanza del
14 gennaio 1998 concernente l'entrata e la notificazione degli stranieri
[OEnS; RS 142.211] nonché ROSCHACHER, op. cit., pagg. 27-37).

    f) Esercitare una professione senza la necessaria autorizzazione non
basta di per sé per rendere illegale o abusivo il soggiorno (ROSCHACHER,
op. cit., pagg. 56-57 e 114-115). Scopo originario della LDDS non è
la protezione del mercato contro il lavoro clandestino, bensì impedire
l'entrata e il soggiorno di persone indesiderabili nonché un'eccessiva
penetrazione di stranieri, lottando contro il loro soggiorno illegale ed
evitando che, sprovvisti di permesso, si sottraggano al controllo delle
autorità (v. anche FF 1986 III 219; ROSCHACHER, op. cit., pag. 114; HEINZ
HELLER, op. cit., pag. 9). Solo in seguito al proliferare del lavoro
clandestino, le disposizioni penali della LDDS sono state completate
con l'inserimento dell'art. 23 n. 4 e 5 LDDS per tentare di dissuadere
l'impiego di stranieri sprovvisti di permesso (FF 1986 II 219-220
e 225-226).

    g) Nella fattispecie, è accertato in modo insindacabile (art. 273
cpv. 1 lett. b e 277bis cpv. 1 PP) che le giovani donne erano giunte in
Svizzera in possesso di un visto per turisti e che ripartivano una

volta trascorsi i 3 mesi durante i quali potevano risiedere sul
suolo elvetico senza dover compiere ulteriori formalità (art. 2 cpv. 1
LDDS). Non risulta tra l'altro che i visti fossero stati emessi per una
durata inferiore a 3 mesi o che non fossero validi. È indubbio che non
hanno soggiornato e neanche sono entrate in Svizzera come turiste, poiché
era loro intenzione esercitare un'attività lucrativa ai sensi dell'art. 6
dell'ordinanza del 6 ottobre 1986 che limita l'effettivo degli stranieri
(OLS; RS 823.21; v. anche la definizione proposta in ROSCHACHER, op. cit.,
pag. 55, nota 98 che qualifica il "turista" come colui che per un tempo
determinato visita la Svizzera per conoscerne le particolarità o per
riposarsi). Si pone quindi la questione se, come sostiene il Ministero
pubblico, a causa di siffatta constatazione la loro entrata nonché il
loro soggiorno fossero illegali, nel qual caso i resistenti alloggiandole
sarebbero effettivamente colpevoli del reato di cui all'art. 23 n. 1
cpv. 5 LDDS (DTF 118 IV 262 consid. 3a). La risposta è negativa per i
motivi che seguono.

    h) Al momento di oltrepassare il confine svizzero e durante il loro
soggiorno, le giovani donne erano in possesso di un visto per turisti
valido (v. art. 11 cpv. 1 lett. a OEnS). Pertanto, hanno oltrepassato
il confine e soggiornato legalmente in Svizzera. Poco importa se,
eventualmente consigliate e aiutate dai resistenti, esse abbiano
ottenuto in modo fraudolento tale autorizzazione, lo scopo del loro
soggiorno non essendo quello dichiarato. In simili casi, è prevista
unicamente la revoca senza formalità del visto prima dello scadere del
termine previsto (art. 15 cpv. 2 lett. b OEnS). Tale revoca - che non
risulta essere avvenuta per nessuna delle giovani donne -, è una facoltà,
non un obbligo (DTF 125 IV 148 consid. 2b in fine). Pertanto il visto,
quand'anche ottenuto con l'inganno, non è nullo ab ovo; la sua validità e,
quindi, la legalità dell'entrata e del soggiorno perdurano fino al momento
della revoca (v. anche ROSCHACHER, op. cit., pag. 117 sulla revoca del
permesso di dimora previsto all'art. 9 cpv. 2 LDDS). La pratica litigiosa
era indubbiamente volta a indurre in errore l'amministrazione affinché le
giovani donne potessero penetrare in Svizzera ed esercitare indisturbate
il mestiere di prostitute per 3 mesi. Tale comportamento è chiaramente
riprovevole ma in assenza di una disposizione specifica (v. anche DTF
125 IV 148 consid. 2c e ROSCHACHER, op. cit., pag. 57), non può essere
eretto come reato ai sensi dell'art. 23 n. 1 cpv. 5 LDDS.

    i) Pertanto, poiché le interessate si trovavano legalmente sul suolo
Svizzero, la condanna dei resistenti, non recidivi, per avere contravvenuto
all'art. 23 n. 4 LDDS non viola il diritto federale.