Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 127 III 33



127 III 33

6. Estratto della sentenza del 11 luglio 2000 della I Corte civile nella
causa Jumbo Sud SA contro Brico SA (ricorso per riforma) Regeste

    Markenschutzrecht; unlauterer Wettbewerb; Namensrecht.  Möglichkeit
des Schutzes eines Zeichens des Gemeingutes, das sich nur regional
durchgesetzt hat?

    Das Zeichen "Brico" ist wie ein Zeichen des Gemeingutes zu behandeln
(E. 1).

    Art. 2 lit. a MSchG. Ein Zeichen des Gemeingutes kann ausnahmsweise
als Marke geschützt sein, wenn es sich in allen Sprachregionen für die
Waren oder Dienstleistungen, für die es beansprucht wird, durchgesetzt hat
(E. 2).

    Kumulative Anwendung von MSchG und UWG (E. 3a).

    Im vorliegenden Fall ist das Zeichen weder nach UWG (E.  3b und c)
noch nach den Bestimmungen des Namensrechts (Art. 29 Abs. 2 ZGB; E. 4)
zu schützen.

Sachverhalt

    A.- La presente vertenza vede coinvolte due società ticinesi attive
nel settore "fai da te".

    La Brico S.A. (di seguito: Brico), con sede a Lamone, è iscritta
a registro di commercio dal 1983 e possiede cinque negozi nel Cantone
Ticino. Dal 1985 essa è titolare di un marchio verbale-figurativo
che, oltre alla menzione "Brico - Centro del fai da te", comprende la
raffigurazione grafica di un omino con un martello in mano che pronuncia
la frase "Salve amico - vieni anche tu alla Brico!".

    La Jumbo Sud S.A. (di seguito: Jumbo), con sede a Canobbio,
è iscritta a registro di commercio dal 1985 e gestisce in Ticino tre
centri commerciali, appartenenti alla catena Jumbo, diffusa in tutta la
Svizzera. Dal 1997 essa ha inserito nella pubblicità e nelle insegne
ticinesi la menzione "Brico & Hobby" accanto al logo "Jumbo"; nella
svizzera romanda usa invece "Brico & Loisirs" e nella svizzera tedesca
"Bau & Freizeit".

    B.- Ritenendo l'espressione utilizzata da Jumbo in Ticino in contrasto
con le norme sulla protezione dei marchi e sulla concorrenza sleale,
nonché con quelle sul diritto del nome, il 26 giugno 1997 la Brico ha
convenuto la Jumbo e la Jumbo-Markt AG di Dietlikon direttamente dinanzi
al Tribunale d'appello. L'attrice ha chiesto - previa l'adozione di misure
cautelari - di ordinare alle convenute la cessazione, immediatamente e
per il futuro, dell'uso in Ticino della parola "Brico" su tutto il loro
materiale pubblicitario di propaganda, così come in ogni altro contesto. In
prosieguo di causa le parti hanno deciso di rinunciare alla procedura
provvisionale e di dimettere dalla lite la Jumbo-Markt AG.

    Con sentenza del 21 luglio 1999 la II Camera civile del Tribunale
d'appello del Cantone Ticino ha accolto la petizione.

    C.- Prevalendosi della violazione del diritto federale la Jumbo
è insorta il 1o settembre 1999 dinanzi al Tribunale federale con un
ricorso per riforma volto alla modifica del giudizio impugnato nel senso
di respingere la petizione. Nella risposta del 25 ottobre 1999 la Brico
propone la reiezione del gravame.

Auszug aus den Erwägungen:

                        Dai considerandi:

Erwägung 1

    1.- Premesso che la registrazione di un marchio da parte dell'Ufficio
federale della proprietà intellettuale non vincola il giudice civile, la
Corte cantonale ha esaminato la tesi - addotta dalla convenuta - secondo
la quale il termine "Brico" non potrebbe beneficiare della protezione
quale marchio in quanto segno di dominio pubblico.

    Dalla perizia giudiziaria è emerso che tale vocabolo, pur non figurando
nei dizionari italiani, francesi e tedeschi come sinonimo di "bricolage",
gode effettivamente di una certa diffusione nelle aree francofone come
mozzatura di questa stessa parola, la quale in tempi recenti è divenuta
sinonimo dei prodotti del genere "fai da te" e va pertanto considerata di
dominio pubblico, siccome descrittiva di un determinato tipo di merce. In
queste circostanze, non risultando la troncatura del termine francese
particolarmente fantasiosa né originale - tant'è che il vocabolo da
cui deriva è facilmente riconoscibile - l'autorità ticinese ha concluso
di dover assimilare "Brico" a un segno di dominio pubblico, ciò che ne
esclude, di principio, la protezione come marchio (art. 2 lett. a LPM;
RS 232.11).

    Considerato però che in Ticino il segno "Brico" viene ormai chiaramente
identificato con la ditta attrice ed i suoi prodotti, la Corte cantonale
ha deciso di garantirgli ugualmente protezione, a titolo eccezionale,
in applicazione dell'art. 2 lett. a seconda frase LPM. Tale disposto -
in vigore dal 1o aprile 1993 e applicabile alla fattispecie in rassegna
in virtù dell'art. 76 cpv. 1 e cpv. 2 lett. b LPM - prevede infatti
la possibilità di proteggere i segni di dominio pubblico qualora essi
"si siano imposti come marchi per i prodotti o i servizi ai quali si
riferiscono".

    Dovendosi ammettere l'asserita violazione del diritto dei marchi,
alla convenuta è stato dunque ordinato di cessare immediatamente e per
il futuro l'utilizzo, in Ticino, della parola "Brico".

Erwägung 2

    2.- Il ricorso per riforma verte esclusivamente sull'applicazione
dell'eccezione contemplata dalla citata norma, segnatamente sulla decisione
di proteggere il segno in questione, di dominio pubblico, nonostante esso
si sia imposto solamente nel Cantone Ticino. A mente della convenuta non è
infatti pensabile un marchio "locale", i cui effetti siano limitati a una
sola regione: la facoltà di concedere - eccezionalmente - a un segno di
dominio pubblico una protezione uguale a quella di un marchio registrato
presuppone ch'esso si sia imposto in tutta la Svizzera.

    a)  Modificando la sua precedente giurisprudenza (DTF 55 I 262; 81 I
298), nella DTF 99 Ib 10 il Tribunale federale ha stabilito il principio
secondo il quale, per essere protetto, un marchio dev'essersi imposto sul
territorio svizzero (fanno eccezione solo le indicazioni di provenienza
geografiche straniere, cfr. DTF 117 II 327 "Montparnasse").

    Questa giurisprudenza - ripetutamente confermata (cfr. DTF 120 II 144
consid. 3c pag. 151, con rinvii) - non risolve però il problema in esame,
siccome riferita a fattispecie nell'ambito delle quali la diffusione del
marchio, rispettivamente del segno di dominio pubblico, in Svizzera viene
contrapposta a quella riscontrata all'estero. Il Tribunale federale non si
è per contro ancora pronunciato sulla questione specifica dell'estensione
geografica dell'uso del marchio entro i confini nazionali.

    b)  A sostegno della loro decisione di proteggere un segno di dominio
pubblico che si è imposto solo a livello locale, i giudici ticinesi hanno
citato MARBACH (Markenrecht, in: Schweizerisches Immaterialgüter- und
Wettbewerbsrecht, vol. III, Basilea 1996, pag. 56). In realtà questo autore
non è così categorico come lascia intendere la sentenza impugnata. Pur
ritenendo la diffusione locale sufficiente qualora anche l'uso del segno
sia limitato alla stessa zona, egli ha infatti rilevato il conflitto
esistente tra la necessità - di per sé non esclusa dall'art. 2 lett. a
LPM - di proteggere anche i segni diffusi localmente o regionalmente e
l'esigenza più generale di mantenerli liberi, a disposizione di tutti,
visto che si sono affermati - appunto - soltanto in uno spazio limitato.

    Pochi sono invero gli autori che hanno trattato la questione.

    MATTER (Kommentar zum Bundesgesetz betreffend den Schutz der
Fabrik- und Handelsmarken, der Herkunftsbezeichnungen von Waren und der
gewerblichen Auszeichnungen, Zurigo 1939, art. 3 a pag. 63) propone di
distinguere a seconda della natura del segno di dominio pubblico: un segno
comune o banale (primitive Marke) è suscettibile d'essere protetto non
appena i consumatori finali ne riconoscono la forza distintiva per l'uso
anche solo locale; un segno libero (Freizeichen) può venire protetto tosto
che sia cessato l'uso comune e che un unico titolare lo usi da molto tempo;
una designazione generica o descrittiva (Beschaffenheitsangabe) esige
invece di essere riconosciuta come marchio individualizzante in tutto
il paese o, comunque, nelle parti in cui viene usata. Anche JENE-BOLLAG
(Die Schutzfähigkeit von Marke und Ausstattung unter dem Gesichtspunkt
des Freihaltebedürfnisses, Basilea 1981, pag. 128-133) auspica soluzioni
differenziate. Per quest'autrice il segno di dominio pubblico può, di
principio, essere registrato se l'uso individualizzante si è imposto
in tutte le regioni della Svizzera. Deroghe sono però possibili nei
settori per i quali l'interesse al mantenimento della libertà del segno
è esiguo. Infatti, se l'intensità di questo interesse è di regola uguale
su tutto il territorio svizzero per i segni banali, per quelli verbali
a contenuto informativo esso può risultare differenziato, a dipendenza
della regione linguistica e dei singoli settori economici.

    Di parere decisamente contrario è MÜLLER (Unterscheidungskraft,
Freihaltebedürfnis, Verkehrsdurchsetzung in: Marke und Marketing, Berna
1990, pag. 210-212), il quale ammette l'esistenza di differenze regionali
ma nega ch'esse possano venire considerate nell'ambito del diritto dei
marchi, dato che la protezione del marchio registrato si estende su tutto
il territorio svizzero.

    A titolo comparativo si può infine osservare che in Germania la
protezione del marchio presuppone la sua diffusione in tutto il paese
(cfr. ad esempio STRÖBELE, in: Althammer/Ströbele/Klaka, Markengesetz,
5a ed., 1997, n. 144 zu § 8).

    c)La possibilità di proteggere un segno di dominio pubblico che si
è imposto solo a livello regionale non può dunque venir esclusa d'acchito.

    A favore di questa tesi depone, in particolare, il fatto che, in caso
contrario, alle imprese attive solo localmente verrebbe definitivamente
preclusa la possibilità di vedere il loro marchio protetto, nonostante
esso si sia chiaramente imposto nella regione in cui operano.

    Altre considerazioni risultano tuttavia preponderanti.  Ritenuto che
la protezione di un marchio si estende per legge su tutto il territorio
svizzero risulta difficile ammettere di sottrarre all'uso generale, a
causa della sua diffusione in una sola località o regione linguistica,
un segno di dominio pubblico che nelle altre non solo non ha assunto una
specifica funzione descrittiva in relazione a un determinato prodotto
ma addirittura, come nel caso in esame, appartiene al linguaggio
corrente. Già si è detto, infatti, che presso i francofoni la parola
"Brico" viene facilmente identificata come mozzatura di "bricolage",
la quale è sinonimo delle attività "fai da te". Ora, la necessità di
mantenere libero il termine citato per indicare questo tipo di attività
prevale, manifestamente, su quello di registrarlo solo perché si è imposto
in una regione linguistica. Ammettere la possibilità di proteggere un segno
affermatosi in una certa località limitatamente alla stessa, soluzione cui
tende la decisione impugnata nel suo dispositivo, risulterebbe inoltre in
contrasto con lo spirito del diritto dei marchi, che mira - come detto -
a garantire una protezione globale e assoluta dei marchi registrati in
tutta la Svizzera: vedere il medesimo segno protetto in regioni diverse
per prodotti magari diversi rischierebbe infatti di ingenerare un'eccessiva
confusione nel consumatore.

    d) Alla luce delle considerazioni che precedono e nell'interesse della
chiarezza e della sicurezza giuridica, la decisione pronunciata in sede
cantonale non può dunque essere condivisa.

    Un segno di dominio pubblico può, eccezionalmente, beneficiare della
protezione quale marchio solamente qualora esso si sia imposto in ogni
regione linguistica come tale, per i prodotti o i servizi ai quali si
riferisce, ciò che in concreto non si è verificato.

Erwägung 3

    3.- La fattispecie necessita comunque di essere esaminata anche dal
profilo della legge contro la concorrenza sleale non potendosi ritenere,
a priori, che la mancata sanzione di un certo comportamento secondo il
diritto dei marchi elimini in maniera assoluta la possibilità di vietarlo
in applicazione di quello della concorrenza.

    a) L'introduzione del nuovo diritto dei marchi ha invero spinto
parte della dottrina a proporne l'applicazione esclusiva, atteso
ch'esso fornisce una protezione globale del segno (cfr. DAVID, in:
Markenschutzgesetz, Muster- und Modellgesetz, Basilea 1999, n. 3
pag. 10). Altri autori continuano invece a sostenere l'applicazione
cumulativa delle due normative (MARBACH, op. cit., pag. 13 seg.; HILTI,
in: Schweizerisches Immaterialgüter- und Wettbewerbsrecht, vol. III,
pag. 455 segg.; STREULI-YOUSSEF, in: Schweizerisches Immaterialgüter-
und Wettbewerbsrecht, vol. V/1, pag. 145 segg.). A ragione. Anche la
giurisprudenza del Tribunale federale ammette infatti l'applicazione
cumulativa delle due legislazioni in considerazione degli scopi, diversi,
ch'esse si prefiggono: il diritto dei marchi mira a proteggere il segno
che contraddistingue il prodotto (rispettivamente un servizio), di modo
ch'esso risulta violato mediante la sua copia o imitazione; il diritto
della concorrenza, invece, vuole garantire il funzionamento corretto della
concorrenza fra le varie aziende presenti sul mercato, di modo ch'esso
risulta violato qualora una di queste adotti un comportamento sleale
(cfr. DTF 117 II 199 consid. 2 pag. 200 segg.).

    b) Orbene, secondo prassi costante non si può, attraverso le norme
sulla concorrenza sleale (LCSl), proibire l'uso di un segno appartenente al
dominio pubblico: ciascun concorrente deve avere infatti la possibilità
di designare un prodotto servendosi di espressioni che ne indicano
la natura o le proprietà, senza essere ostacolato dal marchio di un
altro. In caso contrario diverrebbe possibile, per mezzo della legge
sulla concorrenza sleale, accordare una protezione che la legge sui marchi
rifiuta espressamente. Solo circostanze particolari possono fare apparire
un'imitazione sleale: tale è il caso, ad esempio, se il consumatore viene
indotto in errore, in modo evitabile, circa la provenienza del prodotto
oppure viene sfruttata, in modo parassitario, la reputazione di cui gode
il prodotto concorrente (DTF 120 II 144 consid. 5b pag. 154 con rinvii).

    c) Nel caso in esame l'uso - da parte della convenuta - del segno
"Brico", non soggetto alla protezione della LPM, non viola dunque, di
principio, nemmeno la LCSl. I giudici ticinesi lo hanno tuttavia vietato,
verificandosi, a loro modo di vedere, una delle circostanze particolari
appena esposte: con il suo comportamento la convenuta avrebbe infatti
creato presso i consumatori un pericolo di confusione, accentuato dal fatto
che le due ditte vendono merce dello stesso genere nella medesima regione.

    aa)Il pericolo di confusione configura una questione di diritto che
il Tribunale federale esamina liberamente, perlomeno quando - come nel
caso in rassegna - si tratta di valutare l'impatto del comportamento
litigioso sul grande pubblico; non invece quando il prodotto è destinato
a una speciale fascia di persone, dotate di conoscenze specifiche in un
determinato settore (DTF 126 III 239 consid. 3a pag. 245 seg.).

    bb) Contrariamente a quanto asseverato dai giudici cantonali, in
concreto l'esistenza di un pericolo di confusione va negata. Le parti
utilizzano infatti il segno "Brico" in maniera diversa, combinato con
i rispettivi loghi e un'espressione specifica, così da permettere a un
consumatore attento l'immediata differenziazione fra le due imprese.
L'attrice non solo si propone con "Brico - Centro del fai da te", ove la
lettera "c" del termine "Brico" avvolge graficamente la successiva "o",
ma aggiunge anche la raffigurazione grafica di un omino con in mano un
martello che pronuncia la frase "Salve amico - vieni anche tu alla Brico!".
Dal canto suo la convenuta aggiunge la menzione "Brico & Hobby" al logo
"Jumbo".

    Dagli accertamenti eseguiti in sede cantonale non emerge inoltre
alcun elemento concreto a sostegno di uno sfruttamento parassitario della
reputazione dell'attrice.

    Ne discende che anche su questo punto il giudizio impugnato risulta
in contrasto con il diritto federale.

Erwägung 4

    4.- Lo stesso vale, infine, con riferimento alle considerazioni
concernenti la violazione delle norme sulla protezione del nome,
segnatamente dell'art. 29 cpv. 2 CC, che la Corte cantonale ha ammesso.

    Giusta l'art. 29 cpv. 2 CC chi subisce pregiudizio per il fatto
che un altro usurpa il suo nome può chiedere in giudizio la cessazione
dell'usurpazione. Come rettamente osservato nella sentenza impugnata,
una simile circostanza non si verifica solo quando qualcuno utilizzi
per sé il nome di un altro, bensì anche quando si limiti a usarne la
parte principale creando così un pericolo di confusione (DTF 116 II 463
consid. 3b pag. 469). Ciò non vale, però, qualora - come nel caso in esame
- venga ripreso un elemento costitutivo di un vocabolo che appartiene,
linguisticamente, al dominio pubblico (BÜHLER, in: Basler Kommentar,
n. 34 ad art. 29 CC; DTF 90 II 315 consid. 3a pag. 319).

    La nozione di pericolo di confusione corrisponde comunque a quella
considerata nel diritto della concorrenza (DTF citato consid. 4c
pag. 470). Atteso che nella fattispecie in esame tale pericolo è stato
negato, l'attrice non può prevalersi dei disposti sulla protezione del
nome per ottenere la cessazione dell'uso del termine "Brico" da parte
della convenuta.

Erwägung 5

    5.- Da tutto quanto esposto discende che la decisione emanata dalla
Corte cantonale risulta in contrasto con il diritto federale in materia
di protezione dei marchi, concorrenza sleale e protezione del nome.

    Il ricorso per riforma deve pertanto essere accolto. Ciò comporta
l'annullamento e la modifica della sentenza impugnata nel senso di
respingere integralmente la petizione presentata dalla Brico S.A. il 26
giugno 1997.

    Gli oneri processuali e le spese ripetibili seguono la soccombenza
(art. 156 cpv. 1 e art. 159 cpv. 1 e 2 OG).