Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 126 V 198



126 V 198

34. Sentenza del 13 marzo 2000 nella causa Istituto nazionale svizzero
di assicurazione contro gli infortuni contro I. e Tribunale delle
assicurazioni del Cantone Ticino Regeste

    Art. 84 Abs. 2 UVG; Art. 81, Art. 86 Abs. 1, Art. 87, Art. 89 Abs. 2
VUV; Art. 13 des Abkommens vom 8. Juni 1962 zwischen der Schweizerischen
Eidgenossenschaft und der Föderativen Volksrepublik Jugoslawien über
Sozialversicherung.

    - Die Übergangsentschädigung als Mittel zur Verhütung von
Berufsunfällen und Berufskrankheiten gemäss VUV gehört nicht zum
Regelungsbereich des Sozialversicherungsabkommens zwischen der Schweiz
und Jugoslawien.

    - Nach innerstaatlichem Recht setzt der Anspruch auf eine
Übergangsentschädigung im Sinne von Art. 86 VUV den tatsächlichen
Aufenthalt in der Schweiz mit der Absicht, diesen während einer gewissen
Zeit aufrechtzuerhalten und hier in dieser Zeit auch den Schwerpunkt der
Lebensbeziehungen zu haben, voraus.

Sachverhalt

    A.- I., cittadino macedone nato nel 1944, titolare di un permesso di
dimora "B" svizzero, di professione muratore, ha lavorato in Svizzera sino
al 31 agosto 1994 e come tale era assicurato presso l'Istituto nazionale
svizzero di assicurazione contro gli infortuni (INSAI). Il 29 aprile
1994 egli si è annunciato all'INSAI, lamentando una totale incapacità
lavorativa a contare dal 16 aprile precedente a seguito di un eczema da
cemento. Il caso è stato assunto dall'Istituto assicuratore, il quale ha
versato all'interessato indennità giornaliere. Con decisione 21 luglio
1994, esso ha pronunciato l'inidoneità dell'assicurato per tutti i lavori
a contatto con cemento, composti di cromo, cobalto e nichelio, come pure
con la gomma. L'interessato, dopo aver controllato la disoccupazione
durante il mese di settembre 1995 ma essere stato riconosciuto inidoneo
al collocamento, ha lasciato definitivamente la Svizzera per far ritorno
al suo paese d'origine il 30 settembre 1995. È stato posto al beneficio
di indennità giornaliere di transizione per la durata di quattro mesi,
dal settembre al dicembre 1995.

    Mediante provvedimento su opposizione 2 settembre 1996,
confermativo di una decisione 29 aprile 1996, l'INSAI ha rifiutato
di erogare all'interessato un assegno di transizione. Ha in sostanza
osservato che detto assegno viene riconosciuto solo quando l'assicurato
dichiarato inidoneo è atto al collocamento in un'altra professione. Ora,
per motivi estranei al provvedimento di inidoneità 21 luglio 1994, tale
presupposto non era adempiuto in concreto. In effetti, il 30 agosto 1995
il Consiglio di Stato del Cantone Ticino aveva confermato una decisione
di rifiutato rinnovo del permesso di dimora, emanata il 12 agosto 1994
dalla Sezione degli stranieri, ordinando all'interessato di abbandonare,
entro il 30 settembre 1995, il territorio cantonale per aver tentato di
forviare le autorità presentando una patente falsa alla Sezione della
circolazione. Nella decisione su opposizione l'Istituto assicuratore ha
precisato che nemmeno poteva soccorrere far capo al diritto convenzionale
eventualmente vigente tra la Confederazione elvetica e la Repubblica
federativa della Jugoslavia, in quanto detta normativa non avrebbe avuto
alcun rapporto con la legislazione svizzera in materia di prevenzione di
infortuni e quindi di profilassi.

    B.- Rappresentato dal Sindacato X, I. è insorto contro la pronunzia
amministrativa chiedendo, con ricorso al Tribunale delle assicurazioni del
Cantone Ticino, che l'assegno di transizione gli fosse concesso. Ritenute
adempiute le condizioni previste dal diritto svizzero in materia di
prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, l'insorgente
ha contestato il parere dell'INSAI secondo il quale un assicurato di
nazionalità macedone che lascia la Svizzera e che rientra nel suo paese
d'origine non sarebbe più stato atto al collocamento e avrebbe perso ogni
diritto all'assegno di transizione.

    In particolare, con riferimento al principio della reciprocità
delle prestazioni e richiamato il precetto della parità di trattamento
contemplato dalla CEDU, adduceva che la menzionata normativa elvetica era
assai più recente che il diritto convenzionale vigente tra la Svizzera e
l'ex Jugoslavia, per cui insostenibile sarebbe stato, anche dal profilo
dello spirito che aveva animato gli Stati contraenti al momento della
redazione della Convenzione e malgrado quest'ultima fosse silente al
riguardo, l'argomento secondo cui le prestazioni profilattiche non
rientrassero nel novero di quelle che le parti avevano voluto inserire
nell'Accordo. Censurato l'ordinamento giurisprudenziale cui aveva fatto
capo l'Istituto assicuratore in quanto inapplicabile alla fattispecie,
ha ricordato che le decisioni amministrative di polizia degli stranieri
non costituivano un impedimento all'applicazione della legislazione in
materia di assicurazioni sociali.

    Con giudizio 24 luglio 1997 l'autorità di ricorso cantonale ha accolto
il gravame. Essa non ha esaminato se fossero adempiuti i presupposti
stabiliti dal diritto svizzero. I primi giudici hanno invece considerato,
premesso come il diritto convenzionale vigente tra i due Stati fosse
applicabile nei confronti dei cittadini dell'ex Jugoslavia, che nella
misura in cui la legislazione macedone avesse previsto la medesima
prestazione, la copertura della malattia professionale si sarebbe estesa
anche all'assegno di transizione, sebbene dalla sistematica della LAINF
risultasse non essere tale indennità prestazione assicurativa in senso
stretto. Data l'impossibilità del ricorrente di fornire a questo proposito
la prova relativa all'esistenza della regola di reciprocità tra i due
Stati, la causa doveva essere retrocessa all'INSAI affinché decidesse
nuovamente dopo ulteriori accertamenti.

    C.- Avverso la pronunzia cantonale l'INSAI interpone un
ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale delle
assicurazioni. Protestate spese e ripetibili, chiede l'annullamento del
giudizio impugnato e la conferma del proprio provvedimento. Osserva
innanzitutto come non siano date le condizioni che devono essere
cumulativamente adempiute secondo la legislazione svizzera per ottenere
un assegno di transizione. Fa valere che con la Macedonia, benché la
Convenzione stipulata con la Jugoslavia nel 1962 sia tuttora valida, non
esiste attualmente, all'infuori di trattative in corso, alcun accordo in
materia di assicurazioni sociali, né quindi reciprocità per quanto concerne
le prestazioni in discussione. Del resto, argomenta l'Istituto insorgente,
l'assegno di transizione non è una prestazione assicurativa derivante da
malattia professionale, bensì volta a prevenire quest'ultima. A suo avviso,
benché non sia noto se il diritto macedone preveda l'eczema da cemento
quale malattia professionale, detto indennizzo non potrebbe, trattandosi di
misure di profilassi, essere considerato come una prestazione reciproca
per malattia professionale secondo le norme convenzionali. Infine,
l'interessato non potendo, per motivi a lui imputabili, più lavorare
in Svizzera né quindi compensare il pregiudizio economico che gli deriva
dalla decisione di inidoneità, impossibile sarebbe in ogni caso controllare
se egli dia o meno seguito all'obbligo impostogli di tutto porre in atto
per diminuire tale danno.

    Tramite il predetto Sindacato, I. chiede la disattenzione del
gravame protestando spese e ripetibili. Considera essere adempiuti
i requisiti posti dall'ordinamento svizzero ai fini dell'ottenimento
dell'assegno di transizione, segnatamente in base ai documenti comprovanti
l'impegno profuso nella ricerca di un'attività adeguata al suo stato
di salute. Reputa che la vertenza dev'essere esaminata alla luce della
Convenzione stipulata tra la Svizzera e la Jugoslavia nel 1962 e di quella
conclusa tra la Confederazione elvetica e la Croazia. A suo avviso,
dato il principio della reciprocità, non possono precludere il diritto
alle prestazioni richieste né il fatto di essersi visto rifiutare il
rinnovo del permesso di soggiorno né la pretestuosa impossibilità per
l'amministrazione di controllare i suoi sforzi per ridurre il danno.

    L'Ufficio federale delle assicurazioni sociali, che si rimette
comunque al parere del Tribunale federale delle assicurazioni, ritiene
che a torto la precedente istanza avrebbe invocato il principio della
reciprocità e il diritto convenzionale tra la Svizzera e la Jugoslavia per
giustificare il rinvio della causa all'amministrazione. Detto principio
sarebbe infatti da riferire soltanto alla fase dei negoziati bilaterali;
l'ipotesi dell'indennizzo in oggetto apparrebbe comunque effettivamente
prevista da ambedue gli Stati. Indipendentemente dal carattere specifico
dell'assegno di transizione il diritto alla prestazione sarebbe pertanto
dato, irrilevante essendo il tema dell'espulsione amministrativa
dell'assicurato; riservata rimane un'interpretazione per la quale, visto
il carattere sui generis dell'indennità in questione, si dovesse ritenerla
esclusa dal campo d'applicazione della Convenzione.

Auszug aus den Erwägungen:

                            Diritto:

Erwägung 1

    1.- a) Oggetto della presente lite è il tema di sapere se l'assicurato,
trovandosi in Macedonia a seguito di non rinnovato permesso di dimora
in Svizzera, abbia diritto all'assegno di transizione giusta l'art. 86
dell'Ordinanza 19 dicembre 1983 sulla prevenzione degli infortuni e delle
malattie professionali (OPI). In particolare, si tratta di stabilire
se egli possa far valere detta prestazione invocando l'adempimento del
presupposto secondo cui le proprie possibilità di guadagno rimarrebbero
considerevolmente ridotte a causa della decisione 21 luglio 1994,
mediante la quale l'INSAI aveva pronunciato la sua inidoneità per
determinati lavori.

    b) La Corte cantonale, ritenuto applicabile il diritto convenzionale
nella misura in cui fosse stata accertata l'esistenza della reciprocità in
materia di assegno di transizione nell'ordinamento giuridico macedone, ha
rinviato la causa all'INSAI anche perché esaminasse i requisiti previsti al
riguardo dal profilo della legislazione svizzera. L'Istituto assicuratore,
reputato il disciplinamento convenzionale inapplicabile alla problematica
in esame già per il fatto che esso non contemplerebbe indennità a titolo
di misure di profilassi, nel ricorso di diritto amministrativo argomenta
che ogni diritto dev'essere negato, segnatamente per l'impossibilità di
controllare se l'assicurato metta in atto tutto il possibile per ridurre
il danno.

Erwägung 2

    2.- a) Nei considerandi dell'impugnato giudizio è già stato debitamente
esposto che, a norma dell'art. 84 cpv. 2 LAINF, gli organi esecutivi
possono escludere gli assicurati particolarmente esposti ad infortuni
professionali o malattie professionali da lavori che li mettano in
pericolo. È stato inoltre ricordato che l'art. 86 OPI definisce il
risarcimento agli assicurati che, per l'esclusione dalla precedente
attività, subiscono un notevole pregiudizio quanto alle possibilità di
promozione e non hanno diritto ad altre prestazioni assicurative. In
particolare, il lavoratore durevolmente o temporaneamente escluso da
un lavoro riceve dall'assicurazione un assegno di transizione qualora,
cumulativamente con altre condizioni, a cagione della decisione, nonostante
la consulenza individuale, l'erogazione di un'indennità giornaliera
transitoria e l'impegno che da lui può essere ragionevolmente preteso
affinché compensi lo svantaggio economico sul mercato del lavoro,
le sue possibilità di guadagno rimangano considerevolmente ridotte
(cpv. 1 lett. a). Giova inoltre rammentare l'art. 89 cpv. 2 OPI, il
quale precisa - in modo analogo a quanto prevede l'art. 81 OPI - che
l'assegno di transizione è negato o ridotto giusta l'art. 37 cpv. 1 e
2 LAINF se l'avente diritto ha aggravato la sua situazione sul mercato
del lavoro non osservando le prescrizioni sulle visite profilattiche nel
settore della medicina del lavoro (lett. a), non abbandonando l'attività
vietata (lett. b), o disattendendo una decisione d'idoneità condizionale
(lett. c). Deve infine essere rilevato che, ai sensi dell'art. 13 della
Convenzione tra la Confederazione Svizzera e la Repubblica popolare
federativa di Jugoslavia concernente le assicurazioni sociali dell'8
giugno 1962, in vigore dal 1o marzo 1964, nel caso di una malattia
professionale suscettibile di essere oggetto di indennità conformemente
alla legislazione di ambedue le Parti, le prestazioni sono concesse solo
in virtù della legislazione della Parte sul cui territorio l'attività
suscettibile di cagionare una malattia professionale di siffatta natura è
stata esercitata per ultimo, e alla condizione che l'interessato adempia
le condizioni previste dalla detta legislazione.

    b) Premesso che l'anzidetta Convenzione conclusa a suo tempo con la
Jugoslavia è tuttora applicabile nei confronti dei cittadini dell'ex
Jugoslavia (DTF 122 V 382 consid. 1, 119 V 101 consid. 3), occorre in
primo luogo esaminare se il diritto alle prestazioni litigiose possa
essere ammesso in base a tale normativa.

    L'interpretazione di un accordo internazionale deve procedere anzitutto
dal testo convenzionale. Se il testo è chiaro e se il significato, come
risulta dal generale uso della lingua come pure dall'oggetto e dallo scopo
della disposizione, non appare privo di senso, non è data interpretazione
estensiva o limitativa, a meno che dal contesto o dai materiali si possa
con sicurezza dedurre che il testo non corrisponde alla volontà delle
parti contraenti (DTF 124 V 148 consid. 3a, 228 consid. 3a e sentenze ivi
citate; SPIRA, L'application du droit international de la sécurité sociale
par le juge, in: Mélanges Berenstein, Losanna 1989, pagg. 482 segg.).

    Nella versione francese, il cui testo fa stato, l'art. 13 della
Convenzione recita:
      "Les prestations en cas de maladie professionnelle susceptible d'être

    réparée en vertu de la législation des deux Parties ne sont accordées

    qu'au titre de la législation de la Partie sur le territoire de
laquelle

    l'emploi susceptible de provoquer une maladie professionnelle de cette

    nature a été exercé en dernier lieu et sous réserve que l'intéressé

    remplisse les conditions prévues par cette législation."

    L'interpretazione del chiaro testo di detta versione originale -
procedendo dal testo convenzionale come stabilito dalla giurisprudenza
circa l'interpretazione dei trattati in DTF 124 V 228 consid. 3a - non
è affatto equivoca. Con la seconda parte della norma convenzionale si
intendeva in effetti unicamente predisporre in modo semplice quale dei
due Stati sia tenuto a rispondere delle malattie cui si allude nella prima
parte della disposizione. Si stabiliva così la presunzione, onde evitare di
dover ricorrere a perizie complesse e inconcludenti, che tenuto a risarcire
è lo Stato in cui l'attività atta a determinare il danno è stata svolta da
ultimo. Si tratta in sostanza di un disciplinamento fissante indiscutibili
regole suscettibili di definire la responsabilità delle parti. Altro,
a proposito della volontà delle stesse, nemmeno può essere dedotto dai
lavori preparatori (cfr. al riguardo Messaggio 4 marzo 1963, FF 1963 I 686
seg., rispettivamente BBl 1963 I 674 seg.; DTF 124 II 200 consid. 5c, 124
III 129 consid. 1b/aa, 124 V 189 consid. 3a, con i rispettivi riferimenti).

    c) Da quanto precede deve essere dedotto che, considerata la
semplice menzionata funzione di generale ordinamento dell'attribuzione
di responsabilità delle parti contraenti assunta dall'art. 13 della
Convenzione in materia di prestazioni per malattie professionali
pregresse, il quesito dei provvedimenti preventivi di cui all'OPI non
rientra nel novero dei temi oggetto della Convenzione tra la Svizzera
e la Jugoslavia. In applicazione dei suddetti principi interpretativi,
in particolare procedendo ad un'analisi letterale, deve essere ammesso
in effetti che i testi convenzionali, in particolare quelli di cui
all'art. 13 della Convenzione, si riferiscono a prestazioni in senso
proprio. Ora, conformemente alla giurisprudenza, le indennità erogate in
virtù dell'art. 86 OPI non configurano prestazioni in tal senso, bensì
prestazioni concesse in relazione con la prevenzione degli infortuni
professionali e delle malattie professionali (RAMI 1995 no. U 225
pag. 164 consid. 2b; cfr. pure DTF 120 V 139 consid. 4c/bb): le medesime
costituiscono infatti solo un particolare elemento inserito nel molto
particolare contesto della prevenzione, la quale nulla ha a che fare con
le prestazioni cui si allude nella Convenzione.

    Vero è che l'OPI è posteriore alla Convenzione tra la Svizzera
e la Jugoslavia. Tuttavia, non è lecito in buona fede sostenere
che tale accordo avrebbe esplicitamente menzionato le prestazioni
specifiche disciplinate da detta ordinanza se la medesima fosse allora
esistita. Giova in effetti ricordare, da un lato, come la Svizzera abbia
di regola escluso i provvedimenti reintegrativi dall'ambito d'applicazione
delle convenzioni da essa concluse, i medesimi richiedendo, analogamente
ai diritti in esame nella fattispecie, periodici controlli da parte
dell'amministrazione. Così, ai controlli previsti dagli art. 81 e 89 OPI,
mediante i quali dev'essere garantito il rispetto dell'obbligo fatto
al lavoratore di osservare una decisione concernente la sua inidoneità
e di non aggravare la sua situazione sul mercato del lavoro, non si
potrebbe procedere se le prestazioni in questione dovessero essere
erogate all'estero (cfr. al riguardo PIERRE BLANC, Droits des assurés
italiens et procédure administrative dans l'assurance-invalidité fédérale,
tesi Losanna 1972, pag. 34 seg.). Da un altro lato, è opportuno rilevare
che già esistevano prima dell'OPI disciplinamenti analoghi alla stessa,
ossia l'Ordinanza concernente la prevenzione delle malattie professionali
del 23 dicembre 1960. Ora, se la Confederazione avesse avuto la volontà,
scostandosi dalla sua prassi, di considerare pure il provvedimento d'ordine
preventivo di cui si tratta, essa l'avrebbe certamente fatto.

    In esito a quanto precede, ricordata la semplice funzione di norma
generale di attribuzione della responsabilità delle parti contraenti
assunta dall'art. 13 della Convenzione in tema di prestazioni per
malattie professionali pregresse, dev'essere negata l'applicazione del
diritto convenzionale alla fattispecie concreta. La questione litigiosa
va quindi vagliata secondo l'ordinamento legislativo svizzero.

Erwägung 3

    3.- a) Rimane da esaminare la questione dell'adempimento, nella
presente evenienza, delle condizioni dell'art. 86 cpv. 1 lett. a
OPI. Come rilevato dai primi giudici e dall'INSAI, il Tribunale federale
delle assicurazioni ha in sostanza considerato dover valere in questo
campo i fondamenti richiamabili nel diritto dell'assicurazione contro la
disoccupazione (cfr. RAMI 1994 no. U 205 pag. 323 seg. consid. 3). Ammesso
detto principio e ritenuto come risultino infondate le critiche
sollevate sia dall'assicurato che dalla precedente istanza nella misura
in cui affermano trattarsi nella menzionata sentenza di una situazione
totalmente differente dal caso di specie, non può allora che trovare
applicazione la giurisprudenza di cui in DTF 115 V 449 consid. 1b,
secondo la quale il diritto all'indennità di disoccupazione presuppone
la residenza effettiva in Svizzera nonché l'intenzione di conservarla per
un determinato periodo e di farne il centro delle relazioni personali. In
altri termini, il riconoscimento di assegni di transizione esige in ogni
caso che l'interessato soggiorni in Svizzera. Ora, l'esigenza di una
presenza qualificata in Svizzera appare a più forte ragione giustificata
nell'evenienza concreta, ritenuto che l'assicurato dovrebbe trovarsi in
questo Paese non solo perché si possano controllare i suoi sforzi per
reperire un lavoro, ma anche al fine di poter esaminare se egli soddisfi
i criteri di cui all'art. 89 cpv. 2 OPI, secondo i quali l'avente diritto
deve comportarsi in modo tale da non aggravare la sua situazione sul
mercato del lavoro.

    b) Dato quanto precede, sulla base del solo diritto interno deve essere
osservato che, fintantoché l'assicurato risiede in Macedonia, egli per
mancata presenza qualificata in Svizzera non adempie il presupposto del
necessario impegno sul mercato del lavoro, gli sforzi da lui intrapresi
per reperire un lavoro non potendo essere controllati.

    Per quanto esposto, il gravame dell'INSAI è fondato e merita
accoglimento, mentre dev'essere annullato il giudizio di primo grado.

Erwägung 4

    4.- (Ripetibili)