Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 126 III 1



126 III 1

1. Estratto della sentenza 25 novembre 1999 della II Corte civile nella
causa Radici contro Tribunale d'appello del Cantone Ticino (ricorso per
riforma) Regeste

    Namensänderung bei einem Kind nicht verheirateter Eltern (Art. 30
Abs. 1, 270 Abs. 2 ZGB und 37 Abs. 2 IPRG).

    Die Tatsache, dass ein Kind mit doppelter Staatsangehörigkeit den
Namen der Mutter trägt, bei der es in der Schweiz lebt, in den amtlichen
Akten Italiens aber unter dem Namen des Vaters eingetragen ist, begründet
für sich allein keinen wichtigen Grund, der eine Namensänderung in der
Schweiz rechtfertigte.

Sachverhalt

    A.- Il 7 aprile 1995 è nato Giacomo, figlio di Angiolina Radici,
cittadina svizzera domiciliata a Lugano, e di Riccardo Perotta, cittadino
italiano domiciliato a Milano, che l'ha riconosciuto il 10 aprile
successivo. Il neonato, che ha doppia nazionalità, è stato iscritto nel
registro delle famiglie di Lugano con il cognome della madre e negli atti
ufficiali italiani con quello del padre. Il 1o luglio 1996 il bimbo,
rappresentato dalla madre, ha chiesto l'autorizzazione a cambiare il
cognome da Radici in Perotta, per uniformarlo a quello iscritto negli atti
italiani. Il padre ha aderito alla domanda. La Divisione degli interni
del Dipartimento delle Istituzioni del Cantone Ticino ha però rigettato
l'istanza, non essendo dati i motivi gravi previsti dalla legge. Con
sentenza 25 giugno 1999 la I Camera civile del Tribunale d'appello del
Cantone Ticino ha confermato il diniego della richiesta pronunciato
dall' autorità amministrativa. Secondo i giudici cantonali, portando
il cognome della madre in Svizzera, il bambino non patisce pregiudizi
sociali, psichici, morali o spirituali; non sono quindi dati i gravi
motivi previsti dall'art. 30 cpv. 1 CC per ottenere il cambiamento di nome.

    B.- Avverso la decisione del Tribunale cantonale Giacomo Radici
ha presentato il 3 settembre 1999 un ricorso per riforma, chiedendo al
Tribunale federale di riformarla nel senso che è autorizzato il cambiamento
di cognome.

    Il Tribunale federale ha respinto il ricorso e confermato la sentenza
impugnata.

Auszug aus den Erwägungen:

                        Dai considerandi:

Erwägung 2

    2.- Secondo l'art. 30 cpv. 1 CC, il governo del Cantone di domicilio
può, per motivi gravi, concedere a una persona il cambiamento del
proprio nome. L'accertamento dell'esistenza dei motivi gravi ai sensi
della menzionata disposizione è una questione di apprezzamento delle
circostanze che l'autorità cantonale deve decidere secondo il diritto
e l'equità (art. 4 CC). Adito con un ricorso per riforma, il Tribunale
federale esamina in linea di principio liberamente se esistono gravi
motivi per accordare il cambiamento del nome. Tuttavia esso si impone un
certo riserbo e interviene solo se la decisione è stata presa sulla base
di circostanze irrilevanti secondo lo spirito della legge oppure se sono
stati ignorati degli elementi essenziali (DTF 117 II 6 consid. 2 e rinvii).

Erwägung 3

    3.- a) Il nome attiene alla personalità e costituisce un segno
distintivo che determina l'identità della persona e indica la sua
appartenenza a una famiglia (A. BUCHER, Personnes physiques et protection
de la personnalité, 4a ed., n. 760). Vi sono quindi gravi motivi per il
cambiamento di nome nei casi in cui l'interesse del richiedente a portare
un nuovo nome sia predominante rispetto a quello dell'amministrazione e
della società al mantenimento del nome acquisito e iscritto negli atti di
stato civile nonché alla funzione di individualizzazione del nome. Nel caso
di minorenni la giurisprudenza è stata per anni abbastanza generosa nel
riconoscere l'esistenza di gravi motivi: in particolare si riteneva che
un nome atto a risalire all'origine naturale o adulterina di un figlio
che viveva con genitori non sposati potesse comportare seri pregiudizi
sociali. Conseguentemente, al bambino veniva sempre riconosciuto un
legittimo interesse ad adeguare il suo nome a quello della famiglia con
la quale viveva (sull'evoluzione giurisprudenziale vedi DTF 121 III 145
consid. 2a e riferimenti).

    Nella decisione 121 III 145 il Tribunale federale è diventato più
restrittivo nell'ammettere i motivi gravi per il cambiamento di nome di
bambini nati da genitori non sposati e non ha più riconosciuto il mero
fatto di un legame di concubinato durevole tra i genitori come motivo
sufficiente, da solo, a ottenere un cambiamento di nome per il figlio. Il
moltiplicarsi di famiglie monoparentali o viventi in concubinato e il
diverso apprezzamento sociale affermatosi negli ultimi anni nei confronti
dei figli nati al di fuori del matrimonio non sembrano più di principio
poter sorreggere l'esistenza di motivi gravi che portino automaticamente
al cambiamento del nome. Il figlio che chiede il cambiamento di nome deve
oramai dimostrare che concretamente egli è vittima di pregiudizi seri e
reali atti a giustificare un cambiamento di nome.

    b) In concreto, i pregiudizi sociali che normalmente possono
giustificare l'assunzione del nome del padre da parte del figlio di
genitori non sposati non sono pacificamente dati già per il fatto che
i genitori non vivono in concubinato e il figlio risiede con la madre
in Svizzera, mentre il padre abita in Italia. I gravi motivi sarebbero
invece fondati sul fatto che il figlio porta il cognome della madre
in Svizzera ed è invece iscritto negli atti ufficiali italiani con il
cognome del padre. In particolare il ricorrente è nato a Milano ed è stato
praticamente subito riconosciuto dal padre, di guisa che nel certificato
di nascita anagrafico è iscritto con il nome del padre. L'art. 262 del
Codice civile italiano prevede infatti che il figlio naturale assume il
cognome del genitore che per primo l'ha riconosciuto. Se il riconoscimento
è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, il figlio
naturale assume il cognome del padre. Inoltre, secondo il cpv. 2 di
questa disposizione, il figlio naturale può sempre assumere il nome
del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre se la
filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta solo
successivamente. Esiste quindi, manifestamente, una diversa disciplina
legale nella determinazione del nome dei figli nati fuori dal matrimonio
tra l'ordinamento svizzero e quello italiano.

Erwägung 4

    4.- Secondo il diritto internazionale privato svizzero il nome di
una persona domiciliata in Svizzera è regolato dal diritto svizzero
(art. 37 cpv. 1 della legge federale del 18 dicembre 1987 sul diritto
internazionale privato [LDIP; RS 311.0]). Gli stranieri domiciliati
possono però esigere che il loro nome sia regolato dal loro diritto
nazionale (cpv. 2). Nel nostro caso il ricorrente ha doppia nazionalità,
svizzera e italiana. Per i cittadini svizzeri con doppia nazionalità la
dottrina, in applicazione del principio generale sancito dall'art. 23
cpv. 2 LDIP per la pluricittadinanza, tende a limitare il diritto di
opzione previsto dall'art. 37 cpv. 2 LDIP all'ordinamento dello stato
d'origine con il quale l'interessato ha i legami più stretti (VISCHER,
IPRG-Kommentar, n. 25 all'art. 37 LDIP, pag. 353; JAMETTI GREINER/GEISER,
Commento basilese, n. 27 all'art. 37 LDIP). Anche la giurisprudenza del
Tribunale federale ha già avuto modo di rilevare che nel caso di doppia
nazionalità il diritto d'opzione dell'art. 37 cpv. 2 LDIP non esplica
effetto particolare qualora il figlio sia domiciliato in Svizzera e vi
viva assieme ai genitori (DTF 116 II 504 consid. 2).

    Contrariamente a quanto afferma il ricorrente, in concreto il
suo diritto d'opzione in applicazione dell'art. 37 cpv. 2 LDIP non
gli avrebbe permesso di sottoporre la scelta del suo nome al diritto
nazionale italiano: egli infatti vive a Lugano con la madre, che è
cittadina svizzera; il suo domicilio è pertanto chiaramente in Svizzera
e nulla lascia presagire un trasferimento del domicilio in Italia. Il
ricorrente stesso, d'altra parte, nulla adduce che possa in qualche modo
provare una relazione con l'Italia e in particolare una relazione analoga
o più stretta rispetto a quella che ha con la Svizzera. Ne consegue che
dal profilo del diritto internazionale privato il ricorrente nemmeno in
virtù della scelta prevista all'art. 37 cpv. 2 LDIP potrebbe optare per
il nome secondo l'ordinamento italiano. A maggior ragione, la diversa
disciplina in punto al nome vigente in Italia e in Svizzera non può,
da sola, costituire grave motivo ai sensi dell'art. 30 CC.

Erwägung 5

    5.- Infine, a parte le ipotetiche difficoltà che potrebbero sorgere con
il passare degli anni e qualora i rapporti con l'estero si intensificassero
- cioè circostanze che al momento attuale non appaiono date, né
tantomeno concretamente prevedibili -, il ricorrente non adduce altri
possibili pregiudizi per il fatto che porti il nome della madre. Anzi,
nell'ordinamento svizzero la regola è quella di seguire il nome del
genitore che ha la custodia del figlio e presso il quale egli cresce
(HANS MICHEL RIEMER, Personenrecht des ZGB, § 11 n. 234). L'assunzione
del cognome della madre da parte del figlio di genitori non uniti in
matrimonio prevista dall'art. 270 cpv. 2 CC è quindi nella fattispecie
in perfetta consonanza con questo principio e nulla emerge dagli atti,
né tanto meno è sostenuto dal ricorrente, che possa comecchessia far
apparire una siffatta soluzione pregiudizievole agli interessi del figlio
nel contesto sociale in cui vive (DTF 121 III 145 consid. 2c).

    Ne consegue che i giudici cantonali hanno correttamente denegato nel
concreto caso e nelle attuali circostanze l'esistenza di un motivo grave
atto a giustificare il cambiamento di nome ai sensi dell'art. 30 cpv. 1 CC.