Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 120 IB 474



120 Ib 474

62. Estratto della sentenza 8 novembre 1994 della I Corte di diritto
pubblico nella causa FFS c. Fondazione P e Presidente supplente della
Commissione federale di stima del 13o Circondario (ricorso di diritto
amministrativo) Regeste

    Art. 103 EntG; Art. 7 SchlTZGB, Art. 52, 80 ff. ZGB.  Rückforderung von
enteigneten Grundstücken, rückforderungsberechtigte Personen. Enteignung
von Grundstücken, die einer auf die Zeit der Landvogteien zurückgehenden
gemischten Stiftung gehören; nachträgliche Aufhebung der enteigneten
Stiftung unter gleichzeitiger Errichtung einer neuen Stiftung mit
gemeinnützigem Zweck; Berechtigung der neuen Stiftung zur Rückforderung.

    Entstehungsgeschichte und Entwicklung einer Stiftung unter den
verschiedenen Rechtssystemen seit der Zeit der Tessiner Landvogteien
(E. 3).

    Unterscheidung zwischen Fideikommiss und juristischer
Person. Anerkennung der juristischen Persönlichkeit eines Mitgift-Legates
unter dem früheren kantonalrechtlichen Regime (E. 5).

    Tragweite von Art. 7 Abs. 2 SchlTZGB (in Verbindung mit Art. 52
Abs. 1 und 2 und Art. 81 Abs. 2 ZGB). Gültigkeit der Stiftung nach
neuem Recht, obschon im Zeitpunkt ihrer Errichtung die Ansprüche aus der
Stiftungsurkunde verjährt waren (E. 6).

    Voraussetzungen zur Zweckänderung und zur Auflösung einer
Stiftung. Trotz einiger Mängel zeitigt das im vorliegenden Fall
durchgeführte Verfahren - Aufhebung der enteigneten gemischten Stiftung
unter gleichzeitiger Errichtung einer gewöhnlichen Stiftung mit
unterschiedlichem Zweck - keine mit der Natur der Stiftung unvereinbare
Folgen (E. 9a - e).

    Aus dem Umstand, dass das Rückforderungsrecht in den früheren Akten
nicht erwähnt wird, kann nicht auf einen Verzicht auf dieses geschlossen
werden (E. 10c).

    Nach den in BGE 120 Ib 215 aufgestellten Prinzipien darf davon
ausgegangen werden, dass das Rückforderungsrecht auf die neue Stiftung,
der das ganze Restvermögen der aufgehobenen Stiftung übereignet wurde,
übergegangen sei (E. 11).

Sachverhalt

    A.- Il 10 gennaio 1967 il Presidente della Commissione federale di
stima (CFS) del Circondario 7 dichiarò aperta ad istanza delle Ferrovie
federali svizzere (FFS o esproprianti), Direzione del II Circondario, una
procedura espropriativa nella forma abbreviata (art. 33 seg. LEspr, RS 711)
nei confronti della "Fondazione Bartolomeo P", con sede in Gravesano,
per l'acquisto delle particelle n. 827p, 30p e 829p di complessivi m2
2'2455 in territorio del Comune di Manno. L'espropriata fece opposizione
all'espropriazione (art. 35 lett. a LEspr), in via subordinata ne chiese
l'ampliamento a tutti i beni immobili di sua proprietà (art. 36 lett. b
LEspr) e notificò pretese di fr. 3'400'000.- (per il caso in cui fosse
ammesso il richiesto ampliamento), risp. di fr. 3'000'000.- per il caso
in cui esso fosse negato.

    All'udienza di conciliazione del 29 novembre 1967, l'espropriata ribadì
la sua opposizione; dal canto loro, le esproprianti sottolinearono che
ricorrevano i presupposti per una procedura "anticipata" d'espropriazione e
si dichiararono disposte ad acquistare in via transattiva il tutto per un
milione e mezzo di franchi, mentre per la superficie richiesta offrirono
fr. 60.- il m2.

    La CFS si pronunciò con decisione del 20 settembre 1968. Rilevato che
la fondazione espropriata era receduta dall'opposizione di principio e
non aveva formulato pretese di svalutazione per il resto dell'azienda,
essa stabilì l'indennità dovuta in fr. 55.- il m2, per un totale di
fr. 1'235'025.-, sotto riserva dell'adeguamento a dipendenza della
misurazione definitiva.

    Essendo in seguito risultato che la superficie del mappale n. 827p
di Manno era di m2 673 superiore a quanto consegnato nelle tabelle di
espropriazione, le FFS e la Fondazione BP stipularono una convenzione
aggiuntiva il 4 novembre/12 dicembre 1974, in virtù della quale veniva
versata all'espropriata un'indennità suppletiva per tale superficie di
fr. 37'015.- (pari a fr. 55.- il m2), oltre interesse dal 18 settembre
1969.

    La "Fondazione P", con sede in Gravesano, subentrata alla Fondazione
Bartolomeo P al termine di una procedura su cui si tornerà, ha introdotto
il 23 febbraio 1989 presso la CFS un'azione di retrocessione dei fondi
espropriati e/o di risarcimento dei danni, fondata sugli art. 102
segg. LEspr.

    In pendenza di procedura, le parti hanno convenuto di limitare la
causa al risarcimento del danno in denaro e si sono accordate per la
continuazione della causa circa la questione pregiudiziale del diritto
della fondazione alla retrocessione e quella del danno.

    Con istanza del 22 giugno 1989 E ha chiesto di esser ammesso ad
intervenire in lite a sostegno della Fondazione P, eventualmente a far
valere in nome proprio il diritto alla retrocessione. Le FFS hanno chiesto
di dichiarare irricevibile l'istanza.

    Il Presidente supplente della CFS si è pronunciato con decisione
del 24 giugno 1991. Egli ha riconosciuto la legittimazione attiva della
"Fondazione P" nella causa di retrocessione promossa il 28 febbraio 1989,
l'ha invece negata ad E.

    Con ricorso di diritto amministrativo le FFS chiedono al Tribunale
federale di respingere l'azione di retrocessione della "Fondazione P",
difettando la legittimazione attiva dell'attrice.

Auszug aus den Erwägungen:

                       Dai considerandi:

Erwägung 3

    3.- Le vicende storiche e giuridiche che formano lo sfondo di questa
vertenza, e sostanzialmente sono incontestate, si possono riassumere così:

    a) Lugano con la Capriasca e la Pieve d'Agno costituiva dal 1512 uno
dei quattro baliaggi comuni dei dodici cantoni svizzeri (Zurigo, Uri,
Zugo, Friborgo, Berna, Svitto, Glarona, Soletta, Unterwalden, Basilea e
Sciaffusa - escluso Appenzello), che lo governavano per turni biennali
nell'ordine testé riferito. I Signori svizzeri avevano lasciato sussistere
gli statuti locali, ispirati per il Sottoceneri a quelli del comasco e
del milanese. Per il resto era applicabile il diritto comune, ch'era
quello che s'era sviluppato in Lombardia. Un collegio di sindicatori
sorvegliava l'attività del vogto (cfr. DTF 104 Ia 383 in fine; EUGEN
HUBER, System und Geschichte des Schweizerischen Privatrechtes, vol. I,
pag. 31, 54, 64; ANDREAS HEUSLER, Rechtsquellen des Kantons Tessin,
ZSR 1892, 177 segg.; O. WEISS, Die Tessinischen Landvogteien der XII
Orte im 18. Jahrhundert, Schweiz. Studien zur Geschichtswissenschaft
1914, pag. 21 segg., 108 segg.; G. ROSSI/E. POMETTA, Storia del Cantone
Ticino, pag. 141 segg.; CARLO POMETTA, La successione legittima secondo gli
statuti e i codici ticinesi, Diss. Berna 1921, pag. 14 segg.; PETER LIVER,
Das Sottocenere im Mittelalter, in "Abhandlungen zur schweizerischen und
bündnerischen Rechtsgeschichte", pag. 115 segg.; F. PARAVICINI, Beitrag
zur Rechtsgeschichte des Luganese ..., Diss. Zurigo 1934, pag. 89
segg.; LOUIS AUREGLIA, Evolution du droit public du Canton du Tessin,
Parigi 1916, pag. 80; ELSA POZZI/MOLO, L'amministrazione della giustizia
nei Baliaggi appartenenti ai Cantoni primitivi, 1953, pag. 38 segg.;
G. LEPORI, Diritto costituzionale Ticinese, pag. 27, 29; GEORGES ANDRES
E ALTRI: Nouvelle histoire de la Suisse et des Suisses, 2ème édition,
Payot Lausanne, pagg. 236 segg., 362 seg.).

    b) Corre l'anno 1761. Bartolomeo P fu Antonio di Mugena consegna il
proprio testamento al notaio Bartolomeo Insermini da Mugena in Lugano.

    c) L'8 maggio 1764, Bartolomeo P fu Antonio fa rogare dal notaio
Giuseppe Cipriano Tarilli in Lugano un codicillo a detto testamento: spiega
d'aver omesso di costituire, secondo l'incarico ricevuto dal defunto
suo zio Pio Martino P un "certo legato perpetuo di fidecommesso della
somma di lire dieci mille, moneta di Milano, da ricavarsi dai Luoghi di
Monte (porzione in cui era diviso il capitale di un monte o di un banco,
v. PERTILE, Storia del diritto italiano, vol. II, parte I, pag. 510),
che tiene nella città di Firenze", da impiegarsi "sopra un fondo stabile
qui esistente secondo la pia mente" del predetto zio, legato perpetuo per
il quale ha "di già ottenuto il permesso, licenza e facoltà dal Lodevole
Sindacato dell'anno 1761, come chiaramente n'appare dalli Atti della
Cancelleria suprema". Per il caso che non potesse acquistare egli stesso
qualche fondo stabile nella giurisdizione esistente per la menzionata
somma, "sopra del quale imporre e fondare detto legato perpetuo ... a
tenore della facoltà e permesso come sopra ottenuto", ha "in ogni miglior
modo agravato ed agrava i di Lui SSri eredi nel citato suo Testamento
chiamati ed istituiti" ad "acquistare tanti fondi, effetti stabili qui
esistenti, col denaro proveniente come sopra, affine sopra di quelli
venga fondato ed imposto il suddetto legato perpetuo di fidecommesso,
senza poter mai né alienare i medesimi né parti di quelli". Premesso
che le sue figlie, signorine Maria Agata e Maria Prudenza P, potranno
goderne l'"annuo fitto, frutto e redito", finché entrambe, o una di esse,
staranno nubili, ordina che detto annuo frutto dovrà ipso facto cessare in
caso di "collocamento temporale o spirituale" (= in caso si sposassero o
prendessero il velo). Ciò verificandosi, tale annuo frutto dovrà "collare"
nelle figlie legittime provenienti da linea mascolina delle tre famiglie
P, cioè quelle di Bartolomeo e di Giuseppe P, furono Carlo, entrambi al
momento in Mugena e quella di Francesco P, figlio di un altro defunto
Carlo, che si trova in Gravesano. Ad esecutori di detta Pia mente nomina
i reverendi curati "pro tempore" di Gravesano e Mugena e due deputati, da
designare uno per comune dai detti comuni. A detti esecutori "dovrà restare
perpetuamente... il maneggio e regolamento di detto legato ... indipendenti
dalli chiamati e da qualunque altra persona": essi distribuiranno il frutto
annuo proveniente dal fidecommisso "a titolo di un sussidio di dote"
alle suddette figlie P in occasione del loro "maritaggio spirituale o
temporale": fossero le predette figlie P maritate e non ve ne siano altre
nubili, allora il frutto annuo del legato si dovrà dispensare in dote
temporale o spirituale alle fanciulle di Gravesano e di Mugena "le quali
frequentano la Dottrina Cristiana ed abbiano il Santo Timor di Dio", che
avranno "maggior voto". Per la loro vigilanza, per l'esazione dell'annuo
frutto e per altri loro "incomodi", i quattro esecutori possono anteparte
prelevare dal frutto annuo lire venti di Milano da ripartire fra di loro.

    d) (29 ottobre 1766: Bartolomeo P fu Antonio, fa redigere dallo
stesso notaio la dichiarazione secondo cui ha acquistato alcuni fondi e
beni stabili in Manno; su tali beni immobili dovrà essere costituito il
citato legato).

    e) (La data della morte di Bartolomeo P non consta. Consta però,
da risoluzione 26 ottobre 1849 n. 64'729 del Consiglio di Stato, che gli
amministratori del fidecommesso P erano in funzione sin dal 1815).

    f) Tra gli anni 1761-1766, in cui Bartolomeo P aveva fatto rogare
le cennate disposizioni, e il 1815, epoca dov'è attestata l'entrata
in funzione dei menzionati amministratori, eventi capitali si erano
verificati.

    aa) La Repubblica elvetica una ed indivisibile (1798-1803) aveva
messo fine ai baliaggi e creato i due Cantoni di Lugano e Bellinzona -
organizzati come prefetture. La sua costituzione (art. 13) proclamava
"che nessun immobile può esser dichiarato inalienabile ... che il diritto
esclusivo di proprietà conduce alla schiavitù";

    bb) L'Atto di mediazione di Napoleone (14 febbraio 1803) aveva a sua
volta posto fine all'Elvetica e creato la Confederazione dei 19 Cantoni,
tra i nuovi il Ticino. Una delle prime leggi adottate dal Gran Consiglio
ticinese fu quella del 16 giugno 1803 che ristabiliva "tutte le leggi
civili, statuti, usi e consuetudini vigenti avanti la rivoluzione"
(art. 1).

    g) Il primo codice civile ticinese del 13 giugno 1837 entra in vigore
il primo gennaio 1838 (cfr. in proposito: GABRIELLO PATOCCHI, Gli influssi
delle legislazioni straniere e degli statuti locali sul codice civile
ticinese del 1837, Diss. Berna, Bellinzona 1961). Esso si appoggia al
Code civil francese, ma nella sistematica ed in taluni particolari
si ispira a quello austriaco, diffuso nella versione italiana nei
possedimenti dell'Austria nell'Italia del Nord (E. HUBER, op.cit. vol. IV,
pag. 189 con rinvii). All'art. 3 prevede che "la legge dispone solo per
l'avvenire. Essa non ha effetto retroattivo". Sono abrogati "gli statuti e
le consuetudini distrettuali" (art. 1318). Nel campo ereditario, ammette
la sostituzione volgare illimitatamente (art. 352), limita ad una sola
quella fede commissaria (art. 354) e proibisce le ulteriori sostituzioni
ed ogni fedecommesso (art. 355). Con legge del 1o dicembre 1851, il Gran
Consiglio - considerando "che dal codice civile sono state abolite le
istituzioni fidecommissarie, ma rimane dubbio se quelle avvenute innanzi la
attivazione del codice civile possono tuttavia legittimamente sussistere,
e che l'interesse generale esige che i beni stabili siano svincolati da
ogni perenne e obbligata trasmissione" - dichiara "cessati e risolti
nell'attuale possessore i fidecommessi temporali o perpetui istituiti
innanzi la attivazione del Codice Civile" (art. 1) e "proprietari assoluti
e con piena e libera disposizione d'essi gli attuali utenti o possessori
dei fide-commessi" (art. 2). Sono però "esclusi dalle suddette disposizioni
i fide-commessi o legati perpetui o temporanei per gli studi, per le doti
e per ogni altra destinazione di pubblica beneficenza" (art. 3).

    h) Nel 1850 gli amministratori del legato P ravvisarono l'opportunità
di allestire un regolamento che determinasse il modo di procedere per
l'assegnazione delle doti nei casi che non erano espressamente regolati
nelle disposizioni codicillari. Si rivolsero per ciò all'avv. Camillo
Bernasconi di Riva San Vitale, il quale fornì il suo parere (integralmente
pubblicato in Rep. 1869, pag. 579 seg.) ed allestì un progetto di
regolamento di 20 articoli, da sottoporre per sanzione all'autorità
governativa e che "senza l'assenso della medesima (non avrebbe potuto) in
avvenire esser variato o alterato" (loc.cit. pag. 587). Il Consiglio di
Stato approvò, ma su causa dipendente da grida pubblicata nell'aprile del
1855 (v. Foglio officiale 1855, pag. 318 seg.), il Tribunale distrettuale
civile di Lugano, in prima, e la Camera civile d'appello, in seconda e
ultima istanza, annullarono il regolamento, in sostanza perché "la volontà
del testatore non racchiudendo cosa contraria alle leggi e all'ordine
pubblico è legge essa medesima e vuol esser mantenuta", e perché "né
gli amministratori presenti di detto legato, né le persone chiamate a
fruirne possono contrarre convenzioni che obblighino gli amministratori
ed i chiamati in futuro, perché i rispettivi diritti di questi in caso
di controversia dovranno discutersi tra di loro e definirsi dal giudice
ogni volta con separato giudizio" (loc.cit. pag. 559). Il Governo, con
risoluzione 24 aprile 1856 n. 7961 dichiarò di non potersi ulteriormente
ingerire su quest'oggetto (loc.cit., pag. 589, nota 1).

    i) Il secondo Codice civile ticinese del 15 novembre 1882 entra
in vigore il primo gennaio 1883. Esso abroga il precedente del 1837;
dispone che, quando la legge non contiene disposizioni, si avrà ricorso
a quanto è prescritto in casi analoghi e, il difetto di analogia, alle
disposizioni del diritto comune (art. 3). Regola come il suo predecessore,
la sostituzione volgare (art. 505), quella fedecommissaria e il divieto
dei fedecommessi (art. 507-508). Nella sezione relativa alla capacità
di disporre e ricevere per testamento, detta che alle mani morte non si
può lasciare più di una certa quota dell'asse, ma dispone che "a favore
dello Stato, del comune, degli spedali o d'altri istituti o fondazioni
di beneficenza od istruzione potrà disporsi dell'intero patrimonio,
salva la porzione legittima agli eredi necessari".

    l) Il Codice civile svizzero, entrato in vigore il 1o gennaio
1912, dispone nell'art. 7 del suo titolo finale che le organizzazioni
corporative, gli istituti e le fondazioni che hanno acquisito la
personalità giuridica sotto la legge precedente, la conservano sotto
questo codice, anche se non potessero acquistarla secondo le sue
disposizioni (cpv. 1). Le persone giuridiche già esistenti, per la cui
costituzione, secondo le prescrizioni della nuova legge sarebbe necessaria
l'iscrizione in un registro pubblico, devono, entro il termine di cinque
anni dall'entrata in vigore della medesima, ottenere questa iscrizione,
anche se non era prescritta dal diritto anteriore; decorso questo termine
senza esser iscritte, la loro personalità non è più riconosciuta.

    m) (I beni stabili in Manno furono iscritti sin dall'inizio nei
catastrini di Manno sotto la denominazione "legato Bartolomeo P". Non
risulta invece che gli amministratori dell'epoca, entro il termine fissato
dall'art. 7 Tit.fin. CC, scadente il 1o gennaio 1917, abbiano chiesto
alcuna iscrizione in pubblici registri [RC]).

    n) (1962: costituzione della Fondazione P Bartolomeo. La Fondazione ha
esattamente gli scopi che sono descritti nel codicillo del 1764, ed i suoi
organi corrispondono a quelli ivi previsti; ad essa sono attribuiti tutti
i beni immobili in territorio di Manno sin qui intavolati nei catastrini
comunali al "legato Bartolomeo P". Con risoluzione 20 dicembre 1962 il
Dipartimento dell'interno prende atto della fondazione e ne assume la
vigilanza. Il 27 dicembre 1962 la fondazione è iscritta a RC).

    o) 1966/69 e 1974 - Parte dei fondi intestati alla "Fondazione
Bartolomeo P" sono espropriati dalle FFS.

    p) (1979. Sorgono difficoltà con l'autorità di
vigilanza. L'amministrazione della fondazione chiede ad un giurista un
parere circa il "fedecommesso" istituito col codicillo testamentario del
1764 e la fondazione costituita nel 1962. Il parere, datato 1o febbraio
1979, giunge alla conclusione che il cosiddetto "legato Bartolomeo
P" non ha mai costituito una fondazione o altro ente con personalità
giuridica propria, ma un fedecommesso; i beni che lo compongono, gravati
dei noti oneri per la costituzione di doti, si sono quindi trasmessi,
di generazione in generazione, agli Eredi di Bartolomeo P fu Antonio,
anche se solo nudi-proprietari; detto fedecommesso è sopravvissuto a tutti
i mutamenti legislativi che si son descritti sopra; la trasformazione
del 1962 del "legato Bartolomeo P" in fondazione è radicalmente nulla,
perché effettuata da amministratori che non ne avevano la facoltà senza
il consenso dei nudi-proprietari. Tale nullità non è stata sanata né
dalla circostanza che - materialmente - la fondazione ha scopi identici
a quelli espressi dal testatore nel codicillo, né dall'iscrizione a RC).

    q) (Trattative al fine di trovare una via per uscire dall'imbrogliata
situazione con la partecipazione della Fondazione Bartolomeo P stessa,
rappresentata dall'autore del cennato parere, di E discendente di uno
dei capistipite delle tre famiglie le cui fanciulle possono pretendere
di esser dotate giusta il noto codicillo, pure assistito da avvocato,
dell'autorità fiscale ticinese e dell'autorità di vigilanza stessa. Il
risultato di queste trattative può esser così riassunto: E, tramite
procedura giudiziaria, farà intestare a sé stesso i beni immobili (e
mobili) iscritti alla "Fondazione Bartolomeo P", per immediatamente
ritrasferirli - dedotta una tacitazione di fr. 400'000.- a suo favore -
ad una nuova "Fondazione P", da lui costituenda, la quale non avrà più
lo scopo di dotare le fanciulle P, risp. quelle di Gravesano e Mugena, ma
genericamente "l'intervento a favore della gioventù dei Comuni di Gravesano
e Mugena"; l'amministrazione della nuova Fondazione sarà identica a quella
di prima: 4 persone, cioè i parroci protempore, o in loro mancanza gli
economi spirituali dei due Comuni, nonché un delegato di ogni Comune).
   r) L'accordo viene attuato con gli atti seguenti:

    1o Su istanza di E, il Pretore di Lugano-Distretto accerta con
decisione 22 dicembre 1982 la proprietà dell'istante sui fondi in Manno
rimasti dopo l'espropriazione ed ordina all'Ufficiale dei Registri di
rettificarne l'intestazione. La procedura è quella non contenziosa di
camera di consiglio prevista dalla legge ticinese di attuazione del CC
(LAC, art. 2 n. 14) per l'applicazione dell'art. 662 CC (prescrizione
acquisitiva straordinaria). La decisione è stata preceduta dalla
pubblicazione di una grida nel FU diffidante altri eventuali interessati
ad annunciarsi entro termine perentorio; nei considerandi il Pretore
rileva che la procedura "si è resa necessaria al fine di consentire la
ratifica della costituzione della Fondazione da parte del discendente
maschio superstite dei P".

    2o Con istromento del 16 dicembre 1983, rogato dal notaio autore
del parere di cui si è detto, E costituisce la nuova "Fondazione P",
le conferisce tutti i beni immobili di Manno che non formarono oggetto
dell'espropriazione, oltre capitali per ca fr. 690'000.-. La nuova
fondazione è iscritta a RC il 31 gennaio 1984; l'autorità di vigilanza
ne aveva assunto la sorveglianza il precedente 17 gennaio.

    3o (Lo stesso 17 gennaio 1984 l'autorità di vigilanza dichiara
soppressa la "Fondazione P Bartolomeo").

Erwägung 4

    4.- (Necessità di approfondire, ai fini dell'applicazione dell'art. 103
LEspr, il quesito della validità o meno della Fondazione Bartolomeo
P. Nella misura in cui per tale esame è applicabile il diritto cantonale
previgente al CC, l'esame del Tribunale federale, adito con un ricorso
di diritto amministrativo, è ristretto all'arbitrio e alla disparità
di trattamento come se si trattasse di un ricorso di diritto pubblico
[DTF 120 Ib 220 consid. 4b, 118 Ib 237 consid. 1b, 118 Ia 10 consid. 1b
con rinvii]).

Erwägung 5

    5.- a) Il parere omette anzitutto di considerare un fatto rilevante e
incontroverso. Se è vero che nel codicillo dell'8 maggio 1764 Bartolomeo
P fu Antonio incarica gli eredi da lui istituiti nel testamento - non
rintracciato - del 1761 di acquistare i fondi su cui costituire il legato,
è altrettanto certo però che tale incarico testamentario è divenuto senza
oggetto: Bartolomeo P stesso ha reperito ed acquistato i fondi adatti nel
1765 e precisa che su di essi si ha da costituire il legato. Alla di lui
morte, l'azienda di Bosciorina fa quindi parte della successione.

    b) Risulta d'altra parte dagli atti - e non è rilevato nel parere -
che i quattro amministratori sono in funzione già nel 1815. Ciò significa
non solo che Bartolomeo P è deceduto prima di quell'anno poco importa
se sotto i Baliaggi, o l'Elvetica, o dopo l'Atto di mediazione -, ma
anche che al più tardi in quell'anno era cessato l'usufrutto riservato
dal codicillo alle due figlie Maria Agata e Maria Prudenza P.

    c) Abbracciata la tesi del fedecommesso, il parere non ha approfondito
se nel diritto cantonale previgente si riscontrassero istituti assimilabili
alle fondazioni che il nuovo diritto doveva poi prevedere e regolare negli
art. 52 cpv. 1 e 2 e 80 - 89 CC. Certo, solo poche legislazioni cantonali
anteriori all'introduzione del CC menzionavano espressamente e regolavano
la fondazione: i Grigioni, Zurigo e i Cantoni che lo imitavano e Glarona
(E. HUBER, op.cit., vol. I, 172/176). Ma ciò non significa affatto
che, negli altri Cantoni, l'istituto non esistesse. Per limitarsi alla
giurisprudenza del Tribunale federale, vedansi, per il Canton Friborgo,
DTF 46 II 322 segg. e, per il Ticino, la sentenza 19 maggio 1920 in re
Legato Eini-Giudici c. Attilio Giudici, citata nella predetta DTF 46 II
327, ed integralmente apparsa in Rep. 1921, pagg. 49 segg., alla quale
per brevità si rinvia. Se il diritto ticinese anteriore al CC non regolava
le fondazioni, esso però le menzionava, riconoscendone l'esistenza. Così,
la legge organica comunale del 13 giugno 1854 (Raccolta generale delle
leggi, dei decreti e delle convenzioni dal 1803 a tutto il 1864 in vigore
nel Cantone Ticino - Lugano, tipografia e litografia cantonale, 1865,
pagg. 252, 260/61) all'art. 80 lett. l attribuiva alle municipalità di
"amministrare gli ospitali ed altri luoghi pii, legati, fondi o capitali
per i poveri; oppure di esigere ogni anno un regolare conto-reso, quando
l'amministrazione ne sia devoluta ad altri in forza delle rispettive
fondiarie". Su codesta disposizione, oltre che sull'art. 3 CC cantonale
del 1882 (rinvio al diritto comune, supra, consid. 3 l), si erano fondate
le autorità giudiziarie ticinesi per riconoscere al "legato Eini" -
eretto con testamento del 1880 e destinato a sussidi per gli studi "per
un giovanetto del Comune di Giornico ... (con) preferenza al più povero
e più intelligente" - il carattere di una fondazione, che aveva acquisito
fin dall'inizio, come ente morale, la personalità giuridica (sentenza TF
citata, Rep. 1921, pag. 53). Il che aveva indotto il Tribunale federale
- sia pur per ragioni di procedura - a ritenere che il legato era una
fondazione e come tale godeva della personalità giuridica anche secondo
i disposti del CC (ibidem, pag. 54, consid. 2 in fine).

    d) Oltre aver omesso tale ricerca, il parere si è appoggiato unicamente
sul termine di "fedecommesso" usato nel codicillo del 1764, trascurando di
avvertire che - accanto a questo - ricorrevano anche le espressioni "legato
perpetuo", "Pia mente" che stanno a designare un lascito, un'"opera pia",
un "beneficio". Ma, soprattutto, il parere ha omesso di approfondire quale
fosse l'effettiva volontà del testatore, determinante per l'interpretazione
delle disposizioni a causa di morte (cfr. DTF 93 II 444 con rif.).

    Ora, a prescindere dalla menzione degli "eredi istituiti" nel non
rintracciato testamento del 1761, incaricati di acquistare i fondi ove
il testatore stesso non fosse riuscito a comprarli - come poi accadde -,
nulla assolutamente fa ritenere che il testatore Bartolomeo P fu Antonio
intendesse che la proprietà dei fondi passasse ai capistipite maschili
delle citate tre famiglie (cioè a Giuseppe e Bartolomeo P furono Carlo,
ed a Francesco P "figlio di un altro defunto Carlo"). D'altronde, anche
se non è stata affrontata l'opera ardua ma non impossibile di ricostruire
queste genealogie, due fatti sono da ritener per certi in base agli atti
esistenti: a) che le tre predette persone sicuramente non erano discendenti
del testatore, ma tutt'al più suoi parenti in linea laterale e b) che la
funzione che il testatore loro attribuiva non era quella di raccogliere
l'eredità o il lascito per trasmetterlo intatto ai loro discendenti maschi
(o al più anziano, come nel maggiorasco), ma quella di metter al mondo
- in nozze legittime - fanciulle che, sposandosi o prendendo il velo,
avrebbero poi avuto diritto alle doti costituite coi redditi dell'Azienda
Bosciorina. Mancando nella discendenza maschile dei prefati tali fanciulle,
l'annuo reddito - come s'è visto - doveva profittare ad altre ragazze di
Gravesano e Mugena che andassero a nozze: il che faceva del lascito un
lascito misto, non esclusivamente di famiglia.

    Faceva inoltre difetto una caratteristica essenziale del fedecommesso:
quella per cui l'erede fedecommissario - rispettati eventuali oneri
ricorrenti di cui il fedecommesso fosse gravato (quali ad es. quello
di far celebrare messe per l'anima del defunto testatore) - ha vita
sua natural durante l'uso e il godimento dei beni che lo costituiscono
(RIEMER, in Berner Kommentar, 3a edizione, Personenrecht, 3. Abteilung, Die
juristischen Personen, Dritter Teilband, Die Stiftungen, Systematischer
Teil, n. 133 segg.): è infatti palese che nessuno dei membri delle
citate tre famiglie P ha mai avuto il possesso dell'azienda agricola
di Bosciorina.

    Che così siano state le cose, è confermato da una circostanza che
risulta dagli atti. Achille P fu Francesco da Breno, la cui sorella
consanguinea Carmen riceverà poi nel 1950 un sussidio dotale, notifica con
lettera dell'8 gennaio 1940 agli amministratori del legato la nascita del
figlio E, avvenuta il 10 luglio 1936, specificando agli amministratori
che "le figlie che potrebbero arrivare al mio figlio sopracitato quando
venisse a sposarsi avranno diritto al sussidio". Gli amministratori del
legato gli danno riscontro il 10 gennaio 1941, assicurando che "tutto sarà
fatto per l'iscrizione nei registri del Pio legato P; e che in conformità
della fondiaria, le figlie che ne potrebbero derivare avranno diritto
al sussidio".

    e) Adottata a torto la tesi del fedecommesso, l'autore del parere
rileva però con ragione che l'istituzione fedecommissaria, pur se
é definita perpetua, "può estinguersi se non ci sono più eredi cui
trasmettere il bene vincolato al fedecommesso. In questo caso, l'ultimo
proprietario potrebbe devolverlo ai suoi eredi legittimi o testamentari;
egli potrebbe certamente anche disporre che il bene vincolato al
fedecommesso venga convertito in una fondazione". Alla nota 55 (pag. 33)
l'autore del parere aggiunge: "certamente anche il testatore avrebbe potuto
disporre che nel caso di estinzione del fedecommesso si sarebbe dovuto
costituire una fondazione" (sottintendendo: ma non l'ha fatto). Ora,
proprio queste corrette esposizioni circa l'istituto del fedecommesso
avrebbero dovuto condurre l'autore della perizia a scartare tale ipotesi,
siccome chiaramente contraria alla volontà effettiva di Bartolomeo P
fu Antonio. Il testatore, infatti, ha manifestamente voluto escludere
tale possibilità, perché ha disposto che i redditi della Bosciorina,
in mancanza di fanciulle P da maritare, fossero devoluti a dotare altre
ragazze meritevoli di Gravesano e Mugena (v. in proposito Rep. 1869
pagg. 579 segg., nota 1, pag. 580).

    f) Né argomenti a favore di un fidecommesso piuttosto che di una
fondazione possono trarsi dalla già citata sentenza del Tribunale di
appello, contrariamente a quanto sembra fare l'autore del parere: il tema
non formava oggetto del litigio; la sentenza impiega indifferentemente
i termini di "fedecommesso", "Pia mente", "legato fedecommissario";
infine, essa non si riferisce ad eredi, ma parla degli amministratori
e dei fruitori attuali del legato in relazione con gli amministratori e
fruitori futuri.

    g) Infine, il parere non ha tenuto conto della giurisprudenza
cantonale del secolo scorso inerente alla differenza fra il fedecommesso,
da un lato, e la creazione di un ente provvisto di personalità morale
(beneficio laicale e simili) analogo se non identico alla fondazione del
CC dall'altro. Accanto alla già ricordata sentenza relativa al "legato
Eini", particolarmente significativo è il giudizio 7 dicembre 1870 del
Tribunale civile di Lugano concernente l'istituzione Bollina, confermato
il 3 aprile 1871 dalla Camera civile di appello e integralmente pubblicato
in Rep. 1871, pagg. 241 segg., perchè relativo ad una fattispecie quasi
identica a quella di cui qui si tratta. In questa sentenza le autorità
cantonali hanno infatti ritenuto che un'istituzione di messe perpetue fatta
con speciale dotazione e col conferimento del diritto di amministrare
la dote medesima e di nominare il cappellano celebrante doveva essere
considerata un beneficio laicale di ius patronato, cioè un'opera pia,
"persona morale proprietaria dei beni", e che il fatto di aver assicurato
la continuità dell'amministrazione in una determinata linea, non faceva
dell'istituzione Bollina - fosse poi essa da considerarsi Beneficio o
legato perpetuo o causa Pia - un fedecommesso, per cui a detta istituzione
era inapplicabile la legge di soppressione del 1851. La decisione richiama
analoga sentenza del Tribunale di appello dell'11 marzo 1853 in re
Morosini c. Morosini relativa all'istituzione Trogher, che non era stata
considerata un fidecommesso ma una causa Pia, perché agli amministratori
non era stata lasciata la proprietà della cosa, ma unicamente la parte
dei redditi eccedenti la quantità ordinata a favore della causa Pia.

    Infine nel novero dei "legati" del secolo scorso che vennero
considerati come fondazioni aventi personalità giuridica propria, anche se
amministrati da un Comune (Città di Lugano) e furono conservati come tali
nel nuovo diritto - previa l'iscrizione a RC entro fine 1916 prevista
dall'art. 7 cpv. 2 Tit.fin. CC - va menzionato il celebre caso della
"Villa Malpensata", legata dal munifico Antonio Caccia alla Città di
Lugano con testamento del 15 ottobre 1891 (Rep. 1917, pag. 41/61, decisione
della Commissione dell'amministrativo del Gran Consiglio in re Lampugnani
c. Comune di Lugano). La decisione è interessante anche perchè ricorda il
numero elevato di fondazioni di questo tipo esistenti in Ticino risultante
da una statistica allestita dal Dipartimento Interni (pag. 53/54).

    h) Da quanto sopra esposto, si deve concludere che, contrariamente
all'opinione insostenibile espressa nel citato parere, il "legato
Bartolomeo P", sotto il regime del cessato diritto cantonale, aveva
personalità giuridica.

Erwägung 6

    6.- Trattandosi tuttavia di una fondazione mista - e non di una pura
fondazione di famiglia - il legato Bartolomeo P avrebbe però dovuto
ottenere entro cinque anni dall'entrata in vigore del CC l'iscrizione
a RC (art. 7 cpv. 2 Tit.fin. in relazione con gli art. 52 cpv. 1 e 2,
81 cpv. 2 CC, MUTZNER, in Berner Kommentar, 2a edizione, n. 9 ad art. 7
Tit.fin., RIEMER, op.cit., Systematischer Teil, n. 526 segg.). Non avendo
conseguito tale iscrizione, esso ha perso la personalità giuridica in
virtù della legge il 1o gennaio 1917 (cfr. DTF 46 II 326). Non consta
tuttavia che il suo patrimonio sia stato raccolto dagli enti pubblici (i
Comuni di Gravesano e Mugena, cui apparteneva secondo la sua destinazione
- cfr. art. 57 cpv. 1 CC e DTF 47 II 328 in alto -): consta invece che il
legato P - ormai persona di solo apparenza - ha continuato a funzionare e,
segnatamente, a distribuire doti.

    La perdita della personalità giuridica in virtù dei citati disposti non
è peraltro irrimediabile: il vincolo del patrimonio allo scopo contenuto
nell'atto di fondazione permane, e la situazione giuridica è analoga a
quella che - vigente il nuovo diritto - sussiste tra il momento in cui la
fondazione è validamente istituita ed il momento in cui è iscritta a RC:
unica condizione per il riacquisto della personalità è che siano rispettate
le condizioni materiali e formali poste dal nuovo diritto, se necessario
con l'intervento dell'autorità di vigilanza (cfr. art. 83 cpv. 2 CC,
MUTZNER, loc.cit. n. 10). A queste esigenze ha risposto l'istromento
5 gennaio 1962 nei rogiti del notaio B, approvato dall'autorità di
vigilanza. In particolare, detto atto di fondazione ha ripreso senza alcuna
variazione gli scopi perseguiti dal fondatore nel codicillo del 1764;
la nuova "Fondazione P Bartolomeo" ha assunto tutti i beni patrimoniali
esistenti ed ha conseguito con l'iscrizione a RC la personalità giuridica
il 27 dicembre 1962. È vero che, al momento in cui quest'atto pubblico
fu rogato, i diritti derivanti dall'atto di fondazione erano prescritti,
il termine decennale iniziato il 1o gennaio 1917 essendo spirato il 1o
gennaio 1927 (MUTZNER, loc.cit., n. 10; RIEMER, op.cit., Syst. Teil,
n. 526 e n. 5 ad art. 88/89). Ma ciò non nuoce: non consta infatti che
i Comuni di Gravesano e di Mugena, che avevano i propri rappresentanti
nell'amministrazione del legato, si siano opposti a tale sistemazione, né
che abbiano comunque rivendicato il patrimonio decaduto a loro favore. Essi
hanno quindi tacitamente approvato la creazione della fondazione, cui
d'altronde avrebbero potuto essi stessi provvedere (MUTZNER, ibidem,
con riferimento a ZBJV 54, 239 segg.). Comunque sia, è da ritenere che
l'approvazione dell'autorità di vigilanza e l'iscrizione a RC abbiano
sanato ogni eventuale manchevolezza.

    Si deve cosí concludere che la procedura espropriativa aperta il
7 gennaio 1967 dal Presidente della CFS su istanza 7 novembre 1966
delle FFS fu diretta contro la legittima proprietaria dei fondi e non,
contrariamente a quanto asserito nel citato parere, contro una persona
giuridica inesistente, di mera apparenza.

Erwägung 7

    7.- (Esame delle procedure giudiziaria e amministrativa che hanno
condotto alla soppressione della vecchia fondazione con contemporanea
creazione della nuova di altro scopo).

Erwägung 8

    8.- (Lasciata aperta la questione di sapere se la sentenza 22 dicembre
1982 del Pretore, resa in applicazione dell'art. 662 cpv. 2 CC, ed affetta
da gravi vizi, non sia radicalmente nulla, atteso che il dispositivo della
sentenza, al quale soltanto spetterebbe la forza di cosa giudicata (DTF 78
I 104, 99 II 172, 101 II 375, 109 II 436 consid. 1), si limita ad ordinare
l'iscrizione al nome di E di fondi non toccati dall'espropriazione, il
cui destino è indifferente per giudicare sull'esistenza di un diritto di
retrocessione ai sensi dell'art. 103 LEspr. Ciò sarebbe il caso perfino
ove si volesse ritenere che detti fondi formassero un'unità aziendale
con quelli espropriati [cfr. fatti e HESS/WEIBEL, Das Enteignungsrecht
des Bundes, 1986, n. 3 ad art. 103 LEspr]).

Erwägung 9

    9.- Anche la procedura seguita dall'autorità di vigilanza nel quadro
dell'accordo preventivo, di cui si è detto, non è esente da pecche.

    a) Emerge dagli atti che gli amministratori della fondazione
erano da tempo animati dal comprensibile desiderio di mutare lo scopo
della fondazione - la costituzione di doti - adeguandolo alle profonde
modificazioni sociali intervenute, senza peraltro tradire lo spirito che
aveva animato il suo remoto istitutore. V'era da tener conto cioè della
scomparsa di quella società rurale, che esisteva nel Settecento, era
perdurata nell'Ottocento, ma aveva cominciato a irresistibilmente declinare
verso l'inizio di questo secolo. Lo scopo del legato, poi fondazione -
cioè la costituzione di doti, fossero esse per le ragazze P o per quelle
dei due Comuni - aveva perso l'importanza che rivestiva sotto il regime
dei Baliaggi ed ancora nell'Ottocento (cfr. circa la preterizione delle
figlie ed il genere delle donne nell'ambito successorio: CARLO POMETTA,
op.cit., pag. 42 segg., 76 segg.; PATOCCHI, op.cit. pag. 135 segg. e
nota 8; vedi anche, nell'edizione del 1874 del CC 1837, le successive
regressive mutazioni fatte subire all'originale art. 451 CC 1837, che -
audacemente per l'epoca - aveva istituito l'uguaglianza fra femmine e
maschi nella successione).

    D'altra parte, anche la modificazione della struttura e della
consistenza del patrimonio della fondazione poteva - accanto al
cennato mutamento delle condizioni sociali - costituire motivo per un
aggiornamento dello scopo (cfr. RIEMER, op.cit., ad art. 85/86, n. 10,
pag. 615 in basso).

    b) La trasformazione della fondazione mista per doti in altra di
più largo respiro (a favore della gioventù dei due Comuni), comportava
anzitutto l'abbandono del legame con le figlie della discendenza
mascolina dei P, cioè l'eliminazione della componente fondazione di
famiglia. Per questo, era necessaria o quantomeno opportuna l'adesione di
E, incontestatamente unico rappresentante della schiatta, a quell'epoca,
secondo gli atti, celibe, ma pur sempre in grado di dar vita a future e
prioritarie beneficiarie di doti. Sotto questo profilo la partecipazione
di E alla procedura non presta quindi, come tale, il fianco a critica.

    c) La modificazione del fine della fondazione avrebbe però richiesto
l'intervento dell'autorità cantonale competente prevista dall'art. 86 CC,
agente dietro proposta dell'autorità di vigilanza e sentito l'organo
superiore della fondazione. Nel Cantone Ticino, tale autorità è il
Consiglio di Stato (art. 16 cpv. 3 n. 5 LAC).

    Se tale via fosse stata osservata, non vi sarebbe stata alcuna
necessità di ricorrere alla procedura di Camera di Consiglio davanti al
Pretore, né, rispettivamente, alla parallela costituzione della seconda
fondazione. Raccolta l'adesione di E all'eliminazione (dietro ragionevole
compenso se del caso) della componente fondazione di famiglia, il Consiglio
di Stato avrebbe potuto procedere alla modificazione dello scopo lasciando
sussistere la "Fondazione Bartolomeo P" originaria.

    d) La ragione per la quale tale via non è stata seguita va
indubbiamente scorta nella facilità con la quale l'autorità di vigilanza -
senza procedere ad un sufficiente controllo - si è adagiata alle erronee
conclusioni cui era pervenuto il noto parere (nullità della fondazione),
non solo, ma ad ammettere addirittura - ciò che il parere non asseriva -
che E fosse il (nudo) proprietario del patrimonio. Infatti - anche a voler
supporre, con il parere, che all'ente creato con il noto codicillo avesse
fatto difetto sotto il cessato diritto cantonale la personalità giuridica,
trattandosi di un fedecommesso - non sussisteva la minima prova che detta
persona fosse l'unico discendente e quindi l'erede di Bartolomeo P fu
Antonio: anzi era provato il contrario. D'altronde nella decisione di
soppressione della fondazione del 17 gennaio 1984, l'autorità di vigilanza,
manifestamente consapevole della discutibilità della nullità radicale
della fondazione, adduce a suffragio della decretata soppressione la
scomparsa del patrimonio, omettendo però di considerare che - almeno per
quanto riguarda l'ingente patrimonio mobiliare al quale manifestamente
la sentenza del Pretore, fondata sull'art. 662 CC, non poteva applicarsi
- tale scomparsa era da attribuire esclusivamente alla adesione della
stessa autorità di vigilanza al noto parere ed alla procedura suggerita
per uscire da una situazione ritenuta (a torto) inestricabile.

    e) A differenza delle persone giuridiche organizzate corporativamente,
la fondazione non possiede il diritto di decidere il proprio scioglimento:
né gli organi della fondazione, né il fondatore, né i beneficiari o altri
interessati possono validamente decidere tale scioglimento (per tutti:
RIEMER, op.cit., Systematischer Teil, n. 24; ad art. 88/89 n. 4). Tale
divieto, che è implicito nella nozione stessa di fondazione, si estende di
massima anche all'alienazione del patrimonio della fondazione. Atti che
contravvengono a tale divieto sono per principio inficiati di nullità
assoluta; cadono sotto il divieto pure i negozi giuridici stipulati
con terzi e gli atti processuali (transazione, recesso, adesione alla
domanda) che conducono alla liquidazione della causa senza esame del
merito, e che hanno per scopo o come conseguenza la dissoluzione della
fondazione o l'alienazione del suo patrimonio (RIEMER, ad art. 88/89
n. 4 e la dottrina e giurisprudenza ivi citata, segnatamente DTF 71 I
454 segg. particolarmente 455/456 e 459 segg.).

    Nel caso in esame, non si giustifica tuttavia di applicare tali
rigorosi principi relativi alla nullità assoluta degli atti volti
all'alienazione del patrimonio della fondazione.

    Formalmente, anche se irregolare, la macchinosa procedura messa
in atto ha anzitutto raccolto il preventivo consenso dell'autorità
di vigilanza. Materialmente, essa non perseguiva il fine di alienare
definitivamente il patrimonio della fondazione, rendendola priva del suo
sostrato economico, ma quello di trasferire i beni - previa liquidazione
del compenso concordato con E per la sua adesione alla soppressione
della componente fondazione di famiglia - ad una fondazione non più
mista ma ordinaria. Tenendo conto dei profondi rivolgimenti sociali
ed economici intervenuti nei due secoli trascorsi e della modificata
struttura e consistenza del patrimonio, il fine della nuova fondazione
poteva considerarsi consono alla volontà dell'originario istitutore.
Anche gli amministratori della nuova fondazione coincidevano con quella
della precedente, e il modo della loro designazione riprendeva quello
voluto dall'istitutore originario. L'alienazione delle proprietà della
fondazione ad E era condizionata alla fondazione da parte di costui
della nuova persona giuridica, alla quale l'integralità del patrimonio -
eccezion fatta per il compenso di cui s'è detto - doveva immediatamente
esser ritrasferita. E non ha conferito alla nuova fondazione nulla di suo,
ma ha funzionato da tramite per riportare in essa quanto apparteneva alla
vecchia. Considerata nel suo complesso, la procedura messa in atto, seppur
singolare, non ha quindi avuto un effetto assolutamente inconciliabile
con la natura stessa della fondazione consacrata nel CC. Segnatamente,
trasferimenti patrimoniali che appaiono giustificati da validi motivi da
una fondazione ad altro ente, che offra garanzia per la loro utilizzazione
nel quadro dello scopo della fondazione primitiva, non sono illeciti e non
può esser denegata loro l'approvazione da parte dell'autorità di vigilanza
(RIEMER, op.cit., Systematischer Teil, n. 30, pagg. 41/42, n. 67 segg. (68)
ad art. 88/89, n. 87 ad art. 84, n. 106 ad art. 85/86).

    Certo, con gli accorgimenti procedurali che furono concordati,
contemporanea soppressione della fondazione mista esistente e costituzione
della nuova fondazione ordinaria con mutamento dello scopo, sono stati
sottratti al Consiglio di Stato l'esame e l'approvazione della modifica
dello scopo della fondazione originaria, come pure l'esame dell'adeguatezza
del compenso finanziario accordato a E in contropartita della sua adesione
all'eliminazione della componente fondazione di famiglia, connesso con
il mutamento del fine. Ma tale vizio - che comunque non ha avuto come
res inter alios acta ripercussioni per le FFS - può comunque ritenersi
superato e sanato dalla radiazione e rispettivamente dall'iscrizione a
RC e a RF, che risalgono al 1985 e che nessuno ha impugnato.

Erwägung 10

    10.- a) (Interpretata secondo il principio dell'affidamento la
Convenzione aggiuntiva 4 novembre/12 dicembre 1974 non ha comportato una
rinuncia della Fondazione Bartolomeo P ad ogni diritto di retrocessione).

    b) (L'espropriazione aperta col decreto 10 gennaio 1967 del Presidente
della CFS ricade nel novero delle espropriazioni preventive per il futuro
ampliamento di un'opera (art. 4, lett. a, ultima parte della frase,
art. 27 cpv. 3 LEspr.), per la cui attuazione l'espropriante dispone di
un termine di venticinque anni [art. 102 cpv. 1 lett. b]).

    c) Del patrimonio della radiata "Fondazione Bartolomeo P", prima che
fosse transitoriamente trasferito sotto le condizioni e con le finalità
che si sono illustrate ad E, faceva quindi indubbiamente parte anche il
virtuale diritto alla retrocessione del fondo espropriato in via preventiva
(art. 103 LEspr). Tale diritto sarebbe diventato attuale, ove si fossero
realizzate le condizioni per il suo esercizio. Contrariamente all'opinione
delle ricorrenti, il fatto che, negli atti che si sono sin qui esaminati
(verbali e carteggio degli organi della fondazione, dell'autorità di
vigilanza, atto di fondazione dettato da E, decisioni prese dall'autorità
di vigilanza) non ne venga fatta menzione non è rilevante ai fini del
giudizio: le parti, rispettivamente le autorità che erano implicate in
quelle trattative non avevano motivo di ritenere, a quell'epoca, che detto
diritto sarebbe diventato attuale a seguito di disposizioni che l'ente
espropriante avrebbe in seguito prese, rispettivamente di omissioni in
cui egli sarebbe incorso in futuro.

    Dal fatto che quegli atti non facciano menzione della retrocessione
non può quindi esser dedotta una qualsiasi rinunzia all'esercizio di tale
diritto, ove esso fosse divenuto attuale. Sotto questo profilo la censura
delle FFS è priva di consistenza.

Erwägung 11

    11.- Resta pertanto da esaminare se il diritto di richiedere la
retrocessione che apparteneva alla Fondazione Bartolomeo P si sia estinto
- come pretendono le ricorrenti - con la soppressione della fondazione
decretata dall'autorità di vigilanza e la radiazione dal RC, oppure
se tale diritto sia da considerare trasferito alla nuova Fondazione P,
iscritta a RC lo stesso giorno a domanda dell'autorità di vigilanza.

    a) L'art. 103 LEspr attribuisce l'esercizio del diritto alla
retrocessione al precedente proprietario o ai suoi eredi. Nel caso
in cui sia stata espropriata solo una porzione di un fondo oppure una
servitù prediale, l'esercizio del diritto è subordinato all'ulteriore
condizione che l'espropriato o i suoi eredi siano ancora proprietari della
porzione residua del fondo, rispettivamente del fondo dominante. Nella
recente sentenza del 22 agosto 1994 in re FFS c. Consorzio del Vedeggio,
pubblicata in DTF 120 Ib 215 segg., il Tribunale federale ha illustrato la
genesi di questa particolare disposizione, che diverge dal progetto del
Consiglio federale, ed è intesa a sottolineare il carattere personale
del diritto alla retrocessione, che non è cedibile ad un qualsiasi
acquirente del fondo residuo, rispettivamente di quello già dominante. Il
legislatore ha voluto riservare il diritto alla retrocessione a chi -
come l'originario espropriato ed i suoi eredi - possa accampare, accanto
ad interessi puramente politico-economici, anche ragioni di equità, il
che appunto non è il caso per un qualsiasi acquirente a titolo particolare
(sentenza citata, DTF 120 Ib 218 seg. consid. 3a).

    In quella sentenza il Tribunale federale, dopo aver rilevato come
questa condizione aggiuntiva stabilita dalla seconda frase dell'art. 103
LEspr si applichi anche quando espropriata è una persona giuridica, si è
anzi chiesto, - senza risolvere il problema - se, nel caso della persona
giuridica, non debbano esser introdotte, in interpretazione teleologica
della legge, limitazioni supplementari per rispetto alle persone fisiche
anche per l'espropriazione totale di un fondo, allorquando la persona
giuridica originariamente espropriata - pur rimanendo identica dal punto
di vista formale - abbia subito radicali mutamenti, segnatamente circa
il suo scopo, oppure abbia avuto luogo un'alienazione del mero mantello
azionario (DTF 120 Ib 218 seg. consid. 3b). Come si vedrà, anche nel
presente caso, non sarà necessario approfondire ulteriormente tale
questione: giova tuttavia l'accenno a questa problematica, perchè essa
si inserisce nel quadro dell'interpretazione teleologica della norma,
di cui si è avvalso il Tribunale federale per risolvere quel caso.

    b) Come s'è visto, l'art. 103 LEspr è modellato sul caso in cui
l'espropriato originale sia una persona fisica, che sola può avere eredi in
senso civilistico. La norma è silente per il caso della persona giuridica:
dal suo testo si può solamente dedurre che, ove la persona giuridica
abbia cessato di esistere in seguito a scioglimento deciso dai suoi
membri o azionisti, come avviene per le persone giuridiche organizzate
corporativamente, con la sua scomparsa si estingue anche il diritto alla
retrocessione di cui all'art. 103 LEspr.

    Silente è la legge per il caso in cui la persona giuridica
originariamente espropriata abbia sì cessato di esistere, ma ad essa ne
sia subentrata un'altra a titolo universale, come nei casi di fusione e
dell'assorbimento di una società da parte di un'altra. Secondo la dottrina
(HESS/WEIBEL, op.cit., n. 1 ad art. 103 LEspr) al caso della successione
ereditaria per le persone fisiche dovrebbero essere equiparate contro
la lettera della legge (o colmando la lacuna insita nel testo) altri
casi di successione universale: a quest'opinione dottrinale le stesse
FFS hanno d'altronde aderito (cfr. sentenza citata, consid. 1c). Il
Tribunale federale, nel cennato giudizio, pur evitando di dettare una
regola generale per i motivi che si sono ricordati sopra, ha ritenuto
giustificato parificare alla situazione riservata dall'art. 103 LEspr agli
eredi di una persona fisica quella di un nuovo consorzio di arginatura
del diritto pubblico cantonale creato dall'autorità cantonale competente
allo scopo di sostituire due precedenti consorzi di analoga funzione,
contemporaneamente soppressi, e questo nonostante avessero avuto luogo un
ampliamento del comprensorio complessivo, una redifinizione dello scopo
ed un mutamento della cerchia dei membri del Consorzio, limitata a soli
enti pubblici con esclusione dei privati (DTF 120 Ib 223 seg. consid. 5).

    c) Nel caso di specie, si tratta di una fondazione (mista), che per
sua natura non possiede la facoltà di decidere il proprio scioglimento,
né di modificare il proprio scopo, né in via di massima di alienare il
proprio patrimonio (supra, consid. 8e): tali atti esigono l'intervento
dell'autorità di vigilanza o di quella di modificazione (Umwandlung)
prevista dall'art. 86 CC. La modificazione dello scopo di una fondazione
in applicazione dell'art. 86 CC non comporta manifestamente, di per sé,
alcuna estinzione di un diritto di retrocessione, che competesse a tale
fondazione in virtù dell'art. 103 LEspr; lo stesso deve dirsi della
trasformazione di una fondazione mista in una fondazione ordinaria: non
si avverte infatti una giustificazione qualsiasi per imporre, in virtù
dell'art. 103 LEspr, una simile perdita patrimoniale alla fondazione che
persegue un fine riconosciuto di pubblica utilità.

    Certo, il caso in esame si distingue da quello ora ipotizzato per il
fatto che - invece di procedere alla modificazione dell'organizzazione
(art. 85 CC) o dello scopo della fondazione (art. 86 CC) - l'autorità
cantonale, in seguito ai dubbi che a torto nutriva circa la validità
della fondazione, ha instaurato o si è prestata alla macchinosa procedura,
che comunque si è conclusa contemporaneamente con la soppressione della
prima fondazione e la costituzione della seconda, alla quale l'intero
patrimonio residuo della fondazione soppressa è stato trasferito.

    Come s'è visto, a parte la pecca procedurale del mancato intervento
del Consiglio di Stato, materialmente il risultato finale della procedura
è compatibile con le regole fondamentali che il codice civile ha dettato
per l'istituto della fondazione. Anche se propriamente non si può asserire
che la seconda fondazione sia succeduta a titolo universale alla prima,
non sussiste nessuno dei motivi che il legislatore ha ritenuto per
ammettere che il diritto alla retrocessione di cui all'art. 103 LEspr
si sia estinto: al contrario, come nel caso recentemente giudicato del
Consorzio del Vedeggio, si giustifica pienamente di ritenere che il diritto
alla retrocessione sia trapassato alla nuova Fondazione P. Ammettere
il contrario, significherebbe porre l'espropriante al beneficio di
errori procedurali, nei quali è semmai incorsa l'autorità cantonale di
vigilanza, e di cui sarebbe contrario ad ogni principio di equità far
sopportare le conseguenze alla fondazione, rinnovando una spoliazione
patrimoniale ingiustificata. Ne viene che il ricorso delle FFS, volto a
far disconoscere la qualità per esigere la restituzione alla Fondazione
P dev'essere respinto.