Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 119 IA 505



119 Ia 505

55. Estratto della sentenza 16 dicembre 1993 della I Corte di diritto
pubblico nella causa X c. Direttore del penitenziario e Dipartimento di
giustizia del Cantone Ticino (ricorso di diritto amministrativo) Regeste

    Art. 8 und 10 EMRK: Nichtweiterleitung der an Dritte und an einen
Anwalt gerichteten Briefe eines Gefangenen.

    Beschränkungen des Briefverkehrs und des Anspruchs auf freie
Meinungsäusserung. Nichtweiterleitung der an einen Dritten gerichteten
Briefe eines Gefangenen mit ungehörigen und beleidigenden Äusserungen
über die Behörde (E. 3b und c).

    Die Nichtweiterleitung eines an einen Anwalt adressierten Briefes
des Gefangenen verstösst im vorliegenden Fall gegen die ausdrückliche
Gewährleistung derartigen Briefverkehrs in Art. 8 EMRK. Das Interesse am
Schutz des Privatgeheimnisses geht in der Regel der blossen Möglichkeit
eines möglichen Missbrauchs vor (E. 3d und 4a).

Auszug aus den Erwägungen:

                       Dai considerandi:

Erwägung 3

    3.- Nel merito il ricorrente, oltre alla violazione degli art. 4
e 36 Cost., fa valere la lesione dell'art. 8 CEDU, che garantisce ad
ogni persona il diritto al rispetto della propria corrispondenza e
dell'art. 10 CEDU che sancisce la libertà d'espressione, nella misura
in cui essa permette di ricevere o di comunicare informazioni o idee
senza ingerenza alcuna da parte delle autorità pubbliche. In concreto,
le censure riguardano le condizioni poste per corrispondere con persone
al di fuori del penitenziario. Tuttavia, l'esercizio abusivo di questo
diritto non è protetto dall'art. 8 CEDU (DTF 118 Ia 87 consid. 3p). Anche
il diritto costituzionale non scritto, nella misura in cui sancisce la
libertà d'espressione, non si oppone a che tale diritto sia limitato
quantitativamente o qualitativamente per ragioni riconducibili al buon
andamento del penitenziario, alla sicurezza di terzi o all'interesse
stesso del detenuto.

    a) Come invocate dal ricorrente, le garanzie sono quelle che il
diritto costituzionale non scritto offre ad ogni persona, nella misura
in cui consacra la libertà personale (DTF 117 Ia 30 consid. 5a, 116 Ia
151 consid. 3) e la libertà d'espressione (DTF 113 Ia 316 consid. 4b); il
diritto al rispetto della corrispondenza rientra nel diritto alla libertà
d'espressione. Il Tribunale federale considera le norme convenzionali
invocate dal ricorrente (art. 8 e 10 CEDU) ai fini dell'interpretazione
e dell'applicazione delle citate libertà nella misura in cui esse
contribuiscono a concretarle; in quest'ambito, le garanzie convenzionali
non vanno però oltre quelle offerte dal diritto costituzionale non scritto
(DTF 119 Ia 73 consid. 3a, 117 Ia 466 consid. 2a, 477 consid. 3b). Il
ricorrente fa valere anche una lesione dell'art. 4 Cost., cui sembra
attribuire un contenuto analogo alle predette norme, ragione per cui
tale critica va esaminata nell'ambito di quella relativa alla libertà
personale (DTF 116 Ia 422 consid. 1b). Del tutto priva di motivazione
e quindi irricevibile è invece la censura di lesione dell'art. 36 Cost.,
concernente il monopolio e il segreto postale. Lo stesso vale per l'accenno
alla mancata separazione degli stabilimenti di pena nel Cantone Ticino.

    b) Giusta gli art. 8 cpv. 2 et 10 cpv. 2 CEDU, come anche secondo
il diritto costituzionale non scritto (DTF 117 Ia 479 consid. 3d),
un'ingerenza nel diritto alla corrispondenza e nella libertà d'espressione
è ammessa soltanto se è prevista dalla legge. Non è necessario che si
tratti di una legge in senso formale: è sufficiente una legge in senso
materiale, come un'ordinanza o un regolamento (DTF 117 Ia 469 consid. 3
e rinvii). Il ricorrente non contesta l'esistenza di una sufficiente
base legale (art. 23 del regolamento ticinese sull'esecuzione delle
pene e delle misure di sicurezza per gli adulti del 23 novembre 1978
[REP] e art. 83 del regolamento del penitenziario di stato del Cantone
Ticino del 24 giugno 1982 [RPCT]; cfr. al riguardo la sentenza 24
gennaio 1992 concernente il ricorrente, consid. 3b/aa, pubblicata in
RDAT II 1992 n. 23, cui, per brevità, si rinvia). Inoltre, un'ingerenza
nel diritto costituzionale non scritto della libertà d'espressione è
ammissibile soltanto se corrisponde all'interesse pubblico e se rispetta
il principio della proporzionalità (cfr. al riguardo la circostanziata
DTF 119 Ia 71 cui si può fare riferimento). La Corte europea dei diritti
dell'uomo ha stabilito che un certo controllo della corrispondenza dei
detenuti è consigliabile e non è di per sé contrario alla Convenzione,
avendo riguardo alle esigenze normali e ragionevoli della detenzione;
l'ingerenza che ne deriva non dev'essere però eccessiva rispetto allo
scopo legittimo perseguito (sentenza 25 marzo 1983 in re Silver e altri,
Publications de la Cour, Serie A, Vol. 61, par. 98 e sentenza 25 febbraio
1992 in re Pfeifer e Plankl, Serie A, Vol. 227, par. 46; DTF 117 Ia 466
seg. con riferimento alla sentenza in re Schönenberger e Durmaz). Essa ha
precisato che per determinare in modo generale il grado di tolleranza di
un simile controllo non bisogna comunque dimenticare che la possibilità
di scrivere e di ricevere lettere rappresenta, a volte, per il detenuto,
il solo legame con il mondo esterno (sentenza 25 marzo 1992 in re Campbell,
Serie A, Vol. 233, par. 45).

    Nella sentenza Silver si poneva la questione di sapere se fosse
compatibile con l'art. 8 CEDU non trasmettere lettere di detenuti nelle
quali l'amministrazione del carcere veniva criticata in modo sconveniente
e offensivo. La Corte europea ha stabilito che ciò non era sufficiente per
trattenere la corrispondenza. Infatti, l'intercettazione di lettere private
contenenti termini volutamente denigratori nei confronti delle autorità
non era "necessaria in una società democratica" (art. 8 cpv. 2 CEDU).
Per contro, una siffatta misura è lecita ove l'estensore della missiva
minacci di ricorrere alla violenza. In tal caso la non trasmissione è
stata ritenuta necessaria per assicurare l'ordine e la prevenzione dei
reati (par. 64, 97, 99c e 103). Identiche considerazioni valgono anche
riguardo all'apertura, da parte delle autorità carcerarie, della posta
dei detenuti. Infine, anche se la censura di alcuni passi costituisce
sicuramente un'ingerenza meno grave, essa deve rispettare comunque il
principio della proporzionalità (sentenza in re Pfeifer e Plankl, citata,
par. 47).

    c) Anche il Tribunale federale, come la Corte europea, dovendo decidere
quando una lettera di un detenuto possa essere trattenuta a causa del
suo contenuto sconveniente, s'ispira a un'interpretazione restrittiva
della nozione di sconvenienza. Ne ammette la sussistenza solo quando le
missive sono atte a compromettere lo scopo della detenzione o l'ordine
del carcere (al riguardo DTF 119 Ia 75 seg. consid. 3c con riferimento
a certe riserve espresse dalla dottrina).

    d) Per quanto concerne l'apertura e la lettura della corrispondenza
di un detenuto con il suo legale, la Corte europea ha avuto occasione di
osservare che il limite tra posta relativa a un procedimento previsto o in
corso e quella di carattere generale solleva difficoltà particolari e che
la corrispondenza con un avvocato può concernere questioni non aventi,
o quasi, alcun legame con una causa. La Corte ha quindi sottolineato
che non vedeva alcuna ragione di distinguere tra le diverse categorie di
corrispondenza con avvocati: quale che sia la finalità, esse riguardano
argomenti di natura confidenziale e privata. Ha quindi stabilito che,
di massima, tali missive godono di uno stato privilegiato in virtù
dell'art. 8 CEDU. Ne segue che le autorità carcerarie possono aprire
la lettera di un avvocato a un detenuto se hanno motivi plausibili per
pensare che vi figuri un elemento illecito non rilevato dai normali mezzi
di segnalazione. Tuttavia, esse devono aprirla senza leggerla e vi è
ragione di fornire garanzie appropriate per impedirne la lettura, come per
esempio l'apertura della busta in presenza del detenuto. In particolare,
la lettura della posta di un detenuto destinata a/o proveniente da un
avvocato, dovrebbe essere autorizzata solo in casi eccezionali. Ciò può
essere il caso quando le autorità abbiano motivo di credere a un abuso
del privilegio, quando il contenuto della lettera minacci la sicurezza
dell'istituto di pena o quella altrui o rivesta un carattere delittuoso
in altro modo. La "plausibilità" dei motivi dipenderà dall'insieme
delle circostanze, ma essa presuppone fatti o informazioni tendenti a
persuadere un osservatore obiettivo che si abusa della via privilegiata
di comunicazione (sentenza in re Campbell, citata, par. 48; cfr. tuttavia
l'opinione in parte dissenziente del giudice Sir John Freeland secondo
il quale la creazione di due categorie separate di corrispondenza sarebbe
conforme alla precedente prassi ed esatta).

Erwägung 4

    4.- Nella fattispecie concreta il ricorrente sostiene che il Direttore
del penitenziario avrebbe abusato, a due riprese, del surriferito potere
di controllo.

    a) Il primo caso riguarda la decisione di non spedire - in busta chiusa
- una lettera indirizzata a un avvocato, professore universitario, nel
caso in cui il ricorrente non avesse dimostrato, tramite un documento,
che questo legale lo rappresentava in una procedura giudiziaria o
amministrativa; in caso contrario la busta sarebbe stata spedita, ma solo
dopo essere stata aperta e controllata. In concreto occorre osservare che
le autorità cantonali non hanno sostenuto e dimostrato che la trasmissione
di tale lettera avrebbe gravemente turbato l'ordine interno o compromesso
procedure penali in corso o minacciato la sicurezza di terzi o che la non
trasmissione sarebbe stata giustificata da altri motivi di sicurezza; né
è stato affermato che tale misura fosse opportuna per l'interesse stesso
del detenuto, come richiesto dalla normativa cantonale (art. 23 REP e
83 RPCT). Si deve quindi constatare che non vi erano motivi sufficienti
per limitare, in condizioni ordinarie, le libertà di cui il ricorrente
fruisce nonostante la sua detenzione. Nella fattispecie, la necessità di
rispettare la confidenzialità che attiene alle relazioni avvocato-cliente
prevale sulla semplice eventualità di abuso, ipotesi del resto neppure
prospettata nella presente fattispecie. Inoltre, anche nel caso in cui
la lettera fosse indirizzata al legale non tanto come avvocato ma come
professore universitario, non è stato fatto valere alcun motivo che,
eventualmente, avrebbe potuto giustificarne la mancata trasmissione. La
contestata misura non era quindi necessaria (cfr. sentenza 30 agosto 1990
in re McCallum, Serie A, Vol. 183, par. 55 e 56).

    b) La seconda fattispecie concerne la mancata trasmissione di sei
lettere, rimandate al ricorrente affinché questi togliesse due paragrafi
- ritenuti lesivi dell'onore del Direttore del penitenziario - dalle
copie di un reclamo allegato a cinque delle sei missive. In tale ambito
occorre rilevare che le parti non hanno prodotto al Tribunale federale le
lettere in questione, due delle quali sono state successivamente spedite
dopo essere state censurate. Di conseguenza non è possibile stabilire se
il tenore delle critiche contenutevi era sconveniente e denigratorio al
punto tale da giustificarne la non trasmissione; non è quindi possibile
determinare se, nel caso in esame, le autorità cantonali hanno disatteso
o meno i principi appena esposti (cfr. DTF 119 Ia 71).