Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 118 II 112



118 II 112

24. Estratto della sentenza 3 marzo 1992 della I Corte civile nella causa
Banca P contro W (ricorso per riforma) Regeste

    Private Pfandverwertung. Sorgfaltspflicht des Pfandgläubigers (Art. 891
ZGB, Art. 398 Abs. 3 und 399 Abs. 2 OR).

    Ermächtigt der Pfandvertrag den Pfandgläubiger, das Pfand freihändig
zu verwerten, ist der Gläubiger gehalten, die notwendigen Massnahmen zu
treffen, um dem Verpfänder vermeidbaren Schaden zu ersparen. Sorgfalt,
die der Pfandgläubiger aufzuwenden hat, und Verhältnis zu den Bestimmungen
von Art. 398 Abs. 3 und 399 Abs. 2 OR (E. 2).

Sachverhalt

    A.- Con contratto dell'8 giugno 1987 la Banca P, Zurigo, ha concesso
a W un prestito di fr. 25'000.--, rimborsabile in rate mensili di fr.
2'257.--. Il mutuatario, quale garanzia, ha costituito in pegno presso
la Banca un dipinto - denominato "Jagdstilleben" - attribuito a Jean
Baptiste Oudry, la cui stima e il valore di assicurazione ammontavano a
fr. 90'000.--. Il contratto di prestito concedeva alla Banca la facoltà
di procedere alla vendita del pegno nel caso in cui vi fosse stato un
ritardo di tre mensilità. Essendosi verificata tale evenienza, la Banca P
ha incaricato una galleria di Zurigo di procedere alla realizzazione del
pegno. Questa, ritenendo che l'autore del dipinto non fosse l'artista Jean
Baptiste Oudry ha stimato il suo valore a fr. 8'000.--, prezzo al quale
il dipinto è poi stato venduto nel corso di un'asta. La Banca, dedotte
la commissione e le spese, ha ricevuto la somma di fr. 6'240.--. Il 25
aprile 1986 la Banca P ha fatto notificare a W un precetto esecutivo per
il pagamento di fr. 17'856.75 oltre interessi e spese. Il Pretore del
Distretto di Lugano, Sezione 5, ha accolto il 14 gennaio 1987 la domanda
della creditrice di rigetto provvisorio dell'opposizione interposta
dall'escusso.

    B.- Con sentenza del 10 maggio 1991 il Pretore del Distretto di
Lugano, Sezione 3, ha integralmente accolto l'azione di disconoscimento
del debito introdotta il 4 febbraio 1987 da W. Il giudizio del Pretore
è stato confermato dalla II Camera civile del Tribunale di appello il 30
settembre 1991.

    La Banca P è insorta al Tribunale federale.

Auszug aus den Erwägungen:

                       Dai considerandi:

Erwägung 2

    2.- Le parti ad un contratto di pegno possono convenire che
il creditore pignoratizio, per soddisfare la propria pretesa, sia
autorizzato a vendere il pegno a trattative private (OFTINGER/BÄR,
in: Zürcher Kommentar, Zurigo 1981, n. 48 ad art. 891 CC con rinvio a
DTF 64 II 418, 38 II 530 seg. e 728, 36 I 339, 24 II 445; cfr. inoltre
art. 316k LEF e DTF 106 Ib 101 consid. 2e). In questo caso, il creditore
è tenuto, in base ai canoni della buona fede e compatibilmente ai propri
interessi, a risparmiare al costituente del pegno danni evitabili
(OFTINGER/BÄR, op.cit., n. 56 ad art. 891 CC). Egli deve comunicare
per tempo al costituente del pegno la data della vendita a trattative
private (OFTINGER/BÄR, op.cit., n. 57 ad art. 891 CC) ed è tenuto a
risarcirgli il danno se, per sua colpa, il ricavo risulti insufficiente
(OFTINGER/BÄR, n. 58 ad art. 891). I Giudici cantonali hanno equiparato
questa responsabilità al dovere di diligenza previsto dai contratti di
mandato e di lavoro. Dal ricorso non è possibile dedurre se la convenuta
contesti tale opinione: essa si richiama bensì, fra l'altro, ai disposti
sulla gestione d'affari senza mandato, ma non è dato da vedere che cosa
cambierebbe al dovere di diligenza del creditore pignoratizio. Pertanto
non occorre esaminare oltre tale questione. Per contro, la convenuta non
può essere seguita quando afferma che essa poteva subdelegare, in virtù
dell'art. 398 cpv. 3 CO, le operazioni di vendita ad un terzo e rispondere
quindi solo per la diligenza con cui ha scelto ed istruito questo terzo
(art. 399 cpv. 2 CO). Infatti, in primo luogo, già nell'ambito del mandato
la giurisprudenza applica l'art. 399 cpv. 2 con un certo ritegno (DTF
112 II 353 seg. consid. 2, 107 II 245 e riferimenti). Pertanto, tanto
meno esso può essere esteso a rapporti giuridici nei quali i disposti sul
contratto di mandato sono applicati solo per analogia. In secondo luogo,
anche se nella fattispecie si volesse applicare l'art. 398 cpv. 3 CO non
si vedrebbe da quali circostanze la convenuta potrebbe dedurre il diritto
a trasferire ad un terzo la vendita del pegno. In particolare, non vi
è in concreto un mandato esplicito da parte dell'attore. Aggiungasi che
la convenuta non spiega per quali ragioni era necessaria una subdelega
o se essa è prevista dagli usi e dagli accertamenti della Corte
cantonale non risulta alcun motivo per ammettere un simile accordo
da parte dell'attore. In terzo e ultimo luogo, nella misura in cui
si dovessero ritenere adempiute le condizioni per una subdelega, alla
convenuta si dovrebbe comunque rimproverare una carenza nell'istruzione
del terzo (art. 399 cpv. 2 CO). Secondo il giudizio di prima istanza -
che la Corte cantonale condivide implicitamente - la galleria non è mai
stata informata sul valore di stima e di assicurazione del quadro di
fr. 90'000.-- indicato nel contratto di prestito. Solo così è possibile
capire perché essa, senza esperire una valida perizia e valutazione del
quadro, è giunta alla conclusione che esso non era opera dell'artista Jean
Baptiste Oudry e ha fissato il piede d'asta a fr. 8'000.--. Di fronte ad
una simile discrepanza, la convenuta, prima di lasciare che il dipinto
fosse svenduto per meno del 10% del suo valore originario, era quindi
tenuta ad assumere ulteriori informazioni sul suo valore. D'altra parte,
non si vede in quale misura l'assunzione di informazioni supplementari,
che non avrebbero comportato un eccessivo dispendio di tempo e di denaro,
era incompatibile con gli interessi della convenuta, anzi sarebbe stato
meglio anche per lei ottenere un ricavo più elevato dalla vendita a
trattative private del dipinto. Inoltre, essa avrebbe potuto compiere
maggiori sforzi per rintracciare l'attore e se non vi fosse riuscita,
avrebbe dovuto condurre con maggior diligenza le operazioni di vendita. Di
conseguenza, nel comportamento dell'attore, il cui indirizzo non era
probabilmente conosciuto, non può essere ravvisata una colpa concomitante.
Ne segue che la Corte cantonale, imputando alla convenuta una violazione
del proprio dovere di diligenza, non ha violato il diritto federale.