Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 118 IA 415



118 Ia 415

57. Estratto della sentenza 24 giugno 1992 della I Corte di diritto
pubblico nella causa M.X. c. Consiglio di Stato del Cantone Ticino
(ricorso di diritto pubblico) Regeste

    Art. 147 Abs. 2 des Tessiner Gesetzes betreffend Wahlen und
Abstimmungen vom 23. Februar 1954 (LVE); Wahl von Mitgliedern des
Appellationsgerichtes (Tribunale di appello).

    1. Eine Vorbereitungsmassnahme für eine Abstimmung oder eine Wahl muss
in der Regel unverzüglich angefochten werden, noch bevor deren Ausgang
bekannt wird (Art. 85 lit. a und Art. 89 OG) (E. 2a-b).

    2. Art. 86 OG: Erfordernis der Erschöpfung des kantonalen
Instanzenzuges: Ausnahmen davon (E. 3).

    3. System der Proporzwahl: Verfassungskonformität von Art. 147
Abs. 2 LVE.

    a) Diese Bestimmung, welche die Zahl der kumulierten und panaschierten
Stimmen (voti preferenziali) beschränkt, ist nicht unvereinbar mit dem
Proporzsystem, welches naturgemäss die Parteien privilegiert (E. 6a-d).

    b) Im Tessiner Proporzwahlsystem führt eine solche Regelung zu keiner
Ungleichbehandlung zwischen grossen und kleinen Parteien und deren Wählern
(E. 6e).

Sachverhalt

    A.- Nel Cantone Ticino i membri del Tribunale di appello - che è
composto attualmente di 20 giudici e di 12 supplenti - sono nominati
dal popolo per un periodo di dieci anni: la nomina ha luogo in un unico
circondario costituito dall'intero Cantone, col sistema proporzionale
(art. 45 cpv. 1 della Costituzione cantonale del 4 luglio 1830, riordinata
il 29 ottobre 1967 [Cost./TI]; art. 1bis della legge organica giudiziaria
civile e penale del 24 novembre 1910 giusta la modifica del 22 maggio
1990). Le modalità dell'elezione sono precisate agli art. 145 a 154
lett. a della legge sull'esercizio del diritto di voto, sulle votazioni
e sulle elezioni del 23 febbraio 1954 (LVE).

    L'art. 147 LVE è stato modificato da una novella dell'11 novembre 1991,
entrata in vigore il 20 dicembre 1991, al fine di essere applicato alle
elezioni di febbraio 1992. La modifica consisteva soltanto nell'aggiunta di
un capoverso 2 che rinvia, per quanto riguarda le modalità dell'espressione
del voto, alle norme speciali applicabili all'elezione del Gran Consiglio
e che limita le possibilità di esprimere voti preferenziali. Essa ha
eliminato anche la possibilità di stralciare un candidato della lista
(cd. livragazione), ritenuta poco dignitosa per i magistrati dell'ordine
giudiziario.

    Il Consiglio di Stato, con decreto del 18 dicembre 1991, pubblicato nel
Foglio ufficiale (FU) del 20 dicembre 1991, ha convocato per domenica 16
febbraio 1992 le assemblee dei Comuni per eleggere i giudici e i supplenti
del Tribunale di appello, indicando altresì il termine per depositare le
candidature. Con risoluzione del 28 gennaio 1992 il Governo, constatato
che per l'elezione dei 12 supplenti erano state presentate un numero
di candidature pari a quelle degli eleggendi, li ha proclamati eletti
tacitamente. Inoltre, esso ha preso atto che erano state presentate
sei liste comprendenti 24 candidati e che non erano state dichiarate
congiunzioni di liste. La risoluzione governativa con le liste delle
candidature e i nomi dei proponenti è apparsa sul FU del 31 gennaio 1992.

    L'elezione ha avuto luogo il 16 febbraio 1992. L'Esecutivo cantonale ha
constatato i risultati con verbale di accertamento del 25 febbraio 1992,
pubblicato nel FU n. 17 del 28 febbraio successivo. Esso ha accertato la
ripartizione dei 20 seggi spettanti alle diverse liste, indicando poi
che eventuali ricorsi contro l'elezione dovevano essere presentati al
Gran Consiglio entro 15 giorni dalla pubblicazione del citato verbale.

    Con ricorso di diritto pubblico del 14 febbraio 1992 il lic.iur. M.X.,
domiciliato a C., ha chiesto al Tribunale federale di annullare la
votazione cantonale e di accertare che l'art. 147 LVE viola il diritto di
voto dei cittadini. Egli sostiene, in sostanza, che questa disposizione
avrebbe privato l'elettore, concretamente, della possibilità di votare per
un numero di candidati pari al numero degli eleggendi e che la limitazione
di esprimere voti preferenziali favorirebbe indebitamente i grandi partiti
a scapito delle piccole formazioni.

    Il Governo, per sé e in rappresentanza del Gran Consiglio, ha postulato
la reiezione del gravame, in quanto ammissibile. Nella replica e nella
duplica le parti hanno ribadito le proprie conclusioni.

    Il Tribunale federale ha respinto il ricorso in quanto ammissibile.

Auszug aus den Erwägungen:

                       Dai considerandi:

Erwägung 2

    2.- a) In conformità dell'art. 89 cpv. 1 OG anche i ricorsi di cui
all'art. 85 OG devono essere proposti entro 30 giorni dalla comunicazione
ufficiale dei risultati. Rimangono evidentemente riservati i casi in
cui il diritto cantonale istituisce un rimedio di diritto preliminare,
tali ricorsi essendo ammissibili, di regola, soltanto contro decisioni
cantonali di ultima istanza (art. 86 OG).

    In materia di elezioni e votazioni vige tuttavia il principio
secondo cui l'interessato deve, di massima, impugnare immediatamente le
disposizioni dell'autorità che stabiliscono le modalità della consultazione
popolare senza attendere il risultato dello scrutinio; se omette di
farlo allorché ne aveva la possibilità, egli si espone al rischio
della perenzione dell'impugnativa (DTF 110 Ia 178 consid. 2a e rinvii,
98 Ia 70 consid. 2a). Il termine di ricorso inizia quindi a decorrere,
in questa ipotesi, al momento in cui l'interessato ha avuto conoscenza
dell'atto preparatorio ritenuto viziato. In effetti, sarebbe contrario sia
al principio della buona fede che a quello dell'economia delle procedure
democratiche attendere il risultato del voto per impugnare poi irregolarità
anteriori di cui si poteva esigere la rettifica prima della consultazione
popolare. Evidentemente, colui che ha impugnato immediatamente un atto
preparatorio con ricorso di diritto pubblico è dispensato dal proporne un
secondo contro il risultato dello scrutinio, se il gravame non ha potuto
essere trattato prima dello svolgimento dell'elezione, poiché l'effetto
sospensivo non è stato richiesto o conferito; in tal caso il ricorso può
essere considerato, implicitamente, diretto anche contro il risultato
del voto stesso (DTF 116 Ia 364 consid. 2c e rinvio).

    b) Nel caso di specie il Consiglio di Stato sostiene che il ricorrente
avrebbe dovuto impugnare il decreto di convocazione delle assemblee
comunali per l'elezione litigiosa del 18 dicembre 1991 in quanto
costituirebbe il primo atto preparatorio dello scrutinio. L'obiezione
non è pertinente. Infatti, l'obbligo d'impugnare immediatamente un atto
preparatorio s'impone soltanto qualora risulti in modo chiaro che l'atto
contestato è suscettibile, obiettivamente, d'influenzare il corretto
svolgimento del voto. Ora, il citato decreto fissava semplicemente la
data dello scrutinio, retto segnatamente dal nuovo art. 147 cpv. 2 LVE,
come pure il termine per depositare le candidature. Sulla base di tale
decreto nessuno poteva sapere che, concretamente, l'applicazione di tale
norma avrebbe comportato per gli elettori le censurate restrizioni. In quel
momento nulla escludeva, in teoria, che le liste depositate dai proponenti
fossero concepite in modo tale da rendere inesistenti o irrilevanti le
criticate limitazioni. Del resto, allora, non era affatto escluso che
l'elezione potesse avvenire in forma tacita ai sensi dell'art. 37 LVE.

    La fattispecie è invece diversa per quanto attiene alla risoluzione
del 28 gennaio 1992 con cui il Governo ha accertato il deposito delle
liste. In quel momento il ricorrente sapeva che i cittadini sarebbero
stati chiamati alle urne: inoltre egli poteva valutare l'effettiva portata
della censurata restrizione. È tuttavia superfluo chiedersi se tale decreto
costituisse o no un atto preparatorio da impugnare immediatamente: infatti,
il ricorso è stato interposto entro trenta giorni dalla pubblicazione
della risoluzione, termine che non era ancora scaduto alla data del voto.

Erwägung 3

    3.- Il ricorrente non ha esaurito, deliberatamente, il corso delle
istanze cantonali. Ora, l'esigenza del previo esaurimento dei rimedi di
diritto cantonali sancita dall'art. 86 OG, salvo eccezioni che qui non
interessano (cpv. 2) e cui la novella del 4 ottobre 1991 non ha cambiato
la natura, è applicabile anche ai ricorsi per violazione dei diritti
politici (DTF 102 Ia 266 consid. 2). Tuttavia, secondo la costante prassi,
possono essere ammesse deroghe a tale regola qualora l'economia della
procedura l'imponga. Ciò è il caso quando sussistono seri dubbi riguardo
all'ammissibilità di un rimedio di diritto cantonale (DTF 110 Ia 213
consid. 1 e rinvii), o se tale obbligo condurrebbe il ricorrente a far
inutilmente uso di un simile rimedio, esistente di fatto, ma il cui inoltro
costituirebbe soltanto una vana formalità (DTF 103 Ia 363 consid. 1a,
93 I 21 consid. 2; CHRISTOPH HILLER, Die Stimmrechtsbeschwerde, tesi,
Zurigo 1990, pag. 207 segg.). Quest'ultima ipotesi si verifica ad esempio
allorché è impugnata come anticostituzionale l'applicazione di un disposto
emanato dalla stessa autorità cantonale di ricorso o da essa approvato,
cui sarebbe pertanto inutile indirizzarsi (DTF 66 I 7 in medio, 38 I 438
consid. 1, 94 I 591 consid. 1).

    In concreto questa giurisprudenza, confermata ancora recentemente
(DTF 114 Ia 265 consid. 2a-d), è chiaramente applicabile. Il ricorrente
non pretende infatti che l'art. 147 cpv. 2 LVE sia stato applicato in
modo erroneo da parte del Governo, ma censura l'attuazione pratica di
questa norma, a suo dire anticostituzionale. Ora, questo disposto è stato
applicato per la prima volta nell'ambito dello scrutinio litigioso in
vista del quale, per di più, esso è stato adottato dal Gran Consiglio l'11
novembre 1991. Era quindi manifestamente inutile rivolgersi al Parlamento,
che l'art. 107 LVE istituisce come autorità generale di ricorso contro
le votazioni o elezioni cantonali, per chiedergli di accertare che il
testo legale da esso adottato tre mesi prima viola la libertà di voto dei
cittadini. Evidenti ragioni di economia processuale permettevano pertanto
di rivolgersi direttamente al Tribunale federale.

Erwägung 6

    6.- a) In concreto, il ricorrente censura soltanto la modifica
introdotta dall'art. 147 cpv. 2 LVE che, limitando il numero dei voti
preferenziali, non consente, in pratica, all'elettore ticinese di
votare per un numero di candidati pari a quello dei giudici da eleggere
e di comporre, in tal modo, secondo i suoi desideri, la totalità del
Tribunale di appello. Ne risulterebbe una disparità di trattamento fra
i grandi e i piccoli partiti - a suo dire sfavoriti -, poiché i gruppi
che hanno proposto un maggior numero di candidati offrirebbero, a tal
riguardo, una più ampia possibilità di scelta che gli altri. Nell'ambito
dell'elezione litigiosa il cittadino disponeva infatti al massimo di 17
suffragi nominativi differenti, ipotesi realizzata se sceglieva la lista n.
1 del partito liberale radicale ticinese (ossia sette candidati oltre a
dieci voti preferenziali); per converso, qualora sceglieva la lista civica
n. 5 l'elettore poteva votare soltanto per undici candidati, ovvero per
l'unico candidato oltre a dieci voti preferenziali. Il Governo non contesta
tale circostanza ma sostiene che il sistema criticato, compatibile con
il sistema della proporzionale, non viola l'art. 45 cpv. 1 Cost./TI né
la libertà di voto garantita dal diritto federale.

    b) Giusta l'art. 147 LVE, concernente il quoziente elettorale e le
modalità di elezione, nelle elezioni giudiziarie col sistema del voto
proporzionale la ripartizione degli eletti fra i vari gruppi si esegue
in base al quoziente elettorale costituito dalla somma totale dei voti
ottenuti dai singoli gruppi divisi per il numero dei membri da eleggere
(cpv. 1).

    Secondo il capoverso 2 del citato disposto, per l'espressione
del voto sono applicabili le norme sull'elezione del Gran Consiglio,
ritenuto che possono essere espressi voti preferenziali fino ad un massimo
corrispondente alla metà degli eleggendi, e se il numero di quest'ultimi
non è divisibile per due, viene arrotondato alla cifra superiore.

    Il capoverso 3 precisa che sono inoltre applicabili per analogia le
norme sull'elezione del Gran Consiglio relative al quoziente elettorale,
alla ripartizione dei seggi in caso di liste congiunte, alla designazione
dopo la ripartizione e all'elezione in difetto di subentranti, mentre
il capoverso 4 stabilisce che la proclamazione degli eletti avviene
analogamente alle disposizioni di cui all'art. 138.

    c) Gli articoli 5 e 6 cpv. 2 lett. b Cost. impongono ai cantoni
di assicurare l'esercizio dei diritti politici giusta le forme
repubblicane-rappresentative o democratiche. In virtù dell'art. 74 cpv. 4
Cost. il sistema di voto proporzionale può essere istituito liberamente
per le elezioni cantonali. L'attuazione pratica può avvenire in diversi
modi che il legislatore cantonale, in assenza di altre indicazioni
costituzionali, può scegliere liberamente; in questo campo il Tribunale
federale non può sostituirsi all'autorità cantonale ma interviene soltanto
quando una determinata soluzione non sia più compatibile con il sistema
proporzionale e violi pertanto la Costituzione. Tale sistema ha per scopo
di assicurare ai diversi gruppi una rappresentanza proporzionale alla
loro reale importanza nel corpo elettorale, indipendente dalla volontà
della maggioranza (DTF 109 Ia 207 consid. 5b, 107 Ia 220 consid. 3a,
103 Ia 561). Ovviamente, in questo sistema, la rappresentanza de gruppi,
generalmente i partiti politici, predomina sulla composizione nominativa
degli organi sottomessi periodicamente a elezione. L'adozione del sistema
proporzionale limita infatti, attraverso la presentazione di liste, la
facoltà di scelta dell'elettore. Il Tribunale federale ha già avuto modo
di precisare che sono quindi compatibili con tale sistema ad esempio, in
ogni caso se presi singolarmente, l'obbligo di deporre liste di candidati
entro un determinato termine, escludendo in tal modo la possibilità di
votare per altri cittadini cui l'elettore non può dare - validamente -
il proprio suffragio (DTF 98 Ia 72 consid. 3c), l'obbligo di denominare
queste liste con il nome del gruppo o del partito politico che le ha
deposte, quello di scegliere soltanto fra l'una o l'altra di queste liste,
come pure il divieto di radiare candidati (sentenza del 5 dicembre 1983
in re R. parzialmente pubblicata in RDAT 1984 n. 3, consid. 2 e 3).

    d) Per quanto qui interessa, giusta l'art. 147 cpv. 2 LVE,
il voto in oggetto è retto dalle norme applicabili all'elezione del
Gran Consiglio e quindi, in particolare, anche da quelle, quali lex
specialis, dell'art. 4 cpv. 3 della legge sulle elezioni politiche del
30 ottobre 1958 (LEP) relative all'espressione del voto. In conformità
di quest'ultimo disposto, l'elettore può esprimere voti preferenziali da
una parte a candidati del gruppo prescelto e, dall'altra, a candidati di
altri gruppi (cd. panachage). L'art. 147 cpv. 2 LVE restringe tuttavia il
numero di tali voti, che si aggiungono ai voti corrispondenti al numero
di candidati di ciascuna lista, a un massimo corrispondente alla metà del
numero degli eleggendi (cfr. anche l'art. 4 cpv. 4 LEP), ovvero dieci nel
caso di specie. Questa limitazione è dettata senza dubbio dalla volontà
del legislatore di evitare un'eccessiva dispersione dei suffragi e una
disparità troppo grande fra i candidati di una stessa lista, motivi che
possono costituire interessi generali degni di protezione.

    Il panachage, compatibile con il sistema del voto proporzionale, vi
introduce un elemento di scrutinio maggioritario permettendo all'elettore
di personalizzare in modo limitato la propria scelta favorendo un
determinato candidato, sia che questi figuri sulla lista che ha scelto
(cumulo) sia su un'altra. Questa libertà consente al cittadino di prendere
in considerazione, al di là dell'appartenenza politica di un candidato,
le qualità personali, professionali e morali che gli riconosce. La
critica del ricorrente riguardo alla limitazione del panachage,
che non permette all'elettore di comporre integralmente l'organo di
cui è invitato a scegliere i membri, è speciosa. In effetti, ciò che
è decisivo, come rettamente sottolineato dal Governo nella risposta,
è che l'elettore dispone di un numero di suffragi uguale al numero dei
mandati da rinnovare, entrando in linea di conto, ai fini del conteggio,
sia i voti emessi, vale a dire i suffragi ottenuti dai singoli candidati
sia i voti non emessi, cioè i suffragi non espressi a favore di candidati
e spettanti ad ogni lista in conformità dell'art. 79 LVE (cfr. art. 11
LEP). Quindi, se una lista contiene un numero di candidati inferiore a
quello dei seggi che le spettano, i proponenti o il loro rappresentante
hanno la facoltà di completarla fino al numero dei seggi che le sono stati
assegnati (art. 126 LVE in relazione all'art. 147 cpv. 3 LVE). Ne segue
che, per l'addizione dei voti emessi e non emessi, l'elettore dispone,
in definitiva, quantitativamente di venti suffragi. L'elettore che
vota indicando sulla propria lista meno suffragi nominativi che non i
seggi da ripartire delega semplicemente ai proponenti della lista che ha
scelto una parte della sua facoltà di scelta dei candidati. In tal modo
egli riconosce, implicitamente, nel caso in cui il suo partito ottenesse
più seggi che non quelli delle candidature deposte, il diritto ai suoi
proponenti di designare il mandato in soprannumero che gli spetta: una
siffatta delega non è incompatibile con il sistema proporzionale che
privilegia per sua natura i partiti.

    e) Infine, nel regime ticinese della rappresentanza proporzionale,
questo sistema non costituisce una disparità di trattamento, sia fra i
grandi e i piccoli partiti, sia fra gli elettori di questi gruppi. Infatti,
le loro possibilità di scelta sono le stesse: dal momento ch'essi non hanno
la facoltà di cancellare le candidature proposte, non si può affermare che
la presentazione di un numero maggiore o minore di candidati per i diversi
partiti conferisca agli elettori possibilità di scelta più o meno ampie.