Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 117 V 309



117 V 309

43. Sentenza del 22 ottobre 1991 nella causa Previdenza del personale della
ditta M., composta della Fondazione LPP e della Cassa pensioni del Gruppo
M., contro B. e Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino Regeste

    Art. 18 ff., 37 und 49 BVG, Art. 6 Verordnung vom 12.  November 1986
über die Erhaltung des Vorsorgeschutzes und die Freizügigkeit, Art. 4 BV:
Hinterlassenenleistungen.

    - Gesetzwidrigkeit der Reglementsbestimmung einer Vorsorgeeinrichtung
verneint, welche beim Tode eines Versicherten die Auszahlung des
mit Arbeitnehmerbeiträgen finanzierten Altersguthabens oder eines
Todesfallkapitals an unterstützte Personen bzw. an die gesetzlichen Erben
davon abhängig macht, dass keine Hinterlassenenrente ausgerichtet wird
(Erw. 4a).

    - Eine solche Regelung verstösst nicht gegen allgemeine
Rechtsgrundsätze, insbesondere nicht gegen das Gleichbehandlungsgebot,
wenn sie danach unterscheidet, ob die Waise einen Anspruch auf eine
Hinterlassenenrente hat oder ob sie keine solche Leistung beanspruchen kann
(Erw. 4b).

Sachverhalt

    A.- Renata B. era dal 1983 alle dipendenze della Ditta M., la quale
affilia il suo personale per la parte obbligatoria della previdenza
professionale alla Fondazione LPP della M. e per la previdenza più estesa
presso la Cassa pensioni dello stesso gruppo.

    L'interessata, sapendosi colpita da malattia letale, si licenziò a
fine novembre 1987 nell'intento di far beneficiare il figlio minorenne
Luca B., studente a carico, della prestazione di libero passaggio. Il
5 dicembre successivo, prima della scadenza del termine di disdetta del
rapporto lavorativo, essa morì.

    I due istituti di previdenza disposero di versare a Luca
B. complessivamente fr. 900.-- all'anno, più precisamente fr. 75.--
mensili, a titolo di rendita d'orfano.

    B.- Luca B. ha adito il Tribunale delle assicurazioni del Cantone
Ticino per una petizione con cui postulava il versamento dell'intero avere
di vecchiaia, prevalendosi delle norme statutarie, le quali prevedevano
il versamento dell'avere di vecchiaia alle persone a carico.

    Per giudizio 6 novembre 1989 l'autorità giudiziaria cantonale ha
condannato gli istituti convenuti a versare a Luca B. l'avere di vecchiaia
costituito con i contributi della madre. Premesso che il Gruppo M. aveva
attuato la previdenza professionale dei suoi dipendenti con il sistema
dello "split", i primi giudici, riconosciuto che la madre dell'attore
era ancora assicurata al momento del decesso, hanno precisato che il
figlio minorenne dell'assicurata aveva diritto a una rendita per orfano,
prestazione che correttamente era stata corrisposta. Sempre i giudici
di prime cure, con riferimento agli art. 9.7 del regolamento della
Fondazione, rispettivamente 9.5 del regolamento della Cassa pensioni, si
sono chiesti se Luca B. avesse comunque avuto diritto, oltre che a una
rendita, al versamento dell'avere di vecchiaia: in particolare si sono
posti il quesito se l'incameramento da parte dell'istituto di previdenza
dell'avere di vecchiaia non avesse costituito un arricchimento indebito,
visto che, in considerazione del sistema di finanziamento, vigeva il
principio dell'equivalenza e non già quello della solidarietà. Del resto,
di regola, il rischio di morte o di invalidità prima del pensionamento
era coperto da un'assicurazione i cui premi erano pagati facendo capo a
contributi paritetici distinti da quelli formanti l'avere di vecchiaia;
le prestazioni versate ai superstiti erano finanziate quindi in modo
autonomo e pertanto se l'assicurato moriva prima del pensionamento
l'avere di vecchiaia più non assolveva la funzione per cui era stato
costituito. Ma ciò nondimeno, sempre a mente dei primi giudici,
l'astrazione da ogni criterio di solidarietà non doveva indurre a
false conclusioni e si traduceva in altre misure speciali, ragione
per cui era concepibile che l'avere di vecchiaia non utilizzato per la
previdenza del lavoratore fosse destinato alla realizzazione di scopi
previdenziali. In sostanza, quindi, l'istituto poteva incamerare l'avere
di affiliati defunti prima del verificarsi dell'evento assicurato senza
conseguire un indebito arricchimento. Ma la prestazione litigiosa era
da riconoscere per altri motivi: le norme regolamentari distinguevano
tra superstiti, con diritto eventuale a pensione, e persone a carico,
con diritto all'avere di vecchiaia, distinzione questa che non resisteva a
critica. La discriminazione tra avere di vecchiaia, finanziato con parte di
contributi del datore di lavoro, e le prestazioni per superstiti finanziate
separatamente non permetteva di ammettere la soluzione in esame. Se era
vero che gli istituti di previdenza godevano nell'ambito della LPP di
libertà operativa, detta libertà trovava limite nei principi generali del
diritto, il che valeva per le prestazioni obbligatorie, ma anche per quelle
extra-obbligatorie. In quest'ambito era da riconoscere una disparità di
trattamento ancorata in una norma che operava una distinzione infondata
tra persone a carico e superstiti, che nell'evenienza concreta conduceva
a risultati particolarmente iniqui. Titolare del diritto, hanno concluso
i giudici di prime cure, doveva comunque essere ritenuto solo Luca B.,
minorenne.

    C.- La previdenza del personale del Gruppo M. interpone ricorso
di diritto amministrativo a questa Corte postulando l'annullamento
del giudizio, da riformare nel senso della reiezione integrale della
petizione. Conferma che la previdenza del personale della ditta è condotta
secondo il sistema dello "split". Ammette l'esattezza dei fatti narrati
nel giudizio querelato, in particolare le conclusioni cui sono arrivati
i primi giudici, nel senso che le istituzioni dovevano prestare la
rendita per orfano dal momento che la defunta madre era assicurata
quando decedette. Precisa che controverso è solo il tema di sapere
se la ricorrente debba, oltre alla rendita per orfano, corrispondere
all'opponente anche un capitale di decesso, che, a suo parere, dovrebbe
ammontare a fr. 29'359.90. Censura il querelato giudizio nella misura
in cui, imponendole l'obbligo di versare un capitale, avrebbe disatteso
l'art. 49 LPP, che le consente libertà nello stabilire le prestazioni,
il finanziamento e l'organizzazione, con violazione della sua autonomia
nell'ambito delle prestazioni extra-obbligatorie. Afferma che i primi
giudici, se avevano ammesso che le disposizioni regolamentari avrebbero
condotto al rifiuto della prestazione litigiosa, non contestando la
conformità a legge delle cennate disposizioni, e se esattamente avevano
argomentato che in ogni modo la ricorrente non avrebbe conseguito un
arricchimento indebito, essi si sarebbero contraddetti nella misura
in cui si erano prevalsi del modo di finanziamento, misconoscendo i
principi dei sistemi di finanziamento delle istituzioni di previdenza,
validi anche nel settore extra-obbligatorio. In sostanza, sarebbe illecito
derivare al di fuori del regolamento ulteriori diritti prendendo a base
il sistema di finanziamento. Del resto, nel settore obbligatorio la
legge stabilisce quali siano le prestazioni da riconoscere, ma non come
finanziarle. Problematica simile deriva del resto dalle disposizioni
sulla soprassicurazione, quando solo parte delle prestazioni concordate
sono attribuite al beneficiario. Comunque, gli argomenti di cui la
prima istanza si prevale varrebbero per la Fondazione LPP, non per la
Cassa pensioni, con la conseguenza che, se del caso, il capitale di
decesso assommerebbe a soli fr. 3'699.85. Né fondato, per la ricorrente,
sarebbe l'argomento della disparità di trattamento tra superstiti e
persone a carico. Anzitutto perché, come ammesso nel giudizio in lite,
la ricorrente potrebbe senza violare il diritto modificare i regolamenti,
inoltre perché i superstiti in ogni caso hanno diritto a una rendita. Se
è vero ora che nel caso concreto la rendita per orfani è inferiore al
capitale di decesso, da ciò non può essere dedotto che le disposizioni
siano arbitrarie, dal momento che altre ipotesi sono possibili: in
sostanza, in certi casi è l'istituzione previdenziale che registra una
perdita, in altre essa registra un utile. Si tratta di fatti connaturali
al sistema assicurativo sociale che non permettono di revocare in dubbio
comunque la validità dei criteri.

    Queste conclusioni sono contrastate da Luca B., il quale chiede
fr. 36'630.-- più interessi. L'Ufficio federale delle assicurazioni
sociali, di contro, rinuncia a determinarsi.

Auszug aus den Erwägungen:

                           Diritto:

    1./2.- (Competenza del Tribunale federale delle assicurazioni)

Erwägung 3

    3.- Ai sensi dell'art. 49 cpv. 1 LPP gli istituti di previdenza
possono strutturare liberamente le prestazioni, il finanziamento di queste
e l'organizzazione. Per il cpv. 2 del disposto se un istituto di previdenza
concede prestazioni più estese di quelle minime, alla previdenza più estesa
si applicano soltanto le disposizioni sull'amministrazione paritetica,
sulla responsabilità, sul controllo, sulla vigilanza, sulla sicurezza
finanziaria e sul contenzioso.

    Nell'ambito della previdenza obbligatoria e extra-obbligatoria la
ricorrente si è data due disposizioni regolamentari.

    Per quanto concerne la Fondazione LPP, l'art. 9.7, secondo cui:

    "Se in caso di decesso di un assicurato non viene a scadenza una
rendita
   per i superstiti o un'indennità per la vedova e se l'assicurato aveva
   persone a carico, viene versato - a queste persone - un capitale
   di decesso che corrisponde all'avere di vecchiaia finanziato con i
   contributi del dipendente."

    Per quanto riferito alla Cassa pensioni, l'art. 9.5, il quale dispone:

    "Se in caso di decesso di un assicurato non viene a scadenza una
rendita
   per i superstiti o un'indennità per la vedova, viene versato un capitale
   di decesso di fr. 5'000.-- ai suoi eredi legali, ad eccezione dell'ente
   pubblico. Se il defunto aveva persone a carico, invece del capitale
   di decesso di fr. 5'000.-- viene versato, agli stessi beneficiari,
   l'avere di vecchiaia finanziato con i contributi del dipendente."

    Queste disposizioni in sostanza ricalcano quanto stabilito all'art. 6
dell'Ordinanza 12 novembre 1986 sul mantenimento della previdenza e del
libero passaggio. Le predette disposizioni regolamentari, interpretate
letteralmente, non possono condurre che alla determinazione assunta
dalla ricorrente. Presupposto per il versamento alle persone a carico,
rispettivamente agli eredi legali, dell'avere di vecchiaia finanziato con
i contributi del dipendente oppure del capitale di decesso è che non venga
a scadenza una rendita, comunque una prestazione per superstiti. Solo in
questo caso, non esistendo vedova o orfani al beneficio di prestazioni,
viene versato l'avere di vecchiaia oppure il capitale di decesso alle
persone a carico o agli eredi legali. In sostanza, se del caso, all'orfano
possono spettare, a condizione che egli non percepisca una rendita,
altre prestazioni - parte dell'avere di vecchiaia, rispettivamente del
capitale di decesso di fr. 5'000.-- - a seconda che sia o meno persona a
carico, quando si ritenga che persone a carico possono essere ipotizzate
eventualmente persone al cui mantenimento l'assicurato provvedeva in
virtù dell'obbligo di assistenza (secondo l'art. 328 segg. CC), oppure
le persone indicate nell'ora abrogato art. 86 LAMI, oppure altre secondo
l'interpretazione che potesse fornire l'istituto di previdenza, comunque
non il figlio in età di percepire una rendita per orfano.

    Nell'evenienza concreta pertanto, in applicazione delle norme
statutarie, l'attribuzione della rendita all'orfano escludeva ogni
ulteriore prestazione degli istituti di previdenza.

Erwägung 4

    4.- Deve ancora essere esaminato se le disposizioni citate fossero
conformi a legge e se le medesime non contraddicevano comunque i principi
generali del diritto.

    a) Per l'art. 18 lett. a LPP il diritto alle prestazioni per i
superstiti sussiste soltanto se il defunto, segnatamente, era assicurato
quando si verificò il decesso o allorché insorse l'incapacità al lavoro
la cui causa ha portato alla morte. L'art. 20 LPP dispone che i figli
del defunto hanno diritto alle rendite per orfani e che lo stesso
diritto spetta agli affiliati se il defunto doveva provvedere al loro
sostentamento. Giusta l'art. 21 cpv. 1 LPP alla morte dell'assicurato la
rendita per vedove ammonta al 60% e la rendita per orfani al 20% della
rendita intera d'invalidità cui avrebbe avuto diritto l'assicurato. Infine,
conformemente all'art. 22 LPP il diritto alle prestazioni per superstiti
sorge con la morte dell'assicurato ma, il più presto, quando cessa il
diritto al pagamento completo del salario (cpv. 1). Il diritto alle
prestazioni per orfani si estingue quando l'orfano muore o compie i 18
anni; esso sussiste tuttavia, ma al massimo sino al compimento del 25o
anno di età, fintanto che l'orfano è a tirocinio o agli studi o è incapace
di guadagnare perché invalido per almeno due terzi (cpv. 3).

    In concreto giusta l'art. 18 lett. a LPP, atteso che la madre
dell'opponente era assicurata al momento del decesso, scadendo,
conformemente all'art. 338 cpv. 2 CO, il diritto al salario dopo il momento
della morte, ne derivava un diritto a prestazioni, da attuare, secondo
l'art. 20 LPP, mediante il versamento di una rendita per orfani, pari,
per l'art. 21 LPP, al 20% della rendita intera d'invalidità cui avrebbe
avuto diritto l'assicurato, da riconoscere, conformemente all'art. 22 LPP,
dalla morte dell'assicurato sino al 18o anno, eventualmente sino al 25o se
l'orfano era al tirocinio o agli studi. È quanto prevedono i regolamenti
degli istituti di previdenza ricorrenti.

    Giova ancora essere appurato se, eventualmente, la LPP consenta ai
beneficiari un diritto di opzione tra rendita e indennità in altra forma.

    Secondo l'art. 37 cpv. 1 LPP, le prestazioni di vecchiaia per
superstiti e d'invalidità sono di regola assegnate come rendite. Giusta
il cpv. 2 del disposto, l'istituto di previdenza può assegnare
una liquidazione in capitale in luogo di una rendita di vecchiaia o
d'invalidità, di una rendita per vedove o di una rendita per orfani che
fossero inferiori al 10%, rispettivamente al 6 e al 2% della rendita
semplice minima di vecchiaia dell'AVS. Infine, per il cpv. 3 della norma,
le disposizioni regolamentari dell'istituto possono stabilire che l'avente
diritto può chiedere una liquidazione in capitale in luogo di una rendita
di vecchiaia, per vedove o d'invalidità.

    Impregiudicato, da un punto di vista generale, quanto avvenga per
le rendite vedovili, deve essere osservato aver le disposizioni citate
carattere potestativo e, inoltre, in particolare, riferirsi il cpv. 3
solo alle prestazioni per le vedove e non già a quelle per gli orfani,
ciò per silenzio qualificato della legge (cfr. DTF 115 V 102 consid. 6).

    Ne deve essere dedotto che le disposizioni regolamentari non violano
la LPP.

    Fermi questi presupposti, deve pur essere affermato, con i primi
giudici, che l'applicazione delle norme regolamentari può, in certi casi,
condurre a conseguenze apparentemente inique. Non c'è chi non vede che
in certe ipotesi le disposizioni possano gratificare beneficiari non
previsti dalla LPP - persone a carico o eredi legali - di prestazioni
più importanti di quelle altrimenti riservate all'orfano. Ciò dipende, ad
esempio, dall'età dell'orfano, dal fatto che egli continui o meno negli
studi e infine dall'avere accumulato dall'avente causa, quando comunque
si ricordi che le rendite alla vedova e agli orfani valgono ad escludere
ogni ulteriore prestazione, sia agli eredi che alle persone a carico. Ad
ogni modo si tratta di conseguenze che non contrastano le esigenze minime
imposte dalla LPP, anche prendendo in considerazione, come accennano i
primi giudici, il modo di finanziamento, ambito questo in cui gli istituti
di previdenza godono di ampi poteri autonomi, conformemente all'art.
49 LPP, ivi compreso il potere di far beneficiare di prestazioni persone
diverse da quelle previste dalla LPP, senza con ciò violare il principio
di solidarietà.

    b) Resta da esaminare se ravvisabile sia altrimenti una violazione
dei principi generali del diritto.

    In sostanza, le norme regolamentari permettono di assegnare al figlio
di un assicurato morto senza lasciare una vedova: una pensione quale
superstite se il figlio non ha ancora 18 anni, oppure se non avendone
ancora 25 è ancora agli studi; superati questi limiti ha diritto alla
quota di un capitale di decesso, se in concorrenza con altri eredi legali,
oppure dell'avere di vecchiaia finanziato con i contributi dell'avente
causa, se incapace di provvedere al proprio sostentamento, ad esempio
perché invalido. Le norme distinguono tra i superstiti - in senso tecnico
la vedova e gli orfani in età pensionabile -, gli eredi e le persone a
carico, quando si ricordi che l'assegnazione di una rendita ai superstiti
esclude ogni ulteriore prestazione.

    Secondo i primi giudici ora le disposizioni privilegerebbero in modo
difforme dai principi generali del diritto, segnatamente dal principio
della parità di trattamento, le persone a carico rispetto ai superstiti,
nel senso che si era disatteso essere un figlio pur sempre persona
a carico.

    Conformemente alla giurisprudenza, violano il principio
dell'uguaglianza ancorato nell'art. 4 Cost. - oltre gli atti legislativi
che non hanno un motivo serio e oggettivo o che appaiono privi di senso
e scopo - quelli che fanno delle distinzioni inammissibili, che non
trovano cioè corrispondenza alcuna nelle diversità delle fattispecie che
la disciplina vuole regolare e quelli che - all'opposto - omettono di fare
delle distinzioni, quando la diversità delle circostanze da sottoporre a
norma impone invece di distinguere e che danno luogo ad una parificazione
inammissibile (DTF 115 V 233 consid. 6, 114 Ia 2 consid. 3, 223 consid. 2b,
323 consid. 3a e 423 consid. 4a, 114 V 108 consid. 3b).

    Ora, giova permettere al riguardo, come già è stato detto, che un
figlio è persona a carico solo in certe ipotesi. Inoltre il privilegio
può derivare da circostanze particolari, segnatamente dal fatto
che una rendita è prestazione ricorrente destinata a scadere, mentre
un'indennità è prestazione unica determinata in modo preciso. Infine, il
privilegio deriva anche da fattori oggettivi, quali l'età e l'attività
del destinatario. Comunque, su questo punto, non può essere data
adesione alla tesi dei giudici cantonali. Bisogna in sostanza ritenere
che un'istituzione assicurativa assume determinati rischi, che deve
indennizzare nelle forme usuali della tecnica assicurativa. Ciò dipende,
quando si tratti di prestazioni agli orfani, se paragonate con quelle
delle persone a carico, da numerosi fattori, quali quelli del numero
degli orfani e della loro età, che potrebbero in certi casi comportare
dal profilo finanziario un pregiudizio all'istituto e in altri, come in
concreto, un vantaggio. Configurano queste varianti insite nel sistema
delle assicurazioni e che, se come nella fattispecie conducono a risultati
urtanti, non permettono di considerare l'intero sistema quale retto da
principi difformi da quelli generali del diritto e in particolare da
quello della parità di trattamento.

Erwägung 5

    5.- Dato quanto precede, il giudizio querelato non può essere tutelato.

Entscheid:

                      Per questi motivi,

    il Tribunale federale delle assicurazioni pronuncia:

    Il ricorso di diritto amministrativo è accolto, nel senso che,
in annullamento del giudizio querelato, la petizione dell'assicurato
viene respinta.