Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 117 IA 424



117 Ia 424

67. Estratto della sentenza della I Corte di diritto pubblico del 2 ottobre
1991 nella causa X c. Giudice istruttore della giurisdizione sopracenerina
e Camera dei ricorsi penali del Tribunale di appello del Cantone Ticino
(ricorso di diritto pubblico) Regeste

    Strafverfahren; Beschlagnahme zwecks Einziehung; Recht, persönlich
Kopien von Akten des Verfahrens zu erstellen; Art. 4 und Art. 22ter BV,
Art. 58 ff. StGB.

    1. Die Beschlagnahme (zwecks Einziehung) ist gerechtfertigt,
wenn aus triftigen Gründen angenommen werden kann, dass die betroffenen
Vermögenswerte identisch sind mit denjenigen, die dem Verfolgten als Beute
aus der deliktischen Handlung, derer er verdächtigt wird, zugekommen sind.
Voraussetzungen für die Beschlagnahme von aus deliktischen Handlungen
stammenden Vermögenswerten, die an Dritte weitergegeben wurden (E. 20c).

    2. Im konkreten Fall hat die kantonale Behörde die
Einziehungs-Beschlagnahme zu Recht angeordnet. Die vom Bundesgericht im
Bereiche der Auslieferung beziehungsweise der internationalen Rechtshilfe
aufgestellten Kriterien für die Rückgabe der Beute an den ersuchenden
Staat finden keine Anwendung (E. 20c).

    3. Eine Beschlagnahme lediglich zum Schutze von Interessen Dritter
ist nur für Gegenstände und Vermögenswerte ausgeschlossen, welche mit der
strafbaren Handlung in keinem Zusammenhang stehen. Anderseits schützen
die Bestimmungen des Strafgesetzbuchs über die Einziehung indirekt auch
die Interessen des Geschädigten (E. 21).

    4. Der Anspruch auf rechtliches Gehör umfasst auch das Recht, im
Rahmen der Akteneinsicht persönlich Kopien von Akten zu erstellen (E. 28b).

Sachverhalt

    A.- La M. Ltd, Lusaka (Repubblica della Zambia) denunciò il 30 marzo
1988 X e Y alla Procura pubblica del Sopraceneri per sospetta truffa ed
appropriazione indebita. Il Procuratore pubblico emise il 28 aprile 1988
ordini di arresto contro X e Y.

    X fu fermato nel Principato di Monaco il 5 settembre 1988 e posto in
stato d'arresto provvisorio a titolo estradizionale. Il 15 settembre
successivo egli fu dimesso dal carcere dopo che si era impegnato
a presentarsi all'autorità svizzera e questa aveva rinunciato alla
domanda d'estradizione. Giunto per aereo nel Ticino in compagnia del
suo legale francese, X fu arrestato la sera di quello stesso giorno
all'aeroporto di Agno. L'8 ottobre 1988 il Procuratore pubblico del
Sopraceneri concesse ad X la libertà provvisoria dietro deposito di
una cauzione di fr. 100'000.--. In precedenza X aveva provveduto a far
pervenire alla Banca dello Stato del Cantone Ticino, a disposizione della
Procura pubblica, oltre la citata cauzione, anche un importo di quattro
milioni di dollari, somma che X aveva ammesso di aver ricevuto da Y nella
ripartizione dei pagamenti fatti dalla M. Ltd a favore della R. S.A., di
cui Y era amministratore unico. X fu invitato "nel suo stesso interesse" a
non lasciare il territorio svizzero senza l'autorizzazione del magistrato,
nonché a presentarsi presso la Procura il lunedì mattina 10 ottobre alle
ore 9.30. Qualche giorno più tardi, X lasciò la Svizzera per il Canada;
non risulta che egli ne abbia avvertito preventivamente il magistrato,
né che questi abbia dato il proprio consenso.

    Il 20 febbraio 1989 il Procuratore pubblico del Sopraceneri promosse
l'accusa contro X e Y per titolo di truffa e falsità in documenti, (e
contro il secondo prevenuto anche per amministrazione infedele) commesse
ai danni della M. Ltd, e trasmise gli atti per l'istruttoria formale al
Giudice istruttore.

    Nel quadro dell'istruzione formale condotta dal Giudice istruttore
a dipendenza della denunzia per truffa, X instava il 16 ottobre 1989,
unitamente alla propria moglie, rappresentata dallo stesso avvocato,
affinché fosse liberato il deposito di quattro milioni di dollari
effettuato da quest'ultima.

    Contro la decisione del 23 ottobre 1989, con la quale era rifiutata
la liberazione del deposito, X ricorse il 30 ottobre 1989 alla Camera
dei ricorsi penali del Tribunale di appello del Cantone Ticino (CRP). La
moglie non impugnò questa decisione.

    Il 15 novembre 1989 il Giudice istruttore ordinò il formale sequestro
penale del deposito: anche questo provvedimento fu impugnato da X con
nuovo reclamo alla CRP del 21 novembre 1989. La CRP si è pronunciata
su questi due reclami con un'unica decisione del 21 giugno 1990 e li ha
respinti in quanto ricevibili.

    Contro questa decisione X ha interposto il 27 agosto 1990 ricorso di
diritto pubblico, chiedendo al Tribunale federale di annullarla insieme
con le decisioni del Giudice istruttore del 23 ottobre 1989 e del 15
novembre 1989.

    Il Tribunale federale ha respinto il ricorso, in quanto ricevibile.

    Ammesso a consultare - salvo un'eccezione - l'incarto a parecchie
riprese, il difensore di X ha chiesto ed ottenuto il rilascio di 393
fotocopie. Dopo un nuovo esame dell'incarto il 24 settembre 1990, il
patrono di X ha chiesto nuovamente copia di documenti. Con lettera 10
ottobre 1990 il Giudice istruttore ha rifiutato di dar seguito alla
domanda. Un nuovo reclamo di X contro tale decisione è stato respinto
dalla CRP con decisione del 9 novembre 1990.

    Anche di questa decisione X ha chiesto l'annullamento, con ricorso
di diritto pubblico del 2 dicembre 1990 fondato sulla violazione degli
art. 4 Cost., 6 e 8 CEDU.

    Il Tribunale federale ha accolto il ricorso al senso dei considerandi.

Auszug aus den Erwägungen:

                       Dai considerandi:

Erwägung 20

    20.- La tesi ricorsuale, per cui i fondi sequestrati non proverrebbero
dal reato, è, per quanto attiene al provvedimento cautelativo oggi in
discussione - e riservato il giudizio di merito, che spetta al giudice
penale della confisca -, infondata in quanto ammissibile.

    a) Per giustificare l'adozione del sequestro - misura provvisionale -
occorre, ma basta anche, che sussistano ragionevoli motivi per ritenere che
i fondi oggetto della misura si identificano con quelli che sono pervenuti
al perseguito quale frutto del reato di cui egli è sospettato. Certo,
un indiscriminato sequestro di beni patrimoniali del perseguito, che non
abbiano prima facie relazione veruna col reato, sarebbe inammissibile,
perché violerebbe in garanzia della proprietà (art. 22ter Cost.), l'art. 4
Cost. (principio di legalità, divieto dell'arbitrio) e contrasterebbe
con le disposizioni della legge federale sull'esecuzione e il fallimento
(DTF 115 Ib 535 consid. 7d; 115 III 5 consid. 4b; 108 III 106 consid. 2;
107 III 115 consid. 1; 101 IV 377 consid. 3; 76 I 33 consid. 3, 100
segg. consid. 4; JdT 1988, II pag. 30 seg.).

    D'altra parte, sarebbe però inconciliabile con le esigenze di una lotta
efficace contro la criminalità quali si pongono in uno Stato democratico,
che gli organi cui tale compito è affidato siano astretti a rinunziare
all'adozione della misura cautelativa del sequestro, tosto che beni di
provenienza dal reato, nel senso sopra precisato, figurino in possesso
di terze persone, quando vi siano fondati motivi per ritenere che il
perseguito li abbia trasferiti nella disponibilità di questi terzi a titolo
fiduciario o altro, nell'intento di sottrarli alla misura cautelativa
del sequestro, dapprima, ed ad un'eventuale confisca, poi (DTF 97 I 387;
sentenza 26 agosto 1985 Caves Mövenpick S.A., pubbl. in JdT 1988, II pag.
30 seg.).

    c) Nell'impugnato giudizio la CRP non ha comunque violato i principi
che si sono esposti sub a considerando che vi sono ragionevoli motivi per
ritenere che i fondi con i quali è stato costituito il deposito presso
la Banca dello Stato si identificano con quelli che X ha ottenuto da Y
nella spartizione delle rimesse della M. Ltd. X ha infatti ammesso in
sede d'inchiesta di aver ricevuto da Y l'importo di quattro milioni
di dollari USA, e si è detto disposto a riconoscere somma maggiore,
ove ne esistano le prove. Questo riconoscimento non è mai stato posto
in dubbio in seguito, ancorché - beninteso - il ricorrente pretenda che
tali versamenti gli fossero dovuti a rimunerazione - semmai eccessiva -
della sua collaborazione nell'affare. Il ricorrente ha inoltre dichiarato
di aver sempre avuto la disponibilità del predetto importo, trasferito sui
conti bancari a Chiasso ed a Ginevra di cui ha ulteriormente disposto. Il
ricorrente non contesta che per tali relazioni bancarie - tutte chiuse
nell'aprile del 1987 - la moglie disponeva di procura, com'è d'altronde
confermato dagli atti: la censura sollevata nel gravame circa la rilevanza
di tale accertamento della CRP, e motivata con l'argomento che di tale
procura la moglie non ha mai usato, cade nel vuoto. L'esistenza della
procura non è significativa per l'uso che la beneficiaria ne abbia
fatto, ma perché costituisce ragionevole motivo per ritenere che facoltà
analoghe siano esistite anche per ulteriori relazioni bancarie all'estero,
risp. che X possa aver affidato alla moglie somme in contanti, così come
ha incontestatamente ritirato in contanti ingenti importi al momento della
chiusura dei conti presso gli istituti ginevrini nell'aprile del 1987.

    Invano il ricorrente invoca la giurisprudenza di DTF 112 Ib 610 (in
part. 627 segg., consid. 10 e 11), ove il Tribunale federale, statuendo in
materia di estradizione risp. di assistenza giudiziaria internazionale
(cfr. anche DTF 115 Ib 531 consid. 7b segg.) ha sottolineato che un
maggior rigore circa la provenienza dei beni dal reato si impone per la
consegna del bottino allo Stato richiedente per confronto alla consegna
di semplici mezzi di prova. Il ricorrente disattende, infatti, che in
quel caso la Svizzera, come Stato richiesto, si spossessa con la consegna
della giurisdizione sui beni consegnati, né può controllare la sentenza
di merito resa dal giudice estero della confisca. Essenzialmente diverso
è il caso qui in discussione, ove si tratta dell'adozione di una misura
provvisionale che riserva espressamente il giudizio di merito - concernente
l'eventuale confisca in applicazione degli art. 58 e rel. del CP - che
sarà emanato da una giurisdizione nazionale. Se ne deve concludere che il
decretato sequestro dei fondi esistenti presso la Banca dello Stato sfugge
alle censure ricorsuali per quanto ha tratto alla provenienza dal reato -
sotto il profilo della verosimiglianza e riservato il giudizio di merito
- dei fondi da sequestrare, indipendentemente dalla circostanza che tale
deposito sia stato costituito con mezzi di cui disponeva formalmente la
moglie di X.

Erwägung 21

    21.- Il divieto di far ricorso al sequestro penale per proteggere
gli interessi del leso vale solo per quei beni patrimoniali che non
presentano alcuna connessione col reato: se esiste una tale connessione,
e può giustificarsi pertanto una successiva confisca, il divieto non
sussiste (DTF 115 III 5, consid. 4b; 111 Ia 11 seg. consid. 3; 107 III
115 consid. 1; JdT 1988, 30). In quanto pretende il contrario, il ricorso
è infondato. Giova d'altronde ricordare che le disposizioni del Codice
penale sulla confisca proteggono non solo direttamente (cfr. art. 60
cpv. 1 CP), ma anche indirettamente gli interessi del leso: alla confisca
volta a sopprimere un profitto o una situazione indebiti (art. 58 cpv. 1
lett. a CP) si rinuncia infatti, se tale profitto è già stato eliminato
perché il colpevole ha restituito al leso i valori sottratti col reato
al patrimonio di questo, o si è validamente impegnato a farlo (SCHULTZ,
Einziehung und Verfall, ZBJV 114 (1978) pag. 333).

Erwägung 28

    28.- b) ... La giurisprudenza più recente del Tribunale federale ha
riconosciuto che fa parte del diritto d'esser sentito anche la pretesa
di allestire - utilizzando un apparecchio dell'amministrazione e pagando
una tassa di cancelleria - copie di atti, nella misura in cui ciò non
comporti per l'amministrazione un aggravio eccessivo (DTF 116 Ia 325
segg., 108 Ia 7 consid. 2c; ARTHUR HAEFLIGER, Alle Schweizer sind vor
dem Gesetze gleich, pag. 146). Nel caso di specie, non si vede per quale
motivo pertinente si dovesse negare al patrono del ricorrente il diritto
di provvedere lui stesso all'allestimento delle fotocopie nei locali
dell'istruzione giudiziaria, nella misura in cui l'accesso agli atti gli
era stato concesso. La questione di sapere se una tale confezione di copie
a cura dell'amministrazione stessa rappresentasse un aggravio eccessivo
non ha quindi bisogno d'esser risolta. Al patrono del ricorrente dovrà
pertanto concedersi di procedere a tale allestimento.

    c) (Il Tribunale federale ha poi accertato che, dal profilo del
processo equo e quello della conveniente difesa del ricorrente, il
rifiuto dell'autorità di allestire copie degli atti non ha comportato
alcuna restrizione. Da qui, l'accoglimento del ricorso nel senso dei
considerandi.)