Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 116 V 20



116 V 20

5. Estratto della sentenza del 9 febbraio 1990 nella causa C. contro Cassa
di compensazione del Cantone dei Grigioni e Tribunale amministrativo del
Cantone dei Grigioni Regeste

    Art. 28 IVG: Statut des Strafgefangenen in der Invalidenversicherung;
Rentenanspruch. Ob der Anspruch auf eine Invalidenrente bei
Strafgefangenschaft oder bei einer andern Form eines durch eine
Strafbehörde angeordneten Freiheitsentzuges sistiert werden muss, beurteilt
sich nach der Vollzugsart, welcher der Betroffene unterworfen ist. Hingegen
ist nicht massgebend, ob die Kosten des Unterhalts von der Allgemeinheit
oder vom Versicherten zu tragen sind, weil sie eine Folge der Verurteilung
oder der Massnahme darstellen und einen invaliditätsfremden Gesichtspunkt
betreffen (Präzisierung der Rechtsprechung).

Auszug aus den Erwägungen:

                  Estratto dai considerandi:

Erwägung 3

    3.- a) Il Tribunale federale delle assicurazioni ha modificato la sua
giurisprudenza sullo statuto del detenuto invalido (DTF 113 V 273). In
precedenza (v. sentenza cit. e richiami) si era asserito, con riferimento
all'art. 41 LAI, che ogni cambiamento importante delle circostanze idonee
a influire sul grado di invalidità e quindi sul diritto alla rendita
era motivo di revisione. La revisione era data non solo nel caso di
una modificazione sensibile dello stato di salute, ma anche quando, pur
rimanendo lo stesso immutato, le conseguenze sulla capacità di guadagno o
di esercitare le mansioni abituali avessero subito cambiamento importante.

    In quest'ordine di idee si era di regola ammesso che la detenzione o
altra forma di privazione della libertà personale disposta dall'autorità
penale comportasse un cambiamento di statuto dell'assicurato invalido,
ragione per cui il detenuto non era da considerare persona attiva né
persona non attiva impedita di svolgere le sue mansioni abituali. Si
giustificava pertanto la revisione del diritto a rendita secondo l'art. 41
LAI, con conseguente soppressione della prestazione durante il periodo
di detenzione (DTF 110 V 284, 107 V 219, 102 V 167).

    b) Giusta i più recenti criteri giurisprudenziali invece la privazione
della libertà personale disposta dall'autorità penale più non giustifica la
soppressione, ma solo la sospensione del diritto a rendita (DTF 113 V 273).

    Si è infatti argomentato che la circostanza che il beneficiario di una
rendita dell'assicurazione per l'invalidità sconti una pena privativa della
libertà non costituisce motivo giuridico di revisione ai sensi dell'art. 41
LAI. Da un canto perché lo stato di salute non subisce modificazioni per
il fatto della detenzione; d'altro canto perché non si potrebbe accennare
a un autentico cambiamento di statuto giuridico. Del resto, durante
l'espiazione della pena il condannato è di regola astretto a svolgere
un lavoro corrispondente alle sue attitudini. Ciò non significa che il
versamento della rendita debba perdurare durante l'esecuzione di una pena o
di una misura. Non esiste, su questo tema, ragione per rimettere in forse
una prassi ancorata del diritto assicurativo sull'invalidità. Prassi che
trova giustificazione nel fatto che il detenuto mantenuto dalla pubblica
collettività non deve trarre vantaggio economico dall'esecuzione della
pena, quando si ritenga che il detenuto non invalido perde, di solito,
il salario o, se indipendente, il suo reddito professionale (DTF 113 V
276 consid. 2).

Erwägung 4

    4.- Nell'evenienza concreta, l'insorgente anzitutto argomenta che
la citata giurisprudenza non gli sarebbe applicabile dal momento che
nei suoi confronti il procedimento penale è stato abbandonato, data la
manifesta incapacità di volere.

    Sta di fatto che il Tribunale federale delle assicurazioni, già secondo
la precedente giurisprudenza, aveva applicato il principio allora vigente
della soppressione della rendita anche nel caso di misure assunte per
gli anormali mentali in virtù dell'art. 43 CP (RCC 1980 pag. 554). Deve
inoltre essere ricordato che pure secondo il nuovo disciplinamento
giurisprudenziale non solo la detenzione, ma pure ogni altra forma
di privazione della libertà personale disposta dall'autorità penale,
compreso il soggiorno in una casa d'educazione al lavoro, costituisce un
motivo di sospensione del diritto alla rendita d'invalidità (DTF 113 V
278 consid. 2c).

    Dato quanto precede, deve essere concluso che ricorre nel presente
caso una di queste ipotesi.

Erwägung 5

    5.- a) Resta da esaminare se, data la particolarità della fattispecie,
i principi sopra esposti siano comunque applicabili in concreto.

    Al riguardo occorre anzitutto rilevare che senz'altro è vero che,
in generale, il detenuto è mantenuto dall'ente pubblico, nel senso che i
costi di una misura penale sono di massima assunti dalla collettività. È
pure vero d'altro canto che chi è privato della libertà ed è invalido
non dovrebbe, dal profilo economico, essere avantaggiato rispetto a chi
è valido e per il fatto della detenzione non può esercitare un'attività
lucrativa dipendente o indipendente. È comunque da rilevare che, già
secondo la precedente giurisprudenza, si era ammesso che il condannato,
cui la rendita era stata soppressa, riacquistava il diritto a rendita
nel momento del passaggio al regime di semi-libertà, oppure a quello
della libertà condizionale. Questa Corte ha in particolare osservato che
il detenuto posto al beneficio di un tale regime ha la possibilità di
esercitare un'attività lucrativa e che, trattandosi di un invalido, il
danno alla salute può, con l'istituzione del nuovo regime, nuovamente
far insorgere un'incapacità di guadagno (DTF 110 V 289 consid. 3,
107 V 223 consid. 4). Orbene, a precisazione di quanto questa Corte ha
affermato adottando la recente giurisprudenza, non si può prescindere dal
considerare, se non lo statuto, quantomeno le modalità che accompagnano
la misura privativa della libertà personale. Non determinante è invece
(DTF 113 V 277 consid. 2b) il criterio dedotto da chi sostenga le spese
di mantenimento del detenuto, ente pubblico o assicurato. È evidente
che in un caso il privato della libertà non è immediatamente costretto
a sopperire, con il guadagno, ai suoi bisogni di esistenza, il che si
verifica nell'altro. Ma ciò non è che una conseguenza della condanna o
della misura, mentre in sostanza può in ambedue le ipotesi verificarsi
che il condannato, in quanto nullatenente, non possa far fronte ai suoi
obblighi pecuniari, e che a ciò si ovvii mediante l'intervento dell'ente
pubblico. In altri termini, anche l'assicurato valido, internato in un
Cantone in cui la collettività non assume i costi dell'internamento,
sarà, se nullatenente, mantenuto dall'ente pubblico per quanto riguarda
l'assunzione dei costi dell'internamento. Né motivo di tale intervento
sarà l'invalidità, bensì la nullatenenza dell'assicurato.

    b) Risulta dalle precedenti considerazioni che il criterio - quando
si escluda il lavoro cui il recluso è tenuto e che comporta la modesta
retribuzione di un peculio -, anziché dedurlo da chi sostenga le spese di
mantenimento del detenuto, deve essere ricercato nel regime cui il privato
della libertà è soggetto. Se tale regime, malgrado la condanna o la misura,
consente comunque alla persona valida privata della libertà di attendere a
un'attività lucrativa sufficiente quantomeno a garantire la sussistenza,
allora si accorderà la rendita di invalidità al detenuto invalido, il
quale, nelle stesse condizioni, non può, e solo per ragioni di salute,
attendere ad analoga attività.