Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 116 IA 252



116 Ia 252

41. Sentenza del 26 settembre 1990 della I Corte di diritto pubblico nella
causa Comune di Cadro c. Guido Bernasconi e Tribunale amministrativo del
Cantone Ticino (ricorso di diritto pubblico) Regeste

    Anbringen eines Kruzifixes in den Schulzimmern einer Primarschule;
Gemeindeautonomie; Glaubens- und Gewissensfreiheit (Art. 49 BV);
Religionsneutralität des Schulunterrichts (Art. 27 Abs. 3 BV).

    1. Zuständigkeit des Bundesgerichts zur Prüfung der Rüge der Verletzung
der Religionsneutralität gemäss Art. 27 Abs. 3 BV im konkreten Fall (E. 1).

    2. Zusammenfassung der Rechtsprechung über die Voraussetzungen,
unter denen eine Gemeinde eine Verletzung ihrer Autonomie mittels
staatsrechtlicher Beschwerde geltend machen kann, und über die zulässigen
Rügen (E. 3).

    3. Autonomie der Tessiner Gemeinden hinsichtlich des Anbringens von
Kruzifixen in den Schulzimmern einer Primarschule (E. 4).

    4. Tragweite der Glaubens- und Gewissensfreiheit und der
Religionsneutralität des Staates (E. 5).

    5. Tragweite des Prinzips der religiösen Neutralität öffentlicher
Schulen (E. 6).

    6. Das Anbringen eines Kruzifixes in den Schulzimmern einer
Primarschule entspricht der in Art. 27 Abs. 3 BV gewährleisteten
Religionsneutralität nicht (E. 7 und 8).

Sachverhalt

    A.- Il 19 settembre 1984 il Municipio di Cadro ha deciso di far
appendere un crocifisso in ogni aula del nuovo complesso delle scuole
elementari. Tale decisione è stata confermata il 30 settembre 1984,
poiché un docente aveva tolto i crocifissi dalle aule prima dell'inizio
delle lezioni.

    Guido Bernasconi, insegnante presso le scuole di Cadro, una
associazione e tre cittadini di Cadro - fra i quali un genitore di un
allievo appartenente alla Chiesa evangelica riformata - sono insorti contro
questa decisione al Consiglio di Stato del Cantone Ticino, prevalendosi
della violazione dei principi della parità di trattamento (art. 4 Cost.),
della libertà di credenza e coscienza (art. 49 Cost.) e della neutralità
confessionale della scuola (art. 27 cpv. 3 Cost.). Con decisione del
10 dicembre 1985, il Consiglio di Stato ha dichiarato irricevibile per
carenza di legittimazione il ricorso dell'associazione ed ha respinto
nel merito gli altri ricorsi.

    Insorto il 27 dicembre 1985 al Tribunale cantonale amministrativo
del Cantone Ticino, Guido Bernasconi ha postulato l'annullamento delle
decisioni del Consiglio di Stato e del Comune di Cadro. Con sentenza del
2 maggio 1986 il Tribunale ha accolto il ricorso.

    Il 30 maggio 1986 il Comune di Cadro ha introdotto al Tribunale
federale un ricorso di diritto pubblico fondato sulla violazione
dell'autonomia comunale in relazione con gli art. 4 Cost., 27 cpv. 3 e 49
Cost., chiedendo che la sentenza del Tribunale cantonale amministrativo
del 2 maggio 1986 sia annullata.

    Dopo uno scambio di vedute il Tribunale federale ha trasmesso -
conformemente all'art. 96 cpv. 1 OG - il ricorso al Consiglio federale
che l'ha accolto con decisione del 29 giugno 1988.

    Contro questa decisione Guido Bernasconi si è aggravato con ricorso
18 luglio 1988 all'Assemblea federale. Dopo un nuovo scambio di vedute -
nel quale il Tribunale federale ha ribadito la competenza del Consiglio
federale e dell'Assemblea federale - quest'ultima, aderendo al rapporto
della commissione di Grazia, ha annullato la decisione del Consiglio
federale per difetto di competenza e rimesso il caso al giudizio del
Tribunale federale.

Auszug aus den Erwägungen:

                   Considerando in diritto:

Erwägung 1

    1.- La violazione dell'autonomia comunale, del principio di
uguaglianza, della libertà di credenza e di coscienza può essere
fatta valere mediante ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale
(art. 113 cpv. 1 n. 3 Cost. e 84 cpv. 1 OG). Per contro, i ricorsi fondati
sull'art. 27 cpv. 3 Cost. - che sancisce la neutralità confessionale
della scuola - sia che concernano una scuola primaria, sia un'altra
scuola pubblica dei cantoni, vanno proposti al Consiglio federale con
ricorso amministrativo (art. 73 cpv. 1 lett. a n. 2 PA; DTF 107 Ia 263,
102 Ia 203 consid. 1; AUER, La Juridiction constitutionnelle en Suisse,
Basilea e Francoforte sul Meno 1983, n. 243, pag. 139 seg.; BORGHI, in
Commentaire de la Constitution fédérale, n. 87 ad art. 27). Il Consiglio
federale ha ammesso la propria competenza escludendo quella del Tribunale
federale in base alla natura sussidiaria del ricorso di diritto pubblico
(art. 84 cpv. 2 OG; DTF 102 Ia 203 consid. 1). L'Assemblea federale ha però
annullato - dopo un nuovo scambio di vedute - tale decisione per difetto
di competenza e rinviato il caso per giudizio al Tribunale federale.

    Secondo l'art. 71 Cost. l'Assemblea federale è l'autorità suprema
della Confederazione, riservati i diritti del popolo e dei Cantoni
(sul tema: AUBERT, in Commentaire de la Constitution fédérale, n. 40
segg. ad art. 71). In base all'art. 85 n. 13 Cost. essa dirime i conflitti
di competenza fra autorità federali. Nel caso concreto non è sorto un
conflitto di competenza fra il Consiglio federale e il Tribunale federale;
tale questione è stata infatti risolta mediante uno scambio di opinioni. La
situazione è comunque analoga a quella prevista dall'art. 85 n. 13 Cost.,
pertanto il Tribunale federale deve piegarsi alla decisione dell'Assemblea
federale pronunciandosi nel merito della vertenza.

Erwägung 2

    2.- Il Municipio di Cadro ha introdotto il ricorso in nome del Comune,
del quale è organo; come il Tribunale federale ha già constatato (DTF 103
Ia 472 consid. 1 e rinvii; Rep. 1986 pag. 226 consid. 2), tale competenza
di rappresentanza gli spetta in vertenze di carattere amministrativo
anche senza l'autorizzazione del Consiglio comunale (cfr. anche art. 13
lett. 1 della Legge organica comunale del 10 marzo 1987 e RATTI, Il Comune,
Vol. I, pag. 150).

Erwägung 3

    3.- Per costante giurisprudenza il Tribunale federale si pronuncia
d'ufficio sulla ricevibilità del rimedio esperito senza essere vincolato
né dalle conclusioni delle parti né dalle censure formali che esse hanno
sollevato (DTF 114 Ia 462 consid. 1 con richiamo, 112 Ia 182 consid. 1).

    a) I Comuni possiedono la legittimazione ricorsuale per impugnare
decisioni o decreti che li toccano nella loro autonomia, quali detentori
del pubblico potere (DTF 114 Ia 81 consid. 1a con richiami, 316 consid. 1a,
467 consid. 1a). Nel caso concreto l'autorità cantonale ha annullato
la decisione con la quale il Municipio ha deciso di far appendere un
crocifisso nelle aule scolastiche comunali. Tale decisione tocca il Comune
in modo diretto nella sua qualità di detentore del pubblico potere. Sotto
il profilo dell'art. 88 OG esso è quindi legittimato a sollevare una
lesione della propria autonomia nell'ambito del ricorso di diritto
pubblico: se questa autonomia sussista e sia stata disattesa è questione
di merito, non di legittimazione (DTF 114 Ia 467 consid. 1a con richiamo,
113 Ia 333 consid. 1b; RDAT 1989 pag. 114 consid. 2a e richiami; Rep.
1986 pag. 227 consid. 4).

    b) Prevalendosi della sua autonomia un Comune può fra l'altro esigere
che le autorità cantonali di ricorso o di vigilanza osservino da un lato
i limiti formali posti dalla legge e inoltre che esse applichino in modo
corretto il diritto materiale determinante (DTF 114 Ia 82 consid. 2a e
richiami). Il Comune può quindi invocare anche la violazione dell'art. 4
Cost. e dei diritti che ne derivano - quali il divieto dell'arbitrio, il
principio della proporzionalità, quello d'uguaglianza o quello della buona
fede - non però a titolo indipendente, ma solo in stretta connessione con
quella della sua autonomia (DTF 115 Ia 46 consid. c e rinvii). Al Comune è
pure concesso di addurre la trasgressione di altri diritti fondamentali,
quali ad esempio le libertà individuali, sostenendo che il significato
e la portata attribuiti in concreto pregiudica la sua autonomia (DTF
114 Ia 170, 113 Ia 333 seg., 103 Ia 196). Nel caso in discussione il
Comune rimprovera alla Corte cantonale di aver attribuito agli art. 4,
27 cpv. 3 e 49 Cost. un significato e una portata incompatibili con la
volontà del costituente federale. Tali censure - motivate conformemente ai
requisiti posti dall'art. 90 cpv. 1 lett. b - sono pertanto, in principio,
ammissibili.

    c) Quando il ricorso con cui si invoca la violazione dell'autonomia
comunale è fondato su norme di rango costituzionale, il Tribunale federale
esamina liberamente la decisione impugnata, mentre restringe la sua
competenza all'arbitrio per quelle di rango inferiore, l'apprezzamento
delle prove e la constatazione dei fatti rilevanti (DTF 114 Ia 82 consid. 2
e richiami).

Erwägung 4

    4.- Secondo la giurisprudenza un Comune è autonomo nelle materie
che la legislazione cantonale non regola esaurientemente, ma lascia in
tutto o in parte all'ordinamento del Comune, conferendogli una notevole
libertà di decisione (DTF 115 Ia 44 consid. 3, 114 Ia 82 consid. 2a,
169/170). Poco importa che la materia in cui il Comune pretende d'essere
autonomo sia regolata dal diritto federale, cantonale o comunale. Decisiva
è la latitudine dell'autonomia assicurata a quest'ultimo, nella materia
specifica, dalla costituzione o dalla legislazione cantonale (DTF 111 Ia
253 consid. 3a; RDAT 1989, pag. 75, consid. 2a).

    a) La Costituzione ticinese del 4 luglio 1830 - riordinata il 29
ottobre 1967 - è silente circa la nozione e l'ambito dell'autonomia
comunale. Essa regola unicamente, agli art. 50 e 51, le modalità di
formazione e d'elezione dei Municipi e dei Consigli comunali e il diritto
di iniziativa e di referendum nei Comuni in cui è istituito il Consiglio
comunale (DTF 103 Ia 472 seg.; RDAT 1985 pag. 144 consid. 3; LEPORI,
Diritto costituzionale ticinese, Bellinzona 1988, pag. 173; Progetto di
revisione totale della Costituzione ticinese, edizione speciale RDAT
1986, pag. 87). L'art. 1 della legge organica comunale del 10 marzo
1987 definisce il Comune come una corporazione di diritto pubblico, con
personalità giuridica e territorio proprio, autonoma nei limiti stabiliti
dalla Costituzione e dalle leggi.

    b) Il Tribunale federale ha già avuto modo di precisare che in
materia scolastica (scuole elementari) le competenze comunali sono rette
dalla legge della scuola del 29 maggio 1958 (LS; RDAT 1983 pag. 74,
consid. 3). L'art. 1 LS sancisce che la scuola pubblica, la quale ha per
scopo l'istruzione e l'educazione della gioventù, è ordinata, vigilata e
diretta dallo Stato e dai Comuni nel rispetto della libertà di credenza
e di coscienza. L'art. 3 invita i Comuni a collaborare alla direzione
didattica dell'insegnamento di competenza del Consiglio di Stato e l'art. 4
istituisce la vigilanza del Dipartimento della pubblica educazione sulle
autorità comunali nelle materie attinenti alla scuola. Secondo l'art. 7
cpv. 3 LS i Comuni partecipano alla vigilanza sulla scuola - prevista
all'art. 1 - con i Municipi e le delegazioni scolastiche. In modo generale,
i Comuni sono tenuti a cooperare efficacemente al buon andamento della
scuola (art. 106 cpv. 1 LS). Da queste disposizioni si evince che i Comuni
ticinesi godono, perlomeno in alcuni campi dell'istruzione pubblica, di
una certa libertà di decisione e che agli stessi deve essere riconosciuta
un'autonomia costituzionalmente protetta. Il Tribunale federale ha,
ad esempio, riconosciuto l'autonomia del Comune ticinese in materia di
nomina ed incarico di maestri delle scuole elementari (RDAT 1983, pag. 74
consid. 3; RATTI, op.cit., Vol. II, pag. 848; questione tuttavia lasciata
indecisa in merito all'incarico di maestri nella sentenza pubblicata in
RDAT 1985, pag. 114 e seg.). Se ne deduce che la legge della scuola non
vieta ai Comuni di far appendere crocifissi nelle aule scolastiche e che,
in questo campo, la loro autonomia non è limitata dalla legislazione
cantonale.

Erwägung 5

    5.- Occorre ora esaminare se l'esposizione del crocifisso nelle aule
scolastiche violi il principio della neutralità confessionale della scuola
in relazione con la libertà di credenza e di coscienza e eventualmente,
quello della parità di trattamento. Se ciò non fosse il caso, il ricorso
di diritto pubblico dovrebbe essere accolto per violazione dell'autonomia
comunale.

    a) L'art. 49 cpv. 1 Cost. sancisce l'inviolabilità della libertà
di credenza e di coscienza. Si tratta di un diritto inalienabile
e imprescrittibile (DTF 104 Ia 176 in alto; RDAT 1987, pag. 53
consid. 3a), di cui sono titolari, in principio, solo le persone fisiche
e, eccezionalmente, le persone giuridiche che perseguono, in base agli
statuti, un fine religioso o ecclesiastico (DTF 97 I 120 consid. 3a). La
libertà di credenza e di coscienza protegge i cittadini da ogni ingerenza
dello Stato suscettibile di ostacolare le loro convinzioni religiose
(BURCKHARDT, Kommentar zur Schweizerischen Bundesverfassung, 3a edizione,
Berna 1931, pag. 442). È la libertà di credere, di non credere e di
modificare in ogni tempo, in qualunque modo, le proprie convinzioni
religiose (FAVRE, Droit constitutionnel suisse, 2 edizione, Friborgo
1970, pag. 280). La portata della libertà di credenza e di coscienza
è precisata in primo luogo dai cpv. 2 a 6 dell'art. 49 Cost. Il cpv. 2
prevede che nessuno può essere costretto a prendere parte a un'associazione
o a un'istruzione religiosa, a prestarsi a un atto religioso (DTF 101
Ia 397 consid. 3b). Il diritto di disporre, conformemente ai principi
suesposti, dell'educazione religiosa dei fanciulli sino all'età di sedici
anni, è conferito, secondo il cpv. 3, alla persona che è investita della
"patria potestà" o della curatela; questo disposto è messo in esecuzione
dall'art. 303 CC che, nel suo tenore del 25 giugno 1976 (RU 1977 pag. 250),
prescrive che i genitori dispongono dell'educazione religiosa del
figlio fino al compimento del sedicesimo anno, età a partire dalla quale
egli decide liberamente della propria confessione religiosa (sul tema:
HEGNAUER, Grundriss des Kindesrechts, 3a edizione, Berna 1989, pag. 174;
TSCHÜMPERLIN, Die elterliche Gewalt in Bezug auf die Person des Kindes,
tesi, Friborgo 1989, pag. 293 segg.).

    b) Le garanzie offerte dalla libertà di credenza, di coscienza e di
culto (art. 50 Cost.) corrispondono a quelle dell'art. 9 CEDU (DTF 114
Ia 132 consid. 2a). Questa disposizione, che si ispira direttamente
dall'art. 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo
proclamata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre
1948, riconosce infatti ad ogni persona il diritto alla libertà di
pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà
di cambiare religione o credo e quella di manifestarla individualmente
o collettivamente, in pubblico e in privato (cfr. DR 22, pag. 45, n. 5;
LANARÈS, La liberté religieuse et la Convention européenne des droits de
l'homme, in Conscience et liberté 1971, pag. 48 segg.).

    c) Mentre la Costituzione del 1848 garantiva la libertà di credenza
unicamente alle due principali confessioni cristiane della Confederazione,
in quella del 1874 è prevalsa la libertà di credenza senza alcuna
distinzione fra confessioni (FAVRE, op.cit., pag. 274). Sono così protette
tutte le convinzioni e concezioni spirituali o intellettuali attinenti ai
rapporti fra l'essere umano e la divinità (HÄFELIN/HALLER, Schweizerisches
Bundesstaatsrecht, 2a edizione, Zurigo 1988, pag. 369, n. 1196).

    d) La libertà di credenza e di coscienza non esige la neutralità
assoluta dello Stato in materia religiosa. Sostenere la tesi opposta
significherebbe rimettere in questione l'attuale ordinamento dei
rapporti fra Chiesa e Stato nei Cantoni. Infatti, la maggior parte
delle Costituzioni cantonali riconosce alle confessioni maggioritarie
la personalità giuridica di diritto pubblico (cfr. ad esempio art. 1
cpv. 2 della Costituzione ticinese). Ciò influisce, in particolare,
sull'organizzazione delle collettività religiose locali e comporta,
in generale, vantaggi fiscali o il versamento di contributi alle
Chiese riconosciute per l'adempimento delle mansioni ordinarie. D'altra
parte, il legislatore federale ha tenuto conto, proibendo il lavoro di
domenica e attribuendo ai Cantoni la facoltà di parificarle otto giorni
festivi all'anno, delle tradizioni religiose della maggioranza della
popolazione (cfr. art. 18 cpv. 1 e 2 LL), anche se dall'art. 18 cpv. 3
LL, che tutela il diritto del lavoratore a far libero in giorni festivi
confessionali diversi da quelli del Cantone, traspare una preoccupazione di
neutralità. In quest'ambito non va dimenticata la celebrazione ufficiale
del Digiuno federale, decretata, per ragioni religiose, dalla Dieta
riunita a Lucerna il 1o agosto 1832 (SCHAUFELBERGER, Die Geschichte des
eidgenössischen Bettages, tesi, Zurigo 1920, pag. 108 seg.). L'indifferenza
dello Stato verso il fenomeno religioso è pure smentita da numerosi atti
solenni, quali l'esortazione alla protezione divina con cui il Consiglio
federale si rivolge ai Cantoni o le formule di giuramento che prestano in
campo federale e cantonale - sia pur in modo facoltativo - le autorità, i
funzionari e i testimoni. Infine, va ricordato che la Costituzione federale
e quella di sei Cantoni a tradizione cattolica romana (Uri, Svitto,
Obwaldo, Nidwaldo, Friborgo e Vallese) incomincia con un'invocazione a
Dio onnipotente, mentre quella di tre Cantoni (Basilea-Campagna, Argovia
e Giura) afferma la responsabilità del popolo davanti a Dio.

    e) Alcune di queste istituzioni traggono origine dalla necessità di
salvaguardare la pace confessionale. Le formule indicate richiamano invece
la solennità degli atti ufficiali in base ad una radicata consuetudine
e non sono decisive dal profilo dell'art. 49 Cost. In particolare,
l'invocazione che figura nei preamboli costituzionali non ha alcun valore
normativo e sia la Confederazione che i Cantoni rimangono Stati laici
(AUBERT, op.cit., n. 6 al Preambolo; HÄFELIN/HALLER, op.cit., pag. 11,
n. 28, Rapporto finale del gruppo di lavoro Wahlen per la preparazione
di una revisione totale della Costituzione, 1973, pag. 62, KARLEN, Das
Grundrecht der Religionsfreiheit in der Schweiz, tesi, Zurigo 1988,
pag. 152). La laicità dello Stato è del resto sottolineata da alcuni
disposti costituzionali, in particolare quelli relativi alla tenuta dei
registri dello stato civile e ai luoghi di sepoltura (art. 53 Cost.), alla
celebrazione del matrimonio (art. 54 cpv. 1 e 2 Cost.) e all'abolizione
della giurisdizione ecclesiastica (art. 58 cpv. 2 Cost.; HÄFELIN/HALLER,
op.cit., n. 1231 segg.). Queste disposizioni indicano essenzialmente che,
per volontà del costituente, le Chiese non detengono alcun potere politico
istituzionale.

    In definitiva la laicità dello Stato si riassume in un obbligo di
neutralità che gli impone di astenersi negli atti pubblici da qualsiasi
considerazione confessionale suscettibile di compromettere la libertà
dei cittadini in una società pluralista (KARLEN, op.cit., pag. 188; ERWIN
FISCHER, in: Neue Juristische Wochenschrift, München und Frankfurt am Main,
27/1974, pag. 1185).

Erwägung 6

    6.- La neutralità confessionale alla quale è tenuto lo Stato
assume particolare rilievo nell'ambito della scuola pubblica, poiché
l'insegnamento è obbligatorio per tutti, senza alcuna distinzione fra
confessioni. In questo campo l'art. 27 cpv. 3 Cost. è il corollario
della libertà di credenza e di coscienza (BORGHI, op.cit., n. 64 ad
art. 27; RECHSTEINER, Die Volksschule im Bundesstaat, tesi, Zurigo 1978,
pag. 391 e 655; KARLEN, op.cit., pag. 385; MARSCHALL, Das Prinzip der
Konfessionslosigkeit der öffentlichen Schulen in der Bundesverfassung,
tesi, Zurigo 1948, pag. 171). Tale disposizione ha quale scopo di
garantire il rispetto della sensibilità degli individui con convinzioni
diverse, evitando che gli stessi possano sentirsi degli estranei. Essa
rafforza inoltre il diritto conferito ai genitori dagli art. 49 cpv. 3
e 303 CC (cfr. consid. 5a in fine e riferimenti dottrinali) e protegge
da ogni influenza il diritto dei ragazzi di scegliere liberamente -
al momento in cui compiono il sedicesimo anno di età - la confessione
religiosa (art. 303 cpv. 3 CC).

    a) Il principio della neutralità confessionale dell'insegnamento,
sancito all'art. 27 cpv. 3 Cost., impone alle scuole pubbliche di
accogliere gli aderenti di tutte le confessioni senza pregiudizio
della loro libertà di credenza e coscienza. Il testo francese della
Costituzione esprime questo concetto in modo ancora più marcato
mediante l'espressione"... d'aucune façon..." (FLEINER/GIACOMETTI,
Bundesstaatsrecht, Zurigo 1949, pag. 329). Tale disposizione prevede
una protezione accresciuta dei diritti delle minoranze confessionali
non riconosciute, come pure quelli delle persone professanti l'ateismo,
l'agnosticismo o l'indifferenza in materia religiosa, salvo che motivi
d'ordine o di interesse pubblico impongano l'adozione di misure restrittive
(art. 49 cpv. 5 Cost. e 9 n. 2 CEDU), alle quali sono pure sottoposte
le religioni tradizionalmente dominanti in Svizzera. Quest'ultime non
potrebbero in ogni caso imporre all'autorità, in campo scolastico,
comportamenti suscettibili di offendere la sensibilità religiosa di
allievi e genitori dalle convinzioni diverse. È soprattutto attraverso la
tolleranza che la libertà di credenza e di coscienza può essere garantita
nella scuola (DTF 114 Ia 134; HÄFELIN/HALLER, op.cit., pag. 377; KARLEN,
op.cit., pag. 149 e pag. 385 segg.; FAVRE, op.cit., pag. 300 seg.).

    b) Secondo questi principi l'orientamento confessionale
dell'insegnamento da parte dell'autorità o degli insegnanti - a favore di
una o più religioni o contro le stesse - è proibito (BORGHI, op.cit.,
n. 68 e 69 ad art. 27; BURCKHARDT, op.cit., pag. 200). Ciò concerne
esclusivamente l'orientamento sistematico dell'insegnamento, poiché è
inevitabile che le convinzioni del docente esercitino una certa influenza
in determinati campi dell'insegnamento (FAVRE, op.cit., pag. 300). In
tal senso il parere del Dipartimento federale di giustizia e polizia,
secondo il quale l'insegnamento può essere fondato su basi cristiane,
nella misura in cui tale fondamento costituisca un semplice accenno ai
valori della civiltà nella quale viviamo (cfr. GAAC 14/1940, n. 12). La
neutralità confessionale della scuola pubblica non vieta nemmeno
l'insegnamento facoltativo della religione impartito da ecclesiastici o
laici o l'insegnamento ordinario di membri di una congregazione religiosa
(BORGHI, op.cit., n. da 74 a 77 ad art. 27).

Erwägung 7

    7.- La Corte cantonale ha ritenuto che l'esposizione del crocifisso
nelle aule scolastiche violerebbe l'art. 27 cpv. 3 Cost. Con questo atto
il ricorrente avrebbe infatti esternato - senza alcuna giustificazione
dal profilo dell'insegnamento - la propria preferenza per la religione
dominante nel paese. I Giudici cantonali citano a questo proposito un
parere di dottrina basato, in particolare, sulla sentenza del 17 luglio
1973 della Corte costituzionale della Repubblica federale di Germania
che ha ritenuto contraria all'art. 4 della Legge fondamentale (GG) la
presenza del crocifisso nell'aula di un tribunale (Entscheidungen des
Bundesverfassungsgerichts, 35/1974, pag. 336 segg.).

    a) È opportuno sottolineare che nel caso concreto l'esame del Tribunale
federale è limitato, in virtù degli art. 88 e 90 OG, alla costituzionalità
dell'esposizione del crocifisso in un'aula ove è dispensato l'insegnamento
primario pubblico, frequentata da allievi che non hanno ancora raggiunto la
maggiore età in materia religiosa (cfr. consid. 5a in fine e art. 49 cpv. 3
Cost. e 303 CC) e che possono quindi essere educati in confessioni diverse.

    Il Tribunale federale non deve pertanto statuire sull'esposizione del
crocifisso in altri luoghi pubblici, come le aule giudiziarie o quelle
dove siedono gli organi esecutivi e legislativi.

    b) Occorre quindi stabilire se l'esposizione nelle aule scolastiche
del crocifisso - simbolo nella civiltà occidentale del cristianesimo -
è conforme all'art. 27 cpv. 3 in relazione con l'art. 49 Cost. Secondo
la recente dottrina tale atto sarebbe in contrasto con il divieto di
identificare l'insegnamento con determinate confessioni religiose (BORGHI,
op.cit., n. 78 ad art. 27; PLOTKE, Schweizerisches Schulrecht, pag. 164
n. 7.343; riservato su questo punto (KARLEN, op.cit., pag. 396 e seg. e
in: Religiöse Symbole in öffentlichen Räumen, ZBl 90/1989, pag. 18).

    Il fatto che l'autorità decida di far appendere il crocifisso nelle
aule scolastiche può essere inteso come attaccamento alla tradizione
e ai fondamenti cristiani della civiltà e cultura occidentale. Si
potrebbe quindi ritenere che tale decisione - basata su motivi del tutto
comprensibili - non viola il principio della neutralità confessionale
dell'insegnamento: essa testimonierebbe unicamente una certa sensibilità
dello Stato al fenomeno religioso e alla civiltà cristiana. Lo Stato
garante della neutralità confessionale della scuola sancita dall'art. 27
cpv. 3 Cost., non può tuttavia prevalersi della facoltà di manifestare in
ogni circostanza, nell'ambito dell'insegnamento, il proprio attaccamento
ad una confessione. Esso deve evitare di identificarsi con una religione
maggioritaria o minoritaria, pregiudicando così le convinzioni dei
cittadini con confessioni diverse. È pertanto concepibile che chi
frequenta la scuola pubblica veda nell'esposizione di tale simbolo la
volontà di rifarsi a concezioni della religione cristiana in materia
di insegnamento o quella di porre l'insegnamento sotto l'influsso di
tale religione. Non è neppure escluso che alcune persone si sentano lese
nelle loro convinzioni religiose dalla presenza costante nella scuola di
un simbolo di una religione alla quale non appartengono. Ciò può avere
conseguenze non indifferenti soprattutto sull'evoluzione spirituale degli
allievi e sulle loro convinzioni religiose - che sono quelle dei genitori
- e nelle quali sono educati contemporaneamente alla scuola, conseguenze
che l'art. 27 cpv. 3 Cost. vuole proprio evitare. Da notare infine
che queste considerazioni coincidono praticamente con quelle che hanno
condotto la Corte costituzionale degli Stati Uniti d'America a dichiarare
contraria alla libertà di credenza, garantita dal primo emendamento della
Costituzione, l'esposizione della legge mosaica nelle aule scolastiche
(Stone vs. Graham [per curiam], 449 US 39/1980; sull'argomento: AUER,
The Supreme Law of the Land, Basilea e Francoforte sul Meno 1990,
pag. 176 segg.).

    c) Alla luce delle considerazioni che precedono si deve ammettere che
l'esposizione del crocifisso nelle aule delle scuole elementari non adempie
l'esigenza di neutralità prevista all'art. 27 cpv. 3 Cost. Di conseguenza
è superfluo esaminare la questione sotto l'angolo dell'art. 4 Cost. Il
giudizio sarebbe forse stato diverso ove si fosse trattato di statuire
sulla presenza del crocifisso nei locali scolastici adibiti ad uso comune,
come ad esempio l'atrio, i corridoi, il refettorio o, evidentemente,
dove esistano, il locale destinato al culto o l'aula nella quale viene
impartito l'insegnamento facoltativo della religione.

Erwägung 8

    8.- Se ne deve concludere che la Corte cantonale ha correttamente
interpretato la portata dell'art. 27 cpv. 3 in relazione con l'art. 49
Cost. senza violare, di riflesso, l'autonomia del Comune di Cadro, il
cui ricorso di diritto pubblico deve essere respinto.

Erwägung 9

    9.- Il Comune che, senza interessi pecuniari, ha agito nell'esercizio
delle sue attribuzioni ufficiali, non può essere astretto al pagamento
di spese giudiziarie (art. 156 cpv. 2 OG), mentre una corresponsione
di ripetibili alla controparte, che non si è fatta assistere da un
patrocinatore, non entra in linea di conto (DTF 110 Ia 6 consid. 6,
110 V 81 consid. 7).