Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 115 IA 293



115 Ia 293

45. Sentenza 22 marzo 1989 della I Corte di diritto pubblico nella causa
Jean e Barkev Magharian c. Procuratore pubblico della giurisdizione
sopracenerina e Camera dei ricorsi penali del Tribunale di appello del
Cantone Ticino (ricorso di diritto pubblico) Regeste

    Persönliche Freiheit; Verlängerung der Untersuchungshaft.  Recht auf
Einsicht in die Akten des Verfahrens; Art. 4 BV und 5 Ziff. 4 EMRK.

    1. Ausnahme von der kassatorischen Natur der staatsrechtlichen
Beschwerde und Prüfungsbefugnis des Bundesgerichts (E. 1).

    2. Begriff des Verfahrens vor einem Gericht i. S. von Art. 5 Ziff. 4
EMRK (E. 2a).

    3. Verhältnis zwischen den durch die Verfassung gewährleisteten
Individualrechten und den in der EMRK enthaltenen Grundsätzen (E. 3).

    4. Prozessuale Minimalanforderungen an die gerichtliche Überprüfung von
Freiheitsentziehungen gemäss Art. 5 Ziff. 4 EMRK, insbesondere hinsichtlich
des rechtlichen Gehörs und der kontradiktorischen Natur des Verfahrens;
Untersuchung der Rechtsprechung der Strassburger Organe (E. 4).

    5. a) Art. 4 BV: Recht des verhafteten Angeschuldigten, Einsicht in die
wesentlichen Akten zu nehmen, welche dem die Haftverlängerung beantragenden
oder verfügenden Beamten zur Verfügung standen; mögliche Beschränkungen des
Einsichtsrechts zum Schutze öffentlicher oder entgegenstehender privater
Interessen (E. 5).

    b) Aufgabe der in BGE 101 Ia 17/18 bestätigten bisherigen
Rechtsprechung angesichts der Fortentwicklung des auf Art. 4 BV
und die entsprechenden Grundsätze der EMRK gestützten Anspruchs des
Untersuchungshäftlings auf rechtliches Gehör (E. 6eb).

    6. Im vorliegenden Fall sind die in Art. 5 Ziff. 4 EMRK enthaltenen
Verfahrensgarantien und der sich aus Art. 4 BV ergebende Gehörsanspruch
verletzt worden (E. 6).

Sachverhalt

    A.- Secondo l'art. 33 del Codice di procedura penale ticinese (CPP),
nessuno può essere arrestato per prevenzione di reato quando non esistano
a suo carico gravi indizi di colpabilità. Il carcere preventivo durante
l'istruzione non deve durare oltre due mesi nei reati di competenza delle
Assise correzionali, né oltre sei mesi nei reati di competenza delle
Assise criminali (art. 45 cpv. 2 CPP). In casi eccezionali questi termini
potranno essere convenientemente prorogati dalla Camera dei ricorsi penali
su domanda motivata del giudice istruttore (cpv. 3).

    Jean e Barkev Magharian, cittadini libanesi, sono stati tratti in
arresto il 7 luglio 1988 a Zurigo su mandato del Procuratore pubblico della
giurisdizione sopracenerina. Essi sono sospettati di violazione aggravata
della LS per aver effettuato ingenti trasferimenti di denaro verso e dalla
Svizzera: tali somme proverrebbero dal commercio di stupefacenti. Contro
gli arrestati il procedimento è poi stato esteso ai reati di falsità in
documenti e in certificati, di complicità in truffa (subordinatamente
appropriazione indebita) e di violazione della LDDS.

    Con decisione del 3 novembre 1988 il Procuratore pubblico respinse
un'istanza di concessione della libertà provvisoria. Adita dagli arrestati,
la Camera dei ricorsi penali del Tribunale di appello (CRP) rigettò il
gravame con sentenza del 17 novembre 1988. Nessun ricorso di diritto
pubblico fu interposto contro questa pronuncia.

    In relazione alla prossima scadenza del termine di carcerazione
di cui all'art. 45 cpv. 2 CPP, il Procuratore pubblico presentò il 22
dicembre 1988 alla CRP un'istanza tendente a che il carcere preventivo
fosse prorogato sino al 6 giugno 1989, dichiarando inoltre che tutti
gli atti del voluminoso incarto erano a disposizione. Il 23 dicembre, a
complemento dell'istanza, lo stesso magistrato fornì alla Camera ragguagli
complementari sugli ultimi sviluppi dell'inchiesta. La CRP intimò ai
due patroni degli arrestati l'istanza del 22 dicembre 1988, fissando al
31 dicembre un termine per presentare le osservazioni. L'allegato del
Procuratore del 23 dicembre non consta esser stato intimato. Come risulta
da un rapporto richiesto dal Tribunale federale, gli atti costituenti
l'incarto furono consultati il 29 dicembre 1988 presso la Procura pubblica
dal giudice delegato della CRP, che fece estrarre copia di quelli ritenuti
rilevanti per il giudizio.

    Con osservazioni del 30 dicembre 1988, Jean e Barkev Magharian, agenti
col patrocinio dei loro difensori, si opposero alla proroga del carcere
preventivo e postularono la loro immediata liberazione. Nella motivazione
chiedevano di poter prendere visione dell'incarto prodotto dal Procuratore
pubblico ed instavano affinché le parti venissero convocate dalla CRP
per essere sentite prima dell'emanazione di una decisione; si dolevano
inoltre dell'irregolarità degli interrogatori e della verbalizzazione
in assenza di interprete. Nel merito, contestavano l'esistenza di gravi
indizi di colpabilità quanto al reato previsto dall'art. 19 n. 1 cpv. 7
LS e rilevavano che le ulteriori incolpazioni non giustificavano la
protrazione del carcere preventivo.

    Con decisione del 4 gennaio 1989 la CRP ha accolto l'istanza del
Procuratore pubblico ed ha prorogato la carcerazione preventiva dei
ricorrenti fino al 6 giugno 1989. Dei motivi addotti in appoggio si dirà,
se necessario, in seguito.

    I fratelli Magharian sono insorti contro questa decisione con
tempestivo ricorso di diritto pubblico fondato sulla violazione dell'art. 4
Cost., per disattenzione del diritto di essere sentito, e degli art. 5
par. 1 lett. c, 5 par. 2 a 5, 6 par. 1 e 6 par. 2 lett. a e lett. e
CEDU. In via principale, essi hanno chiesto al Tribunale federale di
annullare la decisione impugnata e di ordinare alle autorità requirenti
del Cantone Ticino di porli immediatamente in libertà; in via subordinata,
essi hanno postulato che, annullata tale decisione, la causa venga rinviata
alla CRP per nuovo giudizio.

    Il Sostituto Procuratore pubblico sopracenerino ha concluso alla
reiezione del gravame; con le osservazioni questo magistrato ha fatto
pervenire al Tribunale federale copia dei verbali d'interrogatorio e
sei classificatori contenenti i principali atti dell'inchiesta. La CRP,
per contro, non ha risposto.

    Autorizzati dal Presidente della Corte, i ricorrenti hanno presentato
osservazioni all'esposto del Procuratore pubblico e si sono riconfermati
nelle tesi ricorsuali e nelle relative conclusioni.

    In relazione ad incertezze che sussistevano circa gli atti in di lei
possesso al momento del giudizio, la CRP ha presentato il 2 marzo 1989 -
su richiesta del giudice delegato - il rapporto che si è menzionato sopra
ed ha poi prodotto i documenti dell'incarto penale estratti in fotocopia
ed utilizzati per la sua decisione.

    Con istanza del 3 marzo 1989, il Sostituto Procuratore pubblico
ha chiesto di duplicare alle osservazioni-replica 24 febbraio 1989 dei
ricorrenti.

    In data 19 marzo 1989 i ricorrenti si sono determinati sul citato
rapporto della CRP.

Auszug aus den Erwägungen:

                   Considerando in diritto:

Erwägung 1

    1.- a) Sulla proroga del carcere preventivo in applicazione
dell'art. 45 cpv. 3 CPP, la CRP statuisce quale unica istanza. Contro la
sua decisione, la via del ricorso di diritto pubblico è pertanto aperta
(art. 86 cpv. 1, 87 OG). La legittimazione dei ricorrenti, privati di
libertà, non fa dubbio (art. 88 OG) ed il loro gravame - tempestivo -
è per principio ricevibile. Nonostante la natura generalmente cassatoria
del ricorso di diritto pubblico, è ammissibile, in tema di privazione
della libertà personale, anche la conclusione tendente a far ordinare
misure positive di scarcerazione (DTF 107 Ia 257 consid. 1, 105 Ia 29
consid. 2): se essa sia fondata, è questione di merito.

    b) La carcerazione costituisce limitazione grave della libertà
personale: il Tribunale federale esamina quindi liberamente anche
l'applicazione del diritto cantonale di livello legislativo o regolamentare
(DTF 107 Ia 140 consid. 4a, 101 Ia 53 consid. 7, 578 consid. 3a). Le
constatazioni di fatto dell'autorità cantonale sono rivedute invece
soltanto sotto il profilo dell'arbitrio e l'esercizio del potere di
apprezzamento, che ad essa compete, è pure sindacato solo nella visuale
dell'abuso o dell'eccesso manifesto (DTF 109 Ia 22 consid. 2, 105 Ia
19 consid. 3, 190 consid. 2a, 104 Ia 399 consid. 9, 100 Ia 17 consid.
4d). Questa limitazione del potere cognitivo trae seco che, nella misura
in cui le suddette questioni sono in gioco, il Tribunale federale non può
sanare eventuali violazioni del diritto d'essere sentito in cui fosse
incorsa l'autorità cantonale (DTF 112 Ib 175 consid. 5e, 104 Ia 214,
98 Ib 171 consid. 3, 176 consid. 3, 96 I 188).

    c) Sulla sussistenza di gravi indizi di colpabilità ai sensi
dell'art. 33 CPP, la CRP si è pronunciata - come istanza di ricorso - già
nella precedente sentenza del 17 novembre 1988, rimasta inimpugnata. Ciò
non osta tuttavia alla ricevibilità delle censure sollevate nell'attuale
gravame a tal proposito poiché la libertà personale, quale diritto
costituzionale inalienabile ed imprescrittibile (DTF 111 Ia 232
consid. 3a), consente di impugnare con ricorso di diritto pubblico
anche decisioni di mera conferma o esecuzione (DTF 105 Ia 20, 104 Ia 175
consid. 2b, 97 I 916 consid. 4a): a prescindere da ciò, la CRP ha del
resto proceduto nel concreto caso ad un nuovo esame di tale questione.

    d) La duplica richiesta dal Procuratore pubblico, dato quanto si
esporrà di seguito, non appare necessaria.

    e) Le osservazioni presentate dai ricorrenti sul rapporto 2 marzo
1989 della CRP, che non sono state autorizzate, non possono esser tenute
in considerazione e debbono essere stralciate dagli atti.

Erwägung 2

    2.- Secondo l'art. 5 par. 4 CEDU, ogni persona privata della libertà
mediante arresto o detenzione ha diritto di indirizzare un ricorso ad
un tribunale affinché esso decida, entro brevi termini, sulla legalità
della detenzione e ne ordini la scarcerazione se la detenzione è illegale.

    a) È incontroverso ed evidente che la CRP costituisce un tribunale ai
sensi della citata disposizione. Che essa non abbia deciso su ricorso
degli incarcerati, ma quale autorità giudiziaria unica chiamata a
pronunciarsi sulla proroga della detenzione richiesta dal Procuratore
pubblico, non è criticato dai ricorrenti. A ragione: la Corte europea dei
diritti dell'uomo ha giudicato infatti che il controllo giurisdizionale
della privazione della libertà, che gli Stati membri debbono garantire in
virtù dell'art. 5 par. 4 CEDU, può essere conglobato nella decisione di
privazione della libertà stessa, quando questa è presa da un tribunale che
statuisce al termine di una procedura giudiziaria (sentenza De Wilde, Ooms
e Versyp del 18 giugno 1971, Publications de la Cour européenne des droits
de l'homme, Série A, vol. 12, n. 76; FROWEIN/PEUKERT, EMRK-Kommentar,
n. 117 all'art. 5; RUSCA, La procedura penale ticinese alla luce della
Convenzione europea dei diritti dell'uomo, Rep. 1984 pagg. 245/46 e nota
57; critico: TRECHSEL, Die Garantie der persönlichen Freiheit (art. 5 EMRK)
in der Strassburger Rechtsprechung, EuGRZ 1980 pag. 529).

    b) I ricorrenti - peraltro a ragione - non muovono nessuna critica
neppure alla speditezza con la quale la CRP ha sentenziato: è pacifico
infatti che, statuendo il 4 gennaio 1989, la Corte cantonale abbia deciso
non solo entro breve termine ai sensi dell'art. 5 par. 4 CEDU (cfr. DTF
114 Ia 91/92 consid. 5c), ma anche conformemente alle esigenze minime che,
tenuto conto della natura dell'affare, sgorgano a tal riguardo dall'art. 4
Cost. (cfr. DTF 107 Ib 164 consid. 3b; sentenza 20 aprile 1983 in re S.,
consid. 5b non pubblicato in DTF 109 Ia 320 segg., ma apparso in RDAT
1984 n. 103).

Erwägung 3

    3.- La critica ricorsuale si appunta invece sulla procedura che ha
condotto all'emanazione del decreto impugnato. A mente dei ricorrenti, essa
non ha soddisfatto le esigenze richieste nel caso concreto dagli art. 4
Cost. e 5 par. 4 CEDU per quanto concerne il diritto di consultare gli atti
del procedimento, di preparare la propria difesa e di determinarsi quindi
con efficacia sull'istanza di proroga del carcere preventivo presentata
dal Procuratore pubblico; per di più, la Camera avrebbe anche introdotto
nuovi argomenti non invocati da quel magistrato ed avrebbe disatteso in tal
modo il loro diritto ad una procedura contraddittoria e più precisamente
il diritto di replica. Questa censura formale dev'essere sindacata per
prima poiché, se essa risultasse fondata, potrebbe rilevarsi superfluo
l'esame delle ulteriori critiche di merito.

    Per quanto concerne il richiamo dei principi istituiti dalla CEDU,
giova precisare in limine che codesti principi - quando non assicurano
all'imputato una protezione che va oltre quella già garantita dal diritto
interno - sono presi comunque in considerazione per interpretare ed
applicare i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, nella
misura in cui essi li concretizzano, e che il Tribunale federale deve
tener conto a tal riguardo della giurisprudenza degli organi convenzionali
(DTF 111 Ia 82 consid. 2b, 108 Ia 66/67 consid. 2c, 106 Ia 221, 102 Ia 381
consid. 2; J.P. MÜLLER, Elemente einer schweizerischen Grundrechtstheorie,
pagg. 179/81).

Erwägung 4

    4.- a) L'art. 5 par. 4 CEDU istituisce il diritto ad un controllo
giurisdizionale di tutti i casi di privazione della libertà esaustivamente
elencati nel paragrafo 1 lett. da a a f. Esso non precisa quali esigenze
formali debba soddisfare la procedura davanti al tribunale chiamato a
controllare la legalità della privazione di libertà. Questo silenzio
del testo dell'art. 5 par. 4 è stato rilevato dalla Corte europea
dei diritti dell'uomo già nella sentenza Neumeister del 27 giugno 1968
(Publications de la Cour, Série A, vol. 8, n. 22/24). In quell'occasione
essa ritenne inapplicabile il principio dell'uguaglianza delle armi
all'esame di domande di concessione della libertà provvisoria e precisò
che la contraria opinione non poteva essere sostenuta con riferimento
al testo dell'art. 6 par. 1, né poteva esser dedotta dal termine di
"tribunale" impiegato nell'art. 5 par. 4 poiché quest'ultimo "ne se
rapporte aucunement à la procédure à suivre".

    Nella giurisprudenza successiva, la Corte europea ha tuttavia precisato
che dallo scopo e dall'oggetto dell'art. 5, come pure dai termini stessi
del paragrafo 4, emerge che per costituire un tribunale l'organo "doit
offrir les garanties fondamentales de procédure appliquées en matière de
privation de liberté" (sentenza De Wilde, Ooms e Versyp citata, ibidem,
n. 76 e 78; sentenza Winterwerp del 24 ottobre 1979, Publications de la
Cour, Série A, vol. 33, n. 60), anche se le istanze giudiziarie previste
dall'art. 5 par. 4 "ne doivent pas toujours s'accompagner de garanties
identiques à celles que l'art. 6 par. 1 prescrit pour les litiges civils ou
pénaux". Parimenti la giurisprudenza del Tribunale federale, richiamandosi
a quella degli organi di Strasburgo, ha ritenuto che le esigenze da porre
al procedimento giudiziario previsto dall'art. 5 par. 4 CEDU debbono
in linea di principio esser dedotte soltanto dall'art. 5 stesso e che -
in materia di privazione della libertà a scopo di assistenza (art. 397a
segg. CC) - le disposizioni dell'art. 6 par. 1 CEDU non possono essere
direttamente applicate (DTF 114 Ia 185 segg., consid. 3 b-c).

    Sempre secondo la giurisprudenza della Corte dei diritti dell'uomo, per
determinare se una procedura offre garanzie sufficienti bisogna prendere
in considerazione "la nature de la privation de liberté dont il s'agit",
da un canto, e "la nature particulière des circonstances dans laquelle
elle se déroule", dall'altro, ritenuto che "les modalités de la procédure
voulue par la Convention ne doivent ... pas nécessairement être identiques
dans chacun des cas où celle-ci requiert l'intervention d'un tribunal"
(sentenza De Wilde, Ooms e Versyp citata, ibidem, n. 76 e 78; sentenza
Winterwerp citata, ibidem, n. 57; sentenza Sanchez-Reisse del 21 ottobre
1986, Publications de la Cour, Série A, vol. 107, n. 51).

    Se si analizzano le sentenze della Corte concernenti le garanzie
formali che deve offrire la procedura prevista dall'art. 5 par. 4 CEDU,
si può constatare come questa - oltre a distinguere fra i diversi casi
di privazione della libertà previsti dal paragrafo 1 lett. a a f -
considera per il suo giudizio quanto al rispetto o alla violazione
della norma citata la procedura che si è svolta nel suo complesso, e
pone l'accento in modo particolare sulla facoltà di cui ha concretamente
fruito la persona privata della libertà per far valere efficacemente il
suo punto di vista e muovere obiezioni agli argomenti che le sono opposti,
ponendo alte esigenze a proposito del diritto di essere sentito e della
effettiva contraddittorietà del procedimento.

    Così, nella citata sentenza Sanchez-Reisse del 21 ottobre 1986,
relativa ad un caso di carcerazione estradizionale (art. 5 par. 1 lett. f
CEDU) concernente la Svizzera, la Corte ha ritenuto che l'arrestato
non aveva fruito di una procedura veramente contraddittoria, poiché il
Tribunale federale - che egli aveva adito con una domanda di scarcerazione
- non gli aveva consentito di prender posizione né per iscritto né
in occasione di una comparsa personale sul preavviso (in sostanza,
le osservazioni alla domanda di liberazione) presentato dall'Ufficio
federale di polizia: rivenendo senza indicazioni di motivi sulla sentenza
Neumeister del 27 giugno 1968, essa ha sottolineato che il fatto per cui
Sanchez-Reisse già avesse addotto nella sua domanda le circostanze che,
a suo modo di vedere, militavano per la messa in libertà, non bastava a
procurargli "à elle seule l'indispensable (égalité des armes)", e questo
nonostante che nulla inducesse a ritenere che una comparsa personale
"aurait pu convaincre les magistrats de la nécessité de le libérer"
(Publications de la Cour, Série A, vol. 107, n. 51). Quanto al preavviso
dell'Ufficio federale di polizia, sul quale il Tribunale federale non
aveva ritenuto di dover sentire l'interessato, la Corte - per ritenere
che l'uguaglianza delle armi non fosse garantita - non ne ha analizzato
il contenuto concreto, ma si è limitata a rilevare che questo preavviso
"pouvait introduire ensuite des éléments de fait ou de droit appelant,
de la part du détenu, des réactions, des critiques, voire des questions
dont le Tribunal fédéral devait pouvoir prendre connaissance avant de se
prononcer" (sentenza citata, ibidem, n. 51).

    b) A questa giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo il
Tribunale federale si è adagiato. Esso ne ha tratto la conseguenza che, in
materia di istanze di scarcerazione, sussiste per il carcerato un diritto
di replicare alle osservazioni presentate dall'autorità di persecuzione,
indipendentemente dalla questione di sapere se queste osservazioni
contengano o meno nuovi argomenti, e ciò nonostante il rischio di un
prolungamento della procedura di per sé contrario all'esigenza di una
decisione entro brevi termini posta dall'art. 5 par. 4 CEDU (DTF 114 Ia
86/88 consid. 3; sentenza 19 agosto 1988 in re W.; sentenza 20 luglio
1988 in re E., consid. 2b-c; inoltre DTF 115 Ia 60 consid. 2c).

    c) Per quanto riguardi un caso di detenzione dopo condanna da parte di
un tribunale competente (art. 5 par. 1 lett. a CEDU), è pure interessante
per le questioni qui controverse la sentenza della Corte europea dei
diritti dell'uomo (plenaria) del 2 marzo 1987 nella causa Weeks c. Regno
Unito di Gran Bretagna (Publications de la Cour, Série A, vol. 114): la
Corte ha statuito che la Commissione di liberazione condizionale inglese,
cui incombe di esaminare la ricorrenza delle condizioni di liberazione
di un detenuto, pur essendo da considerare per la sua indipendenza come
un "tribunale" ai sensi dell'art. 5 par. 4 CEDU, non offre le garanzie
minime di procedura richieste da tale disposizione convenzionale perché
non è tenuta a rivelare al detenuto tutti gli elementi sfavorevoli in
suo possesso (ibidem, n. 30/31 e 66).

    d) Infine può esser fatto riferimento anche al rapporto adottato l'8
ottobre 1987 dalla Commissione europea dei diritti dell'uomo nel caso Lamy
c. Belgio, attualmente pendente davanti alla Corte su richiesta della
Commissione stessa. Questo caso si riferisce, come quello in esame, al
controllo della detenzione preventiva da parte di istanze giudiziarie. Ora
la Commissione - con espresso riferimento alle precitate sentenze della
Corte in re Sanchez-Reisse e Weeks - ha ritenuto a maggioranza (7 voti
contro 3) che le esigenze minime di procedura garantite dall'art. 5
par. 4 CEDU non erano state ossequiate, perché il difensore del prevenuto
non aveva avuto accesso all'incarto durante i primi trenta giorni della
detenzione preventiva, e segnatamente ai verbali allestiti dal giudice
istruttore e dalla polizia giudiziaria durante questo periodo: egli era
stato quindi impedito di organizzare in modo appropriato la difesa del
cliente, mentre le giurisdizioni d'istruzione gli opponevano appunto
le dichiarazioni da lui stesso rese, come pure quelle fatte da un suo
coimputato davanti alla polizia giudiziaria e al giudice istruttore
(rapporto citato, n. 84 a 94; cfr. anche l'opinione parzialmente
dissidente espressa su tal punto dai membri Trechsel, Kiernan e Hall).

Erwägung 5

    5.- a) L'art. 4 Cost. - esplicitamente invocato dai ricorrenti accanto
all'art. 5 par. 4 CEDU - garantisce in modo particolare il diritto di
essere sentiti, che comprende varie pretese, fra cui quella di esprimersi
prima che una decisione sia presa, quella di fornire prove sui fatti
rilevanti per il giudizio, quella di farsi rappresentare o assistere,
quella di ottenere una decisione motivata e soprattutto - per ciò che
qui interessa - quella di prendere conoscenza degli atti di causa (DTF
111 Ia 103/104 consid. 2b, 110 Ia 85 consid. 4a, 109 Ia 233 consid. 5b,
108 Ia 294). Il diritto di consultare gli atti, alla stregua di quello
di esaminare le prove assunte dall'autorità, rientra nel diritto di
essere sentiti poiché costituisce la premessa necessaria del diritto di
esprimersi e di esporre i propri argomenti, vero fulcro del diritto di
essere uditi: in tale misura l'esame degli atti, rispetto al diritto
di esprimersi, costituisce un prius che ne condiziona l'esercizio e
partecipa inoltre alla cosiddetta natura formale del diritto di essere
sentito (DTF 112 Ia 380 consid. 2a, 110 Ia 77, 109 Ia 5, 226/27 consid.
2d). Quanto all'esercizio di questo diritto dedotto dall'art. 4 Cost., il
Tribunale federale ha già avuto modo di precisare che esso è in linea di
principio soddisfatto quando l'interessato ha potuto prendere conoscenza
dei documenti che costituiscono l'inserto di causa, esaminandoli presso
la sede dell'autorità giudicante e prendendo, ove occorra, i necessari
appunti (DTF 112 Ia 380 consid. 2b, 108 Ia 7 consid. 2b).

    b) I criteri giurisprudenziali appena evocati trovano la loro
applicazione anche nell'ambito della procedura penale, dove la portata
e l'estensione del diritto di essere sentito - e pertanto di quello di
consultare gli atti - si determinano in base agli interessi in presenza e
alle circostanze del caso (DTF 111 Ia 274 consid. 2b, 105 Ia 196/97). In
materia di detenzione preventiva, il Tribunale federale ha già avuto
l'opportunità di rilevare che se l'art. 4 Cost. non accorda all'imputato
il diritto di essere sentito prima di ogni proroga della carcerazione,
esso gli assicura nondimeno quello di aggravarsi contro la decisione di
proroga davanti ad un'autorità giudiziaria munita di piena cognizione,
al fine di opporre in quella sede le proprie ragioni ed obiezioni:
questa garanzia minima corrisponde d'altronde al "diritto di indirizzare
un ricorso ad un tribunale", perché si determini sulla legalità della
detenzione, conferito all'imputato carcerato dall'art. 5 par. 4 CEDU
(DTF 105 Ia 206/207 consid. 2 e 3). Ora è palese che, dinanzi ad una
decisione con cui il giudice istruttore o il procuratore pubblico ordinano
l'arresto preventivo o ne dispongono la proroga, il diritto dell'accusato
di difendersi convenientemente e di esprimersi sul provvedimento preso
a suo carico davanti all'autorità di ricorso implica anche quello di
consultare gli atti essenziali che codesto magistrato aveva a disposizione
e di prendere conoscenza non solo degli elementi che possono giustificare
la carcerazione, ma anche di quelli che gli sono favorevoli e che possono
quindi essere opposti alla privazione della libertà: questo fondamentale
diritto costituisce infatti la premessa necessaria per controbattere
con efficacia gli argomenti del magistrato, per assicurare una certa
contraddittorietà della procedura e per garantire quindi il rispetto del
principio della parità delle armi, pure sgorgante dall'art. 4 Cost. (cfr.
DTF 114 Ia 180/81 consid. a).

    Né la situazione può ovviamente essere diversa allorché la proroga del
carcere preventivo è decisa in prima ed unica istanza da un tribunale,
così come inteso dall'art. 5 par. 4 CEDU, su richiesta del magistrato
inquirente o requirente (cfr. supra, consid. 2a): il diritto d'essere
sentito del prevenuto e quello di consultare gli atti verranno esercitati
in tal caso davanti all'autorità giudiziaria unica chiamata a pronunciarsi
sulla proroga della detenzione e a controllarne la legalità (cfr. sentenza
23 febbraio 1977 in re W., consid. 1a-b).

    c) Vero è che l'osservanza completa dell'obbligo di garantire al
prevenuto l'accesso all'incarto per aggravarsi con cognizione di causa
contro il mantenimento della detenzione preventiva potrebbe compromettere
in determinate circostanze il raggiungimento degli scopi dell'inchiesta
ed attenuare l'efficacia della lotta contro il crimine. Questo pericolo
non deve però essere sopravvalutato.

    Innanzitutto, non si tratta di conferire all'imputato l'incondizionato
diritto di consultare l'intero inserto processuale, ma di mettergli
semplicemente a disposizione gli atti essenziali che sono determinanti
per la questione della carcerazione preventiva, consentendogli in tal
modo di contestare con la necessaria consapevolezza i relativi argomenti
dell'autorità e di esercitare pienamente il proprio diritto di essere
sentito davanti all'istanza cui compete il controllo giurisdizionale
della privazione della libertà. D'altra parte, non va scordato che
il diritto di consultare gli atti può comunque comportare eccezioni o
restrizioni richieste dalla tutela di legittimi interessi pubblici o
privati contrastanti (DTF 112 Ia 101 consid. 5b, 380 consid. 2a, 110 Ia
85/86 consid. 4a-b, 95 I 109 consid. 2b) e che l'autorità penale dispone
a tal riguardo di tutta una serie di accorgimenti, quali lo stralcio
del nome di un teste o la comunicazione di determinati documenti,
con esclusione di altri (cfr. DTF 110 Ia 87 consid. 5, 98 Ib 171
consid. 4). In quest'ordine di idee, si può far riferimento a titolo
d'esempio agli art. 26 e segg. della legge federale sulla procedura
amministrativa, rilevando inoltre che i principi essenziali che essi
enunciano hanno una portata generale ed erano già stati dedotti - prima
dell'entrata in vigore di detta legge - dall'art. 4 Cost. (DTF 98 Ib 169
consid. 1): il legislatore federale ha infatti conferito per principio
alle parti e ai loro rappresentanti il diritto di consultare gli atti,
ivi compresi i processi verbali d'interrogatorio (art. 26), ha previsto
i casi ove questo esame può essere negato, con la precisazione che il
diniego dev'essere ristretto agli atti soggetti a segreto (art. 27 e
18 cpv. 2), ed ha stabilito infine (art. 28 e 18 cpv. 3) che l'atto o
il verbale d'interrogatorio il cui esame è stato rifiutato alla parte
può essere adoperato contro di essa soltanto se l'autorità gliene ha
comunicato oralmente o per iscritto il contenuto essenziale quanto alla
contestazione e le ha dato inoltre la possibilità di pronunciarsi e
indicare prove contrarie.

Erwägung 6

    6.- Applicati al caso in esame, i criteri giurisprudenziali appena
descritti, tratti dall'art. 4 Cost. e dalla Convenzione, inducono alle
constatazioni e alle considerazioni seguenti:

    a) I difensori degli incolpati non hanno avuto accesso agli atti
delle informazioni preliminari, segnatamente ai verbali della polizia
giudiziaria, ai rapporti della stessa come pure ai verbali d'interrogatorio
dei prevenuti e dei testi da parte del Procuratore pubblico. L'asserzione
contenuta nella decisione impugnata, secondo cui i difensori avrebbero
quantomeno posseduto il rapporto preliminare della polizia giudiziaria del
5 settembre 1988 si è rivelata - com'è fatto valere nel ricorso - inesatta:
vero è soltanto che il precedente patrono dei ricorrenti ha potuto prendere
conoscenza, senza tuttavia ottenere copia, di tale rapporto.

    b) I ricorrenti hanno bensì potuto prendere posizione sull'esposto
presentato dal Procuratore pubblico il 22 dicembre 1988 a sostegno della
domanda di proroga della carcerazione: ma tale presa di posizione ha dovuto
essere formulata senza poter prendere visione degli atti sulla scorta
dei quali l'istanza era stata redatta. Ora, fra questi atti non v'erano
soltanto i verbali delle loro deposizioni - che i prevenuti potevano
invero conoscere almeno nelle grandi linee - ma anche quelli delle
dichiarazioni dei testi, il cui tenore esatto essi ed i loro difensori
manifestamente non conoscevano e che è loro ignoto a tutt'oggi. Né si
può rimproverare in quest'ambito ai ricorrenti di non aver dimostrato che
l'esame degli atti non consultati avrebbe consentito loro di esprimersi
in modo diverso, di sollevare altre obiezioni, di opporsi al Procuratore
pubblico con argomenti di maggior peso e di influire quindi sull'esito
della procedura: non solo nella giurisprudenza del Tribunale federale,
ma anche in quella della Corte europea dei diritti dell'uomo, seppur con
una terminologia diversa, il diritto di essere sentito è di natura formale
e la sua disattenzione comporta una violazione dell'art. 4 Cost., risp.
dell'art. 5 par. 4 CEDU, indipendentemente dalla questione di sapere se
- in caso di rispetto di tale diritto - l'esito della decisione presa
dall'autorità chiamata a pronunciarsi sulla detenzione avrebbe potuto
essere diverso (sentenza 27 febbraio 1977 in re W., già citata, consid. 1
b; sentenza Sanchez-Reisse, citata, ibidem, n. 51).

    c) L'istanza aggiuntiva del 23 dicembre 1988 inoltrata dal Procuratore
pubblico non risulta esser stata intimata ai patroni dei ricorrenti per
osservazioni. Certo, simile censura non è sollevata nel ricorso di diritto
pubblico: ma di tale omissione non si può far carico ai difensori, ai quali
l'esistenza di tale istanza complementare non era verosimilmente nota.

    d) Senza che sia necessario analizzare nei particolari se - come
sostengono i ricorrenti - la CRP si sia veramente fondata nella sua
decisione anche su argomenti o circostanze che il Procuratore pubblico non
aveva allegato nella sua istanza del 22 dicembre 1988 e che non risultavano
neppure nella precedente sentenza, emerge con chiarezza dalla decisione
impugnata che la corte cantonale - come d'altronde riconosciuto nel
suo rapporto del 2 marzo 1989 - si è fondata quantomeno su circostanze
particolari che risultavano dagli atti da essa estratti in fotocopia
ai fini della decisione, elementi cui l'istanza di quel magistrato non
faceva - comprensibilmente - esplicita allusione.

    e) La richiesta di esaminare gli atti presentata dai difensori alla
Camera è stata dichiarata irricevibile ed in subordine respinta nel
merito. L'una e l'altra motivazione non resistono alla critica ricorsuale.

    ea) Quanto alla motivazione formale, si deve riconoscere che un'istanza
di consultazione degli atti ai fini generali della difesa di merito di
un prevenuto dev'essere presentata per principio al Procuratore pubblico,
titolare dell'azione penale in sede di informazioni preliminari (art. 142
CPP): tuttavia, non si può sostenere - senza diniego di giustizia e
violazione dell'art. 4 Cost. - che tale richiesta non possa e non debba
essere inoltrata alla CRP, quando quest'ultima statuisce sulla proroga del
carcere preventivo giusta l'art. 45 cpv. 2 e 3 CPP, quale prima ed unica
istanza giudiziaria chiamata ad effettuare il controllo giurisdizionale
della privazione della libertà (art. 5 par. 4 CEDU; DTF 105 Ia 206/207).

    eb) Nel merito, la corte cantonale ha respinto la domanda dei
ricorrenti, richiamandosi alla segretezza dell'inchiesta sino alla
conclusione dell'istruttoria formale davanti al giudice istruttore
(art. 58, 151 CPP) ed invocando la sentenza 13 febbraio 1975 in re
Schkölziger (DTF 101 Ia 17/18), ove il Tribunale federale in un caso
concernente una richiesta di libertà provvisoria durante l'istruzione -
ha affermato che una norma cantonale che consente all'imputato e al suo
difensore di prendere conoscenza degli atti solamente dopo la chiusura
dell'istruttoria non viola l'art. 4 Cost. e che del resto il prevenuto,
per presentare una siffatta domanda, non deve sapere quello che le
autorità penali già sanno di lui. Ma questa giurisprudenza non può più
essere mantenuta davanti all'evoluzione che ha caratterizzato il diritto
di essere sentito assicurato all'imputato carcerato dall'art. 4 Cost. e
dai principi istituiti dalla CEDU che concretizzano questo diritto e che
debbono quindi esser tenuti in considerazione, unitamente alla relativa
prassi degli organi convenzionali (supra, consid. 3, 4 et 5).

    Nel caso in rassegna, la CRP era chiamata ad esaminare se il
presupposto fondamentale della carcerazione preventiva era adempiuto: essa
doveva quindi stabilire se, a carico dei fratelli Magharian, sussistevano
"gravi indizi di colpabilità" ai sensi dell'art. 33 CPP, vale a dire se
vi erano "ragioni plausibili per sospettare" che essi avessero commesso
un reato secondo l'art. 5 par. 1 lett. c CEDU. Ora, come risulta dalla
giurisprudenza precedentemente richiamata, la possibilità garantita
dall'art. 4 Cost. e dall'art. 5 par. 4 CEDU di controbattere efficacemente
gli argomenti fatti valere per la giustificazione materiale del carcere
preventivo, implica che l'imputato sia messo previamente al corrente degli
elementi dai quali l'autorità di persecuzione deduce i gravi sospetti o
indizi di colpevolezza, con facoltà di esaminare nel dettaglio gli atti
essenziali sui quali tali elementi si pretendono fondati: questo esame
dei documenti importanti che il magistrato penale aveva a disposizione
per ordinare o mantenere la detenzione preventiva costituisce infatti la
premessa necessaria del diritto di difesa del prevenuto e - come già s'è
visto - non può essere rifiutato sistematicamente per ragioni di principio,
ma soltanto - e casomai parzialmente - se interessi pubblici o privati
assolutamente preminenti vi si contrappongono (supra, consid. 5c).

    Ne consegue che le disposizioni della procedura cantonale,
nella misura in cui fanno veramente ostacolo a codesta informazione
preventiva dell'accusato e gli impediscono a priori di consultare gli
atti determinanti dell'inchiesta, contravvengono all'art. 4 Cost. e alla
Convenzione e non possono essere applicate, come il Tribunale federale
può constatare in via pregiudiziale (DTF 113 Ia 70 consid. 5a, 112 Ia 112
consid. 3a; sentenza 16 giugno 1988 in re S., consid. 1b non pubblicato
in DTF 114 Ia 183 segg., ma apparso in EuGRZ 1988 pag. 607).

    f) D'altra parte la CRP - che ha negato ai ricorrenti codesto esame
degli atti essenziali, senza prevalersi della necessità di salvaguardare in
concreto interessi preponderanti - ha pure rifiutato di indire l'udienza
che gli stessi ricorrenti avevano richiesto. Ora, questa udienza avrebbe
potuto permettere di ovviare alle lacune della procedura e consentire ai
difensori dei prevenuti di tutelare le loro ragioni in modo conforme a
quanto voluto dagli art. 4 Cost. e 5 par. 4 CEDU: che una simile udienza
contraddittoria non sia prevista dalla procedura penale ticinese -
come osserva la CRP - non muta alcunché, dal momento che detta procedura
neppure la esclude e che l'obbligo di ossequiare la Costituzione federale
e la Convenzione prevale comunque sulle disposizioni del diritto cantonale
(cfr. DTF 107 Ia 55 consid. 2b, 105 V 3 consid. b).

    g) Discende dalle suesposte considerazioni che la procedura - nel
suo complesso - non ha compiutamente garantito ai prevenuti quella
partecipazione adeguata dell'individuo colpito dalla decisione che
l'autorità intendeva prendere ed in particolare quell'accesso agli atti
essenziali di cui disponeva il Procuratore pubblico per introdurre la
sua richiesta volta al mantenimento della detenzione preventiva: in altre
parole la CRP - che non ha permesso ai ricorrenti di consultare l'incarto,
richiamandosi alla segretezza dell'inchiesta in modo aprioristico e
senza sostenere che una simile consultazione avrebbe compromesso gli
scopi dell'istruttoria o minacciato legittimi interessi contrastanti -
ha disatteso il loro diritto di essere sentiti e non li ha messi in
condizione di esercitare con efficacia le loro facoltà di difesa.

    Questa constatazione trae seco che la decisione impugnata dev'essere
annullata per ragioni formali e che la causa dev'essere ripristinata
davanti all'autorità cantonale perché, rimediato a codesto vizio, si
pronunci di nuovo tenendo conto dei considerandi dell'istanza federale (DTF
111 Ia 329 consid. 7d, 104 Ia 63). Un simile esito esime il Tribunale
federale dall'obbligo di sindacare le ulteriori censure sollevate dai
ricorrenti e non implica ovviamente alcun giudizio di merito circa
l'esistenza delle condizioni materiali che legittimano la proroga della
carcerazione.

Entscheid:

      Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

    Il ricorso è accolto nel senso dei considerandi e la decisione
impugnata è annullata.