Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 114 IA 395



114 Ia 395

68. Estratto della sentenza 29 giugno 1988 della I Corte di diritto
pubblico nella causa F. X. c. Gran Consiglio della Repubblica e Cantone
del Ticino (ricorso di diritto pubblico). Regeste

    Art. 82 lit. b und c des Tessiner Gemeindeorganisationsgesetzes
vom 10. März 1987; Unvereinbarkeit des Amtes eines Mitglieds der
Gemeindeexekutive mit dem Richteramt, bzw. jenes Amtes mit der Funktion
des Geistlichen.

    1. Legitimation zur Stimmrechtsbeschwerde (Art. 85 lit. a OG).

    a) Grundsatz und Besonderheit im Zusammenhang mit der staatsrechtlichen
Beschwerde wegen Verletzung verfassungsmässiger Rechte des Bürgers (E. 3a).

    b) Die Unvereinbarkeit eines politischen Mandats mit bestimmten
Funktionen oder bestimmten Ämtern kann im Rahmen einer gestützt auf
Art. 85 lit. a OG erhobenen staatsrechtlichen Beschwerde geltend gemacht
werden und zwar steht dieses Rechtsmittel nicht nur dem gewählten Bürger
zu, der unmittelbar von der Unvereinbarkeitsklausel betroffen ist,
sondern auch andern Bürgern, die sich damit gegen die Nichtbeachtung
einer solchen Klausel oder unmittelbar gegen eine Norm, die eine solche
Unvereinbarkeitsklausel einführt, zur Wehr setzen wollen (Bestätigung
der Rechtsprechung) (E. 3b).

    2. Kassatorische Natur und Pflicht zur Begründung der staatsrechtlichen
Beschwerde gemäss Art. 85 lit. a OG (E. 4).

    3. Prüfungsbefugnis des Bundesgerichts im Bereich der abstrakten
Normkontrolle (E. 5).

    4. Unterscheidung zwischen Unvereinbarkeit und Unwählbarkeit; Fälle,
in denen diese Unterscheidung von rein theoretischer Bedeutung ist;
Zweck der Unvereinbarkeitsklausel (E. 6).

    5. Prüfung der in Art. 82 lit. b und c des
Gemeindeorganisationsgesetzes geregelten Unvereinbarkeit.

    a) Die Unvereinbarkeit des Amtes eines Mitglieds der Gemeindeexekutive
mit dem Richteramt beruht auf ernsthaften und sachlichen Gründen und
beschränkt die politischen Rechte des Bürgers nicht in unzulässiger Weise
(E. 7).

    b) Hingegen beruht die Vorschrift, die die Unvereinbarkeit des
geistlichen Standes mit dem Gemeindeexekutivamt regelt, nicht auf einem
überwiegenden und entsprechend nachgewiesenen öffentlichen Interesse und
verletzt die Rechtsgleichheit; sie lässt sich auch nicht mit Art. 75 BV
rechtfertigen (E. 8).

Sachverhalt

    A.- In data 2 luglio 1985, il Consiglio di Stato del Cantone Ticino
ha sottoposto al Gran Consiglio il progetto di revisione della legge
organica comunale del 1o marzo 1950. Per ciò che qui interessa, codesto
progetto ha mantenuto la ripartizione esistente dei poteri locali fra
l'assemblea comunale o il consiglio comunale ed il municipio, la cui
organizzazione e le cui attribuzioni erano definite dal capitolo IV,
agli art. 81 e segg. Organo esecutivo e amministrativo del Comune,
incaricato di rappresentarlo verso i terzi, il municipio doveva comporsi
in linea di principio di 5 o 7 membri ed il Consiglio di Stato conservava
la facoltà di ridurre questo numero a 3 o di portarlo a 11 per tener
conto di circostanze particolari. Il disegno di legge (art. 82) manteneva
pure l'istituto dei supplenti, ma soltanto per i municipi di 3 membri,
ed il loro numero era limitato a 2; negli altri Comuni, il regolamento
comunale poteva prevedere i supplenti in numero non superiore ai 2/3
dei membri del municipio. Nel progetto di legge, la questione delle
incompatibilità per carica era trattata dall'art. 83, il quale prescriveva
che la carica di municipale non poteva essere assunta dai Consiglieri di
Stato e dal Cancelliere dello Stato, dagli ecclesiastici, dai docenti
di nomina comunale e dai dipendenti dal Comune e delle sue aziende.
Questo disposto riprendeva il testo dell'art. 63 della legge del 1950,
rinunciando tuttavia ad istituire un'incompatibilità per i medici condotti
(lett. d) ed i cittadini che non risiedono in modo costante nel Comune
(lett. a).

    La nuova legge organica comunale è stata adottata dal Gran Consiglio
della Repubblica e Cantone del Ticino il 10 marzo 1987. Il Parlamento ha
fissato il numero massimo dei municipali la cui carica è obbligatoria
a 7 (art. 80) ed ha aderito al progetto del Consiglio di Stato per la
carica di supplente (art. 81). Sul tema dell'incompatibilità per carica,
esso ha fatto propria la proposta della Commissione della legislazione,
contenuta nel rapporto del 14 gennaio 1987 (pagg. 15 e 57), e l'ha estesa
ai giudici di un tribunale, ai procuratori pubblici, ai giudici istruttori
e al magistrato dei minorenni, con la sola eccezione dei giudici di pace
(art. 82).

    La citata legge è stata pubblicata sul Foglio ufficiale n. 32 del 21
aprile 1987 ed il termine per l'esercizio del diritto di referendum, che
non è stato utilizzato, è scaduto infruttuoso il 21 maggio successivo. Con
decreto del 30 giugno 1987, il Consiglio di Stato ha quindi disposto la
pubblicazione della legge nel Bollettino ufficiale n. 28 del 7 luglio
1987 e ne ha stabilito l'entrata in vigore a contare dalla data di
pubblicazione: per l'art. 82 lettere b e c, relative all'incompatibilità
della carica di municipale con lo stato ecclesiastico e la funzione
giudiziaria, l'entrata in vigore è stata differita al 24 aprile 1988.

    Il lic. iur. F. X., domiciliato a G., è insorto contro le lettere b
e c dell'art. 82 della nuova legge con ricorso di diritto pubblico del 19
maggio 1987, chiedendo al Tribunale federale di annullarle e protestando
spese e ripetibili.

    Il Consiglio di Stato del Cantone Ticino, per sé e in rappresentanza
del Gran Consiglio, ha concluso alla reiezione del gravame.

Auszug aus den Erwägungen:

                   Considerando in diritto:
I. In ordine

Erwägung 3

    3.- a) Il ricorso di diritto pubblico per violazione dei diritti
costituzionali del cittadino (art. 84 cpv. 1 lett. a, 87 OG) - allorché
l'atto in contestazione è come nella fattispecie un decreto - è aperto a
qualsiasi persona fisica o giuridica che è colpita dalla regolamentazione
impugnata nei suoi interessi giuridicamente protetti o che, con un
minimo di verosimiglianza, potrebbe un giorno esser toccata da questa
regolamentazione e subire un certo pregiudizio: ai fini dell'ammissibilità
del gravame secondo l'art. 88 OG, basta pertanto che la persona fisica
o giuridica sia virtualmente lesa nei suoi diritti costituzionali (DTF
112 Ia 32 consid. 2a, 110 Ia 10 consid. 1a, 106 Ia 357 consid. 1a, 104
Ia 152 consid. 2a; Rep. 1985 pag. 74).

    Sotto il profilo della legittimazione ricorsuale, il ricorso per
violazione dei diritti costituzionali del cittadino si distingue da quello
proposto per la lesione di diritti politici (art. 85 lett. a OG). Secondo
la giurisprudenza, infatti, qualsiasi cittadino che possiede l'esercizio di
codesti diritti nel Cantone che ha emanato l'atto impugnato può proporre
un ricorso di diritto pubblico concernente il suo diritto di voto o
relativo alle elezioni e votazioni cantonali, indipendentemente dalle
norme del diritto costituzionale cantonale e del diritto federale sulle
quali si fondano, e questo particolare rimedio può esser d'altronde
esperito anche se il ricorrente non ha alcun interesse personale e
giuridico all'annullamento dell'atto poiché la potestà ricorsuale si
determina in questo campo alla sola luce dell'art. 85 lett. a OG (DTF
112 Ia 224 consid. 1a, 105 Ia 359/60 consid. 4a, 104 Ia 229 consid. 1b,
355 consid. 1c, 99 Ia 728 segg. consid. 1; KÄLIN, Das Verfahren der
staatsrechtlichen Beschwerde, pagg. 262/63; AUER, Les droits politiques
dans les cantons suisses, pagg. 80/81).

    b) Nel caso in rassegna, il ricorrente ha impugnato una norma
che istituisce delle incompatibilità per carica, ma che non sancisce
l'ineleggibilità di ecclesiastici e magistrati (art. 82 lett. b e c
LOC). Ora, il Tribunale federale ha ritenuto per anni che il cittadino
che non può esercitare il suo mandato politico in virtù di una regola
sull'incompatibilità non può prevalersi dell'art. 85 lett. a OG e può
invocare soltanto l'art. 4 Cost. per arbitrio e disparità di trattamento,
onde la sua legittimazione dev'essere esaminata sotto il profilo
dell'art. 88 OG: a sostegno di questo assunto, il Tribunale federale aveva
sostanzialmente addotto che le regole sulle incompatibilità non scalfiscono
il diritto di eleggere e di essere eletto, e non impediscono quindi che una
persona venga proposta come candidato e venga - se del caso - validamente
eletta (cfr. ZBl 61/1960 pag. 197 consid. 3; BUFFAT, Les incompatibilités,
tesi Losanna 1987, pag. 220). In queste circostanze il ricorrente - che
è licenziato in diritto - sarebbe senz'altro legittimato ad impugnare la
norma che istituisce l'incompatibilità dei magistrati (art. 82 lett. b),
ma non potrebbe invece ricorrere contro l'esclusione dei sacerdoti (art. 82
lett. c), essendo infatti inverosimile o come minimo poco probabile ch'egli
intraprenda un giorno la vita ecclesiastica e si porti poi candidato alla
carica di municipale (cfr. Rep. 1985 pag. 75 consid. cc): sotto questo
profilo il ricorrente non potrebbe dunque prevalersi di una virtuale
lesione dei suoi interessi giuridicamente protetti ed il ricorso sarebbe
inammissibile in virtù dell'art. 88 OG.

    La giurisprudenza appena esposta è stata però progressivamente
abbandonata ed il Tribunale federale ammette ora che la nozione di
incompatibilità dev'essere considerata come un derivato del diritto di
voto e di eleggibilità poiché le relative clausole possono produrre, in
sostanza, gli stessi effetti di quelle che sanciscono l'ineleggibilità:
esso ha così dedotto che il problema della compatibilità di un mandato
politico con determinate funzioni ufficiali può essere sollevato
nell'ambito di un ricorso di diritto pubblico fondato sull'art. 85
lett. a OG e che questa via è aperta non solo al cittadino eletto che si
trova in un caso di incompatibilità, ma anche agli altri cittadini che
si aggravano contro il mancato rispetto delle relative clausole o che
insorgono direttamente contro un atto normativo che istituisce regole
di incompatibilità (DTF 91 I 262 consid. 2; sentenza 8 maggio 1963 in re
Konservativ-christlich-soziale Volkspartei Grenchen e Pfister, consid. 1 e
2 non pubblicati in DTF 89 I 75 segg.; sentenza 30 marzo 1979 in re Roulin,
consid. 2; sentenza 22 settembre 1982 in re Pellaton, consid. 1a; sentenza
9 febbraio 1983 in re Sutter e Schneider, consid. 1b; sentenza 27 novembre
1985 in re Gex-Fabry, consid. 1a; sentenza 28 gennaio 1987 in re Brunner
e Holenweg, consid. 1a; BUFFAT, op.cit., ibidem). Questa giurisprudenza
- che non è stata invero sempre seguita (cfr. ad es. la sentenza 8
marzo 1977 in re Planchamp, consid. 2) - merita conferma. In effetti
il diritto di voto dei cittadini protetto dall'art. 85 lett. a OG - che
comprende quello di eleggere e di essere eletto (DTF 91 I 192 consid. 1a,
262 consid. 2; sentenza Brunner e Holenweg citata, consid. 1a) comporta
anche il diritto di esigere che le autorità scelte dal popolo non siano
composte da persone che non possono praticamente assumere la carica per un
motivo d'incompatibilità: l'elettore può quindi pretendere che una persona
che non può esercitare il proprio mandato per tal motivo non lo eserciti
effettivamente dopo esser stata eletta (cfr. DTF 91 I 262 consid. 2).
Ora questo assunto, interpretato a contrario, conferisce all'elettore il
diritto di esigere che un candidato eletto non venga indebitamente privato
della facoltà di esercitare il suo mandato elettivo attraverso clausole
d'incompatibilità che sono sprovviste di giustificazioni oggettive:
ne consegue che le regole sulle incompatibilità limitano, in pratica,
il diritto di elettorato attivo e passivo e toccano quindi direttamente
il diritto di voto dei cittadini tutelato dall'art. 85 lett. a OG.

    c) Se ne deve concludere che il ricorrente - iscritto nei cataloghi
civici del Comune di G. e cittadino attivo nel Cantone giusta gli art. 13
e segg. Cost./TI - è virtualmente leso nei suoi diritti politici
dalle contestate clausole di incompatibilità ed è quindi legittimato
ad impugnarle con il ricorso di diritto pubblico previsto dall'art. 85
lett. a OG.

Erwägung 4

    4.- Secondo la giurisprudenza, anche i ricorsi per violazione dei
diritti politici sottostanno all'obbligo di motivazione e possono tendere
soltanto all'annullamento puro e semplice dell'atto impugnato (DTF 112 Ia
225 consid. 1c, 107 Ia 219 consid. 1b; RDAT 1982 n. 1 consid. 1a). Ora,
il gravame di F. X. soddisfa i requisiti formali dell'art. 90 cpv. 1
lett. b OG e rispetta anche la natura cassatoria del rimedio esperito:
esso è quindi ricevibile nel suo complesso ed il Tribunale federale può
esaminarne il merito. II. Questioni di merito

Erwägung 5

    5.- Il ricorso di diritto pubblico è rivolto in casu contro le
lettere b e c dell'art. 82 LOC, che istituiscono un'incompatibilità fra
la carica di municipale e quella di magistrato dell'ordine giudiziario,
rispettivamente fra codesta carica e lo stato ecclesiastico: secondo
il ricorrente queste clausole di incompatibilità sarebbero inficiate
d'arbitrio, lesive del principio d'uguaglianza e contrarie alle norme
della Costituzione cantonale che disciplinano l'esercizio dei diritti
politici (art. 13, 17, 18, 19bis e 21). In queste circonstanze il Tribunale
federale controlla liberamente la conformità delle disposizioni impugnate
con il diritto costituzionale cantonale e federale che il ricorrente
ha invocato e, avuto riguardo al loro testo chiaro ed univoco, non deve
nemmeno esaminare in codesto ambito se esse siano suscettibili d'essere
interpretate ed applicate conformemente alla Costituzione: ne consegue che
se le censure ricorsuali fossero fondate, il Tribunale federale dovrebbe
annullare le predette norme ed accogliere il ricorso poiché il loro
senso letterale che non è impreciso, ambiguo o lacunoso - non potrebbe
comunque essere modificato attraverso un'interpretazione conforme (DTF
111 Ia 24/25 consid. 2, 109 Ia 74 consid. 3, 106 Ia 137/38 consid. 3a,
105 Ib 125 consid. 3).

Erwägung 6

    6.- a) L'esercizio dei diritti politici trova il suo fondamento
in un diritto pubblico soggettivo legato alla struttura democratica
della Confederazione ed è quindi garantito dal diritto costituzionale
federale (WINZELER, Die politischen Rechte des Aktivbürgers nach
schweizerischem Bundesrecht, tesi Basilea 1983, pagg. 251, 36 segg.,
70 segg.). Questo diritto fondamentale non comporta soltanto quello
di partecipare alle elezioni e votazioni (elettorato attivo), ma anche
quello di essere eletto alle cariche pubbliche la cui designazione del
titolare compete al popolo sovrano (elettorato passivo). Alla stregua di
qualsiasi libertà individuale, il diritto di voto dev'essere regolato nel
rispetto del principio d'uguaglianza e può essere limitato soltanto per
ragioni preminenti d'interesse pubblico, ossequiando il precetto della
proporzionalità (cfr. AUER, Problèmes fondamentaux de la démocratie
suisse, RDS 1984 II pagg. 40/41). Ora, le due disposizioni avversate
restringono incontestabilmente i diritti politici dei cittadini a cui esse
si riferiscono poiché limitano la loro facoltà di accedere alla carica
di municipale, in maniera più o meno assoluta, attraverso una clausola
di incompatibilità che non lascia in pratica a codesti cittadini una vera
libertà di scelta.

    b) L'incompatibilità - che si distingue dall'ineleggibilità, vale a
dire dall'incapacità di ricoprire un determinato ufficio - costituisce un
impedimento relativo per l'esercizio della carica elettiva poiché la sola
conseguenza ch'essa comporta è quella di obbligare il candidato eletto a
scegliere fra questa carica e la sua precedente funzione o occupazione
(HASELBART, Die Unvereinbarkeit im schweizerischen Staatsrecht, tesi
Friborgo 1945 pag. 5 segg.; FRANK, Die Unvereinbarkeit von Bundesbeamten
und Nationalratsmandat, tesi Zurigo 1948, pag. 58 segg.; ANDRE GRISEL,
Traité de droit administratif, vol. I, pag. 168; BUFFAT, op.cit.,
pag. 29). Quando proibiscono alla stessa persona di accedere a cariche
dello stesso livello all'interno dei tre poteri dello Stato, le clausole
di incompatibilità tendono ad assicurare il rispetto della separazione
dei poteri; per contro, quando si applicano a funzioni poste a livelli
diversi o all'interno dello stesso potere, le regole sull'incompatibilità
sono finalizzate ad evitare le concentrazioni di potere, a prevenire gli
influssi pregiudizievoli al buon funzionamento degli organi dello Stato
e a preservare l'indipendenza di questi organi e dei loro membri.

    Per la verità, vi sono casi speciali d'incompatibilità ove la
distinzione con quelli d'ineleggibilità è meno evidente poiché la libertà
di scelta lasciata al candidato eletto fra la carica elettiva e la sua
funzione anteriore è in effetti puramente teorica (BEELER, Personelle
Gewaltentrennung und Unvereinbarkeit in Bund und Kantonen, tesi Zurigo
1983, pagg. 6/7; BUFFAT, op.cit., pag. 30). Ciò vale in modo particolare
per i religiosi che appartengono alla confessione cattolica poiché
una norma che istituisce un'incompatibilità fra lo stato ecclesiastico
ed un pubblico ufficio priva di fatto l'interessato della possibilità
di accedere alla carica che egli vorrebbe ricoprire: l'ordinazione -
che conferisce lo statuto religioso nella Chiesa apostolica romana -
è infatti un atto i cui effetti non possono essere sospesi in virtù
del diritto canonico, onde l'ecclesiastico che risultasse eletto ad
una carica legalmente incompatibile con la sua condizione dovrebbe, in
assenza di un premesso peraltro eccezionale rilasciato dall'Ordinario della
diocesi competente, rinunciare alla carica o abbandonare definitivamente
l'abito talare (cfr. Codex iuris canonici, auctoritate Ioannis Pauli
PP. II promulgatus, 1983, can. 285 § 4, che riprende il can. 139 §
4 del pregresso Codice Gasparri del 1917; BURCKHARDT, Kommentar der
schweizerischen Bundesverfassung vom 29. Mai 1874, 3a ediz., pagg. 649/51).

    c) Fatte queste premesse, si deve dunque esaminare se le
incompatibilità create dall'art. 82 lett. b e c LOC rispettano il
principio d'uguaglianza e sono sorrette da un interesse pubblico eminente,
ovverosia, in altre parole, se esse non limitano in maniera inammissibile
l'esercizio del diritto di voto dei cittadini attivi nell'ambito delle
elezioni comunali.

Erwägung 7

    7.- a) L'art. 82 lett. b LOC - che prevede l'incompatibilità fra la
carica di municipale e quella di giudice di un tribunale, di procuratore
pubblico, di giudice istruttore e magistrato dei minorenni, con esclusione
dei giudici di pace - costituisce un'innovazione nel diritto elettorale
ticinese. Questa clausola non è stata proposta dal Consiglio di Stato
nel suo progetto del 2 luglio 1985, ma è stata voluta dalla Commissione
della legislazione (rapporto del 14 gennaio 1987, pag. 15), ed il Gran
Consiglio l'ha confermata - come risulta dalle osservazioni del Governo al
ricorso di diritto pubblico - "per avvalorare l'indipendenza dei magistrati
giudiziari, sottraendoli ai condizionamenti dipendenti dall'esercizio di
funzioni politiche"; il legislatore cantonale ha inoltre tenuto conto
delle critiche formulate in passato per il fatto che pretori e giudici
d'appello abbiano ricoperto la carica di municipale e addirittura
di sindaco. Aggiungasi infine che, durante i dibattiti parlamentari,
l'art. 82 lett. b del disegno di legge è stato oggetto di una proposta
di stralcio, che venne respinta con 21 voti favorevoli e 35 contrari
(Raccolta dei verbali del Gran Consiglio, sessione ordinaria autunnale
1986, pagg. 1123, 1130/32).

    b) Gli art. 21 e 22 della Costituzione ticinese fanno fede della
preoccupazione del costituente di vigilare all'indipendenza formale dei
magistrati dell'ordine giudiziario. Il primo di questi disposti lascia
alla legge il compito di definire le incompatibilità professionali o
per altre cariche per i giudici e i funzionari giudiziari, mentre il
secondo stabilisce che le nomine popolari dei magistrati giudiziari non
possono aver luogo contemporaneamente al rinnovo del Gran Consiglio e del
Consiglio di Stato, nel palese intento di sottrarle al clima sovente teso
che può caratterizzare le elezioni politiche. Ora, l'art. 67 della legge
organica giudiziaria del 24 novembre 1910 enumera i casi d'incompatibilità
per i funzionari giudiziari, compresi i procuratori pubblici e i giudici
istruttori ed esclusi i supplenti, e dispone in modo particolare che
essi non possono assumere cariche federali o cantonali o impieghi con
onorari annui fissi (cpv. 2 lett. b): ne consegue secondo logica che,
in base all'art. 21 della Costituzione cantonale, il legislatore ticinese
poteva completare questa lista delle incompatibilità per quanto concerne
le cariche comunali nella relativa legge organica e che, ciò facendo,
esso non ha manifestamente ecceduto la propria competenza ed è rimasto
nei limiti tracciati dalla norma costituzionale di delegazione.

    c) È pacifico che le regole volte ad assicurare l'indipendenza
effettiva dei magistrati giudiziari nei confronti del potere politico e
ad evitare ogni apparente interdipendenza fra questo potere ed il potere
giudiziario siano sorrette da un interesse pubblico eminente; lo stesso
dicasi per quelle norme che impongono ai magistrati dell'ordine giudiziario
di dedicarsi esclusivamente all'esercizio della loro funzione. La scelta
dei mezzi che consentono di raggiungere questi obiettivi è peraltro
largamente improntata a criteri d'opportunità e dipende spesso da
circostanze locali: ne consegue che il Tribunale federale, chiamato a
verificare questa scelta quale giudice costituzionale, deve comunque
imporsi un certo riserbo poiché esso non può interferire nella larga
libertà d'azione di cui i Cantoni dispongono e non deve sostituire il
proprio apprezzamento a quello del legislatore cantonale (cfr. DTF 112
Ia 244 consid. 4a, 109 Ia 259 consid. 4, 100 Ia 268 consid. 3a). Ora, di
questo particolare riserbo il Tribunale federale deve far prova quando il
mezzo adottato dal legislatore cantonale per garantire l'indipendenza dei
magistrati è una clausola d'incompatibilità fra talune funzioni giudiziarie
e determinate cariche pubbliche o private poiché i Cantoni, in virtù della
loro competenza in materia d'organizzazione, possono definire liberamente
le incompatibilità che colpiscono i membri delle loro autorità (cfr. il
messaggio 30 novembre 1987 del Consiglio federale per il conferimento della
garanzia federale alle Costituzioni rivedute dei Cantoni di Glarona e del
Giura, FF 1988 I pag. 220 n. 124 e pag. 237 n. 162): ciononostante, una
regola sull'incompatibilità che tende in pratica a limitare l'eleggibilità
di determinati cittadini deve poggiare su motivazioni serie e difendibili
poiché essa sarebbe nel contrario caso arbitraria o rappresenterebbe
comunque un impedimento ingiustificato al diritto di voto.

    d) L'istituzione di un'incompatibilità fra la magistratura giudiziaria
permanente e la carica di municipale è senz'altro sorretta da argomenti
seri ed oggettivi, ove appena si pensi all'impegno personale non
indifferente che richiede oggi una siffatta carica anche nei Comuni
di piccola e di media importanza. D'altra parte non va scordato che la
presenza di magistrati giudiziari nei municipi ha dato adito in passato
a critiche e che questo fatto - addotto in risposta dal Governo -
non è stato contestato dalla parte ricorrente. Certo, la legge non
ha esteso questa incompatibilità per carica ai consiglieri comunali
(art. 43 cpv. 2 LOC) e l'ha espressamente esclusa per i giudici di pace
(art. 82 lett. b). Ma su questi due punti la soluzione adottata dal
legislatore ticinese non appare solo comprensibile ma anche rispettosa
del principio di proporzionalità: basti osservare a tal riguardo che il
consiglio comunale è l'organo rappresentativo dell'assemblea comunale di
cui fanno parte tutti i cittadini attivi del Comune (art. 11 LOC) e che i
giudici di pace esercitano una funzione giudiziaria a titolo accessorio e
non dispongono d'un potere decisionale equiparabile a quello dei giudici
d'appello, dei pretori, dei procuratori pubblici, dei giudici istruttori
e del magistrato dei minorenni.

    Ciò premesso, giova poi rilevare a titolo di raffronto che la
soluzione prevista dall'art. 82 lett. b LOC non costituisce manifestamente
un'eccezione nel diritto positivo svizzero e che la maggior parte delle
legislazioni cantonali limita l'accesso dei magistrati giudiziari ad altre
cariche pubbliche, siano esse politiche o amministrative (cfr. art. 11
cpv. 1 n. 1 Cost./BE; art. 62 Cost./NE; art. 133 Cost./GE; art. 48 della
legge friburghese sull'organizzazione giudiziaria; art. 20 della legge
vodese sull'organizzazione giudiziaria; § 108 n. 2-5 e 11 della legge
elettorale zurighese; art. 108 della legge vallesana sulle elezioni
e votazioni). D'altra parte, anche il costituente ed il legislatore
federale hanno stabilito che i giudici del Tribunale federale non possono
occupare alcun'altra carica al servizio della Confederazione o di un
Cantone e - come generalmente ammesso - di un Comune (AUBERT, Traité de
droit constitutionnel suisse, vol. II, n. 1612 e 1488; BUFFAT, op.cit.,
pag. 70), né possono esercitare qualsiasi altra professione o industria
(art. 108 cpv. 3 Cost., art. 3 cpv. 1 OG).

    e) Ne discende che al legislatore ticinese - che s'è verosimilmente
ispirato alle soluzioni adottate dal legislatore federale e da quello
di altri Cantoni per assicurare un migliore esercizio della funzione
giudiziaria e rafforzare l'indipendenza dei magistrati - non si può
certo rimproverare di aver istituito un'incompatibilità che non poggia
su ragioni serie ed oggettive e di aver limitato in modo inammissibile i
diritti politici dei cittadini: la censura d'anticostituzionalità rivolta
contro l'art. 82 lett. b LOC appare quindi manifestamente infondata e,
come tale, dev'essere respinta.

Erwägung 8

    8.- L'art. 82 lett. c LOC - che proibisce agli ecclesiastici di
assumere la carica di municipale - riprende il disposto dell'art. 63
lett. c della cessata legge organica del 1o marzo 1950.

    a) Nel Cantone Ticino l'accesso dei preti cattolici alle cariche
pubbliche è stato oggetto nel secolo scorso di gravi controversie. L'art. 5
della Costituzione cantonale del 4 luglio 1830, nel suo testo originale
(Nuova raccolta generale delle leggi e dei decreti del Cantone Ticino dal
1803 al 1886, vol. I, pag. 19 segg.), li escludeva dal potere esecutivo
e da quello giudiziario, con la sola eccezione prevista dall'art. 23 §
14 che ammetteva un ecclesiastico a sedere nel Consiglio di Stato. Dopo
la rivoluzione radicale del 1839, il Governo elaborò un vasto progetto
di riforma costituzionale che prevedeva, fra l'altro, il divieto per gli
ecclesiastici di accedere a cariche pubbliche: questo progetto - nella sua
definitiva formulazione modificata dal Gran Consiglio, nel senso che un
sacerdote per distretto poteva nondimeno far parte del potere legislativo
cantonale - cadde però a forte maggioranza nella votazione popolare dell'8
gennaio 1843 (Bollettino delle leggi e dei decreti del Cantone Ticino,
vol. XVIII, pag. 223; ZORZI, Le relazioni tra la Chiesa e lo Stato nel
Cantone Ticino, tesi Basilea 1946, pagg. 80/82; Dictionnaire historique
et bibliographique de la Suisse, vol. VI, pag. 506 segg.). Il problema
dell'accesso dei membri del clero ai pubblici uffici venne ripreso con
la riforma costituzionale del 1o-4 marzo 1855 che stabilì all'art. 7
l'impossibilità per gli esercenti professione ecclesiastica, secolari e
regolari, di essere elettori ed eleggibili alle cariche costituzionali
(Nuova raccolta, vol. I, pagg. 27/28; ZORZI, op.cit., pag. 82): questa
norma ottenne la garanzia dell'Assemblea federale il 17 luglio 1855
(RU 1854-57, vol. V, pagg. 129/30; cfr. anche il messaggio del Consiglio
federale del 29 giugno 1855, in FF franc. 1855 II pag. 409 segg.). Adito
dai sacerdoti Vincenzo Pedrini di Giornico e Lorenzo Forni di Personico,
che s'erano visti rifiutare la loro iscrizione nei cataloghi civici dei
rispettivi Comuni, il Tribunale federale invitò però il Governo ticinese
ad accogliere tale richiesta, rilevando in sostanza che la limitazione
posta al diritto di voto dei ricorrenti in ragione della loro appartenenza
allo stato ecclesiastico era "assolutamente incompatibile" con l'art. 49
cpv. 4 Cost.: per contro il Tribunale federale lasciò aperta "la questione
a vedere se e fin dove competa agli ecclesiastici, in base ai dispositivi
della Costituzione federale, il diritto di elettori non solo, ma quello
eziandio di eleggibili, dal momento che i ricorrenti non trovansi ancora
nelle condizioni di fatto per le quali possano insinuare analoga querela
o dimanda" (sentenza del 1o febbraio 1875 in DTF 1. 273 segg.). L'art. 7
della Costituzione ticinese del 1855 venne abrogato con la riforma parziale
del 20 novembre 1875 (Nuova raccolta, vol. I, pag. 30).

    b) L'art. 82 lett. c LOC trova la sua lontana origine in una
risoluzione governativa del 16 gennaio 1842, approvata dal Gran Consiglio
il 17 maggio 1845 (Bollettino, vol. XXI, pag. 24), ove espressamente si
dichiara che "la qualità di sacerdote non è compatibile con quella di
municipale". Questa regola è poi stata codificata dall'art. 46 lett. c
della legge comunale del 13 giugno 1854 (Nuova raccolta, vol. I, pag. 458
segg.; Bollettino, vol. XXX, pag. 43 segg.) ed è stata ripresa nella
legge organica comunale del 1o marzo 1950 (art. 63 lett. c), ove si parlò
tuttavia di "ecclesiastici" e non più di "sacerdoti" per tener conto dei
ministri del culto che non appartengono alla Chiesa cattolica apostolica
romana. La formulazione di codesto articolo è peraltro identica a quella
dell'art. 82 lett. c della legge del 1987, qui contestato.

    Alla luce della considerazioni appena espresse, l'incompatibilità fra
lo stato ecclesiastico e la carica di municipale appare manifestamente
come un retaggio delle forti tensioni fra Chiesa e potere politico
che hanno contraddistinto la storia del Cantone Ticino nel secolo
scorso. Questo trattamento differenziato di un'intera categoria di
persone può sembrare invero paradossale, ove appena si consideri che già
la riforma costituzionale del 20 novembre 1875 sanciva l'uguaglianza di
diritti per tutti i cittadini svizzeri domiciliati nel Cantone (art. 3):
esso si può tuttavia facilmente comprendere se ci si situa nel contesto
storico-politico di quegl'anni, che erano caratterizzati da un'evoluzione
delle istituzioni verso la loro laicizzazione, considerata come un
presupposto fondamentale della democrazia repubblicana, e dalla volontà
di assicurare l'edificazione dello Stato democratico e liberale, evitando
ogni ingerenza della Chiesa cattolica nell'esercizio del potere politico
(cfr. ZORZI, op.cit., pagg. 74 seg., 81; v. inoltre le considerazioni
espresse dal Governo ticinese davanti alle autorità federali a proposito
della riforma costituzionale del 1o-4 marzo 1855, in FF franc. 1855 II
pagg. 423/24).

    c) Nel suo messaggio del 2 luglio 1985 relativo alla revisione
della LOC, il Consiglio di Stato ha ricordato questa evoluzione della
questione ecclesiastica nel diritto costituzionale ticinese ed ha peraltro
espresso le proprie esitazioni circa l'opportunità di mantenere nella
nuova normativa l'incompatibilità dei sacerdoti, che esso ha anche
definito "di dubbia validità se vista sotto l'ottica dell'art. 4
Cost." (pag. 107). Nonostante ciò, e per ragioni rimaste oscure, il
Governo cantonale ha comunque riproposto nel disegno di legge la stessa
regola (art. 83 lett. b) e, senza por mente al fatto che la nozione di
ecclesiastico non comprende soltanto i preti cattolici ma anche i pastori
della Chiesa riformata ed i ministri di altri culti e confessioni, si è
limitato a rilevare che nell'ordinamento della Chiesa romana i sacerdoti
non possono assumere cariche laiche senza il consenso del Vescovo e che
la situazione nel Cantone Ticino è oggi tale "per cui è molto probabile
che l'Ordinario non darà mai il proprio consenso a un parroco per assumere
la carica di municipale" (messaggio citato, ibidem).

    Sull'incompatibilità degli ecclesiastici è invece silente il rapporto
14 gennaio 1987 della Commissione della legislazione, che ha infatti
ripreso la regola prospettata dal Consiglio di Stato senza particolare
commento (pag. 57). Per contro, durante il dibattito in Gran Consiglio,
l'art. 82 lett. c del disegno di legge è stato oggetto di una proposta di
stralcio con relativa discussione: questa proposta è stata però respinta
con 24 voti favorevoli, 34 contrari e 2 astensioni (Raccolta dei verbali
del Gran Consiglio, sessione ordinaria autunnale 1986, pagg. 1123/1130).

    Nelle sue osservazioni al ricorso di diritto pubblico il Consiglio
di Stato non ha fornito argumentazioni supplementari di rilievo, ma
si è limitato a riaffermare la libertà d'apprezzamento che compete
al legislatore cantonale in tema di incompatibilità nonché l'analogia
esistente fra codesta norma e l'art. 75 della Costituzione federale,
sottolineando ancora una volta il particolare statuto del sacerdote
nell'ordinamento della Chiesa cattolica.

    b) Alla luce delle considerazioni che precedono tratte dai lavori
legislativi e dagli atti delle autorità cantonali, si deve come
minimo dedurre che la decisione di mantenere l'incompatibilità degli
ecclesiastici nella nuova legge non è stata presa dopo un'analisi seria
e approfondita della situazione attuale del Cantone ed in particolare
dei rapporti che sussistono oggi fra Chiesa e potere politico: la regola
dell'art. 82 lett. c LOC sembra invece esser stata mantenuta poiché essa
era praticamente in vigore da più di un secolo e poiché nessuno ha mai
eccepito la sua anticostituzionalità (cfr. Raccolta citata dei verbali del
Gran Consiglio, pag. 1128). Ma questa maniera aprioristica di considerare
le cose non può essere condivisa: in effetti, qualsiasi norma restrittiva
dei diritti fondamentali del cittadino dev'essere riposta in discussione
ove le circostanze che avevano giustificato in passato la sua adozione
siano mutate col tempo e non sussistano più allorquando la competente
autorità è chiamata a pronunciarsi di nuovo nell'ambito dell'emanazione
di un atto normativo di portata generale o di un atto amministrativo
individuale e concreto (cfr. DTF 107 Ia 59 segg.; sentenza 22 settembre
1982 in re Association Club Montagne Jura).

    e) A sostegno del proprio assunto, il ricorrente non si prevale
d'una violazione della libertà di coscienza e di credenza ed in
particolare dell'art. 49 cpv. 4 Cost., ma si duole unicamente d'una
lesione del principio d'uguaglianza. Sotto questo profilo, violano
l'art. 4 Cost. quegli atti legislativi che fanno delle distinzioni
inammissibili, non sorrette cioè da alcuna corrispondenza nella diversità
delle fattispecie che la disciplina normativa vuole regolare, e quelli che
- all'opposto - omettono di fare delle distinzioni laddove la diversità
delle circonstanze da sottoporre alla norma impone invece di distinguere e
che danno luogo quindi ad una parificazione inammissibile: per ammettere
la violazione dell'art. 4 Cost. occorre tuttavia che la distinzione
che il legislatore ha fatto appaia insostenibile, rispettivamente, nel
caso inverso, che appaia insostenibile il rifiuto di distinguere, ossia
l'assimilazione (DTF 112 Ia 196 consid. 2b, 109 Ia 254/55 consid. 4b,
327/28 consid. 4, 108 Ia 114 consid. 2b; Rep. 1986 pagg. 227/28
consid. 7). Questo principio vincola il legislatore cantonale in tutti
i campi della sua attività normativa e dev'essere pertanto rispettato
anche quando esso disciplina il diritto di elettorato attivo e passivo.

    f) Le persone appartenenti allo stato ecclesiastico - preti cattolici,
pastori della Chiesa evangelica riformata o ministri del culto di altre
confessioni - sono ovviamente cittadini a pieno titolo ed una loro
discriminazione nell'esercizio e nel godimento dei diritti politici
potrebbe quindi essere imposta soltanto da motivi preminenti d'interesse
pubblico. Ora, se questi motivi d'interesse pubblico sussistevano nel
secolo scorso e fors'anche in un passato meno remoto, nessuno pretende
più che la partecipazione del clero alla vita politica rappresenti
ancora oggi un pericolo per lo Stato o possa eventualmente turbare
la pace e l'ordine pubblico. Il Cantone Ticino accorda del resto agli
ecclesiastici l'esercizio dei diritti politici attivi senza restrizioni
fin dalla riforma costituzionale del 20 novembre 1875, consecutiva alla
citata sentenza 1o febbraio 1875 del Tribunale federale, e non limita in
nessun modo il loro accesso alle cariche pubbliche esecutive, legislative
e giudiziarie d'ogni livello: la regola posta dall'art. 82 lett. c LOC
costituisce infatti la sola eccezione attualmente contemplata dal diritto
ticinese poiché gli ecclesiastici possono prender parte alle assemblee
comunali e sedere quindi nei consigli comunali (cfr. art. 11 e 43 LOC;
inoltre art. 9 e 36 LOC 1950).

    Premesso questo, si deve poi rilevare che il legislatore ticinese ed
il Consiglio di Stato non hanno nemmeno preteso che la partecipazione di
religiosi alla gestione dei municipi potrebbe turbare la pace confessionale
e sociale o comportare un'influenza eccessiva delle Chiese negli affari
comunali, né hanno comunque portato argomenti che potrebbero giustificare
il trattamento discriminatorio tuttora riservato ad un'intera categoria di
cittadini. Ora, la questione di sapere se la candidatura di un ministro del
culto ad una carica pubblica ed il susseguente esercizio di questa carica,
spesso delicata, siano fonte di eventuale pregiudizio per le istituzioni
della Chiesa o possano nuocere alla loro reputazione dev'essere valutata
dalle autorità ecclesiastiche, alle quali gli organi dello Stato non
si debbono sostituire (cfr. sentenza 22 settembre 1982 in re Pellaton,
già citata, relativa all'art. 92 della legge ecclesiastica vodese del 25
maggio 1965): una limitazione posta da codesti organi alla candidatura
di un ecclesiastico o alla sua entrata in funzione potrebbe infatti
giustificarsi soltanto se il mantenimento della pace e dell'ordine
pubblico dovesse richiedere l'intervento legislativo o amministrativo
dello Stato. In ogni caso, tenendo conto dell'autonomia organizzativa che
la Costituzione cantonale riconosce alla Chiesa cattolica e alla Chiesa
evangelica riformata (art. 1 cpv. 2), lo statuto dell'ecclesiastico nel
diritto ticinese non ha manifestamente alcun rapporto con quello del
pubblico funzionario, le cui attività accessorie o cariche pubbliche
possono invece essere limitate dallo Stato nel suo stesso interesse,
specie se esse sono incompatibili con la posizione di dipendente o possono
nuocere all'adempimento dei doveri di servizio (cfr. art. 15 e 16 della
legge sull'ordinamento degli impiegati dello Stato e dei docenti del 24
novembre 1987).

    g) Se ne deve concludere che il trattamento discriminatorio
riservato agli ecclesiastici ticinesi dall'art. 82 lett. c LOC non è più
sorretto da un interesse pubblico sufficiente e appare quindi lesivo,
nelle circonstanze concrete, dell'art. 4 Cost. La situazione oggettiva
è infatti profondamente mutata nel Cantone non solo rispetto al secolo
scorso, ma persino al non così lontano 1922, quando il Tribunale federale
ebbe a dichiarare conforme alla Costituzione la regola dell'art. 100 § 2
della legge organica del 1854 - riformato il 6 dicembre 1855 (Bollettino,
vol. XXXI, pag. 469) - che sanciva l'incompatibilità fra la carica di
segretario municipale e la qualità di sacerdote (DTF 48 I 24 segg.);
a tal riguardo, va tuttavia precisato che non poche disposizioni citate
in questa sentenza per avvalorare le conclusioni a cui essa è pervenuta
sono state nel frattempo abrogate o modificate in modo radicale. Vero è,
per contro, che altre legislazioni cantonali ed in particolare quella di
Ginevra hanno mantenuto clausole d'incompatibilità o d'ineleggibilità
analoghe non solo per le elezioni del Gran Consiglio e del Consiglio
di Stato (art. 72 e 104 Cost./GE), ma anche per quelle dei municipali
e del sindaco (art. 153 lett. a, 155 cpv. 2 Cost./GE; art. 103 cpv. 2
della legge sull'esercizio dei diritti politici del 15 ottobre 1982):
sennonché, chiamato in concreto a constatare che l'art. 82 lett. c LOC
non è compatibile col principio d'uguaglianza in difetto d'un interesse
pubblico preponderante debitamente dimostrato, il Tribunale federale non
ha da esaminare se disposizioni consimili vigenti in altri Cantoni siano
lesive anch'esse dell'art. 4 Cost., avuto riguardo alle particolarità
delle loro situazioni politiche e alle circostanze locali.

    h) Per il Consiglio di Stato, la norma ticinese che esclude
gli ecclesiastici dai municipi non potrebbe essere dichiarata
anticostituzionale dal momento che la stessa Costituzione federale
impedisce a chi non è laico d'essere membro del Consiglio nazionale
(art. 75) e pertanto, in virtù del richiamo contenuto negli art. 96 e 108,
di far parte del Consiglio federale e del Tribunale federale (cfr. anche
l'art. 18 cpv. 3 LDP): in altre parole, non si potrebbe quindi pretendere
che il legislatore ticinese istituisca una disciplina più egualitaria di
quella istaurata a suo tempo dal costituente federale. Questo argomento,
per il problema che qui interessa, non cade in acconcio.

    L'art. 75 Cost. - che riprende l'analogo disposto contenuto nella
Costituzione del 1848 (art. 64) - non consacra infatti alcun principio
costituzionale direttamente applicabile ai Cantoni: trattasi in realtà
d'una semplice regola organica adottata nell'interesse dello Stato
federale, che appare invero come un retaggio storico delle lotte
politico-religiose del secolo scorso. Del resto, la compatibilità di
questa norma con i principi fondamentali dello Stato democratico è stata
revocata in dubbio in più di un'occasione ed è pure stata discussa in
Parlamento ancora negli anni settanta, durante il dibattito relativo
all'abrogazione degli articoli confessionali sui gesuiti ed i conventi
(cfr. FLEINER/GIACOMETTI, Schweizerisches Bundesstaatsrecht, pagg. 484/85;
DUBS, Le droit public de la Confédération Suisse, vol. II, pag. 73;
BROGGINI, Stato e Chiesa nella Costituzione, in 1874-1974 Cent'anni
di Costituzione, pag. 7 segg., 16; ETIENNE GRISEL, in Commentaire de la
Constitution fédérale, n. 21 segg., all'art. 75; AUBERT, op.cit., vol. II,
n. 1265; BUFFAT, op.cit., pagg. 171/72; messaggio del Consiglio federale
relativo alla revisione della Costituzione federale, del 17 giugno 1870,
in FF franc. 1870 II pag. 777 segg. 805; rapporto del Consiglio federale
concernente l'art. 75 Cost., mozioni Knellwolf e Daucourt, del 4 aprile
1921, in FF franc. 1921 I pag. 547 segg.; messaggio del Consiglio federale
concernente l'abrogazione degli articoli costituzionali sui gesuiti ed i
conventi, del 23 dicembre 1971, in FF 1972 I pag. 93 segg.; Boll.uff. CN
1972 pagg. 526 e 1376 segg.; inoltre rapporto finale del gruppo di lavoro
per la preparazione di una revisione totale della Costituzione federale,
del 29 settembre 1972, vol. VI, pag. 528). Ne consegue che la presenza
dell'art. 75 nella Costituzione del 1874 non può costituire un valido
riferimento o un punto d'appoggio per il legislatore cantonale chiamato
a disciplinare l'eleggibilità dei cittadini alle cariche pubbliche o a
istituire clausole d'incompatibilità fra codeste cariche e altre funzioni
o occupazioni: la norma dell'art. 82 lett. c LOC, per le ragioni che si
sono esposte sopra, permane dunque lesiva del principio d'uguaglianza e
dev'essere annullata.

Entscheid:

      Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

    Il ricorso di diritto pubblico è parzialmente accolto e l'art. 82
lett. c della legge organica comunale del 10 marzo 1987 è annullato;
per il resto, il ricorso è respinto.