Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 113 IB 376



113 Ib 376

60. Estratto della sentenza 13 novembre 1987 della I Corte di diritto
pubblico nella causa Iginio Galli c. Depauto S.A., Comune di Chiasso e
Tribunale amministrativo del Cantone Ticino (ricorso di diritto pubblico
e ricorso di diritto amministrativo). Regeste

    Erweiterung eines Parkhauses mit Tankstelle durch neue Tanksäulen. RPG,
USG, Tessiner Baugesetz vom 19. Februar 1973.

    1. Zulässigkeit der Verwaltungsgerichtsbeschwerde zur Rüge der
Verletzung von Art. 9 USG (Art. 54 USG) und der staatsrechtlichen
Beschwerde zur Rüge des Verstosses gegen das RPG (Art. 34 RPG) sowie
gegen kantonales Recht (E. 2).

    2. Für die Tankstelle eines nicht eigentlich als gross zu bezeichnenden
Parkhauses ist jedenfalls so lange keine Umweltverträglichkeitsprüfung
im Sinne von Art. 9 USG vorzunehmen, als der Bundesrat die notwendigen
Ausführungsvorschriften noch nicht erlassen und die Liste der dieser
Prüfung unterliegenden Anlagen nicht veröffentlich hat (E. 4a). Auf die
Zwecke und Ziele des Umweltschutzes ist aber auch in Anwendung des RPG
Rücksicht zu nehmen (Art. 1 Abs. 2 lit. b, 3 Abs. 3 lit. b RPG) (E. 4b).

    3. Art. 54 und 55 USG in Verbindung mit Art. 34 RPG. Zulässigkeit
der Verwaltungsgerichtsbeschwerde bei Verletzung materiellrechtlicher
Bestimmungen des USG? Frage offen gelassen, da auch das staatsrechtliche
Verfahren zu Gunsten des Beschwerdeführers ausgeht (E. 4c).

    4. Anfechtbarkeit der Baubewilligung gemäss Tessiner Recht (E. 5). Die
Rechtskraft einer Baubewilligung erstreckt sich nur auf das, was Gegenstand
des Baugesuches war und von der zuständigen Behörde bewilligt wurde;
hier ist zu berücksichtigen, dass die noch nicht rechtskräftig bewilligten
Erweiterungsarbeiten die Fortsetzung der bereits vorgenommenen Änderungen
bilden, welche aber planwidrig ausgeführt wurden (E. 6a).

    5. Art. 27 und 36 RPG, Art. 1 Abs. 2 und 11 USG. Unvereinbarkeit
des Projekts mit der Planungszone über dem Zentrum von Chiasso, deren
Vorsorge-Funktion ein wesentliches Element zur Verwirklichung der
Raumplanung und des Umweltschutzes bildet (E. 7b).

Sachverhalt

    A.- La Depauto S.A. è proprietaria nel centro di Chiasso, in via Emilio
Bossi, delle particelle 604 e 1836 RFD, formanti un unico appezzamento,
su cui essa ha costruito un autosilo con stazione di distribuzione di
carburanti. Iginio Galli è proprietario della finitima particella 603
RFD, ove sorge la sua casa d'abitazione. Tra i due vicini si è accesa una
tormentata vicenda giudiziaria che concerne la costruzione dell'autosilo
e segnatamente la chiusura delle aperture di questo. La lite dura da
vent'anni, ed ha dato luogo a parecchie sentenze del Tribunale federale. La
chiusura delle aperture dell'autosilo, ordinata definitivamente sin dal
1979, non è a tutt'oggi ancora stata effettuata.

    B.- In pendenza di questo litigio, la Depauto S.A. notificò il 15
giugno 1983 al Municipio di Chiasso l'intenzione di formare un'"aiuola
spartitraffico" tra i posteggi esistenti sul mappale 1836 e la stazione
di benzina annessa all'autosilo. Con risoluzione 26 giugno 1983 il
Municipio di Chiasso autorizzò l'esecuzione dei lavori notificati, senza
pubblicazione della domanda (art. 36 del regolamento di applicazione -
RALE - della legge edilizia cantonale - LE).

    Il 24 agosto 1983 la Depauto S.A. notificò poi al Municipio
l'intenzione di formare al pianterreno dell'autosilo un nuovo locale
da adibire a cassa con deposito: anche tali lavori furono autorizzati
dal Municipio con risoluzione 30 agosto 1983, senza pubblicazione della
domanda.

    A seguito dell'istallazione di un distributore automatico di benzina,
Iginio Galli si rivolse al Municipio di Chiasso: chiedeva venisse applicata
un'ordinanza municipale del 28 agosto 1968, che vietava l'istallazione di
tali apparecchi. Il 2 settembre 1983 il Municipio comunico a Galli che
tale divieto - emanato in un periodo di emergenza - doveva considerarsi
decaduto.

    Con una terza notifica del 30 settembre 1983, la Depauto S.A. comunico
al Municipio di Chiasso l'intenzione di ampliare la pensilina della
stazione di servizio e di posare supplementari colonne di distribuzione. Il
Municipio considerò stavolta che i lavori non potessero esser autorizzati
sulla scorta di una semplice notifica e, con decisione 12 ottobre 1983,
invito la Depauto S.A. ad inoltrare ordinaria domanda di costruzione:
constatato poi come i lavori fossero stati indebitamente intrapresi, ne
ordino la sospensione ed inflisse all'amministratore unico della Depauto
S.A. una multa di Fr. 100.--.

    C.- La domanda di costruzione in sanatoria, datata del 28 settembre
1983, fu inoltrata dalla Depauto S.A. al Municipio il 24 ottobre 1983. Essa
concerneva il prolungamento della pensilina e la posa di tre colonne
doppie di distributori. La domanda fu pubblicata.

    D.- Nel frattempo, con scritto del 19 settembre 1983, Galli si era
rivolto al Consiglio di Stato, lagnandosi dell'agire del Municipio, in
sostanza per l'inosservanza della procedura di pubblicazione e per la
disapplicazione del divieto di posa di nuovi distributori. Il Consiglio
di Stato, agendo quale autorità di vigilanza sui comuni, considerò con
decisione 6 dicembre 1983 che i lavori autorizzati dal Municipio sulla
scorta di semplice notifica erano di modesta entità e si limito a far
ordine all'Esecutivo comunale di attenersi alla sua ordinanza n. 384 del
29 agosto 1968 vietante la posa di distributori, impregiudicata tuttavia
la facoltà di revocarla. Con risoluzione n. 749 del 31 dicembre 1983
il Municipio fece uso di tale riserva e revoco formalmente la predetta
ordinanza.

    Un ricorso di Galli contro questa decisione del Consiglio di
Stato fu evaso dal Tribunale cantonale amministrativo con sentenza
del 7 maggio 1984 "ai sensi dei considerandi". Da essi si deduce che
il Consiglio di Stato avrebbe dovuto pronunciarsi non come autorità di
vigilanza, ma come istanza di ricorso, non potendosi denegare al vicino
la legittimazione per impugnare i permessi accordati su semplice notifica
e senza pubblicazione. Il Tribunale considerò tuttavia che i permessi,
nel frattempo utilizzati, non potessero, per la comparazione degli
interessi contrapposti all'attuazione del diritto e della sicurezza,
esser rimessi in discussione: quanto alla doglianza di Galli circa la
posa del distributore, essa perdeva il suo fondamento per la formale
revoca dell'ordinanza municipale del 1968, intervenuta nel frattempo.

    E.- Sulla domanda di costruzione in sanatoria presentata dalla
Depauto S.A. il 24 ottobre 1983 il Municipio di Chiasso si pronunciò
favorevolmente il 22 novembre 1983, in reiezione dell'opposizione
di Galli. Esso accordò la licenza edilizia comunale, trasmettendo
gli atti al Dipartimento delle pubbliche costruzioni per il rilascio
dell'autorizzazione cantonale. Il Dipartimento la concesse il 25 gennaio
1984: conformemente a quanto dispone la legge edilizia, le due decisioni -
comunale e cantonale - furono contemporaneamente intimate agli interessati
il 7/8 febbraio 1984.

    F.- Con ricorso del 21 febbraio 1984 Galli impugnò entrambe le
decisioni presso il Consiglio di Stato.

    L'Esecutivo cantonale si pronunciò con risoluzione n. 1710 dell'11
dicembre 1984. Esso ammise parzialmente il ricorso del vicino: annullò
l'autorizzazione cantonale rilasciata dal Dipartimento delle pubbliche
costruzioni e dispose che la decisione sulla domanda di autorizzazione
cantonale dovesse restare in sospeso sino alla scadenza della validità
della zona di pianificazione istituita per il centro cittadino di
Chiasso dal Dipartimento dell'ambiente in applicazione degli art. 27,
36 cpv. 2 LPT e 16 del decreto esecutivo sull'ordinamento provvisorio in
materia di pianificazione del territorio (DEPT). Il Governo ingiunse al
Dipartimento delle pubbliche costruzioni di emanare una nuova decisione
suscettibile di ricorso alla scadenza del periodo di validità di tale
zona di planificazione.

    G.- La decisione del Consiglio di Stato fu impugnata dalla Depauto
S.A. con ricorso del 27 dicembre 1984 al Tribunale amministrativo. Essa
chiedeva di esser autorizzata - annullata la decisione del Governo -
a prolungare la pensilina ed a installare i tre nuovi distributori come
alla domanda di costruzione.

    Il Tribunale amministrativo si è pronunciato con sentenza del 31
maggio 1985. Esso ha parzialmente ammesso il ricorso e ha ripristinato
la decisione del Dipartimento che autorizza la posa dei distributori;
per quanto concerne invece la costruzione della pensilina, il giudizio
governativo è stato confermato ed il gravame della Depauto S.A. respinto.

    H.- Iginio Galli ha impugnato la decisione del Tribunale amministrativo
con un atto intitolato ricorso di diritto pubblico per violazione
dell'art. 4 Cost. e ricorso di diritto amministrativo per violazione
della legge federale sulla protezione dell'ambiente (LPA). Egli chiede
che la decisione sia annullata, che il locale cassa, ove sono installati
un servisol e le apparecchiature elettriche di comando, sia chiuso, e che
vengano adottate tutte le disposizioni da lui richieste nei precedenti
ricorsi tutt'ora pendenti.

    Il Municipio di Chiasso e la Depauto S.A. hanno postulato la reiezione
dei gravami. Il Consiglio di Stato si è rimesso al giudizio del Tribunale
federale, mentre il Tribunale amministrativo non ha presentato osservazioni
ed ha rinviato semplicemente alla propria sentenza.

    I.- La zona di pianificazione per il centro cittadino di Chiasso,
istituita dal Consiglio di Stato il 23 agosto 1982 per il periodo di tre
anni, è stata effettivamente prorogata di due anni, sino al 27 agosto
1987, in applicazione degli art. 27 LPT e 16 DEPT. La pubblicazione
apparsa sul FU cantonale n. 64 del 9 agosto 1985 precisa che entro tale
termine "il piano particolareggiato di questo comparto dovrà essere
adottato a norma dell'art. 18 LE dal Consiglio comunale di Chiasso". Il
15 dicembre 1986 il Consiglio comunale ha adottato un piano regolatore,
che è stato pubblicato tra il 26 gennaio e il 24 febbraio 1987, ed è stato
trasmesso al Consiglio di Stato il 22 luglio 1987 per l'approvazione
(di effetto costitutivo) e l'evasione dei ricorsi. In questo piano la
zona di pianificazione cantonale figura esser stata ripresa come "zona
soggetta a studio pianificatorio particolare (centro cittadino) - ZCC".

Auszug aus den Erwägungen:

                   Considerando in diritto:
I. (Legittimazione) II. Ammissibilità dei rimedi (ricorso di diritto
amministrativo; ricorso di diritto pubblico)

Erwägung 2

    2.- In virtù del principio di sussidiarietà, il ricorso di diritto
pubblico è dato soltanto ove la pretesa violazione del diritto non possa
esser sottoposta mediante azione o altro rimedio - segnatamente il ricorso
di diritto amministrativo - al Tribunale federale o ad altra autorità
federale (art. 84 cpv. 2 OG).

    Il ricorso di diritto amministrativo che Galli ha proposto -
legittimamente con un unico allegato (DTF 109 Ib 143 consid. 1) -
insieme con quello di diritto pubblico, è ammissibile contro decisioni
di ultime istanze cantonali (art. 98 lett. g OG) prese o che avrebbero
dovuto esser prese in applicazione del diritto amministrativo federale
(art. 97 OG e 5 PA), a meno che non si verifichi un'esclusione prevista
dal diritto federale stesso, segnatamente agli art. 99 a 102 OG.

    Nella misura in cui il ricorrente pretende violate disposizioni della
LPT, il ricorso di diritto amministrativo è escluso poiché tale legge -
derogando alla clausola generale - lo ammette (art. 34 LPT) soltanto
in relazione all'applicazione degli art. 5 (indennità per restrizioni
della proprietà) e 24 (costruzioni fuori delle zone edificabili), due
disposizioni che manifestamente qui non sono in discussione. Sotto questo
risvolto, quindi, il ricorso di diritto amministrativo è inammissibile
e solo può esser trattato quello di diritto pubblico.

    Ammissibile è sicuramente il ricorso di diritto amministrativo, nella
misura in cui vien fatta valere la violazione dell'art. 9 LPA. Come rileva
il ricorrente, l'art. 54 cpv. 1 LPA rinvia per quanto attiene ai rimedi
giuridici - salvo eccezioni qui non ricorrenti (art. 41 cpv. 2 LPA) -
alla legge federale sulla procedura amministrativa e all'OG. La questione
di sapere se tale gravame sia fondato attiene al merito. Di questioni
particolari si dirà ancora in seguito.

    Per quanto concerne la violazione del diritto cantonale, solo il
ricorso di diritto pubblico entra in considerazione, a meno che tale
diritto cantonale appaia così strettamente connesso col diritto federale
che non si possa far distinzione (GYGI, Bundesverwaltungsrechtspflege,
1979, pagg. 74/75), alla condizione, beninteso, che la violazione del
diritto federale apra la via del ricorso di diritto amministrativo, il
che appunto non si verifica, come s'è detto, per le disposizioni della
LPT qui invocate. III. (Motivi di irricevibilità per entrambi i rimedi)
IV. Ricorso di diritto amministrativo

Erwägung 4

    4.- a) La LPA è entrata il vigore il 1o gennaio 1985, posteriormente
quindi alla decisione del Consiglio di Stato (11 dicembre 1984), ma
anteriormente alla decisione qui impugnata del Tribunale amministrativo (31
maggio 1985) nonché al presente giudizio. Come il Tribunale federale ha già
rilevato - analogamente a quanto è avvenuto per la legge sulla protezione
delle acque contro l'inquinamento (LCIA - cfr. DTF 99 Ib 152/153 consid. 1,
99 Ia 125 consid. 9) e contrariamente a quanto è stato deciso per la LPT
(cfr. DTF 106 Ib 326/327 consid. 2 e rif.) - le disposizioni della LPA
sono immediatamente applicabili ai procedimenti non ancora conclusi
al momento della loro entrata in vigore e ciò, in linea di principio,
nonostante che il Consiglio federale non abbia ancora emanato talune
ordinanze legislative o d'applicazione (DTF 112 Ib 42 segg. consid. 1c,
46 segg. consid. 4, 306 segg. consid. 12e, 548 consid. 1b).

    Per quanto riguarda l'esame dell'impatto ambientale, qui in
discussione, l'art. 9 cpv. 1 frase 2 LPA prevede che il Consiglio
federale stabilisce la lista degli impianti sottoposti a tale esame. La
relativa ordinanza non è tutt'ora stata emanata. Questa circostanza è
stata ritenuta irrilevante dal Tribunale federale per quanto riguarda gli
stand di tiro comunali (DTF 112 Ib 40 segg.), le piazze d'armi (DTF 112
Ib 306 segg.), le strade nazionali (DTF 112 Ib 548 consid. 1b), perché
dal Messaggio del Consiglio federale (FF 1979 III 751) o dai dibattiti
parlamentari (Boll.Uff. CN 1982 pag. 370, intervento del Consigliere
federale Hürlimann) risultava con chiarezza che i suddetti impianti devono
senz'altro sottostare all'esame di compatibilità ambientale.

    Nel caso che ne occupa, dalle dichiarazioni fatte dal Consigliere
federale (loc.cit.) risulta che all'esame dell'art. 9 LPA saranno
assoggettati tra l'altro "Grossparkhäuser", cioè grandi autosili. Ora,
si può certo argomentare che la stazione di distribuzione di carburanti
è connessa, sia spazialmente sia dal punto di vista dell'esercizio,
con l'autosilo della Depauto S.A., e che essa è suscettibile di
concorrere alla formazione degli inquinamenti ambientali che questo
provoca o può provocare, e trarne legittimamente la conclusione che il
suo potenziamento si confonde con una modificazione dell'autosilo stesso,
soggetta come tale all'esame dell'impatto ambientale (cfr. art. 9 cpv. 1,
frase 1 LPA). Tuttavia, può apparire incerto se l'autosilo della Depauto
S.A. debba esser considerato "grande" ai sensi della predetta dichiarazione
del Consiglio federale: per ciò fare, occorre attendere le precisazioni
che saranno contenute nell'ordinanza legislativa del Consiglio federale,
il cui progetto è attualmente sottoposto alla procedura di consultazione
(tale progetto d'ordinanza assoggetta all'esame autosili e parcheggi con
più di 500 posti; tendenze sussistono tanto per la diminuzione quanto per
l'aumento di tale limite, rispettivamente per una differenziazione legata
all'ubicazione dell'impianto). Non v'è quindi motivo per il Tribunale
federale, contrariamente ai casi che si sono menzionati, di intervenire
in applicazione analogetica dell'art. 1 cpv. 2 CC, precedendo l'autore
dell'ordinanza legislativa. Se ne deve concludere che - almeno allo stadio
attuale - l'art. 9 LPA non può senz'altro applicarsi all'autosilo della
resistente. La censura ricorsuale per cui la procedura formale d'esame
dell'impatto ambientale di cui all'art. 9 LPA non sarebbe stata applicata
non è quindi fondata. Ciò trae seco la reiezione del ricorso di diritto
amministrativo, in quanto fondato sulla predetta disposizione.

    b) Ciò non significa comunque che degli intendimenti e delle finalità
generali della protezione dell'ambiente si debba fare astrazione nell'esame
del caso. La LPT stessa, infatti, comanda di tener conto delle esigenze
dell'ambiente, in ossequio al mandato costituzionale dell'art. 24septies
Cost. (art. 1 cpv. 2 lett. b LPT: "Creare e conservare insediamenti
accoglienti"; art. 3 cpv. 3 lett. b: "Preservare per quanto possibile
i luoghi destinati all'abitazione da immissioni nocive o moleste come
l'inquinamento dell'aria, il rumore e gli scotimenti"). Come rileva
il Consiglio federale nel Messaggio del 31 ottobre 1979 sulla LPA,
anche la LPT si annovera fra le leggi che servono alla protezione
dell'ambiente, anche se quest'ultima costituisce solo uno degli aspetti
della pianificazione, la quale ha un compito globale e verte sull'insieme e
sulla determinazione dell'evoluzione locale auspicata: ma la pianificazione
serve benissimo per impedire tempestivamente indesiderati sviluppi ed
inquinamenti, mediante la delimitazione dello spazio e l'apprestamento
delle condizioni nel quadro della protezione dell'ambiente (Messaggio,
FF 1979 III 729). Tali elementi dovranno esser considerati nel giudizio
sul ricorso di diritto pubblico.

    c) Ci si deve d'altronde chiedere se il ricorso - nella misura in
cui espressamente si riferisce all'art. 1 cpv. 2 LPA e per il resto
implicitamente pretende violate altre disposizioni materiali di quella
legge - non vada trattato come ricorso di diritto amministrativo.

    Si pone in quest'ambito il problema delle relazioni intercorrenti fra
gli art. 54 e 55 LPA e l'art. 34 LPT. aa) Per la soluzione che ammette
la proponibilità del ricorso di diritto amministrativo per violazione
di tutte le disposizioni sostanziali della LPA si possono addurre tanto
considerazioni di merito, quanto argomenti di procedura. Nel merito, si può
argomentare che l'esame dell'impatto ambientale nel quadro di una procedura
speciale, anche se non indipendente, è stato limitato con l'art. 9
LPA ad un certo numero di impianti - che "possono gravare notevolmente
l'ambiente" (cpv. 1, prima frase) e sono elencati in una lista esaustiva da
stabilire dal Consiglio federale (cpv. 1, ultima frase) - in ragione dei
costi elevati e degli aggravi amministrativi che tale procedura speciale
comporta tanto per l'ente pubblico quanto per l'imprenditore, ma non certo
per fornire ai proprietari più modesti una "licenza di inquinare" né per
liberare l'autorità dall'obbligo di vegliare in ogni caso all'applicazione
delle norme materiali della legge. Dal punto di vista procedurale, poi,
si può addurre che per i rimedi giuridici l'art. 54 cpv. 1 LPA dichiara
retta la procedura di ricorso dalle leggi sulla procedura amministrativa
e sull'organizzazione giudiziaria, con la sola riserva delle norme
procedurali derogatorie applicabili in virtù dell'art. 41 cpv. 2 LPA:
e ciò a differenza dell'art. 34 LPT che ha inteso escludere - tranne le
due eccezioni viste sopra - il ricorso di diritto amministrativo per far
luogo soltanto a quello di diritto pubblico. D'altronde, l'ammissibilità
del ricorso di diritto amministrativo è stata riconosciuta come pacifica -
senza particolare esame - trattandosi dell'applicazione dell'art. 10 LPA
(sentenza dell'11 marzo 1987 in re Oltner Lagerhaus c. Einwohnergemeinde
Olten). Analogo trattamento dovrebbe quindi esser riservato ad altre
disposizioni della LPA, segnatamente all'art. 11.
   bb) Per la soluzione contraria si potrebbe argomentare che nella misura
   in cui
l'art. 34 LPT, quale legge posteriore speciale, esclude il ricorso di
diritto amministrativo per lasciar posto soltanto a quello di diritto
pubblico, esso sostituisce l'art. 97 OG (cfr. DFGP/UPT, Commento LPT, n. 2
all'art. 34) o, se si vuole, che esso si aggiunge ai casi d'esclusione
enumerati agli art. 99 a 102 OG, prevedendo tuttavia espressamente il
ricorso di diritto pubblico in luogo del ricorso amministrativo al
Consiglio federale. Rinviando pertanto all'OG e alla PA, l'art. 54
LPA riserverebbe, secondo questa interpretazione, l'art. 34 LPT. Si
potrebbe aggiungere che il legislatore, nell'introdurre la possibilità
per le organizzazioni nazionali di avvalersi del ricorso di diritto
amministrativo (art. 55 LPA), l'ha espressamente e volutamente limitata
ai casi in cui sono in gioco impianti soggetti all'esame dell'impatto
ambientale di cui all'art. 9, e concluderne che non v'è motivo di trattar
meglio il vicino. Sennonché questo argomento perde però peso, ove si
avverta che all'art. 56 cpv. 1 LPA il legislatore ha previsto la facoltà
del Dipartimento federale dell'interno di avvalersi indistintamente del
ricorso di diritto amministrativo (risp. del ricorso amministrativo al
Consiglio federale) contro tutte le decisioni cantonali d'ultima istanza
fondate (o che si sarebbero dovute fondare) sulla LPA e le sue disposizioni
esecutive. Ora, parrebbe escluso riconoscere all'imprenditore privato,
rispettivamente al vicino toccato dalla decisione cantonale (art. 103
lett. a OG) minori diritti di quanti ne competono all'autorità. Sembra
quindi che la soluzione prevista sub aa) debba prevalere.

    cc) Questo delicato problema non ha tuttavia bisogno d'esser risolto
compiutamente nel caso concreto. Infatti - come ancora si vedrà - anche
la via più stretta del ricorso di diritto pubblico consente di giungere in
casu ad una soluzione favorevole per il ricorrente, alla quale condurrebbe
evidentemente anche la via più larga del ricorso di diritto amministrativo.

    V. Ricorso di diritto pubblico

Erwägung 5

    5.- Il ricorrente scorge un diniego di giustizia nella circostanza che
il Tribunale amministrativo ha ritenuto che solo la (negata) autorizzazione
cantonale fosse oggetto del litigio, la licenza edilizia comunale non
essendo impugnata.

    a) Nel sistema del diritto edilizio ticinese, l'autorizzazione
edilizia richiesta dall'art. 22 LPT consta della licenza edilizia comunale,
rilasciata dal Municipio, e dell'autorizzazione cantonale, rilasciata dal
Dipartimento delle pubbliche costruzioni. Per semplificare la procedura
ricorsuale ed impedire abusi, la legge edilizia prevede che i due permessi,
ancorché di date diverse, sono comunicati contemporaneamente, tramite
l'autorità comunale, al richiedente ed agli opponenti, e che prima che
entrambi siano divenuti definitivi, i lavori non si possono iniziare
(art. 39, 43 a 49 LE; cfr. la sentenza del 20 febbraio 1987 in re Comune
di Sonogno, consid. 3a).

    b) Questa procedura è stata ossequiata nel caso in esame ed entrambi
i permessi sono stati notificati contemporaneamente a Galli. Come risulta
dalla decisione 11 dicembre 1984 del Governo, Galli ha impugnato entrambe
queste decisioni. Certo, il Consiglio di Stato non si è pronunciato
espressamente sul ricorso di Galli in quanto rivolto contro la licenza
comunale. Ma ciò non era necessario. Infatti l'Esecutivo cantonale,
giunto alla determinazione di annullare la decisione del Dipartimento
con l'ingiunzione di pronunciarsi nuovamente alla scadenza della zona di
pianificazione, ha implicitamente ritenuto che tale annullamento aveva per
effetto di paralizzare l'applicabilità della licenza edilizia comunale
sino a tale termine, trascorso il quale esso si sarebbe pronunciato di
nuovo su impugnativa di uno dei due contendenti ed avrebbe nel contempo
esaminato anche le rimanenti obiezioni di Galli contro la licenza edilizia
comunale, la cui efficacia era per legge sospesa.

    Ne consegue che il Tribunale amministrativo, giunto alla conclusione
che la decisione del Consiglio di Stato dovesse esser parzialmente
annullata con ripristino parziale dell'autorizzazione del Dipartimento,
avrebbe dovuto rinviare la causa al Governo per decidere sul ricorso di
Galli contro la licenza edilizia comunale, o quantomeno pronunciarsi esso
stesso in proposito. Non avendo fatto uso di nessuno dei capi di questa
alternativa, il Tribunale amministrativo ha lasciato inevaso il gravame
rettamente proposto al Consiglio di Stato da Galli contro la licenza
comunale, ed ha consentito alla qui resistente di utilizzarla insieme con
quella cantonale per la messa in esercizio dell'impianto di distribuzione
già costruito nel frattempo. Ciò facendo, l'istanza cantonale è caduta
in un diniego di giustizia formale.

Erwägung 6

    6.- a) Il ricorrente rimprovera poi al Tribunale amministrativo di
aver arbitrariamente fatto astrazione, per il suo giudizio, dei lavori
già eseguiti dalla Depauto S.A. sulla scorta delle licenze edilizie
comunali conseguite in via di semplice notifica ("aiuola spartitraffico",
"locale cassa con deposito"). Anche questa censura merita accoglimento.

    Certo, le licenze edilizie comunali concesse nella forma della
semplice notifica sono divenute definitive ed hanno acquistato forza di
cosa giudicata in virtù della sentenza del 7 maggio 1984 del Tribunale
amministrativo. Ma ciò non giova alla Depauto S.A. La forza di giudicato
di queste licenze comunali si estende e può estendersi infatti solo a
quanto la Depauto S.A. aveva richiesto, e, rispettivamente, il Municipio
accordato, cioè alla formazione di un "aiuola spartitraffico" tra i
posteggi e la preesistente stazione di rifornimento, rispettivamente alla
creazione di un "locale cassa con deposito". Ora, come il ricorrente a
giusta ragione rileva e come è chiaramente dimostrato dalla documentazione
fotografica negli atti e dagli stessi piani prodotti, la resistente
non ha affatto costruito un'aiuola (cioè "una piccola area di terreno
coltivata a fiori", ZINGARELLI, Nuovo vocabolario della lingua italiana;
una "porzione di terreno in cui si coltivano secondo un certo disegno
fiori e piante d'ornamento", DEVOTO-OLI, Dizionario) e neppure essa ha
costruito uno spartitraffico tra la primitiva stazione di rifornimento
ed i posteggi. Essa ha in realtà costruito il basamento destinato
ad accogliere, in ampliamento degli impianti esistenti, due nuovi
distributori di benzina doppi, e munito dei supporti dei pilastri per
il prolungamento della pensilina, basamento che è evidentemente stato
provvisto di tutte le condutture necessarie all'alimentazione delle colonne
nonché dei comandi elettrici. La stessa argomentazione vale per il locale
"cassa con deposito", se si deve ammettere - come la ricorrente assevera
senza esser smentito da una contestazione precisa della resistente né
dalle altre risposte, e come non è contraddetto dagli atti - che in
tale locale hanno trovato posto tutte le istallazioni elettriche di
comando dell'ampliata stazione. D'altronde, risulta dai piani stessi
della Depauto S.A. che una delle tre nuove colonne doppie è posata in
facciata dell'esistente autosilo: ora, anche per tale colonna debbono
esser stati creati, nell'ambito delle due precedenti "tappe" dei lavori,
le condutture necessarie.

    È quindi manifesto che le opere eseguite in precedenza non
corrispondono ai permessi municipali rilasciati dal Municipio di Chiasso
per un'"aiuola" e un locale cassa, ed in tale misura esse non sono coperte
dalla forza di cosa giudicata delle licenze stesse. L'asserzione della
resistente Depauto S.A., che in risposta continua a parlare di "aiuola
spartitraffico fra i posteggi esistenti e la stazione di servizio" rasenta
la malafede e merita d'esser censurata dal Tribunale federale. In realtà, i
lavori effettuati subito prima e quelli contemplati nella domanda inoltrata
al Municipio il 24 ottobre 1983 formano un unico complesso inscindibile,
volto all'ampliamento della primitiva stazione di distribuzione dei
carburanti. Che un simile impianto sia soggetto all'obbligo di ottenere
un'autorizzazione già in virtù dell'art. 22 LPT, disposizione direttamente
applicabile, è palese (DFGP/UPT, Commento LPT, n. 3, 6 segg. all'art. 22;
ZIMMERLIN, Kommentar zum aargauischen Baugesetz, n. 2 a 9 al § 10), com'è
manifesto che di esso fanno parte tutte le apparecchiature accessorie
che ne assicurano il funzionamento (Commento citato, n. 7 all'art. 22).

    Se ne deve concludere che il Tribunale amministrativo, omettendo di
considerare l'ampliamento dell'esistente impianto di distribuzione dei
carburanti nel suo complesso e limitando il suo giudizio alla "posa"
delle colonne vere e proprie, ha ristretto in modo insostenibile il
fondamento fattuale del suo giudizio. Anche sotto tale profilo, quindi,
l'art. 4 Cost. è violato.

    b) Galli scorge un diniego di giustizia nella circostanza che il
Tribunale amministrativo si è limitato a liquidare le sue censure circa
l'inosservanza delle regole sulla polizia del fuoco con l'argomento che
le pompe sorgono a più della distanza prescritta dalla sua casa. Come il
ricorrente espone, egli non si era affatto lagnato dell'insufficienza
della distanza dal suo stabile, ma dell'inosservanza delle distanze
di sicurezza dell'impianto ampliato verso l'autosilo tuttora aperto e
per riguardo al posteggio a pagamento cui la Depauto S.A. adibische lo
stesso piazzale, che funzionalmente fa parte dell'autosilo. Il Consiglio
di Stato - che aveva accolto l'opposizione di Galli con riferimento
semplicemente alla zona di pianificazione - non aveva motivo di occuparsi
ulteriormente di queste censure, dopo esser giunto alla conclusione che
la decisione dipartimentale andava annullata già per questa ragione ed
il Dipartimento astretto a rendere una nuova decisione alla scadenza di
tale zona. In situazione diversa versava il Tribunale amministrativo,
dopo aver ritenuto che la zona di pianificazione in sé non potesse ostare
alla semplice posa dei nuovi distributori. Esso non poteva limitarsi ad
esaminare la questione della distanza dallo stabile di Galli, ma doveva
pronunciarsi sulle altre critiche sollevate e relative all'inosservanza
di prescrizioni di sicurezza per riguardo alle preesistenti installazioni
della Depauto S.A. stessa e all'utilizzazione cui il fondo di questa è
adibito. In questa omissione va pure ravvisato un diniego di giustizia.

Erwägung 7

    7.- Infine Galli rimprovera al Tribunale amministrativo diniego di
giustizia formale e materiale per essersi scostato - limitatamente alla
posa dei tre nuovi distributori - dal giudizio del Consiglio di Stato.
Anche queste censure sono fondate.

    a) Come rettamente e espressamente rileva il Tribunale amministrativo
stesso, mentre il Consiglio di Stato può sostituire il proprio
apprezzamento a quello di un Dipartimento, esaminandone la decisione
anche sotto il profilo dell'adeguatezza (opportunità), l'istanza
giudiziaria cantonale può controllare solo l'applicazione del diritto,
alla quale è parificato l'abuso o l'eccesso del potere di apprezzamento
(cfr. art. 56 segg. LPAmm. per rapporto all'art. 61). Praticamente
ciò significa che l'esercizio dell'apprezzamento può esser sindacato
dall'istanza giudiziaria quando l'Esecutivo si è arrogato competenze che
non gli spettano o ne ha fatto un uso insostenibile, privo di qualsiasi
seria motivazione, sconfinando in sostanza nell'arbitrio. Ora, a torto
il Tribunale amministrativo ha dichiarato addirittura insostenibile
l'apprezzamento del Governo, secondo cui non solo la pensilina,
ma anche la posa dei distributori supplementari contravvenivano alle
finalità perseguite dalla zona di pianificazione. Il Consiglio di Stato,
infatti, poteva con fondati argomenti scorgere nella posa di questi
nuovi distributori e nella conseguente messa in esercizio un ampliamento
della stazione di distribuzione intimamente connessa con l'autosilo,
e concluderne in legittimo esercizio dell'apprezzamento che questo
si poneva in urto con le finalità della zona di pianificazione, che
intende salvaguardare la pianificazione futura non solo sotto l'aspetto
volumetrico, ma anche sotto quello dell'utilizzazione concreta dei fondi da
essa abbracciati e delle attività imprenditoriali che vi devono o possono
esser consentite. Ritenendo insostenibile, cioè praticamente arbitraria,
quest'opinione del Consiglio di Stato, il Tribunale amministrativo si è
in realtà arrogato di rivedere l'adeguatezza della decisione governativa,
cadendo nel diniego di giustizia.

    b) La decisione dell'ultima istanza cantonale non sfuggirebbe
d'altronde alla censura del ricorrente nemmeno se si volesse ammettere che
le competesse anche l'esame dell'adeguatezza della decisione governativa.

    L'art. 27 cpv. 1. LPT conferisce alla competente autorità cantonale
il potere di stabilire delle zone di pianificazione per comprensori
esattamente determinati se i piani d'utilizzazione mancano o devono
esser modificati; l'art. 36 cpv. 2 LPT autorizza espressamente i Governi
cantonali - in attesa dell'emanazione delle disposizioni cantonali
necessarie all'applicazione della legge (cpv. 1) - ad emanare ordinamenti
provvisionali, in particolare a stabilire zone di pianificazione. Il
Consiglio di Stato ha provveduto a creare tale ordinamento provvisorio -
che non costituisce soltanto una facoltà, ma un obbligo che rientra
nel quadro dell'esecuzione del mandato costituzionale enunciato
dall'art. 22quater Cost. e precisato nell'art. 36 cpv. 1 LPT - adottando
il decreto esecutivo del 29 gennaio 1980 (DEPT), in cui ha legittimamente
delegato al Dipartimento dell'ambiente la facoltà di allestire tali zone
di pianificazione, riservandosi il ruolo d'autorità di ricorso (DTF 110
Ia 138 segg.). Per il centro cittadino di Chiasso, ciò è avvenuto, come
si è visto, coll'adozione della zona di pianificazione controversa, tanto
più indispensabile data la pratica carenza di ogni piano regolatore. Come
si rileva dalla scheda che illustra tale zona di pianificazione, essa è
intesa "a salvaguardare e rivitalizzare il tessuto edilizio esistente,
qualificando, in pari tempo, le relazioni con le altre parti componenti
il contesto urbanizzato del territorio comunale". Si precisa in detta
scheda che "in tale zona, nonostante la presenza di numerose nuove
costruzioni, gli aspetti tipologici della trama urbana hanno mantenuto le
originarie caratteristiche di unitarietà, chiaramente rilevabili nelle
parti edilizie tradizionali che compongono il vecchio borgo lungo via
Bossi e via Lavizzari, e nelle parti edilizie attinenti allo sviluppo ed
alla ristrutturazione d'origine ottocentesca della città, lungo l'asse
di Corso S. Gottardo". Gli effetti della zona sono quelli di vietare
"la realizzazione di nuove costruzioni, di nuovi impianti, come pure
la ricostruzione e l'ampliamento di edifici esistenti". Ammessi sono
unicamente "gli interventi di manutenzione, riattazione e trasformazione
di stabili esistenti, nonché la realizzazione di altri manufatti quali
muri o eventuali corpi accessori... se non contrastano e non pregiudicano
gli obiettivi della pianificazione specifica". Ora, la pianificazione
non abbraccia solo il tipo e la volumetria degli stabili da erigere
in una determinata zona, ma si estende propriamente all'utilizzazione
della zona stessa, cioè al tipo delle attività, segnatamente le attività
imprenditoriali che vi sono ammesse, ed alla loro coordinazione. Ora,
è palese che lo stabilimento, rispettivamente il notevole ampliamento
di una stazione di rifornimento di carburanti connessa con un autosilo
costituisce un intervento suscettibile di rendere vano o più arduo il
mantenimento di un vecchio borgo com'è quello delimitato da via E. Bossi
e da via Lavizzari. Anche ad un profano, senza ricorso all'ausilio di
perizie tecniche, non può sfuggire che l'autosilo già costituisce in sé
un fattore di disturbo per il traffico che tale impianto per la sua stessa
funzione convoglia nelle anguste vie del borgo storico, fiancheggiate dalle
tipiche costruzioni a 2-3 piani che la documentazione fotografica illustra;
una stazione di distribuzione di carburanti all'aperto, a questo connessa,
non fa che incentivare detto traffico; per di più, essa ha effetti analoghi
a quelli - ben noti quali origine di inquinamento fonico ed atmosferico -
di un impianto semaforico, nella misura in cui comporta un arresto e una
partenza supplementare, all'aperto, di parte degli utenti dell'autosilo
stesso per motivo di rifornimento, rispettivamente di ulteriori clienti
dei distributori. Se a questo si aggiunga che tra le colonne posate ve ne
sono di quelle a funzionamento automatico e continuo, si deve concludere
che l'attuato ampliamento degli impianti di distribuzione è suscettibile di
incentivare anche il molesto traffico notturno, quand'anche l'autosilo non
funzionasse durante la notte. A giusta ragione, poi, il ricorrente osserva
che l'incentivazione dello smercio di carburanti - a cisterne invariate -
comporta la maggior frequenza del loro riempimento, effettuato per mezzo
di autobotti pesanti e notoriamente connesso con emissioni moleste e
nocive per i vicini. L'affermazione della Depauto S.A., per cui l'aria
del centro cittadino "non è quella che si può trovare in campagna, ma
che nessuno ha mai pensato di contestare il riempimento dei serbatoi di
benzina dei distributori cittadini", è addirittura sconcertante: una
situazione già precaria dal punto di vista abitativo non giustifica -
per meri motivi economici - un'incentivazione degli inquinamenti, ma
semmai la loro drastica riduzione. Tanto la LPT, quanto specialmente
la LPA (art. 1 cpv. 2, art. 11) si fondano sull'elemento cardinale
della prevenzione (Vorsorgeprinzip). In simili circostanze di fatto,
l'affermazione dell'impugnata sentenza per cui i vincoli imposti dalla zona
di pianificazione si attenuano gradualmente col progredire del tempo e la
progressiva individuazione degli scopi urbanistici e la concretizzazione
degli studi è insostenibile, poiché chiaramente in contrasto con i
manifesti intendimenti di risanamento e di rivitalizzazione del borgo
storico, che costituiscono la ragione stessa della zona di pianificazione
e di cui sono premesse la riduzione delle fonti d'inquinamento esistenti
e la prevenzione di rumore. L'autorità d'ultima istanza ha negletto
di considerare che determinanti non sono certo l'ingombro volumetrico
delle colonne di distribuzione e dei relativi impianti di alimentazione,
bensì le conseguenze del potenziamento notevole dell'esercizio. Né vale
obiettare, a tal proposito, che i distributori si possono agevolmente
sopprimere successivamente: tale argomento neglige che l'autorizzazione di
posa e di esercizio è suscettibile di creare delle situazioni acquisite che
è poi impossibile o quantomeno arduo ridurre o sopprimere, per tacere del
fatto che una situazione provvisoria che perdura per degli anni è parimenti
inammissibile. D'altronde, l'istanza cantonale ha fatto un riferimento
puramente formale al progredire degli studi pianificatori, senza
manifestamente spingere l'indagine al loro risultato effettivo e concreto,
il quale non può esser sicuramente andato nel senso che l'impugnata
sentenza sottintende. Da uno studio commesso dallo stesso Comune di Chiasso
a un gruppo di lavoro composto di specialisti e pubblicato nell'aprile
del 1986 ("Studio sul problema dell'alloggio", arti grafiche Bernasconi
S.A., Agno; autori dott. E. Gerosa, lic. oec. R. Denea, ing. Gianfranco
Sciarini), si desume infatti che il troppo traffico costituisce il motivo
di lamentela più importante (70% degli interpellati) nell'inchiesta
demoscopica e si suggerisce la creazione di due zone pedonali, di cui
una comprendente la zona trapezoidale sita fra Corso S. Gottardo, via
L. Lavizzari, via S. Franscini e via E. Bossi, con l'esplicita proposta
di trasformare l'attuale autosilo in parcheggio limitato agli utenti
del quartiere ed ai suoi residenti, con il rispettivo adeguamento delle
dimensioni per rispondere alle esigenze di questa nuova funzione. Che
l'istanza cantonale nella decisione impugnata ha manifestamente disatteso
la funzione di prevenzione (Vorsorge) della zona di pianificazione,
e con ciò trascurato che la prevenzione è uno dei cardini tanto
della pianificazione del territorio, quanto della legge federale sulla
protezione dell'ambiente, è palese. Ciò costituisce lesione di un principio
fondamentale e conseguentemente violazione dell'art. 4 Cost.

Erwägung 8

    8.- (Spese processuali)

Entscheid:

      Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

    Il ricorso di diritto amministrativo è respinto; il ricorso di diritto
pubblico è ammesso, nella misura in cui è ricevibile, e la decisione
impugnata è annullata.