Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 113 IB 276



113 Ib 276

43. Sentenza del 28 gennaio 1987 della I Corte di diritto pubblico nella
causa X. c. Ufficio federale di polizia (ricorso di diritto amministrativo)
Regeste

    Europäisches Auslieferungs-Übereinkommen (EAUe), Rechtshilfegesetz
(IRSG). Überprüfung des Alibis.

    1. Zulässigkeit der Verwaltungsgerichtsbeschwerde und Kognition des
Bundesgerichts (E. 1).

    2. Prüfung des Alibibeweises unter der Herrschaft des aufgehobenen
Auslieferungsgesetzes vom 22. Januar 1892; Zusammenfassung der
Rechtsprechung (E. 3a).

    3. Auslegung des Art. 53 IRSG im Lichte der Gesetzesmaterialien. Der
Begriff des Alibis ist im herkömmlichen Sinn zu verstehen, nämlich
als Beweis, dass sich der Verfolgte im Zeitpunkt der Tat, für die die
Auslieferung nachgesucht wird, nicht am Ort der Tatbegehung aufgehalten
hat: der Begriff lässt sich nicht auf jeden Beweis der Nicht-Schuld des
Auszuliefernden ausdehnen (E. 3b).

    4.Übereinstimmung des Art. 53 IRSG mit dem EAUe insbesondere mit
seinem Art. 1, der den Grundsatz der Auslieferungspflicht aufstellt
(E. 3c).

    5. Im konkreten Fall Anwendung von Art. 53 Abs. 2 Satz 2 IRSG, da
das vom Verfolgten behauptete Alibi weder klar noch eindeutig ist (E. 4).

Sachverhalt

    A.- In data 5 giugno 1986 l'Ambasciata d'Italia a Berna ha chiesto
l'estradizione del cittadino italiano M. X., detenuto a Lugano, per i
fatti posti alla base del mandato di cattura n. 44/86 R.M.C. emesso l'11
marzo 1986 dal Giudice istruttore del Tribunale di Fermo. X. s'è opposto
all'estradizione invocando un alibi.

    L'Ufficio federale di polizia (UFP) ha accolto la domanda con decisione
del 22 agosto 1986, che il perseguito ha tempestivamente impugnato con
ricorso di diritto amministrativo: egli ha chiesto che il Tribunale
federale l'annulli e, in via principale, rifiuti l'estradizione; in
via subordinata, che faccia obbligo all'UFP di comunicare allo Stato
richiedente le prove a discarico, invitandolo a dichiarare se intende
mantenere la domanda, in applicazione dell'art. 53 cpv. 2, frase 2 AIMP.

    L'UFP ha concluso per la reiezione integrale del gravame.

Auszug aus den Erwägungen:

                    Considerato in diritto:

Erwägung 1

    1.- Ai rapporti italo-svizzeri in materia di estradizione sono
applicabili la CEEstr e, in via sussidiaria, nella misura in cui non
contrasti con la lettera o lo spirito della Convenzione, l'AIMP (DTF 109
Ib 62/63). Colpito dalla decisione, X. ha indubbiamente qualità (art. 103
lett. a OG) per impugnarla col ricorso di diritto amministrativo previsto
dagli art. 25 cpv. 1 e 55 cpv. 3 AIMP, per cui il gravame - tempestivo -
è ricevibile in linea di principio. Su di esso il Tribunale federale
giudica senza esser vincolato dalle conclusioni delle parti (art. 25
cpv. 6 AIMP), il che significa che, nel quadro dell'oggetto del litigio,
esso può procedere anche ad una reformatio in pejus sive in melius (DTF 112
Ib 585/86 consid. 3; cfr., sotto il dominio della cessata LEstr del 1892:
DTF 100 Ia 410 consid. 1c/d, 99 Ia 554 consid. 2, 97 I 375 consid. 1,
95 I 467 consid. 5).

Erwägung 2

    2.- a) Come evincesi dal mandato di cattura e dalla relazione
che l'accompagna, l'autorità italiana imputa a X. la partecipazione
(concorso, art. 110 CPI) ad una tentata rapina commessa a Fermo (Marche,
provincia di Ascoli Piceno) il 26 settembre 1985 da G.F. e P.F. -
nel frattempo arrestati - e da un terzo individuo ai danni dei coniugi
R.-I. nell'abitazione stessa delle vittime. Dall'esposto dei fatti, non
è chiaro se gli inquirenti italiani ritengano che X. abbia direttamente
partecipato alla rapina commessa il 26 settembre 1985 (egli sarebbe in
tal caso il terzo protagonista del fatto, non identificato), oppure se
l'autorità italiana considera il ricorrente implicato già solo per aver
partecipato - come essa afferma - il 23 settembre 1985, verso le ore
18.00, ad un sopralluogo preparatorio insieme con un secondo individuo.
Certo è che, secondo la descrizione dei fatti, l'autorità italiana
considera che X. sia stato presente a questo sopralluogo, perché una
testimone l'avrebbe identificato come uno dei due protagonisti, sulla
base di una documentazione fotografica sottopostale. È appena il caso di
ricordare qui che il diritto italiano, a differenza di quello svizzero,
non conosce più, per quanto concerne la compartecipazione di persone nel
reato, la distinzione fra correità, istigazione e complicità (cfr. DTF
112 Ib 227/28 consid. 3, 101 Ia 63), per cui il concorso potrebbe a
ragione esser dedotto anche dalla semplice preparazione del preventivo
sopralluogo. Aggiunge l'autorità italiana che la vettura, a bordo della
quale il 23 settembre 1985 i due individui si sono allontanati, risulta
appartenere a tale M.B., già convivente prima della latitanza con il
ricercato stesso e cognata di G.F., uno degli accertati autori diretti
della rapina. Inoltre, secondo la domanda, relazioni di conoscenza, anzi
d'amicizia sarebbero sussistite tra il ricorrente e gli altri due autori.

    b) È pacifico che all'epoca determinante X. si spacciava, usando
documenti di legittimazione falsi, per tale Oreste G.: la circostanza
è confermata dalla condanna a 15 giorni di detenzione da lui subita in
Svizzera in virtù di un decreto d'accusa 23 maggio 1986 del Sostituto
Procuratore pubblico sottocenerino, per essersi egli legittimato con
carte false a partire dal settembre 1985 presso le autorità doganali
e di polizia svizzere. Ora, A., a quel tempo titolare di un studio
di architettura a Lugano, ha reso una dichiarazione giurata davanti
al notaio S., secondo cui egli avrebbe fatto la conoscenza verso il 15
settembre 1985 a Breganzona di un certo Oreste, che si interessava per
trovare finanziatori di un brevetto di macchina scioglineve, e l'avrebbe
a tal fine indirizzato all'arch. Y. Inoltre, l'arch. Y. ha rilasciato il
24 luglio 1986 davanti al notaio L. una dichiarazione giurata, secondo la
quale, a seguito della presentazione fattagli da A. il 16 o 17 settembre
1985, egli avrebbe avuto con Oreste G. - alias X. - numerosi lunghi
colloqui per motivi d'affari nel suo studio di Massagno il 20 settembre,
il 23 settembre (ore 10.00), il 25 settembre (ore 16.00), il 26 settembre
(ore 10.30), il 27 settembre (ore 15.00) e il 30 settembre (ore 11.30),
nonché altri numerosi incontri nei mesi di ottobre e di gennaio, febbraio
e marzo 1986. Il ricercato ha infine prodotto dichiarazione giurata di
F.B., cittadina italiana residente a Ronago (Como), un paese vicino alla
frontiera a Novazzano, attestante di aver alloggiato l'"Oreste" dal 3/4
settembre 1985 sino all'1/2 ottobre 1985; la teste ha confermato che,
nella notte del 26 settembre 1985, l'"Oreste" era in casa.

    Da questa documentazione, il ricercato ha dedotto davanti all'UFP -
come sostiene oggi davanti al Tribunale federale - esser raggiunta la
prova che, contrariamente all'asserzione dell'autorità italiana, egli non
poteva trovarsi a Fermo né il giorno 23 settembre né il 26 successivo,
onde l'identificazione fotografica, sulla scorta della quale codesta
autorità ha principalmente fondato l'imputazione di partecipazione
agli atti delittuosi commessi dai due autori materiali della rapina,
non potrebbe esser esatta, ed egli dovrebbe esser posto al beneficio
dell'alibi previsto dall'art. 53 AIMP.

    c) Nella decisione impugnata, pronunciandosi su questa obiezione,
l'UFP ha rilevato innanzitutto che non ci si trova in presenza di un caso
palese, legittimante senz'altro il rifiuto dell'estradizione (art. 53
cpv. 2, frase 1 AIMP). Ha poi aggiunto che, per espressa richiesta del
precedente difensore del ricercato, la dichiarazione resa da F.B. -
che temerebbe di esser accusata in Italia di infrazioni doganali -
non può esser comunicata all'autorità italiana, e ne ha concluso che,
facendo astrazione da tale dichiarazione, l'alibi per la giornata del 26
settembre 1985 si sgretola e perde ogni significato, non senza rilevare
che - oltretutto - si porrebbe il "problema dell'inchiesta relativa ad
una persona - F.B. - che fa dichiarazioni in siffatte circostanze". Per
quanto poi riguarda l'alibi del 23 settembre 1985 - aggiunge l'UFP - va
notato che è senz'altro possibile recarsi "da Lugano a Roma in 6/7 ore"
e che "da Chiasso a Porta S. Giorgio (casello autostradale) vi sono circa
600 km: Porta S. Giorgio dista da Fermo 10 km".

    A questo ultimo riguardo va subito rilevato che la decisione dell'UFP
può dar luogo ad equivoco. La distanza fra Lugano e Roma, rispettivamente
il tempo necessario per la percorrenza, sono affatto inconferenti, poiché
la città di Fermo si trova sul versante adriatico, a sud di Ancona, sicché
chi la volesse raggiungere da Lugano percorrerebbe, lasciando l'autostrada
del sole a Bologna, l'autostrada A 14 Adriatica. Per contro è esatto che
tra il casello d'uscita di Porto (e non "Porta") S. Giorgio sull'Adriatica
e Fermo vi sono ca 10 km. Queste imperfezioni della decisione sono per
finire irrilevanti, poiché è esatto che tra Lugano e Fermo intercorre
una distanza di ca 600 km.

    d) Nel gravame il ricercato ribadisce le ragioni già invocate davanti
all'UFP. Egli rileva, per quanto riguarda il furto dell'arma con la quale
è stata commessa la rapina, avvenuto il 1o dicembre 1985, che egli non può
avervi partecipato, essendo a quell'epoca detenuto in Italia; quanto ai
fatti di Fermo, ribadisce di essersi trovato in Svizzera, rispettivamente
a Ronago, presso la frontiera svizzera, cioè a oltre 600 km di distanza
dal luogo di commissione.

Erwägung 3

    3.- a) Per costante giurisprudenza, il Tribunale federale si
considera vincolato dalla descrizione dei fatti contenuta nella domanda
d'estradizione e nella documentazione allegata, a meno che essa sia
manifestamente inesatta o contenga lacune o contraddizioni (DTF 109 Ib
324 consid. 11b, 107 Ib 254 consid. 2b/aa, 267 consid. 3a): l'esame della
colpevolezza è per principio riservato al giudice straniero del merito, non
a quello svizzero dell'estradizione o - in genere - dell'assistenza. Sotto
l'impero della cessata legge d'estradizione del 22 gennaio 1892, che
non conteneva alcuna disposizione particolare concernente l'alibi, il
Tribunale federale ha costantemente rifiutato di entrare nel merito di
tale obiezione sollevata dal ricercato. In DTF 92 I 114/15 (caso Kroeger),
esso si è tuttavia posto - lasciandola aperta - la domanda di sapere se
la questione della colpevolezza non dovesse esser esaminata dal giudice
dell'estradizione, almeno allorquando un alibi allegato dal ricercato
fosse agevolmente e sicuramente controllabile, così come d'altronde già
soleva fare la Divisione federale di polizia (cfr. rapporto di gestione del
Consiglio federale, ediz. ted., 1920 pag. 305 n. 13, 1925 pag. 264 n. 8,
1926 pag. 267 n. 13) e come veniva auspicato dalla dottrina svizzera,
con riferimento anche alla soluzione mediana adottata a tal riguardo
nel diritto austriaco (SCHULTZ, Das schweizerische Auslieferungsrecht,
pag. 202 e note 223/224, pag. 234; SCHEIM/MARKEES, SJK n. 755 pag. 10
n. 4c; PFENNINGER, Ein Typus-Auslieferungsvertrag, RDS 54/1935 pag. 95
segg.). In DTF 95 I 467/68 (caso Della Savia), il Tribunale federale ha
nuovamente rifiutato di riesaminare la sua giurisprudenza concernente
l'alibi con l'argomento che - anche per i fautori di una modificazione -
occorreva che il prevenuto fosse in grado di dimostrare immediatamente e
direttamente l'impossibilità che egli fosse l'autore materiale dell'atto,
ciò che in casu - trattandosi della deposizione a discarico fatta da una
coimputata - non si verificava (in senso analogo la sentenza Castori
del 19 marzo 1975, consid. 4 non pubblicato in DTF 101 Ia 60 segg.,
con conferma in DTF 101 Ia 424 consid. 5). In DTF 101 Ia 611/12 (caso
Schlegel), il problema dell'eventuale verifica dell'alibi fu lasciato
nuovamente aperto, stavolta con la motivazione che il ricercato doveva
comunque venir estradato in ogni caso per altri fatti, onde l'esame era
inutile. Nella sentenza Federici (DTF 109 Ib 63/64 consid. 5a), emanata
dopo l'entrata in vigore dell'AIMP, la questione della portata dell'art. 53
della novella fu ancora evitata, poiché nel frattempo le stesse autorità
dello Stato richiedente avevano lasciato cadere la relativa accusa.

    b) Nel progetto del Consiglio federale dell'8 marzo 1976 relativo
all'AIMP, l'art. 48 cpv. 1 prevedeva soltanto che, se il perseguito
affermava di poter provare che, al momento del fatto, non si trovava nel
luogo di commissione, la Divisione di polizia poteva ordinare indagini. Il
capoverso secondo del progetto era già identico all'attuale art. 53
cpv. 2 della legge. Nel messaggio il Consiglio federale si limitava
lapidariamente a rilevare che il fatto che un alibi univoco importasse
il rifiuto dell'estradizione era nuovo e che in tal modo si colmava
una lacuna urtante nella legislazione vigente (FF 1976 II pag. 481);
nessuna allusione veniva fatta invece alla seconda frase del capoverso 2
di questo disposto. Maggiori lumi, a parte l'accenno alla lacuna urtante
del diritto da novellare, non si traggono neppure dal rapporto 22 dicembre
1972 della Commissione d'esperti, chiamata a pronunciarsi sull'avamprogetto
elaborato nel 1968 dalla Divisione federale di polizia (ivi, pag. 115).
Commentando il disegno di legge il disegno di legge del Consiglio federale,

SCHULTZ rileva comunque espressamente che con l'art. 48 cpv. 1 (ora 53)
"wird der von der Praxis zugelassene Alibibeweis ausdrücklich anerkannt
und das Bundesamt mit den erforderlichen Abklärungen betraut. Ist
die Angelegenheit nicht so eindeutig, dass einzig die Ablehnung der
Auslieferung in Frage kommt, so wird der ersuchende Staat aufgefordert,
in kurzer Frist zu erklären, ob er das Ersuchen aufrechthält" (Das neue
Schweizer Recht der internationalen Zusammenarbeit in Strafsachen, SJZ
77/1981 pag. 96).

    Nel corso dei dibattiti parlamentari, quella che secondo il progetto
era semplicemente una facoltà dell'UFP fu trasformata, attraverso
l'adozione della dizione "... l'Ufficio federale procede ai chiarimenti
necessari" ("... nimmt die gebotenen Abklärungen vor"; "... procède aux
vérifications nécessaires") in un'imposizione (cfr. Boll.uff. CN 1979
pag. 851; CSt 1980 pag. 218; inoltre sentenze 5 marzo 1986 in re Ursino
e 13 dicembre 1986 in re Gameiro; MARKEES, SJK n. 422a pagg. 15/16). Dal
testo della legge e dai lavori legislativi che la confortano, nonché
dalla dottrina che si è riferita sopra, risulta con chiarezza che il
legislatore - rompendo con le esitazioni della giurisprudenza citata, che
si era sempre limitata ad evocare il problema senza fornire una risposta,
se non generica - ha voluto innovare, stabilendo precisi obblighi a
carico dell'autorità amministrativa, prima, e di quella giudiziaria,
poi. Ciò è stato del resto riconosciuto nella sentenza Gelli del 19
agosto 1983 (DTF 109 Ib 325 consid. 11b) e nella sentenza Bufano, Bosch de
Sanchez-Reisse e Martinez del 21 maggio 1986 (DTF 112 Ib 220 consid. 5b),
dove il Tribunale federale ha esposto che l'art. 53 AIMP costituisce
un'innovazione introdotta dal legislatore, avendo cura di precisare
subito che, come risulta più chiaramente dai testi tedesco e italiano
della legge piuttosto che da quello francese, il termine di "alibi"
deve intendersi nel suo senso classico, cioè di prova che al momento del
fatto la persona perseguita - contrariamente a quanto assume la domanda
d'estradizione - non si trovava nel luogo di commissione del reato, e non
può invece esser esteso ad ogni prova di non colpevolezza del ricercato,
ciò che evidentemente restringe la portata di applicazione a casi ben
precisi, in cui la presenza della persona sul luogo del reato è premessa
fattuale necessaria dell'imputazione. La soluzione adottata per finire
dal legislatore svizzero presenta analogie con la regola più generica
introdotta nella recente legge austriaca d'estradizione e assistenza
giudiziaria del 4 dicembre 1979 (BGBl 1979 n. 529 pag. 2551 segg.),
secondo la quale (§ 31 cpv. 1) "ob die auszuliefernde Person der ihr
zur Last gelegten strafbaren Handlung nach den Auslieferungsunterlagen
hinreichend verdächtig ist, ist nur zu prüfen, wenn insoweit erhebliche
Bedenken bestehen, insbesondere wenn Beweise vorliegen oder angeboten
werden, durch die der Verdacht ohne Verzug entkräftet werden könnte".

    c) Vero è che, in virtù dell'art. 1 CEEstr, la Svizzera in quanto Stato
richiesto ha l'obbligo di concedere l'estradizione allorché le relative
condizioni sono adempiute ed è prodotta la documentazione prescritta
dall'art. 12 (sentenza 14 giugno 1985 in re Boccardi, consid. 6). Ciò
non significa tuttavia che l'art. 53 AIMP non sia compatibile con la
Convenzione e contrasti in modo particolare con l'obbligo di estradare
da essa previsto.

    Innanzitutto, dev'essere premesso che la Convenzione non vieta alle
autorità dello Stato richiesto di verificare un alibi e di controllare
in modo più generale le prove d'innocenza fornite dal ricercato. D'altra
parte, se questi produce un alibi nel senso appena descritto, le autorità
svizzere possono inferirne che il mandato di cattura e l'esposizione dei
fatti allegati alla domanda contengono un errore e che esse non sono più
tenute in tal modo a considerarsi vincolate da questi documenti (supra,
consid. 3a). Ora, se l'alibi è evidente ed univoco, l'estradizione
dev'essere negata già in virtù di un principio generale del diritto
estradizionale, da tempo invalso, secondo cui non può prestarsi aiuto
al perseguimento e alla consegna di persone manifestamente innocenti,
che sono cioè del tutto estranee all'atto incriminato (DTF 103 Ia 629
consid. 4; sentenze 27 aprile 1977 in re Fioroni, Prampolini e Cazzaniga,
consid. 4, 12 ottobre 1979 in re Bruno, consid. 4, 21 dicembre 1979 in
re Tetteroo, consid. 3a, 29 febbraio 1980 in re Groppelli, consid. 4). Ne
consegue che l'art. 53 cpv. 2, prima frase AIMP - che consente di rifiutare
l'estradizione nei casi palesi - si rivela compatibile con il testo e lo
spirito della Convenzione e risponde anzi ad un principio fondamentale del
diritto internazionale. Né contrasta con la Convenzione la seconda frase
dello stesso disposto, che obbliga la Svizzera a comunicare alla Parte
richiedente le prove a discarico prodotte dal ricercato allorché l'alibi
da questi invocato non è chiaro ed univoco: come lo Stato richiesto
può domandare allo Stato richiedente un complemento d'informazioni
(art. 13 CEEstr), così esso può anche sottoporgli codesti mezzi di prova,
offrendogli la possibilità di recedere eventualmente dalla domanda e di
risparmiare quindi al perseguito i disagi dell'estradizione. Con questo
sistema la Svizzera non vien meno agli impegni internazionali assunti,
né pregiudica gli obiettivi perseguiti dagli Stati contraenti con la
ratifica della Convenzione.

Erwägung 4

    4.- a) Nel caso in esame si desume dalla domanda italiana che,
dal punto di vista fattuale, le autorità inquirenti attribuiscono alla
controversa presenza del ricercato al sopralluogo preparatorio del 23
settembre 1985 un'importanza fondamentale ai fini dell'imputazione, mentre
le altre allegazioni (pretesa relazione con M.B., conoscenza degli altri
protagonisti) non costituiscono che argomenti aggiuntivi di secondario
rilievo. Si deve quindi riconoscere che, in linea di principio, si è in
presenza di un caso in cui l'alibi, nel preciso senso di non presenza
sul luogo di commissione, entra in considerazione e l'art. 53 AIMP è di
conseguenza applicabile.

    Ciò premesso, dev'essere aggiunto che, dal profilo formale, le tre
dichiarazioni giurate prodotte tempestivamente dal ricercato non prestano
il fianco alla critica (cfr. art. 85 segg. della legge ticinese sul
notariato del 23 febbraio 1983): esse sono state fatte in Svizzera davanti
ad un pubblico ufficiale ed i testi risultano dall'atto notarile essere
stati resi attenti sull'obbligo di dire la verità e sulle conseguenze
di una falsa testimonianza. In queste circostanze l'UFP non era neppure
tenuto a procedere ad ulteriori accertamenti secondo l'art. 53 cpv. 1 AIMP,
anche se nulla gli impediva comunque di far sentire i testi, sull'oggetto
delle loro dichiarazioni, dalla competente autorità giudiziaria ticinese.

    La questione di sapere se - come pretende l'UFP, contrariamente
a quanto il ricorrente assevera - fosse stato formalmente richiesto
all'Ufficio di non utilizzare nei confronti dell'autorità italiana
la dichiarazione della teste F.B. non ha bisogno di esser risolta:
determinante è che questa dichiarazione si trova in atti, e che
al ricorrente non può esser inibito di invocarla, così come non
gli potrà esser vietato di invocarla in Italia, ove fosse estradato.
D'altronde, contrariamente alla tesi dell'UFP, non è nemmeno esatto che -
facendo astrazione dalla deposizione di F.B. - l'alibi invocato per la
giornata del 26 settembre (giorno della rapina) perda ogni consistenza:
l'UFP omette infatti di considerare che dalla dichiarazione giurata
dell'arch. Y. risulta che il ricercato sarebbe stato a Lugano non solo
nella tarda mattinata del 26 settembre 1985, ma anche nel primo pomeriggio
del giorno successivo.

    b) Fatte queste considerazioni, va tuttavia concluso che non si è in
presenza di un caso palese ai sensi dell'art. 53 cpv. 2, frase 1 AIMP,
che legittimi puramente e semplicemente il rifiuto dell'estradizione.

    A voler prestar fede alle testimonianze relative alla giornata del
26 settembre, quella di F.B. inclusa, si dovrebbe invero escludere che il
ricercato si sia trovato a Fermo il giorno 26 settembre; facendo astrazione
dalla dichiarazione di F.B. relativa al pernottamento a Ronago (la teste
non spiega per quale preciso motivo si ricordi proprio della notte del
26), la possibilità per X. di esser stato a Fermo non può esser esclusa
in modo categorico, ma appare comunque altamente dubbia. Questa questione
non ha tuttavia bisogno d'esser risolta, poiché nella domanda italiana
- determinante ai fini del giudizio - non è chiaramente affermata la
presenza di X. a Fermo il 26 settembre, né la sua partecipazione diretta
alla rapina, e quindi un alibi per tal giorno può anche non esser ritenuto
indispensabile. Sulla scorta della domanda italiana, essenziale è invece
l'affermata presenza di X. al sopralluogo preparatorio del 23 settembre,
alle ore 18.00. A questo proposito, l'opinione dell'UFP per cui non
può escludersi tassativamente che il ricercato, finito il colloquio con
l'arch. Y. iniziato alle 10.00 a Massagno, abbia potuto recarsi a Fermo per
le ore 18.00 ed esser rientrato a Lugano per il successivo 24, giorno in
cui ebbe nel pomeriggio (ore 16.00) un nuovo incontro con Y. a Massagno,
può esser condivisa in relazione alle distanze da percorrere (2 volte 600
km) e all'agibilità dell'autostrada. Se ne deve concludere che l'UFP,
in esercizio corretto dell'apprezzamento che gli compete (cfr. DTF 107
Ib 257 consid. 2b/bb in fine), poteva senza violare il diritto federale
escludere il "caso palese" previsto dall'art. 53 cpv. 2, frase 1 AIMP,
che solo legittima il rifiuto puro e semplice dell'estradizione: ciò
porta alla reiezione della domanda principale formulata dal ricorrente.
   c) Per contro, il gravame appare fondato nella sua domanda subordinata.

    Non può esser seriamente contestato che gli elementi a discarico
prodotti dal ricorrente fanno perlomeno apparire dubbio ch'egli abbia
effettivamente partecipato al sopralluogo del 23 settembre 1985 su cui
essenzialmente poggia l'imputazione formulata dall'autorità italiana. A ciò
si aggiunga che, secondo l'esposto dei fatti determinante, X. non sembra
esser stato direttamente riconosciuto da una testimone che lo conoscesse
personalmente, bensì individuato da detta testimone sulla base base
di una documentazione fotografica sottopostale dagli inquirenti: ora,
è notorio che il possibile margine d'errore di tali identificazioni,
rispettivamente la loro incertezza, sono più elevati che in caso di
riconoscimento diretto di persona nota. L'Ufficio non poteva pertanto,
senza esorbitare dal margine di apprezzamento che gli compete, denegare
implicitamente alle prove a discarico prodotte ogni apprezzabile rilievo:
solo se ciò fosse stato il caso, l'Ufficio poteva procedere senz'altro
all'estradizione. Nel caso in esame, in presenza di prove a discarico
rilevanti concernenti un alibi in senso tecnico del termine, l'art. 53
cpv. 2, frase 2 AIMP gli faceva obbligo invece di comunicare all'autorità
italiana tali prove, invitandola a dichiarare entro breve termine se
intendesse mantenere la domanda. Il testo chiaro della disposizione
non consente altra interpretazione, e quella data (implicitamente)
dall'UFP a tale norma non può esser ammessa, poiché condurrebbe ad un
risultato che il legislatore non ha manifestamente voluto. In effetti,
non si vedrebbe quale portata pratica il disposto dell'art. 53 cpv. 2,
frase 2 ancora potrebbe conservare, se ci si rifiutasse di applicarlo in
un caso come quello controverso. Il legislatore ha manifestamente voluto,
in casi del genere, offrire una "chance" al ricercato, rispettivamente
creare le premesse per consentire all'autorità richiedente di riesaminare
alla luce delle nuove risultanze la propria presa di posizione, evitando
eventualmente inutili durezze connesse con l'arresto estradizionale e la
consegna (SCHULTZ, Das schweizerische Auslieferungsrecht, pag. 202). Certo,
non spetta all'autorità svizzera dell'estradizione, in questi casi, di
decidere al posto dell'autorità italiana, né di sindacarne la successiva
presa di posizione: tuttavia, il diritto interno svizzero - compatibile in
tal punto con il testo e lo spirito della Convenzione (supra, consid. 3c)
- fa obbligo all'autorità dello Stato richiesto di interpellare nuovamente,
con assegno di termine, quella della Parte richiedente.

    Ne discende che la domanda subordinata del ricorso dev'essere
accolta e che la decisione impugnata dev'essere annullata. Dopo aver
vagliato eventualmente l'opportunità di far risentire i testi residenti
in Svizzera dal competente magistrato ticinese, l'UFP dovrà quindi far
luogo alla procedura stabilita dall'art. 53 cpv. 2, seconda frase AIMP e
dovrà poi emanare una nuova decisione in base all'attitudine dell'autorità
richiedente.

Erwägung 5

    5.- Visto l'esito parzialmente positivo del gravame, si può rinunciare
al prelevamento di spese e tassa di giustizia; il ricorrente - che s'è
fatto assistere da un avvocato - ha diritto ad una corresponsione di
ripetibili ridotte (art. 159 OG).

Entscheid:

      Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

    La domanda principale del ricorso di diritto amministrativo è respinta;
quella subordinata è accolta e la decisione impugnata è annullata.

    Gli atti sono ritornati all'Ufficio federale di polizia affinché, ai
sensi dei considerandi, faccia luogo alla procedura prevista dall'art. 53
cpv. 2, frase 2 della legge federale sull'assistenza internazionale in
materia penale.