Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 112 V 133



112 V 133

21. Estratto della sentenza del 5 marzo 1986 nella causa Ufficio federale
dell'industria, delle arti e mestieri e del lavoro contro Borri e Tribunale
delle assicurazioni del Canton Ticino Regeste

    Art. 11 Abs. 1 AVIG und Art. 5 AVIV, Art. 16 Abs. 1 lit. e AVIG.

    - Abgesehen von den in den Art. 11 Abs. 1 AVIG und Art. 5
AVIV enthaltenen Normen - wonach der Arbeitsausfall wenigstens zwei
aufeinanderfolgende Tage dauern resp. zwei volle Arbeitstage innerhalb
von zwei Wochen ausmachen muss - enthält die gesetzliche Regelung keine
anderen Bestimmungen, die den Entschädigungsanspruch vom Bestehen einer
Arbeitslosigkeit eines bestimmten Mindestausmasses abhängig machen.

    - Ein solches Erfordernis kann insbesondere nicht aus Art. 16 Abs. 1
lit. e AVIG abgeleitet werden; daher ist die Entschädigung auch dann
zuzusprechen, wenn der Erwerbsausfall die ausgeübte Tätigkeit nicht
unzumutbar macht.

Auszug aus den Erwägungen:

                  Estratto dai considerandi:

    aa) Per Cassa e Ufficio federale dell'industria, delle arti e
mestieri e del lavoro (UFIAML) un'indennità di disoccupazione poteva
essere erogata solo nella misura in cui il salario percepito dal 1o
gennaio 1984 per l'occupazione parziale non fosse stato di almeno il 70%
del guadagno assicurato. A fondamento della loro tesi i predetti organi si
prevalgono della norma di cui all'art. 16 cpv. 1 lett. e LADI, che dispone
essere un'occupazione adeguata se consente al disoccupato di riscuotere un
salario che non sia inferiore all'indennità di disoccupazione spettantegli,
la quale, come si è visto, ammonta per i celibi ai sensi dell'art. 22
cpv. 1 LADI al 70% del guadagno assicurato.

    In sostanza la Cassa e l'UFIAML postulano quindi che le indennità di
disoccupazione non vengano riconosciute nella misura in cui la perdita di
guadagno ammonti a meno del 30% del guadagno assicurato. Si pone il tema
di sapere se questa esigenza posta al riconoscimento delle prestazioni
sia conforme alla legge.

    La necessità di limitare il diritto alle indennità ai casi di
disoccupazione che rivestano una certa importanza è stata esplicitamente
considerata dal legislatore all'art. 11 LADI, disposizione per cui
esso al cpv. 1 ha stabilito che la perdita di lavoro è computabile,
nella misura in cui provoca una perdita di guadagno e "dura almeno due
giorni lavorativi interi consecutivi". Nel suo Messaggio 2 luglio 1980
concernente una nuova legge federale sull'assicurazione obbligatoria contro
la disoccupazione e l'indennità per insolvenza il Consiglio federale si
è chiaramente espresso sul senso di questa durata minima affermando che
"perdite di guadagno più brevi saranno sopportate dall'assicurato nel
senso di una franchigia" (cfr. FF 1980 III 511). Oltre questo requisito
di una durata minima della perdita di lavoro la legge non subordina il
riconoscimento delle indennità di disoccupazione ad altri requisiti. Essa
non predispone in alcun modo che pure la perdita di guadagno addebitabile
alla perdita di lavoro debba essere di una determinata entità. Non trova
in particolare fondamento nella legge la condizione proposta da UFIAML
e Cassa di disoccupazione giusta cui una perdita di guadagno inferiore -
nell'ipotesi di assicurati celibi - al 30% non sarebbe indennizzabile. A
torto esse autorità ravvisano nel disposto dell'art. 16 cpv. 1 lett. e
LADI una base alla loro argomentazione. La norma di cui all'art. 16 cpv. 1
LADI volge infatti unicamente a definire il quadro delle occupazioni
legittimamente esigibili dall'assicurato tenuto conto della specifica
sua situazione, ossia degli usi professionali vigenti (lett. a),
delle capacità e eventualmente dell'attività precedentemente svolta
(lett. b), dell'età, delle condizioni personali e di salute (lett. c),
delle possibili ripercussioni sulla futura attività (lett. d) e della
retribuzione precedente (lett. e).

    La condizione alla lett. e non è intesa che, come gli altri requisiti
di cui alle lettere a, b, c, d, a porre dei criteri di esigibilità di
un'occupazione, criteri che tengano conto di quegli opposti interessi che
sono, da un lato, la tutela nella massima misura possibile della posizione
acquisita dal lavoratore nella sua carriera professionale, e, d'altro lato,
l'impellenza di reinserire quest'ultimo nel ciclo produttivo. Predisponendo
che per essere adeguato un lavoro deve permettere di ottenere un salario
pari almeno all'indennità di disoccupazione - ossia pari rispettivamente
al 70% del guadagno assicurato per i celibi e all'80% dello stesso per
gli altri assicurati - la legge ha in questo senso ritenuto un limite
di rimunerazione sufficientemente elevato da non ledere in misura
inaccettabile gli interessi dell'assicurato, ma anche sufficientemente
basso da non limitare eccessivamente le offerte di lavoro che questi è
tenuto ad accettare. Solo questo fine si prefiggeva il legislatore emanando
l'art. 16 cpv. 1 lett. e LADI. Nessun elemento è contenuto nella legge
che permetta di approdare alle conclusioni proposte da Cassa e ricorrente.

    In sostanza, una volta adempiuto il presupposto di cui all'art. 11
cpv. 1 LADI o all'art. 5 OADI - il quale quest'ultimo, riferentesi al
predetto testo di legge, adegua in conformità alla stessa il requisito alla
peculiare situazione delle persone parzialmente disoccupate - l'indennità
deve essere erogata pure qualora la rimunerazione sia pari o ecceda il
70%, rispettivamente l'80%, del guadagno assicurato. Aderire alla tesi
di Cassa e Ufficio federale significherebbe gravare indebitamente di
un'ulteriore franchigia, cumulativamente a quella voluta dal legislatore
con l'art. 11 cpv. 1 LADI, il diritto dell'assicurato alle indennità di
disoccupazione. La tesi degli organi dell'assicurazione e ripresa dal
ricorrente in sede di procedura federale è quindi censurabile.