Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 111 II 458



111 II 458

88. Estratto della sentenza del 19 novembre 1985 della I Corte civile
nella causa S.I.L., Società Immobiliare Lugano S.A. contro Comunione dei
comproprietari del "Condominio Roccalta" (ricorso per riforma) Regeste

    Partei- und Prozessfähigkeit einer Stockwerkeigentümergemeinschaft
in einem Prozess über Gewährleistung für Mängel am Gebäude (Art. 712l ZGB).

    1. Die Stockwerkeigentümergemeinschaft kann
Sachgewährleistungsansprüche aus Kaufverträgen in eigenem Namen nur
dann geltend machen, wenn von seiten der einzelnen Stockwerkeigentümer
die Forderungen vertraglich an die Gemeinschaft abgetreten worden sind
(Art. 164 ff. OR) (Präzisierung der Rechtsprechung).

    2. Vorgehen bei einer solchen Abtretung und deren Grenzen? Frage
offengelassen.

Sachverhalt

    A.- Il 27 maggio 1982 la Comunione dei comproprietari del "Condominio
Roccalta" (particella n. 1204 RFD di Lugano) ha deciso di adire la via
giudiziale nei confronti della S.I.L., Società Immobiliare Lugano S.A., per
ottenere la rifusione del minor valore relativo ai difetti del complesso
edilizio venduto da tale società. La causa è stata iniziata il 31 agosto
1982 da Maria Allevi-Rampini, Renato Antonini, Enrica Bellini, Enio
Fontana, Lina Fontana, Luigi Fontana, Augusta Ghirlanda-Ithem, Giuseppe
Maria Perrone, Gianna e Domenico Polito, Gaspare Sacco, Ignazia Sacco,
Bruno Stopper, Anna Donina Cicogna-Toeplitz, Carlo e Adele Valdettaro,
Ester Wolff che, "quale Comunione dei Condomini del 'Condominio Roccalta',
Via Casserinetta 14 e 14a, Lugano", hanno chiesto la condanna della
S.I.L. S.A. al risarcimento di Fr. 150'000.-- più interessi al 5% dal
4 settembre 1979, oltre alle spese esecutive, in base ai contratti di
compravendita stipulati con la società fra il 1974 e il 1980 (Enrica
Bellini, tuttavia, era già la seconda proprietaria dell'appartamento). La
convenuta ha opposto che la parte attrice non era legittimata ad agire
e che l'azione era prescritta; nel merito ha contestato la petizione in
quanto i difetti non sarebbero stati accertati da una perizia.

    B.- L'istruttoria del processo è stata limitata alle eccezioni
sollevate dalla convenuta. Statuendo il 6 luglio 1984 con un decreto
interlocutorio, il Pretore di Lugano-Città ha stabilito che l'azione era
intentata dai singoli comproprietari e non dalla Comunione dei condomini;
riguardo al termine di cinque anni per la notifica dei difetti, esso
era stato interrotto il 4 settembre 1979, dai comproprietari, con un
precetto esecutivo. La parte attrice ha impugnato il decreto alla II
Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino. La convenuta
si è aggravata a sua volta con un ricorso adesivo. Il 21 marzo 1985 la
corte ha parzialmente accolto quest'ultimo rimedio e respinto l'appello
principale, osservando che la lite era stata promossa dalla Comunione dei
condomini, abilitata ad agire in giudizio, e che quindi gli atti dovevano
essere rinviati al Pretore per decidere l'eventuale prescrizione e svolgere
gli ulteriori incombenti di causa.

    C.- Insorta il 7 maggio 1985 al Tribunale federale con un ricorso
per riforma, la S.I.L. S.A. propone di annullare il sindacato d'appello
e di constatare la carente legittimazione attiva della Comunione dei
comproprietari del "Condominio Roccalta". La parte attrice postula il
rigetto di ogni censura.

Auszug aus den Erwägungen:

                       Dai considerandi:

Erwägung 1

    1.- (Ammissibilità del ricorso per riforma sotto il profilo
dell'art. 50 OG.)

Erwägung 2

    2.- La corte cantonale ha rilevato che, in virtù dell'art.  712l CC,
la capacità processuale della comunione dei condomini è data allorché
l'assemblea autorizza la medesima a stare in giudizio. Poco importa che,
nella specie, l'atto introduttivo della causa o la procura esibita dal
legale non contenessero il nome di tutti i comproprietari; la comunione
agisce infatti per proprio conto a tutela di pretese che interessano la
totalità dei condomini e che concernono elementi comuni dello stabile, sui
quali ogni comproprietario ha un diritto personale. Certo, tale prerogativa
non eccede - per principio - l'ordinaria amministrazione del condominio,
ma la giurisprudenza ha già avuto modo di precisare che - per motivi di
natura pratica, di sicurezza giuridica e di economia processuale - la
comunione può far valere anche diritti di garanzia nei confronti di chi ha
venduto le singole quote, purché i vizi attengano a parti e infrastrutture
comuni dell'edificio. Simile presupposto si verificava in concreto. La
deduzione cui sono giunti i magistrati ticinesi si richiama essenzialmente
a una sentenza del Tribunale di appello del Canton San Gallo (apparsa in:
SJZ 80/1984 pag. 166 seg.) che, inspirandosi a un saggio di WEBER (Zur
Prozessfähigkeit der Stockwerkeigentümergemeinschaft, in: SJZ 75/1979
pag. 117 segg.), ha scorto nell'ordinamento della proprietà per piani
una lacuna impropria; ne ha desunto che la comunione dei condomini è la
sola legittimata, in forza di una cessione legale, a promuovere azioni
per difetti alle parti comuni dell'immobile.

Erwägung 3

    3.- La ricorrente contesta l'opinione dell'autorità di secondo
grado e la prassi menzionata. Sostiene che le azioni di garanzia per
difetti alle parti comuni dell'opera traggono origine dai vari contratti
di compravendita conclusi con i condomini e non spettano dunque alla
comunione, bensì al singolo comproprietario. Una cessione convenzionale,
nell'evenienza specifica, non è mai stata asserita né è avvenuta. Quanto
alla prospettata cessione legale, essa non trova il minimo conforto
giuridico e permetterebbe anzi al venditore che, per cinque anni (art. 219
cpv. 3 CO), conserva la maggioranza delle quote, di impedire qualsiasi
azione di garanzia (art. 647b e 712p CC).

    a) È indubbio che la comunione dei condomini può, giusta l'art. 712l
CC, acquisire e far valere in giudizio eventuali pretese di garanzia
inerenti alle parti comuni della proprietà per piani (DTF 109 II 423;
LIVER in: ZBJV 121/1985 pag. 139 segg.). Ciò non significa che, nel caso in
esame, la parte attrice adempia questi requisiti. Del resto il Tribunale
federale non ha determinato, finora, a che premesse la comunione divenga
titolare di diritti sgorganti dagli art. 219 o 368 CO. In DTF 106 II 11
la comunione risultava legittimata ad agire grazie a un obbligo esplicito
assunto nei suoi confronti dalla società edile. Nella sentenza inedita
dell'11 dicembre 1981 in re Stockwerkeigentümergemeinschaft Block G,
Adlikon (citata in DTF 109 II 425 consid. 1c), la legittimazione è stata
negata perché la garanzia era stata concessa da un terzo (l'imprenditore
generale) a favore degli acquirenti, senza essere stata ceduta alla
comunione. In DTF 108 II 194 il problema non si è posto, i comproprietari
avendo iniziato la causa personalmente accanto alla comunione (consid. 2b,
non pubblicato). In DTF 109 II 423, da ultimo, la venditrice aveva ceduto
alla comunione i suoi diritti, donde la facoltà per la stessa di convenire
la ditta costruttrice per i vizi dell'immobile.

    b) Le pretese di garanzia per difetti della cosa (art. 197 segg.,
219 e 221 CO; rispettivamente art. 367 segg. CO) scaturiscono da un
rapporto giuridico bilaterale e pertengono quindi al solo compratore o
committente. I contratti relativi alla vendita delle quote in proprietà
per piani sono stipulati con i diversi condomini, non con la comunione. Ne
discende che questa può vantare diritti di garanzia a mero titolo derivato,
nella misura in cui sia al beneficio di una cessione legale (si vedano per
esempio gli art. 401 e 1053 cpv. 1 CO, come pure l'art. 560 cpv. 2 CC)
o convenzionale (art. 164 segg. CO). Nella fattispecie è pacifico che
i condomini non hanno sottoscritto cessione alcuna. Rimane da chiarire
se, individuando nell'art. 712l CC una lacuna impropria (sul concetto
cfr. MEIER-HAYOZ in: Berner Kommentar, note 275 segg. ad art. 1 CC),
possano ravvisarsi gli estremi di una cessione legale; al proposito
è necessario che la normativa, incompleta nei suoi valori e nelle sue
finalità, richieda di essere integrata (DTF 107 Ib 106 consid. 6b, 102
Ib 225 consid. 2 con riferimento). L'ipotesi potrebbe sorreggersi ad
argomenti di carattere pratico, giacché un'azione collettiva di garanzia
per difetti alle parti comuni dell'immobile, affrancata dalle scelte
dei vari condomini, risulterebbe più semplice e impedirebbe il concorso
di processi miranti a fini diversi (cause redibitorie, estimatorie, di
risarcimento per danni ulteriori e - in materia di appalto - di riparazione
gratuita). Resta la circostanza che una lacuna impropria non si giustifica
esclusivamente con criteri di opportunità. Essa gioverebbe, inoltre, ove
taluni comproprietari dovessero ostare alla causa, ma non ove i contratti
di compravendita dovessero prevedere una rinuncia alla garanzia. Per di
più, una cessione legale ridurrebbe i diritti dei singoli condomini ed è
quanto meno dubbio che permetterebbe alla comunione di avanzare pretese
nei riguardi dell'alienante originario se le quote, nel frattempo, sono
state rivendute a terzi (questioni accennate in: GROSSEN, La qualité pour
exercer l'action en garantie en raison des défauts de la chose vendue
ou de l'ouvrage sous le régime français et sous le régime suisse de la
copropriété par étages, in: Mélanges Guy Flattet, Losanna 1985, pag. 285
seg.; ZOBL in: Baurecht, 1985, pag. 18, nota alla sentenza n. 14). Dal
lato pratico, per evitare azioni di garanzia concorrenti, basterebbe che
nell'atto formatore della proprietà per piani (art. 712d cpv. 2 e 3 CC)
o nel regolamento (art. 712g cpv. 3 CC) i condomini cedessero le loro
pretese alla comunione; ciò vincolerebbe anche i successori in diritto. È
vero che la comunione non acquisirebbe, neppure in questo modo, prerogative
maggiori di quelle riconosciute ai comproprietari. La tesi di una cessione
legale, comunque sia, non appare indispensabile né per colmare una lacuna
giuridica né per ovviare a problemi di natura pratica.

    c) Giovi aggiungere che la concomitanza di azioni per difetti alle
parti comuni dello stabile implicherebbe difficoltà concrete nel solo
caso in cui un condominio esigesse la riparazione gratuita dell'opera
(art. 368 cpv. 2 CO; DTF 110 II 52). Detta pretesa, indivisibile a mente
dell'art. 70 CO, non è contemplata però dalla disciplina sulla garanzia
in tema di compravendita (art. 205 e 221 CO). Per contro, le prestazioni
chieste con una causa estimatoria, redibitoria, o per danni ulteriori sono
individuali e competono a ogni comproprietario, sulla scorta del rispettivo
contratto di acquisto, in proporzione alla singola quota (art. 712e
CC). La parte attrice si limita, nel processo in esame, a rivendicare il
minor valore dell'immobile (causa estimatoria). Simile facoltà spetta,
come si è illustrato, ai condomini personalmente. Anzi, secondo certi
autori (GAUCH, Die Abtretung der werkvertraglichen Mängelrechte, in:
Baurecht, 1984, pag. 25; GAUTHIER, Copropriété par étages et malfaçons,
in: Mélanges Guy Flattet, pag. 231), la cessione di pretese estimatorie
e redibitorie sarebbe nulla, i diritti costitutivi non potendo essere
trasferiti. Dato che, nella specie, non è avvenuta alcuna cessione, è
inutile vagliare tale assunto, così come non occorre definire se tutti
i condomini debbano cedere le loro prerogative perché la comunione possa
invocare diritti di garanzia. Nell'ambito attuale è sufficiente constatare
che la parte attrice non è legittimata ad agire e che pertanto l'azione
dev'essere respinta in ordine.

Erwägung 4

    4.- Accertato che solo i comproprietari sono abilitati a proporre
una causa estimatoria nei riguardi della società convenuta, v'è da
domandarsi se i condomini non possano essere ritenuti litisconsorti in
conformità a quanto stabilito dal Pretore. La corte d'appello non ha
risolto l'interrogativo, limitandosi ad affermare che la comunione aveva
la capacità di stare in giudizio; non ha escluso però che la petizione del
31 agosto 1982 potesse essere interpretata nel senso che i comproprietari
figurassero alla stregua di attori, sia a titolo esclusivo, sia accanto
alla comunione. La causa, dunque, potrebbe essere ritornata all'autorità
di secondo grado per appurare tale circostanza alla luce della procedura
cantonale. Se non che, la parte attrice ha sempre sostenuto di agire quale
comunione, tant'è che in ossequio a simile convincimento era insorta contro
il decreto del Pretore; davanti alla giurisdizione federale essa conferma
l'identico punto di vista e non assevera nemmeno in via subordinata di
gestire la causa per i condomini personalmente. Ne consegue che un nuovo
giudizio della corte cantonale può esimersi, gli atti processuali non
potendosi manifestamente interpretare contro la volontà della stessa
parte attrice.