Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 111 II 429



111 II 429

85. Estratto della sentenza 19 dicembre 1985 della II Corte civile
nelle cause Agrar- und Industriebeteiligungen AG (ricorrente) contro
Officine Idroelettriche della Maggia (OFIMA) S.A. (ricorrenti), Massa in
liquidazione concordataria arch. Traugott Roth, Stato del Cantone Ticino
e Comune di Brissago (ricorsi per riforma) Regeste

    Verantwortlichkeit des Grundeigentümers (Art. 679 ZGB und 58 OR).

    1. Einrede der höheren Gewalt: Begriff und Anforderungen (Erw. 1b).

    2. Einrede der Verjährung: Steht die einjährige Frist des Art. 60
Abs. 1 OR während der Ausarbeitung eines gerichtlichen Gutachtens
still? Frage offen gelassen, da die bei strafbaren Handlungen geltende
längere Frist (Art. 60 Abs. 2 OR) auch auf eine juristische Person
anwendbar ist, die den von ihren Organen verursachten Schaden zu ersetzen
hat (Weiterentwicklung der Rechtsprechung; Erw. 2).

    3. Eine Kausalhaftung schliesst ein zusätzliches Verschulden
des Haftpflichtigen nicht aus; je nach den Umständen kann dieses ein
Selbstverschulden des Geschädigten aufwiegen oder unbeachtlich werden
lassen (Art. 44 Abs. 1 OR; Erw. 3).

    4. Welche Massnahmen sich im Rahmen von Art. 679 ZGB zum Schutz
gegen künftige Schäden aufdrängen, hat der Richter zu bestimmen; der
Richter hat die sich gegenüberstehenden Interessen frei zu würdigen und
darauf zu achten, dass er in seinem Entscheid kein Missverhältnis schafft
zwischen dem dem klagenden Grundeigentümer erwachsenden Nutzen und den
dem haftpflichtigen Grundeigentümer erteilten Auflagen. Der Anspruch
auf Errichtung von Schutzbauten auf dem Grundstück, von dem der Schaden
ausgeht oder droht, ist unverjährbar; derjenige auf Errichtung einer
solchen Baute auf dem Grundstück des Klägers ist schadenersatzrechtlicher
Natur und verjährt nach den Vorschriften des Art. 60 OR (Erw. 15b).

Sachverhalt

    A.- La ditta Agrar- und Industriebeteiligungen AG è proprietaria,
a Brissago, di numerose particelle poste sopra e sotto la strada che
da Ascona conduce verso l'Italia, lungo la costa del Lago Maggiore.
L'intero complesso (oltre cinque ettari) è solcato da due torrenti che
sfociano nel lago: il riale Riva Bianca, al centro, e il riale Boccia,
al limite ovest. La notte dal 9 al 10 settembre 1965, in seguito a forti
piogge, si formò nel riale Riva Bianca una piena alluvionale che precipitò
a valle un'imponente massa di acqua, detriti e fango. Due abitazioni
("Casa Polenta", riattata nel 1962, e "Casa Darsena", ultimata nel 1964)
andarono distrutte; i giardini circostanti gli stabili furono devastati. Fu
parzialmente demolita anche l'autorimessa di una villa che invece, appena
discosta, rimase indenne. Nel crollo di "Casa Polenta" trovò la morte
una dipendente del dott. Thyll, azionista maggioritario della Agrar-
und Industriebeteiligungen AG. L'autorità penale non aprì alcuna inchiesta.

    B.- Il 9 settembre 1966 la società danneggiata chiese al Pretore
di Locarno-Campagna che lo Stato del Cantone Ticino, le Officine
Idroelettriche della Maggia (OFIMA) S.A., il Comune di Brissago e
l'arch. Traugott Roth fossero condannati a rifonderle solidalmente
Fr. 702'782.-- con interessi al 5% dal 10 settembre 1965 (riservato un
aumento della somma in esito alle risultanze peritali), ad attuare le
necessarie opere di premunizione e - per quanto concerne le OFIMA - a
rimuovere il materiale trasportato dal corso d'acqua; in via subordinata
propose che le fosse risarcita la svalutazione del complesso immobiliare
o, eventualmente, l'importo di Fr. 4'000'000.-- oltre interessi. Al
Cantone la ditta rimproverò gravi negligenze nel rilascio dei permessi
per il diboscamento dei fondi superiori, una vigilanza manchevole
sui guasti provocati ai terreni dalle OFIMA, l'omissione di misure di
sicurezza e la carente sorveglianza delle acque pubbliche; alle OFIMA
l'improvvisa deviazione, a monte, del riale Boccia nel riale Riva
Bianca, il dissodamento quasi completo della zona e la formazione di
pericolose discariche; al Comune di Brissago i medesimi addebiti rivolti
al Cantone; all'arch. Roth ampie distruzioni di bosco, lo scavo di una
strada nella montagna e l'insediamento di cantieri in totale dispregio
dell'arte edilizia. Il Cantone e le OFIMA sollevarono preliminarmente
l'incompetenza del giudice civile a dirimere controversie di carattere
amministrativo o espropriativo; nel merito tutti i convenuti si opposero
all'azione declinando ogni responsabilità, evocando la forza maggiore e
imputando all'attrice colpa propria. Il 7 luglio, 9 ottobre e 11 ottobre
1980 essi eccepirono anche la prescrizione del credito con l'argomento
che tra il 17 ottobre 1977 e il 20 giugno 1980, periodo durante il
quale l'ing. Gianfranco Sciarini di Vira Gambarogno stava redigendo
una perizia giudiziaria, il termine di un anno era trascorso senza
interruzioni. L'attrice avversò le tesi liberatorie dei convenuti e nel
memoriale conclusivo elevò le pretese a Fr. 1'782'185.-- con interessi al
5% dal giorno della sentenza, più le opere di manutenzione e premunizione
indicate dall'esperto.

    C.- Il Pretore statuì il 7 giugno 1983. Respinse la prospettata
carenza di giurisdizione, la asserita forza maggiore, l'azione verso
lo Stato e contro il Comune di Brissago. Ciò premesso, stabilì che le
OFIMA e l'arch. Roth avevano alterato la configurazione del terreno
ed eseguito manufatti contrari alle regole dell'arte, provocando
seri rischi per i fondi sottostanti. La prescrizione di cui i due
convenuti si valevano appariva un evidente abuso di diritto. Gli
stessi dovevano rifondere, pertanto, il valore venale dei fabbricati
distrutti (Fr. 439'500.--), quello dell'arredo e del mobilio (stimato
Fr. 20'000.--), i danni ai giardini (Fr. 25'000.--) e il deprezzamento
del suolo (Fr. 170'000.--). Quanto alla colpa propria dell'attrice, che
aveva costruito esponendosi alla minaccia riconoscibile di inondazioni,
essa si compensava con la colpa aggiuntiva degli obbligati, soggetti
a responsabilità causale. Lo straordinario nubifragio abbattutosi la
notte del disastro imponeva, nondimeno, una riduzione del pregiudizio
complessivo (Fr. 654'500.--) nella misura di un terzo (Fr. 440'000.--). Non
si giustificavano, infine, misure di premunizione, le stesse costituendo un
tutto unico che gli interessati non potevano realizzare su fondi altrui;
del resto l'ordinamento edilizio e pianificatorio entrato in vigore nel
corso del processo ostava a una ricostruzione delle case "Polenta" e
"Darsena".

    D.- La sentenza del Pretore fu impugnata alla II Camera civile del
Tribunale di appello del Cantone Ticino sia dalle OFIMA, il 24 giugno
1983, sia dalla ditta Agrar- und Industriebeteiligungen AG, il 27 giugno
successivo. Le OFIMA chiesero che la petizione nei loro confronti fosse
interamente respinta, che fosse negata qualsiasi responsabilità solidale
a loro carico e che l'indennità per ripetibili fissata dal Pretore a
Fr. 36'000.-- fosse portata a Fr. 200'000.--. L'attrice postulò una
maggiorazione del danno, in via principale, a Fr. 1'782'185.-- con
interessi al 5% dal giorno del giudizio (eventualmente Fr. 764'482.--
con interessi al 5% dal 10 settembre 1965) più le opere di premunizione e,
in via subordinata, a Fr. 2'310'192.-- con interessi al 5% dal giorno
del giudizio (eventualmente Fr. 1'369'482.-- con interessi al 5% dal
10 settembre 1965) prescindendo dalle opere citate. Gli appellanti
si pronunciarono vicendevolmente per il rigetto dei gravami. Lo Stato
del Cantone Ticino e il Comune di Brissago proposero, a loro turno, di
respingere il ricorso dell'attrice in quanto ricevibile. L'arch. Roth, in
liquidazione concordataria, non formulò alcuna risposta. Il 22 novembre
1984 la corte cantonale accolse parzialmente entrambi i rimedi. Da un
lato determinò il pregiudizio subito dall'attrice in Fr. 566'600.--
con interessi al 5% dal 10 settembre 1965 limitando la riduzione del
danno a un quinto del valore attribuito agli stabili (Fr. 87'900.--),
ma per il titolo di colpa concorrente; dall'altro aumentò a Fr. 90'000.--
le ripetibili di primo grado spettanti alle OFIMA.

    E.- Insorte il 18 gennaio 1985 al Tribunale federale con un ricorso per
riforma, le OFIMA chiedono il rigetto completo della petizione, l'addebito
integrale delle spese all'attrice, nonché il rimborso di Fr. 160'000.--
per ripetibili di prima istanza, Fr. 20'000.-- per la seconda istanza
e una somma da stabilire per la sede federale. Il 19 gennaio 1985 la
ditta Agrar- und Industriebeteiligungen AG ha interposto a sua volta un
ricorso per riforma (accanto a un ricorso di diritto pubblico) in cui
conclude per la condanna solidale delle OFIMA, del Comune di Brissago e
di Traugott Roth al versamento di Fr. 1'852'800.-- più interessi al 5%,
oltre all'esecuzione delle opere indicate dal perito; in via subordinata
postula la condanna dei tre litisconsorti al pagamento di Fr. 2'679'800.--
con interessi al 5% senza l'obbligo di attuare misure di premunizione;
in ogni caso protesta spese e ripetibili di tutte le istanze. Le OFIMA
propongono di respingere il gravame dell'attrice in quanto ricevibile. Lo
Stato del Cantone Ticino chiede di respingere il medesimo nella misura
in cui dovesse risultare ammissibile. Identica conclusione avanza il
Comune di Brissago. Circa il rimedio delle OFIMA, la ditta Agrar- und
Industriebeteiligungen AG ne postula la reiezione. Lo Stato del Cantone
Ticino e il Comune di Brissago si rimettono al giudizio del Tribunale
federale. La Massa in liquidazione arch. Traugott Roth non ha presentato
alcuna risposta. Con sentenza del 22 novembre 1985 il Tribunale federale
ha respinto in quanto ammissibile il ricorso di diritto pubblico introdotto
dalla ditta Agrar- und Industriebeteiligungen AG.

Auszug aus den Erwägungen:

                       Dai considerandi:
I. SUL RICORSO PER RIFORMA DELLE OFIMA

Erwägung 1

    1.- b) La forza maggiore, evento imprevedibile e straordinario che
sopraggiunge con violenza cui non si può resistere, è stata riconosciuta
poche volte dalla prassi (DESCHENAUX/TERCIER, La responsabilité civile,
II edizione, pag. 62 n. 57 segg. con rinvii). Per di più, essa configura
una nozione relativa, che dev'essere valutata secondo le circostanze
del caso tenendo calcolo anche dell'attività o dell'impresa esercitata
dal responsabile (OFTINGER, Schweizerisches Haftpflichtrecht, vol. I, IV
edizione, pag. 119; KELLER/GABI, Das schweizerische Schuldrecht, vol. II,
pag. 33). Nella fattispecie risulta che il nubifragio caduto la notte dal
9 al 10 settembre 1965 è stato di eccezionale persistenza (probabilità
di un anno su cento). Consta però - e il Pretore vi si è richiamato in
modo esplicito - che la saturazione del terreno, intervenuta verso le
19 in seguito alle piogge dei giorni precedenti e mantenutasi fino alle
ore 4 del 10 settembre, non costituisce un episodio d'eccezione e che,
nonostante lo scorrimento totale dell'acqua sul suolo, il substrato
cristallino avrebbe garantito al bacino imbrifero del riale Riva Bianca
un'ottima stabilità generale. Certo, gli incendi divampati nella zona e -
soprattutto - la forte pendenza media (58%) hanno favorito l'erosione,
ma ciò non toglie che, secondo gli accertamenti della corte d'appello
(art. 63 cpv. 2 OG) e del Pretore (che il Tribunale federale può
considerare a titolo completivo, art. 64 cpv. 2 OG), le OFIMA hanno
largamente cagionato il disastro formando un canale di derivazione e
una discarica non conformi alle regole dell'arte. Ora, le OFIMA non
possono prevalersi di un accadimento, quantunque straordinario, per
sottrarsi a una responsabilità che esse medesime hanno contribuito a
creare in modo preponderante. Un'altra questione è sapere se e in che
misura si debba giudicare l'eccezionalità delle intemperie alla stregua
di un caso fortuito concorrente, suscettibile di ridurre l'obbligo di
rifusione. Questo problema sarà trattato in appresso. Circa la forza
maggiore, giovi ancora aggiungere che i fatti rilevabili dalla sentenza
impugnata non consentono di affermare un'interruzione della causalità
adeguata tra i vizi dell'opera e il verificarsi del danno per il solo
abbattersi del nubifragio. Intanto la discarica nel letto del torrente era
idonea di per sé a produrre il danno (senza i depositi delle OFIMA non
è sicuro che il disastro sarebbe avvenuto); in secondo luogo le piogge,
benché persistenti oltre misura, non hanno assunto un'importanza tale da
far apparire i difetti dell'opera ininfluenti ai fini del danno. Le OFIMA
evocano le sentenze pubblicate in DTF 49 II 254 e ZBJV 120/1984 pag. 290,
ma in nessuno dei due casi si era riscontrato un difetto edilizio o una
mancanza di manutenzione, né il proprietario dell'opera aveva minimamente
concorso all'insorgere del sinistro. Per contro, proprio nell'evenienza
di una responsabilità causale fondata sull'art. 58 CO, la qualifica di
forza maggiore è stata disconosciuta a piogge torrenziali o a un temporale
particolarmente violento in montagna (DTF 91 II 474, 100 II 141). Non
v'è motivo, in concreto, per adottare un diverso punto di vista.

Erwägung 2

    2.- La prescrizione del credito eccepita dalle OFIMA è stata respinta
da entrambe le istanze cantonali. La convenuta ribadisce, nel ricorso
per riforma, che quand'anche fosse "in obbligo di risarcire qualcosa", la
pretesa dell'attrice sarebbe inesigibile, il periodo di un anno disposto
dall'art. 60 cpv. 1 CO essendo trascorso senza interruzione alcuna.

    a) La sentenza impugnata accerta che il processo ha subito una
battuta di arresto dal 15 novembre 1977, data in cui l'attrice ha
versato un anticipo per la perizia Sciarini destinata a stabilire il
valore degli immobili distrutti e dei terreni, al 20 giugno 1980, data
in cui il perito ha consegnato il referto. L'azione di risarcimento o
di riparazione si prescrive in un anno decorribile dal giorno in cui il
danneggiato ha conosciuto il danno e la persona responsabile, e in ogni
caso nel termine di dieci anni dal giorno dell'atto che ha causato il danno
(art. 60 cpv. 1 CO). La prescrizione si interrompe, tra l'altro, mediante
atti di esecuzione, azione o eccezione aventi un giudice o un arbitro
(art. 135 n. 2 CO), dopo di che comincia a decorrere nel corso della
procedura una nuova prescrizione a ogni atto giudiziale delle parti e a
ogni provvedimento o decisione del giudice (art. 138 cpv. 1 CO). Identico
effetto ha la sollecitatoria indirizzata al giudice perché prosegua o
dirima la lite (DTF 106 II 35; MERZ in: ZBJV 118/1982 pag. 138). L'attrice
obietta di avere interrotto il periodo di inazione con una lettera alla
Pretura del 23 febbraio 1979, seguita da un altro sollecito l'11 gennaio
1980, e che in entrambe le occasioni il Pretore ha invitato l'esperto
a stringere i tempi. Se non che, pur rettificando d'ufficio (art. 63
cpv. 2 seconda frase OG) la constatazione dei giudici cantonali circa la
stasi della causa, il termine di un anno risulta ugualmente scaduto il 15
novembre 1978 (art. 132 cpv. 2 in relazione con l'art. 77 cpv. 1 n. 3 CO).

    b) Secondo la corte di appello la prescrizione annuale dell'art. 60
cpv. 1 CO è decisiva, trattandosi nella specie di una causa fondata
sugli art. 679 CC, 41 e 58 CO (DTF 107 II 140). Il termine più lungo
dell'art. 60 cpv. 2 CO era applicabile semmai agli organi delle OFIMA,
che soli avrebbero potuto commettere illeciti penali. Costoro tuttavia
sono estranei alla lite. Premesso che l'attrice si è rivolta al giudice
per sollecitare il referto dell'ing. Sciarini quando il termine di un
anno era ormai scaduto, la corte ha osservato nondimeno che, durante
l'esecuzione di una perizia, le parti non hanno la possibilità di far
avanzare la procedura fino al momento in cui l'esperto adempie il proprio
mandato. Un'eventualità del genere dev'essere equiparata a una sospensione
del processo ordinata dal giudice. La tesi dell'attrice, stando alla quale
la prescrizione doveva ancora iniziare a decorrere per mancata conoscenza
del danno nel suo esatto ammontare, è stata respinta dalla corte, che
non ha condiviso neppure l'addebito di malafede formulato dal Pretore,
le OFIMA non avendo agito in maniera abusiva o dilatoria con lo scopo
di far intervenire la prescrizione né avendo mai lasciato credere di
rinunciare a valersi di tale mezzo.

    c) La giurisprudenza più recente ha avuto modo di precisare che con
la duplice azione dell'art. 679 CC il proprietario leso può chiedere sia
la cessazione della molestia sul fondo all'origine del pregiudizio, sia
il ripristino dello stato anteriore sul proprio fondo; la prima azione
è imprescrittibile, la seconda - intesa al risarcimento del danno - si
prescrive in conformità all'art. 60 CO (DTF 107 II 136 consid. 6), ma il
termine annuale non comincia a decorrere finché l'evento dannoso è in atto
(DTF 109 II 418). Questo perché le due azioni sono strettamente legate
e la causa del danno sul fondo dell'uno è la conseguenza dell'immissione
eccessiva proveniente dal fondo dell'altro, che può essere rimossa in
via giudiziale senza limiti di tempo. Quando il danno è dovuto a un
difetto di costruzione o a cattiva manutenzione di un'opera vicina,
l'azione di risarcimento promossa secondo l'art. 679 CC concorre con
quella dell'art. 58 CO (MEIER-HAYOZ in: Berner Kommentar, III edizione,
nota 23 ad art. 679 CC; DESCHENAUX/TERCIER, pag. 131 n. 10 seg.; LIVER,
Das Eigentum, in: Schweizerisches Privatrecht, vol. V/1, pag. 222 seg.;
DTF 91 II 485 consid. 2, 96 II 347 consid. 5a). Nel caso in esame una certa
situazione di pericolo continua a incombere sul complesso immobiliare
dell'attrice. Il perito Bonnard lo ha rilevato enumerando le misure di
premunizione e la corte cantonale non lo nega, quantunque reputi che le
OFIMA e l'arch. Roth non possano essere tenuti a eseguire lavori su fondi
di terzi. Di converso, se il rischio di nuovi disastri non è scongiurato,
l'alluvione si è estinta definitivamente il 10 settembre 1965 e l'ipotesi
che una sciagura analoga abbia a ripetersi è - per l'esperto - poco
attendibile, intemperie del genere verificandosi con una probabilità su
cento e buona parte del materiale pericoloso essendo ormai rovinata a
valle. In circostanze simili non può ritenersi che la prescrizione del
credito risarcitorio debba ancora iniziare a decorrere: non ci si trova
di fronte, infatti, a una situazione che evolve, bensì a una situazione
che è solo suscettibile di evolvere. Pacifico è, intanto, che la pretesa
volta a ottenere il compimento di opere di premunizione sui fondi delle
OFIMA e dell'arch. Roth (quelle da attuare sui fondi dell'attrice medesima
rientrano nella pretesa di risarcimento: cfr. DTF 108 Ia 57 consid. 2,
107 II 137 in fine) non può essere prescritta, e in realtà la corte
cantonale ha respinto l'azione per motivi diversi. Che ciò sia avvenuto
a ragione o a torto, sarà esaminato nell'ambito del ricorso per riforma
presentato dall'attrice. Ai fini dell'attuale rimedio occorre chiarire
se l'autorità cantonale abbia respinto a giusto titolo la prescrizione
eccepita dalle OFIMA contro l'azione di risarcimento.

    d) I magistrati di appello hanno assimilato l'allestimento di una
perizia a una sospensione del processo (sugli effetti della sospensione
ordinata dal giudice v. DTF 75 II 235, 85 II 509 consid. 3a; GUHL, in:
ZBJV 86/1950 pag. 546; assai restrittivo: STAUFFER, Note sur l'art. 138
al. 1 CO, in: SJ 87/1965 pag. 369). Hanno considerato, in sintesi, che
l'art. 138 cpv. 1 CO è destinato a sanzionare l'inazione del creditore,
ma non può costringere ad atti praticamente vani. Allorché il giudice
conferisce a uno specialista l'incarico di stendere un referto, il
creditore non ha alcuna possibilità di accelerare la causa se non
scrivere al giudice. Questi, a suo turno, dispone di facoltà molto
limitate, salvo revocare il perito e designarne uno nuovo (il che, di
regola, ritarda ancor più il processo, soprattutto quando il compito
dell'esperto riesce particolarmente difficile, complesso e di notevole
impegno). La sentenza impugnata si riferisce alla prassi del Canton
Friburgo (Extraits des principaux arrêts rendus par les diverses sections
du Tribunal cantonal de l'Etat de Fribourg, 1947 pag. 66, 1967 pag. 64,
1975 pag. 29), citando altresì le decisioni pubblicate in: Recueil de
jurisprudence neuchâteloise, vol. IV, pag. 99 e SJ 95/1973 pag. 145,
che tuttavia non confermano l'opinione della corte ticinese. Quanto alla
giurisprudenza del Tribunale federale, essa non specifica se l'esecuzione
di una perizia sospenda - almeno di fatto - la procedura (cfr. DTF 106
II 35, 89 II 30 consid. 4, 85 II 187 consid. 2). In dottrina BUCHER
(Schweizerisches Obligationenrecht, Allgemeiner Teil, pag. 407) e RATHGEB
(L'action en justice et l'interruption de la prescription, in: Recueil
de travaux publiés à l'occasion du cinquantenaire de l'Ecole des hautes
études commerciales de l'Université de Lausanne, 1961, pag. 172) lo
negano, mentre SPIRO (Die Begrenzung privater Rechte durch Verjährungs-,
Verwirkungs- und Fatalfristen, vol. I, pag. 177 nota 20) è di avviso più
temperato. Sia come sia, nel quadro del presente giudizio il problema può
rimanere irrisolto. Anche supponendo, infatti, che durante l'assunzione
di una perizia sia impossibile far avanzare la causa - nemmeno esperendo
altre prove (nel caso in esame si dovevano ancora compiere ispezioni
presso l'Ufficio del registro fondiario e autorità fiscali, sopralluoghi,
richiami di documenti) - e che pertanto, nei limiti di tempo fissati al
perito, il debitore non possa opporre la prescrizione del credito litigioso
(in analogia con l'art. 134 CO), non bisogna dimenticare che in concreto
il Pretore aveva impartito all'ing. Sciarini un termine per presentare
il referto scadente il 31 gennaio 1978 (decreto del 17 ottobre 1977). Da
quella data sino al 23 febbraio 1979 (prima sollecitazione dell'attrice),
dunque per oltre un anno, nulla è più avvenuto in sede giudiziaria. Durante
tale lasso di tempo la prescrizione non può essere rimasta in sospeso
per semplice inerzia processuale. L'attrice erra quando sostiene,
nelle osservazioni al ricorso per riforma, che la controversia attiene
esclusivamente al diritto ticinese: l'interpretazione dell'art. 138
cpv. 1 CO, per vero, non dipende da norme cantonali di procedura (SJ
95/1973 pag. 151).

    Il Pretore aveva osservato che, in ogni modo, le OFIMA abusavano dei
loro diritti (art. 2 cpv. 2 CC) sollevando la prescrizione venti mesi
dopo il suo compimento (15 novembre 1978 - 7 luglio 1980), quindici anni
dopo l'inizio della causa e a perizia sul valore degli immobili ormai
conclusa. Ora, la sola circostanza di far valere l'inesigibilità di un
credito durante un processo che si protrae da tre lustri non basta per
rimproverare all'eccipiente un atto di malafede. Le OFIMA, inoltre, non
risultano aver ricevuto copia delle lettere 23 febbraio 1979 e 11 gennaio
1980 inviate dall'attrice al Pretore né dei solleciti 26 febbraio 1979 e
14 gennaio 1980 trasmessi dal Pretore all'ing. Sciarini, di guisa che non
può essere loro imputata una reazione tardiva (il principio della buona
fede consacrato dall'art. 2 CC si applica anche alle procedure civili
cantonali: DTF 107 Ia 211 consid. 3a). Certo, le OFIMA hanno lasciato
che l'esperto ultimasse la propria relazione e rispondesse in pari tempo
ai loro controquesiti. Tale comportamento, suscettivo di cagionare spese
inutili, non può definirsi un esempio di correttezza, ma non può nemmeno
aver generato nell'attrice il convincimento che le OFIMA intendessero
rinunciare alla prescrizione (cfr. DTF 108 II 287 consid. 5b). Per altro,
non consta che le OFIMA abbiano opposto l'eccezione dopo aver provocato
(anche senza mire dolose: v. DTF 109 II 22) un ritardo dell'esperto. Il
fatto ch'esse abbiano formulato controquesiti non legittima simile
deduzione. Ne segue che la corte di appello ha denegato rettamente gli
estremi della malafede.

    Pure a giusto titolo l'autorità cantonale ha respinto la tesi
dell'attrice, secondo cui la prescrizione non era neanche cominciata a
decorrere perché il danno non poteva essere quantificato (art. 60 cpv. 1
CO): in realtà l'attrice disponeva di tutti gli elementi essenziali per
sostanziare la propria richiesta (v. DTF 109 II 435), la mera persistenza
di una condizione di pericolo o il difetto di opere di premunizione non
costituendo uno stato evolutivo e non ostando quindi a una sufficiente
definizione del pregiudizio (cfr. DTF 108 Ib 99 consid. 1c).

    Resta da verificare se l'attrice non sia al beneficio dell'art. 60
cpv. 2 CO, il quale prevede che, ove l'azione di risarcimento derivi
da un atto punibile al cui riguardo la legislazione penale stabilisce
una prescrizione più lunga, quest'ultima si applica anche alla causa
civile. Secondo i giudici di appello la prescrizione penale non può
concernere persone giuridiche, a meno che vi sia identità economica tra
l'autore dell'illecito e la società. Tale punto di vista si ispira al
cosiddetto principio della trasparenza, che permette di identificare
una persona fisica con una società qualora il richiamo alla personalità
indipendente della ditta si riveli abusivo (DTF 108 II 214 consid. 6a,
citata anche in DTF 110 II 365 consid. 2a; criteri analoghi reggono il
principio della realtà economica in campo fiscale: v. ASA 50 pag. 375
consid. 5a). Ma una questione è far rispondere la persona giuridica
di debiti a lei formalmente estranei perché l'obbligato si cela in
malafede dietro la ragione sociale, un'altra è rendere responsabile la
persona giuridica in virtù del diritto civile per danni provocati da
terzi. In simile ipotesi non è necessario che la società si confonda dal
lato economico con l'autore del pregiudizio; occorre però ch'essa sia
chiamata a riparare il danno nei termini della prescrizione ordinaria
(art. 60 cpv. 1 CO), persone fisiche o giuridiche non potendo essere
tenute dopo di allora a rifondere le conseguenze di illeciti (anche
penali) commessi da terzi (DTF 55 II 28 con citazioni). Se non che,
la giurisprudenza più recente non esclude una deroga a tale precetto
quando la persona giuridica debba risarcire il danno cagionato dai suoi
stessi organi (DTF 107 II 155 consid. 4b). Detto punto di vista merita
conferma, ove si pensi che gli organi sociali sono parte della persona
giuridica e non semplici terzi per i quali la ditta risponde civilmente
(art. 55 cpv. 2 CC; DTF 111 II 289; VOLKEN, Anwendung der längeren
strafrechtlichen Verjährungsfristen auf die zivilrechtliche Haftung
juristischer Personen, in: SJZ 80/1984 pag. 281 segg. con riferimenti
alle contrastanti opinioni di dottrina). Nei limiti dei reati commessi dai
propri organi la persona giuridica soggiace dunque alla prescrizione più
lunga del diritto penale. Si aggiunga che l'art. 60 cpv. 2 CO vale sia per
il termine relativo di un anno, sia per quello assoluto di dieci (DTF 107
II 155 consid. 4a con rinvii). Esso non presuppone un'inchiesta penale né
una pronunzia di condanna (DTF 100 II 335 con citazioni): anzi, il giudice
civile deve statuire sull'apprezzamento della colpa e sulla determinazione
del danno senza tener conto di una sentenza penale già intervenuta (art. 53
cpv. 2 CO; DTF 107 II 157 consid. 5). Nondimeno, un decreto di abbandono
emesso dall'autorità penale vincola il giudice civile e non consente di
applicare la prescrizione più lunga, tanto se la punibilità dell'agente
è stata negata per mancanza di un elemento obiettivo quanto per difetto
di un elemento soggettivo (DTF 106 II 217 consid. 4). Nel caso in esame
risulta che la Procura pubblica non ha aperto alcuna inchiesta, sicché
il giudice civile può valutare liberamente la fattispecie (cfr. art. 348
CPC ticinese del 1924 in relazione con l'art. 514 cpv. 2 CPC attuale).

    Per quel che riguarda i reati prospettabili, l'attrice aveva
citato a suo tempo gli art. 227 n. 2 (inondazione, franamento) e 229
cpv. 2 CP (violazione delle regole dell'arte edilizia). L'assunto
è pertinente. Sotto il profilo dell'art. 227 CP non fa dubbio che
l'inondazione, il franamento e il crollo di edifici avvenuti il 9-10
settembre 1965 siano stati causati da un evento di comune pericolo (su
questa nozione v. STRATENWERTH, Schweizerisches Strafrecht, Besonderer
Teil, vol. II, III edizione, pag. 118 nota 3 con rinvii di dottrina):
basti ricordare che l'alluvione ha invaso non solo i fondi dell'attrice,
ma anche la strada cantonale Ascona-Brissago, ostruendola. È stato
accertato inoltre che la rovinosa piena del riale Riva Bianca si deve
in misura preponderante a manufatti delle OFIMA, cioè alla diversione
del riale Boccia e al tubo di deflusso posto sotto la nota discarica;
entrambe le opere (a norma dell'art. 229 CP: DTF 90 IV 249) si sono
rivelate difettose: la deviazione per l'insufficienza della portata
(3 mc/s invece di 6: perizia Bonnard, pag. 42), il tubo di scarico per
l'eseguità della sezione (appena 50 cm per una lunghezza di circa 50
m) in rapporto al nuovo bacino imbrifero (aumentato del 32%: perizia,
pag. 41). Ciò rappresenta una trascuranza manifesta delle regole dell'arte,
soprattutto da parte di tecnici addetti specificamente a realizzazioni
idrauliche. Che, poi, una leggerezza del genere fosse idonea a minacciare
l'integrità fisica delle persone (art. 229 CP) è indiscutibile, la tragedia
avendo persino cagionato una vittima. Quanto all'aspetto soggettivo dei
due illeciti - ancorché irrilevante nell'ambito di una responsabilità
causale (v. altrimenti DTF 106 II 217 consid. 4) - è fuori questione che
i difetti tecnici sono frutto di un'imprevidenza colpevole nel valutare
sia l'azione erosiva delle acque, sia la stabilità della discarica.
Date simili premesse è superfluo appurare l'eventualità di ulteriori
reati, i delitti dell'art. 227 n. 2 e 229 cpv. 2 CP prescrivendosi già
da soli in cinque anni (art. 70 CP). È esatto che il termine più lungo
dell'art. 60 cpv. 2 CO inizia a decorrere con la commissione dell'atto
punibile, non con la conoscenza del danno (art. 71 CP per analogia;
DTF 96 II 43 consid. 3, 97 II 141 consid. 3a; di altra opinione: STARK,
Ausservertragliches Haftpflichtrecht, Zurigo 1982, pag. 236 n. 1117), ma
ciò riguarda unicamente l'infrazione dell'art. 229 cpv. 2 CP, nel senso
ch'essa potrebbe anche essersi prescritta prima dell'inoltro della causa
(SCHULTZ, Einführung in den allgemeinen Teil des Strafrechts, vol. I,
IV edizione, pag. 248). Tale evenienza, estranea alla lite, non è nemmeno
sostenuta dalla ricorrente. Per contro, non risulta che una prescrizione
quinquennale sia intervenuta nel corso del processo, e sicuramente non
si è compiuta durante l'esecuzione della perizia Sciarini. La corte
cantonale assevera, in appoggio a Spiro (op.cit., vol. I, pag. 199),
che l'interruzione del termine più lungo (art. 60 cpv. 2 CO) fa rinascere
unicamente un lasso di tempo pari alla prescrizione civile dell'art. 60
cpv. 1 CO, di sorta che l'esistenza di reati penali non gioverebbe
all'attrice. L'argomento non può essere condiviso: con l'interruzione,
per vero, comincia a decorrere una nuova prescrizione (art. 137 cpv. 1 CO)
della durata originaria (DTF 97 II 141 consid. 3a in fine; STARK, pag. 237
n. 1121). Non si scorge per quali motivi si legittimerebbe in concreto
un'interpretazione più restrittiva dell'art. 137 cpv. 1 CO. Rimane da
verificare, a questo punto, se gli illeciti descritti siano imputabili alle
OFIMA, se cioè siano stati commessi da organi sociali, il che implicherebbe
per la convenuta un obbligo di risarcimento in virtù degli art. 55 cpv. 2
CC e - trattandosi di una società anonima - 718 cpv. 3 CO. L'attrice ha
citato, nell'atto di appello, le deposizioni dell'ing. Franco Muttoni
e dell'ing. Roberto Moccetti, allora direttore e vicedirettore delle
OFIMA per la zona "Centrale Verbano", stando alle quali gli interventi
difettosi sono stati seguiti da organi delegati appositamente. Al riguardo
la sentenza impugnata non contiene alcuna precisazione. D'altro lato non è
lecito, nell'esame di un ricorso per riforma, chiarire fatti essenziali
sulla scorta delle prove assunte nell'istruttoria (cfr. DTF 109 II
151 consid. 3e). La causa deve così essere rinviata alla giurisdizione
cantonale di secondo grado (art. 64 cpv. 1 e 66 cpv. 1 OG) perché accerti
se dagli atti si evince l'esistenza di organi sociali che, in nome delle
OFIMA, fossero responsabili della costruzione delle opere dimostratesi
difettose, ovvero il raccordo del riale Boccia e la discarica formata
nell'alveo del riale Riva Bianca. In caso affermativo la prescrizione
del risarcimento dovrà essere respinta. Considerata simile eventualità,
è opportuno vagliare il merito dell'azione risarcitoria. Sarà appurato,
invece, nell'ambito del ricorso per riforma dell'attrice se la corte di
appello ha negato a giusto titolo la necessità di opere di premunizione
sui fondi della stessa richiedente.

Erwägung 3

    3.- L'obbligo di rifondere il danno è contestato dalla ricorrente
per più motivi: essa afferma che eventuali colpe da parte sua sarebbero
già assorbite dalla responsabilità causale degli art. 679 CC e 58 CO,
che i numerosi fattori umani e naturali dovrebbero imporre una forte
riduzione dell'indennizzo per caso concorrente, che inoltre l'attrice
avrebbe contribuito ad aggravare il danno per colpa propria e che la
diminuzione complessiva del risarcimento non dovrebbe calcolarsi solo
sul valore degli stabili distrutti, ma anche su quello dell'inventario.

    a) Dopo aver assodato - in base alla perizia Bonnard - che il
rischio di un'alluvione era riconoscibile per l'attrice sia al momento
di riattare la "Casa Polenta" (1962), sia al momento di costruire la
"Casa Darsena" (1964), e che - d'altronde - le opere attuate dalle OFIMA
e dall'arch. Roth non erano conformi alle regole dell'arte, le istanze
cantonali hanno tratto conclusioni giuridiche diverse. Il primo giudice,
ammessa la responsabilità causale delle OFIMA, ha compensato interamente
la colpa aggiuntiva di questa con la colpa dell'attrice, che aveva sfidato
la pericolosità del luogo. La corte di appello ha ritenuto invece che la
colpa addizionale delle OFIMA fosse inferiore all'importanza del rischio
assunto dall'attrice, donde la riduzione di un quinto calcolata sul valore
degli immobili (Fr. 439'500.--). Per converso, la corte si è scostata
dall'opinione del Pretore, che aveva diminuito di un terzo l'entità del
risarcimento totale (Fr. 654'500.--) riferendosi al carattere straordinario
delle precipitazioni; essa ha stimato che il fenomeno naturale non aveva
influito sul rapporto di causalità tra il comportamento degli interessati e
il danno, di modo che non si giustificava alcuna riduzione dell'indennizzo
per caso fortuito.

    b) Si è precisato che le OFIMA rispondono del danno giusta l'art. 679
CC in quanto titolari di diritti reali sui fondi all'origine del sinistro
e giusta l'art. 58 CO in quanto proprietarie di opere difettose (per
i canali di diversione in genere v. DTF 91 II 478 consid. 2, 61 II 79
consid. 2; per i tubi di deflusso v. DTF 100 II 137 consid. 2). Si tratta,
in entrambi i casi, di responsabilità "causali" (o "obiettive"), che non
presuppongono una colpa dell'autore (DTF 76 II 133 in fine per l'art. 679
CC; DTF 69 II 398 consid. 3 per l'art. 58 CO). Nondimeno, contrariamente
alle tesi delle OFIMA, una responsabilità causale non esclude una colpa
aggiuntiva dell'agente; anzi, secondo le circostanze, questa può compensare
o neutralizzare una colpa concomitante della parte lesa (art. 44 cpv. 1 CO;
DESCHENAUX/TERCIER, pag. 79 n. 5, 246 n. 28, 251 n. 11; OFTINGER, pag. 269;
KELLER/GABI, pag. 106 seg. e 138; cfr. DTF 97 II 345 consid. 4, 95 II 581
consid. 4). La corte di appello ha sottolineato, sulla scorta della perizia
Bonnard, che le OFIMA avevano violato le regole più elementari dell'arte
(sentenza, pag. 66 infra) e che una colpa siffatta compensava per quattro
quinti la colpa dell'attrice, responsabile di aver creato una parte del
rischio edificando stabili in posizione pericolosa. Tale apprezzamento
non può trovare conferma. Non si vede, in realtà, per quali ragioni il
rischio affrontato dall'attrice dovrebbe apparire più grave delle mancanze
inescusabili (e di rilievo penale) commesse dalle OFIMA. Nemmeno la corte
cantonale lo spiega. Al proposito non solo il ricorso in esame si dimostra
privo di consistenza, ma quello dell'attrice dovrà essere accolto.

    Circa i fattori naturali invocati dalla ricorrente, è bene ricordare
che nel caso in questione non si sono ravvisati estremi di forza maggiore
(consid. 1b). Deve ancora verificarsi se il nubifragio del 9-10 settembre
1965 fosse idoneo a giustificare una riduzione dell'obbligo risarcitorio
per caso fortuito, per aver contribuito cioè, senza l'intervento della
volontà umana e - per opposizione alla forza maggiore - senza interrompere
il nesso di causalità adeguata tra il comportamento del responsabile e il
danno, all'insorgere del pregiudizio. Ora, nel quadro di una responsabilità
causale, l'autore deve assumersi anche il caso fortuito e può beneficiare
esclusivamente di una riduzione per eventi accidentali estranei alla
fattispecie di cui è chiamato a rispondere (DESCHENAUX/TERCIER, pag. 248
n. 39 segg.; OFTINGER, pag. 279; KELLER/GABI, pag. 104; STARK, pag. 75
n. 335), sempre che ciò risulti equo in rapporto alle circostanze concrete
(art. 43 cpv. 1 CO). Dalla perizia Bonnard, ripresa dalla corte cantonale,
emerge che - senza le opere delle OFIMA - il danno ai fondi dell'attrice si
sarebbe forse prodotto ugualmente. È verosimile, quindi, che l'eccezionale
persistenza delle intemperie abbia aggravato le conseguenze del disastro
a prescindere dai difetti riscontrati nelle opere della convenuta. Non
si dimostra equo, in un caso di quest'indole, far sopportare alle OFIMA
l'intero danno (cfr. DTF 57 II 110 consid. 3, 46, 47 II 431 consid. 7). La
riduzione, che può ragionevolmente determinarsi nel 20%, deve comprendere
anche il valore dell'inventario (mobilio e arredamento) andato distrutto
(Fr. 20'000.--), come richiesto con il gravame.

    Nella misura, per contro, in cui le OFIMA si prevalgono di fattori
umani all'origine del sinistro, il ricorso dev'essere respinto. La mera
evenienza che il danno implichi la responsabilità (causale) di terzi
non legittima una riduzione, a meno che la responsabilità altrui sia
tanto grave da interrompere il nesso di causalità adeguata o - ipotesi
estranea alle responsabilità obiettive (DTF 97 II 228 consid. 5, 81 II
516 consid. 3) - la colpa dell'autore sia particolarmente lieve (art. 43
cpv. 1; STARK, pag. 112 n. 518 segg. con rinvii). Nel caso in rassegna
è stato appurato non solo che non vi è stata interruzione del nesso
causale adeguato, ma che le opere difettose hanno avuto un'importanza
preponderante nella genesi della tragedia. Una riduzione non entra perciò
in linea di conto. II. SUL RICORSO PER RIFORMA DELL'ATTRICE

Erwägung 15

    15.- b) Se il pericolo di una nuova alluvione appare, per i fondi
dell'attrice, poco probabile, l'eventualità di altri danni non può
certo definirsi remota. Minacciati sono i terreni, il cui valore venale
dipende dalle possibilità edificatorie, e la villa rimasta indenne, ma -
stando all'attrice - divenuta inabitabile per il rischio persistente di
frane. L'esperto Bonnard ha ravvisato la situazione di pericolo. Nella
planimetria ch'egli ha allestito e rielaborato dopo l'audizione in Pretura
del 12 ottobre 1976 la proprietà dell'attrice è divisa verticalmente
in tre settori: uno centrale, largo circa 40 metri, non fabbricabile,
entro cui scorre il riale Riva Bianca, e due di lato, costruibili dopo
aver eseguito le opere di premunizione enunciate nel referto. La villa
si trova in una di queste due zone (in quella ovest, verso il basso). La
corte cantonale non allude alla necessità di proteggere tale edificio
né ai pericoli che gravano sul medesimo, quantunque l'attrice vi si sia
riferita in ogni stadio di causa (petizione del 9 settembre 1966, pag. 10
infra; conclusioni del 22 febbraio 1982, pag. 9; appello del 27 giugno
1983, pagg. 15 e 16). Le OFIMA sostengono che la villa non è inabitabile,
dal momento che si situa oltre il limite di una nuova alluvione; se non
che, esse invocano una sentenza di appello 26 luglio 1972 emessa su una
domanda di misure provvisionali. La pronunzia impugnata non contiene un
accertamento del genere, che non può dunque essere considerato ai fini
del giudizio. I magistrati di secondo grado osservano - come detto - che,
non potendosi ordinare lavori di premunizione su fondi di terzi, l'intero
complesso di misure diventa senza senso. L'argomento non è decisivo. È
possibile infatti (solo il perito potrà confermarlo o smentirlo) che la
realizzazione di opere limitatamente ai fondi delle OFIMA, dell'arch. Roth
e della stessa attrice possa quanto meno ridurre in misure ragionevole e
accettabile il fattore di rischio. Nell'ambito dell'art. 679 CC spetta al
giudice determinare quali provvedimenti si impongono per evitare danni
futuri; la parte attrice non è tenuta a formulare conclusioni precise
(MEIER-HAYOZ, nota 114 ad art. 679 CC; HAAB/SIMONIUS/SCHERRER/ZOBL in:
Zürcher Kommentar, II edizione, nota 20 ad art. 679 CC). Ne consegue
che la causa dev'essere rinviata alla corte cantonale (art. 64 cpv. 1
OG). Questa accerterà se le misure proposte dall'esperto sui fondi delle
OFIMA, dell'arch. Roth e dell'attrice siano idonee ad attenuare lo stato di
pericolo che incombe sulla villa; in caso affermativo disporrà l'esecuzione
di tali lavori apprezzando liberamente l'avviso del perito e ponderando gli
interessi in gioco (eviterà, in specie, di creare una sproporzione tra i
vantaggi che derivano al proprietario richiedente e gli oneri addossati al
proprietario responsabile). Nel contempo i giudici verificheranno se opere
di premunizione che non dovessero legittimarsi a tutela dell'edificio siano
utili per proteggere i terreni, tenuto conto della loro inedificabilità
(LIVER, pag. 230; DTF 51 II 400 consid. 3). Giovi ricordare che,
nella misura in cui debbono essere effettuati sui fondi dell'attrice, i
lavori in discorso rientrano nell'azione di risarcimento (v. consid. 2c
con richiami) e potranno essere ordinati, di conseguenza, solo ove la
prescrizione eccepita dalle OFIMA fosse respinta. Si aggiunga altresì
che, qualora i terreni divenissero fabbricabili, l'attrice potrà ancora
postulare l'attuazione delle opere eventualmente omesse (DTF 58 II 340),
riservato l'esito dell'indennizzo ricevuto per la mancata possibilità
di ricostruire gli stabili (Fr. 130'000.-- per la svalutazione della
particella su cui sorgeva la "Casa Darsena", mq 499, e Fr. 40'000.--
per la svalutazione di 500 mq complementari alla "Casa Polenta").

Entscheid:

      Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:

    I ricorsi sono parzialmente accolti nella misura in cui sono
ammissibili, la sentenza impugnata è annullata e la causa è rinviata
all'autorità cantonale per nuovo giudizio nel senso dei considerandi.