Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 110 V 25



110 V 25

5. Estratto della sentenza del 23 gennaio 1984 nella causa Venturini
contro Cassa cantonale di compensazione del Cantone Ticino e Tribunale
cantonale delle assicurazioni del Cantone Ticino Regeste

    Art. 79 Abs. 2 AHVV. Die Frist von 30 Tagen zur Einreichung eines
Gesuchs um Erlass der Rückerstattung einer unrechtmässig bezogenen Leistung
hat den Charakter einer Ordnungsvorschrift (Erw. 2).

    Art. 104 und 105 OG. Überprüfungsbefugnis des
Eidg. Versicherungsgerichts im Beschwerdeverfahren betreffend den Erlass
der Rückerstattung (Bestätigung der Rechtsprechung; Erw. 3).

Auszug aus den Erwägungen:

                           Diritto:

Erwägung 1

    1.- Giusta l'art. 27 OPC le prestazioni complementari indebitamente
riscosse devono essere restituite dal beneficiario o dai suoi eredi. Per
ciò che concerne la restituzione di tali prestazioni e il condono
dell'obbligo di restituirle sono applicabili per analogia le prescrizioni
relative alla LAVS. L'art. 47 cpv. 1 LAVS dispone ora che le rendite e
gli assegni per grandi invalidi indebitamente riscossi devono essere
restituiti. Il rimborso non può essere chiesto se l'interessato era
in buona fede e se la restituzione costituirebbe un onere troppo
grave. L'art. 79 OAVS precisa che la restituzione dell'importo
indebitamente ricevuto deve essere condonata intieramente o in parte
se l'avente diritto o il suo rappresentante legale poteva ammettere in
buona fede di pretendere giustamente la rendita e se la restituzione
gli imporrebbe un onere troppo grave avuto riguardo alle sue condizioni
economiche (cpv. 1). Il condono è pronunciato dalla cassa di compensazione
a domanda scritta della persona tenuta a restituire. La domanda dev'essere
presentata alla cassa di compensazione entro 30 giorni dalla notificazione
dell'ordine di restituzione (cpv. 2). Secondo l'art. 79 cpv. 3 OAVS,
infine, se le condizioni indicate sono adempite in modo evidente, la
cassa di compensazione può accordare il condono di spontanea volontà.

Erwägung 2

    2.- In concreto, l'amministrazione ha reso l'ordine di restituzione
delle prestazioni complementari indebitamente percepite da Venturini il 10
luglio 1981. Esso conteneva l'indicazione del rimedio ordinario di diritto,
nel senso che il provvedimento era impugnabile nel termine di 30 giorni,
nonché la menzione:

    "Contro la presente decisione è data la facoltà di presentare alla

    Cassa cantonale di compensazione, entro 30 giorni dalla notifica, la
   domanda di condono..."

    Il 21 luglio 1981 l'assicurato ha chiesto la trasmissione degli atti,
i quali vennero spediti il 13 agosto successivo. In data 19 ottobre 1981 la
cassa di compensazione chiese poi il versamento dell'importo fissato nella
decisione nel frattempo cresciuta in giudicato, stabilendo il 26 novembre
1981 una trattenuta mensile. Solo il 30 novembre 1981 venne presentata
una domanda di "riesame dell'ordine di restituzione e di condono", nel cui
merito l'amministrazione è entrata, pur pronunciandosi in senso negativo,
per i seguenti motivi:

    "Non vogliamo tuttavia negarvi questa possibilità in quanto il 21
   luglio 1981, 11 giorni dopo la nostra decisione, ci avete fatto
   richiesta delle copie dell'incarto, da noi inviatevi il 13 agosto 1981;
   anche se dopo questa nostra ultima lettera sono trascorsi oltre 3 mesi."

    È pacifico quindi che l'amministrazione è entrata nel merito di una
domanda presentata dopo la scadenza del termine di 30 giorni di cui
all'art. 79 cpv. 2 OAVS. Osservato che i giudici di prime cure hanno
disatteso il tema della ricevibilità di essa domanda all'amministrazione,
si pone in questa sede la questione di sapere se la Corte debba esaminarlo
d'ufficio.

    Al fine di rispondere a questo quesito bisogna chiedersi, ritenuto
che secondo la giurisprudenza il tema della perenzione deve sempre
essere appurato d'ufficio (cfr. DTF 101 Ib 350), se al termine di 30
giorni dell'art. 79 cpv. 2 OAVS si debba assegnare carattere perentorio.

    A quest'ultima domanda il Tribunale federale delle assicurazioni non
può che rispondere negativamente, per i seguenti motivi.

    Anzitutto, che il termine di cui all'art. 79 cpv. 2 OAVS non sia
perentorio emerge dalla costatazione che, contro al principio generale per
il quale il giudice delle assicurazioni sociali esamina la fattispecie
accertata al momento nel quale la decisione amministrativa litigiosa è
resa (DTF 107 V 5), in materia di condono di prestazioni indebitamente
percepite determinante è il momento in cui la restituzione deve aver luogo
(cfr. DTF 107 V 79). Ora il presupposto dell'onere troppo gravoso può
verificarsi in data successiva a quella in cui la decisione di restituzione
è notificata. Manifestamente non è lecito affermare che in simile
ipotesi il diritto dell'assicurato a pretendere il condono sia perento:
questa conclusione sarebbe in contrasto con il testo dell'art. 47 cpv. 1
LAVS. Per escludere infine che il termine per presentare la domanda abbia
carattere perentorio vale anche la considerazione che l'OAVS all'art. 79
cpv. 3 consente alle casse di compensazione di accordare il condono di
loro spontanea volontà se i requisiti ne sono adempiuti in modo evidente:
non si vede in tali circostanze come si possa conciliare una decadenza del
diritto dell'assicurato al condono quando nel contempo l'amministrazione
è legittimata a disporre d'ufficio.

    In queste condizioni, ritenuto che il termine stabilito all'art. 79
cpv. 2 OAVS ha carattere meramente ordinatorio, si deve concludere che
a ragione la cassa di compensazione è entrata nel merito della richiesta.

Erwägung 3

    3.- Bisogna quindi ora accertare se fossero da riconoscere i
presupposti che legittimano alla concessione del condono, buona fede e
onere troppo gravoso.

    Per quel che concerne l'onere troppo gravoso, emerge pacificamente
dagli atti nonché dal testo stesso della risposta della Cassa al ricorso
prodotto davanti al Tribunale cantonale delle assicurazioni che i requisiti
ne erano dati nel caso di specie.

    Rimane quindi da esaminare se a ragione amministrazione e primi giudici
hanno considerato inadempiuti i presupposti della buona fede. La buona
fede presuppone che l'assicurato ignori che una prestazione gli è versata
indebitamente. Di detta ignoranza egli non si può prevalere se la stessa
è stata determinata da sua negligenza. È questione di fatto il sapere se
l'assicurato conoscesse l'illegalità della prestazione che gli si ordina di
restituire e a questo riguardo il Tribunale è vincolato dagli accertamenti
della precedente istanza giudiziaria ai sensi dell'art. 105 cpv. 2 OG. Di
contro è questione di diritto che il Tribunale federale delle assicurazioni
rivede liberamente quella di determinare se in considerazione delle
circostanze l'ignoranza dell'illegalità della prestazione sia scusabile
e tale da dar diritto all'assicurato di prevalersi della sua buona fede
(DTF 102 V 245). In concreto, i primi giudici non hanno nel querelato
giudizio affermato che l'assicurato fosse cosciente dell'illegalità della
prestazione, ma gli hanno addebitato un'omissione, cioè una negligenza.

    La questione verte pertanto in sostanza sul tema se nel caso concreto
l'ignoranza dell'illegittimità della prestazione fosse stata scusabile,
questione che la Corte, secondo la giurisprudenza, rivede liberamente.

    È incontestato che il formulario di domanda di prestazioni
complementari è stato redatto da terza persona, ossia da un funzionario
della cancelleria comunale e in particolare dell'agenzia comunale
AVS. Sulla base degli atti può essere ammesso, nell'interpretazione
più favorevole al ricorrente degli stessi, quando si osservino le
dichiarazioni di quest'ultimo e la risposta della Cassa al gravame nella
quale queste affermazioni non sono state smentite, che il formulario sia
stato sottoscritto da Venturini in bianco. Chiamato a pronunciarsi circa
il fatto, ai fini dell'accertamento del requisito della buona fede, di
firmare, senza controllarla, una domanda di prestazioni complementari
compilata da un'autorità, il Tribunale federale delle assicurazioni
ha avuto modo di dichiarare che in un simile modo di procedere non è
ravvisabile a priori l'assenza di buona fede del richiedente. La Corte
ha così in particolare ritenuto adempiuto il requisito della buona fede
trattandosi di persona il cui coefficiente intellettuale era sensibilmente
inferiore alla media (RCC 1973 pag. 612) o di persona con scarsa
conoscenza della lingua nella quale la domanda era formulata (sentenza
28 agosto 1981 in re Bobes). Essa ha invece denegato il sussistere del
presupposto in un caso in cui nessuna circostanza particolare avrebbe
impedito all'interessato di controllare l'esattezza dei dati indicati
dall'autorità nel formulario (sentenza 7 giugno 1978 in re Renggli). Ora
la fattispecie oggetto della presente lite è diversa da quelle esaminate
dalla Corte nelle predette sentenze: nel caso concreto si ammette che il
richiedente ha firmato il formulario e che egli ha lasciato all'autorità,
la quale era esattamente a conoscenza della sua situazione fiscale,
il compito di indicare nel modulo i dati richiesti. All'assicurato non
può quindi essere addebitato di aver sottoscritto, senza controllarlo,
il formulario, ma semplicemente di averlo sottoscritto privandosi della
facoltà di controllo, il che è già di per sé costitutivo di negligenza
minore, comunque probabilmente non sufficiente per escludere il presupposto
della buona fede. Il tema può comunque restare irrisolto dal momento che
nel caso di specie esiste un elemento decisivo a comprova della buona fede
dell'assicurato. Se è vero che un terzo, in cui l'assicurato riponeva
piena fiducia, ha redatto il formulario, se è vero che sotto la rubrica
"Pensioni e rendite di ogni specie", compresa dunque quella INSAI, non è
stato indicato l'importo percepito, è altrettanto vero che la stessa terza
persona, a tergo del modulo, sia pure sotto la voce "rapporto dell'agenzia
comunale AVS", ha indicato un reddito superiore a quello segnalato nelle
rubriche precedenti e comprensivo anche delle prestazioni altrove non
annoverate. Se si volesse ascrivere all'assicurato negligenza nella misura
in cui non ha controllato l'esattezza dei dati riportati dal funzionario,
all'amministrazione dovrebbe pur essere addebitato di aver assegnato
la prestazione senza esaminare compiutamente il formulario. A titolo
abbondanziale può essere soggiunto che se si fosse voluto intenzionalmente
sottacere la rendita INSAI, essa prestazione manifestamente non sarebbe
stata indicata neppure nella susseguente richiesta.

    Dato quanto precede il ricorso di diritto amministrativo dev'essere
accolto.