Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 106 IB 65



106 Ib 65

13. Estratto della sentenza 14 marzo 1980 della II Corte di diritto
pubblico nella causa Divisione federale della giustizia c. X. S.A. e
Commissione cantonale di ricorso del Cantone Ticino per l'applicazione
del DAFE (ricorso di diritto amministrativo) Regeste

    Erwerb von Grundstücken durch Personen im Ausland.  Beteiligung an
der Kapitalerhöhung einer Immobiliengesellschaft (Art. 2 lit. c BewB und
Art. 1 und 2 Abs. 1 BewV).

    1. Der Bewilligungspflicht unterliegt nicht die Kapitalerhöhung als
solche, sondern der Erwerb von Anteilen an der Immobiliengesellschaft
durch Personen im Ausland (oder der mit der Erhöhung verbundene spätere
Erwerb von Grundstücken in der Schweiz). Die zuständige Behörde hat
folglich zu prüfen, ob sich unter den Zeichnern Personen befinden, die der
Bewilligungspflicht unterstehen; sie hat zu diesem Zweck Informationen von
denjenigen Personen zu verlangen, die nach Art. 15 BewB auskunftpflichtig
sind (E. 2).

    2. Bei der Beurteilung ob eine Gesellschaft als Immobiliengesellschaft
im Sinne von Art. 1 Abs. 1 BewV zu betrachten ist, steht der zuständigen
Behörde ein gewisses Ermessen zu. Wie verhält es sich, wenn der Bilanzwert
der unbeweglichen Aktiven rund 50% der Aktiven beträgt? (E. 2c, e).

    3. Die Person im Ausland, die Anteile an einer Immobiliengesellschaft
erwerben will, hat das Vorhandensein eines schutzwürdigen Interesses
gemäss Art. 6 Abs. 1 und 2 BewB nachzuweisen (E. 3a).

    4. Die Erwägungen des Bundesgerichts im Urteil BGE 102 Ib
135 ff. gelten auch für Personen im Ausland, die Anteile an einer
schweizerischen Immobiliengesellschaft zeichnen oder erwerben, welche
in der Schweiz bereits Handel oder Gewerbe treibt. Grundsätzlich
und vorbehältlich besonderer Umstände kann somit die Bewilligung
dem ausländischen Erwerber nur erteilt werden, wenn er beabsichtigt,
sich persönlich an Geschäftsführung oder Verwaltung der Gesellschaft zu
beteiligen, denn sonst ist anzunehmen, das Interesse an der Kapitalanlage
überwiege, weshalb die Bewilligung zu verweigern ist (E. 3b).

    5. Bedingungen und Auflagen, mit denen die Bewilligung zum Erwerb von
Anteilen an Immobiliengesellschaften verbunden werden kann (Art. 8 BewB,
Art. 17 Abs. 2 lit. d BewV). Für die Sperrfrist gemäss Art. 17 Abs. 2
lit. d BewV ist Art. 17 Abs. 2 lit. b Ziff. 1 BewV analog anwendbar (E. 4).

    6. Tragweite von Art. 23 Abs. 1 und 2 BewV im konkreten
Fall. Rückweisung der Sache zu neuer Entscheidung im Sinne von Art. 114
Abs. 2 Satz 2 OG an die erste kantonale Instanz (E. 5).

Sachverhalt

    A.- La X. è una società anonima costituita il 29 febbraio 1968
con un capitale sociale di 52'000 franchi, suddiviso in 52 azioni al
portatore interamente liberate. Lo scopo sociale consiste nell'esercizio
di un'officina di precisione, nello stampaggio di materie plastiche,
nel loro commercio, nonché nell'esecuzione di tutte le operazioni
commerciali, finanziarie, mobiliari ed immobiliari connesse con il detto
scopo od idonee a favorirne l'oggetto; essa può inoltre aprire filiali
ed agenzie tanto in Svizzera quanto all'estero. Con la sua costituzione,
la X. S.A. riprendeva e continuava l'attività commerciale della società in
nome collettivo R. & P., assumendo quindi l'attivo e il passivo di questa
società, che veniva liquidata e cancellata dal registro di commercio. Ad
una data che non risulta dall'incarto e con sottoscrittori di cui non si
conosce l'identità, la X. S.A. aumentava poi il suo capitale sociale
a 400'000 franchi, ed in seguito trasferiva anche la propria sede da
Chiasso a C. nel distretto di Lugano ove, su fondi di sua proprietà,
sono ubicati gli stabilimenti industriali.

    Il 7 luglio 1977 la X. S.A., per il tramite del suo legale,
annunciava all'Autorità di prima istanza del distretto di Lugano
d'essere intenzionata a riaumentare il proprio capitale sino ad
un milione di franchi, mediante l'emissione di 600 nuove azioni al
portatore, presumibilmente sottoscritte - almeno in parte - da persone
con domicilio o sede all'estero. Richiamandosi inoltre agli art. 6 cpv. 2
lett. b DAFE e 13 OAFE, essa postulava anche esplicitamente il rilascio
dell'autorizzazione. Il 6 febbraio successivo, la società richiedente
trasmetteva poi all'Autorità distrettuale il proprio bilancio al 31
dicembre 1976: da questo bilancio si desumeva che, per un valore totale
degli attivi reali pari a Fr. 1'687'967,27, ovverosia Fr. 1'882'289,55 meno
le perdite riportate, gli immobili (terreni, fabbricati ed istallazioni
generali) erano valutati a Fr. 815'000.-- e le ipoteche iscritte al
passivo per un importo di 510'000 franchi.

    Con decisione 21 febbraio 1978 fondata sull'art. 6 cpv. 2 lett. b
DAFE, l'Autorità di prima istanza accordava l'autorizzazione per l'aumento
del capitale sociale, imponendo tuttavia alla richiedente l'obbligo di
depositare le azioni per un periodo di 10 anni presso la Banca dello
Stato del Cantone Ticino. Contro questa decisione, ed in particolare
contro il citato obbligo di depositare le azioni, la X. S.A. si aggravava
alla Commissione cantonale di ricorso per l'applicazione del DAFE (CCR),
postulando l'annullamento di una misura che, a parer suo, risultava essere
"ingiustificata e gravemente paralizzante". La società resistente sollevava
inoltre la questione di sapere se il prospettato aumento del capitale
sociale fosse realmente soggetto all'autorizzazione, riconoscendo che la
detta autorizzazione era stata certo domandata, ma soltanto "a titolo
prudenziale, per evitare dei nefasti blocchi del capitale in sede di
iscrizione a registro di commercio".

    Con decisione 16 giugno 1978, la CCR accoglieva il gravame, rilevando
in sostanza che, non essendo adempiute le condizioni d'applicazione
dell'art. 1 OAFE, il rilascio del permesso s'avverava frustraneo, ancorché
la resistente potesse comunque prevalersi d'un interesse legittimo giusta
l'art. 6 cpv. 2 lett. b DAFE. Per quanto concerne l'obbligo di depositar
le azioni presso la Banca dello Stato, la CCR lo riteneva in concreto
"eccessivamente pesante", dal momento che il prospettato aumento del
capitale sociale non era destinato "a finanziare l'acquisto di fondi o
altri diritti equivalenti": a parer suo, codesto aumento andava quindi
autorizzato "senza subordinazione ad alcun vincolo restrittivo".

    Con tempestivo ricorso di diritto amministrativo, la Divisione federale
della giustizia (DFG) - ora Ufficio federale di giustizia - ha impugnato la
cennata pronunzia della CCR, chiedendo al Tribunale federale di annullarla
e di ritornare gli atti all'istanza inferiore per nuova decisione ai sensi
dei considerandi. In sostanza, essa rimprovera alle autorità cantonali
di non aver accertato i fatti rilevanti per l'applicazione degli art. 2
lett. c, 6 cpv. 2/3 DAFE, 1, 2, 13 e 17 OAFE, disattendendo in tal modo
l'art. 23 OAFE.

Auszug aus den Erwägungen:

                   Considerando in diritto:

Erwägung 2

    2.- Ai fini del giudizio, occorre vagliare in primo luogo se,
contrariamente all'opinione negativa espressa dall'autorità ricorsuale,
sussisteva nel concreto caso l'obbligo dell'autorizzazione: trattasi
infatti d'una questione pregiudiziale, che non è stata definitivamente
risolta, e che il Tribunale federale deve comunque sindacare d'ufficio
giusta l'art. 114 cpv. 1 OG (DTF 104 Ib 143 consid. 1).

    a) Secondo l'art. 2 lett. c DAFE, all'acquisto di fondi in proprietà
da parte di persone all'estero (art. 1), è parificato l'acquisto,
sia esso originario o derivato, di quote del patrimonio delle società
cosiddette immobiliari, la cui nozione è poi precisata dall'art. 1
OAFE. Per le persone con domicilio o sede all'estero, la partecipazione
alla costituzione o all'aumento di capitale d'una siffatta società, che
vale appunto quale acquisto di quote ai sensi dell'art. 2 lett. c DAFE, è
quindi subordinato all'autorizzazione della competente autorità cantonale
(art. 2 cpv. 1 OAFE). Contrariamente a quanto la X. S.A. e l'Autorità di
prima istanza sembrano assumere, soggetto ad autorizzazione per prassi
costante non è però l'aumento di capitale in sé, bensì l'acquisto di
quote da parte di persone all'estero o il susseguente acquisto di fondi in
Svizzera legato all'operazione stessa, e ciò anche se si deve concedere
che il rifiuto dell'autorizzazione necessaria per l'acquisto delle quote
può aver per conseguenza l'impossibilità di procedere al prospettato
aumento del capitale sociale (DTF 100 Ib 478 consid. 3; sentenza inedita
22 dicembre 1976 in re Immobiliare Piazza Riscossa S.A., consid. 2b). In
caso d'aumento del capitale di una società immobiliare ai sensi dell'art. 1
OAFE, la competente autorità deve quindi accertare se, fra gli acquirenti
sottoscrittori, vi sono persone che soggiacciono al regime autorizzativo,
rivolgendosi per questo scopo alle persone che debbono fornire ragguagli e
produrre documenti giusta l'art. 15 DAFE, ed in particolare a quelle che
hanno partecipato alla preparazione, al finanziamento o alla conclusione
di affari a tenore dell'art. 2 DAFE (sentenza 14 novembre 1975 in re DFG
c. Société immobilière Rue de Lausanne, apparsa nella Revue suisse du
notariat et du registre foncier (RNRF) 58/1977, pag. 58 consid. 2).

    b) Nel caso in esame, le autorità cantonali di prima e seconda
istanza non hanno esperito affatto questa ricerca e rimangono quindi
tuttora sconosciuti non solo l'identità dei sottoscrittori stranieri
che hanno partecipato all'aumento di capitale della società resistente,
ma anche il numero di azioni in tal modo assunte da persone all'estero,
assoggettate, come tali, al regime autorizzativo. Tale inchiesta è
stata probabilmente ritenuta inutile dall'Autorità distrettuale poiché,
dovendo il nuovo capitale esser sottoscritto - almeno in parte - da
persone o società finanziarie con sede all'estero, essa ha considerato a
torto che l'aumento di capitale era di per sé soggetto all'autorizzazione
stessa. D'altra parte, la CCR ha rinunciato ad ogni ricerca sull'identità
dei sottoscrittori stranieri poiché la X. S.A. non era a parer suo una
società immobiliare giusta gli art. 2 lett. c DAFE e 1 OAFE. Questa
conclusione non è tuttavia condivisa dall'autorità ricorrente, che la
giudica affrettata o quantomeno opinabile.

    c) Come già rilevato poc'anzi, l'art. 1 OAFE precisa la nozione di
società immobiliare, le cui quote possono essere acquistate da persone
all'estero soltanto con l'assenso dell'autorità competente (art. 1 e 2
lett. c DAFE). A tal proposito, giova invero rilevare che il vecchio testo
dell'art. 1 OAFE (RU 1974, 95) era concettualmente più preciso di quello
oggi in vigore: secondo il cpv. 1 di tale disposto, era da considerarsi
infatti immobiliare giusta l'art. 2 lett. c DAFE la società con sede
in Svizzera o all'estero i cui attivi, al momento dell'acquisto di
quote, consistevano per più della metà in diritti su fondi non situati
esclusivamente all'estero. Con la novella dell'11 febbraio 1976 (RU
1976, 607) s'è abbandonata invece qualsiasi precisazione quantitativa,
prevedendo unicamente che la società è immobiliare a norma di legge
allorché gli attivi sono costituiti principalmente di diritti su fondi
non situati esclusivamente o quasi esclusivamente all'estero. Ciò non
significa tuttavia che il campo d'applicazione dell'art. 2 lett. c DAFE
sia stato ridotto poiché, rinunciando a fissare limiti troppo precisi
ed attenuando per conseguenza la definizione della società immobiliare,
il Consiglio federale ha voluto soltanto lasciare in quest'ambito alla
competente autorità cantonale un certo margine di apprezzamento.

    Nella fattispecie, si desume dai bilanci della X. S.A. al 31 dicembre
1976, 31 dicembre 1977 e 30 giugno 1978 che gli immobili (terreni,
fabbricati ed installazioni generali, senza le macchine) rappresentano,
dopo deduzione delle perdite registrate all'attivo, quasi la metà degli
attivi reali. Certo, il carattere immobiliare della società resistente
non era comprovato d'acchito, ma non si deve dimenticare che gli attivi
immobiliari sono stimati secondo il bilancio ove quest'ultimo corrisponda
alla situazione effettiva (art. 1 cpv. 2 OAFE). In caso di dubbio a
questo proposito, e segnatamente allorché gli attivi immobiliari sono
registrati - come in casu - per un valore che sfiora il 50% del totale
degli attivi reali, la competente autorità cantonale non può quindi
scartare l'applicazione dell'art. 2 lett. c DAFE senza vagliare in
particolare se i valori iscritti a bilancio corrispondono alla realtà
oggettiva, ed acquisire in tal modo la certezza che gli attivi sociali
non sono realmente costituiti, in misura preponderante, da diritti su
fondi situati in Svizzera.

    d) Nel concreto caso, v'erano poi particolari ragioni che dovevano
spingere l'autorità ricorsuale ad eseguire quest'accertamento prima
di escludere senza indugi qualsiasi applicazione dell'art. 2 lett. c
DAFE. Basti pensare che la stessa società richiedente pareva aver
ammesso di motuproprio la necessità di un'autorizzazione, tant'è vero
che con l'istanza del 7 luglio 1977 (redatta e sottoscritta dal suo
legale) ne aveva postulato il rilascio senza obiettare alcunché circa
l'assoggettamento alla disciplina autorizzativa. Anche se più tardi,
essa ha invero espresso taluni dubbi sulla concreta sussistenza di
codesto vincolo, la resistente non ha comunque discusso l'adempimento
delle condizioni d'applicazione della suddetta norma, ma s'è limitata
invece ad insistere sulla natura industriale dei suoi beni immobili,
ciò che risulta peraltro ininfluente nell'ambito dell'art. 1 OAFE.

    e) Se ne deve concludere che la CCR non poteva, sulla scorta del
solo bilancio al 31 dicembre 1976, ritenere la società richiedente non
"immobiliare" ai sensi degli art. 2 lett. c DAFE e 1 OAFE. Se la CCR voleva
revocare seriamente in dubbio il principio stesso dell'assoggettamento,
implicitamente accettato dalla resistente e dall'Autorità di prima
istanza, doveva allora chiarire la questione con compiutezza, verificare
in modo più preciso il valore reale degli immobili, ed accertare quindi
che codesti fondi non costituivano, in effetti, la parte precipua del
patrimonio sociale.

Erwägung 3

    3.- Non potendosi escludere di primo acchito l'eventuale applicazione
dell'art. 2 lett. c DAFE, occorre vagliare ora se le autorità cantonali
hanno legittimamente concesso alla resistente la postulata autorizzazione.

    a) Estendendo l'obbligo autorizzativo all'acquisto di quote di
società immobiliari (art. 2 lett. c DAFE), il legislatore federale non ha
comunque previsto di rinunciare in tal caso all'esigenza di un interesse
legittimo, interesse che l'acquirente straniero deve ognora dimostrare
per ottenere l'autorizzazione. D'altronde, se si dovesse derogare in
questo campo alla norma generale dell'art. 6 cpv. 1 DAFE, non solo
si comprometterebbe lo scopo perseguito dalla legislazione federale,
ma per la persona con domicilio o sede all'estero la sottoscrizione o
l'acquisto di quote di società immobiliari costituirebbe spesso un puro
collocamento di capitali, vietato per principio dall'art. 6 cpv. 3 DAFE
(cfr. DTF 104 Ib 150 consid. 4; sentenza 28 novembre 1975 in re H.,
apparsa nella Rivista di diritto amministrativo ticinese (RDAT) 1977,
n. 98 pag. 192). Come già rilevato dalla vecchia Commissione federale di
ricorso (CFR) prevista dall'art. 8 del decreto federale 23 marzo 1961
(RU 1961, 213), l'acquirente straniero di codeste quote patrimoniali
deve quindi comprovare l'esistenza di un interesse legittimo, mentre
in caso contrario l'autorizzazione dev'essere rifiutata (decisione 19
dicembre 1962 apparsa nella RNRF 44/1963, pag. 59 consid. 1). Da questa
giurisprudenza non v'è motivo di scostarsi, ancorché debbasi ricordare
ora che, con l'entrata in vigore del decreto federale 24 giugno 1970
(RU 1970, 1195), l'art. 6 cpv. 2 DAFE enumera ormai in modo esaustivo i
casi in cui l'interesse alla transazione è ritenuto legittimo (sentenze
27 ottobre 1972 in re Wozchod Handelsbank AG e in re DFG c. Rouart,
RNRF 54/1973 pag. 119 consid. 3 e pag. 124 consid. 2; sentenza 26 marzo
1975 in re DFG, parzialmente pubblicata nella RDAT 1977, n. 93 pag. 187;
sentenza 22 dicembre 1976 in re M., Rep. 1978, pag. 34 consid. 3b).

    b) Giusta l'art. 6 cpv. 2 lett. b DAFE, l'acquirente straniero dimostra
un interesse legittimo e può ottenere l'autorizzazione se il fondo gli
serve, interamente o essenzialmente, per esercire lo stabilimento d'impresa
di un commercio, di un'industria o di un'altra impresa esercitata in forma
commerciale. Ciò significa, in pratica, che lo stesso acquirente deve
anche assumere la direzione effettiva dell'impresa, poiché altrimenti
l'acquisto è considerato fatto a scopi di collocamento di capitali e,
salvo precise eccezioni, l'interesse non è più reputato legittimo in virtù
dell'art. 6 cpv. 3 DAFE (v. in tal senso l'art. 13 cpv. 2 dell'ordinanza
del 21 dicembre 1973 (RU 1974, 95) in vigore sino alla modificazione
dell'11 febbraio 1976; DTF 102 Ib 135 consid. 1; decisione 11 novembre
1964 della CFR, RNRF 46/1965, pag. 233 consid. 2). Come già rilevato in
giurisprudenza, l'art. 6 cpv. 2 lett. b DAFE - che concerne soprattutto
le imprese che già esercitano un'attività industriale all'estero e
che prevedono altresì d'impiantarsi in Svizzera - non esclude invero a
priori il rilascio di un'autorizzazione all'industriale o al commerciante
che vuole esercire nel nostro Paese un unico stabilimento d'impresa,
pur conservando all'estero il suo domicilio: salvo casi eccezionali,
una richiesta a tal fine formulata dall'acquirente straniero e fondata
sull'impegno a dirigere l'impresa dall'estero esula tuttavia dalle
previsioni del legislatore, merita per conseguenza un esame approfondito,
e può così essere accolta soltanto se è accertato che il richiedente
non intende conservare in Svizzera, con un pretesto, un investimento di
capitali (DTF 102 Ib 135/136 consid. 2a). Ora, queste considerazioni,
che attengono all'acquisto di un fondo in vista dell'esercizio di uno
stabilimento d'impresa, valgono, a non averne dubbi, anche per la persona
all'estero che sottoscrive o acquista quote di una società immobiliare
che già esercita in Svizzera un'industria o un commercio. In linea di
principio, e salvo circostanze eccezionali, l'acquirente straniero potrà
quindi ottenere l'autorizzazione soltanto se intende partecipare egli
stesso alla gestione o alla direzione dell'impresa, poiché nel contrario
caso si riterrà invece prevalente il desiderio di collocare capitali e
la detta autorizzazione dovrà esser rifiutata.

    c) Nella fattispecie concreta, non è certo impossibile che
l'autorizzazione possa finalmente esser concessa, né la ricorrente
esclude peraltro una simile evenienza. Comunque sia, le competenti
autorità cantonali non potevano rilasciare codesta autorizzazione senza
previamente accertare che la partecipazione all'aumento del capitale
sociale della X. S.A. non costituiva in realtà, per i sottoscrittori
stranieri, un semplice investimento di capitali ai sensi dell'art. 6
cpv. 3 DAFE. Orbene, in effetti, le dette autorità non hanno neppure
tentato di conoscere l'identità dei sottoscrittori stranieri, per il che
si ignora a tutt'oggi se codesti sottoscrittori possono dimostrare un
interesse legittimo, e quindi prevalersene, giusta l'art. 6 cpv. 2 lett. b
DAFE. Nella misura in cui la ricorrente rimprovera alle autorità cantonali,
ed in particolare alla CCR, di non aver "accertato in modo conveniente
i fatti decisivi e necessari alla soluzione del caso", la sua censura
s'avvera pertanto fondata, ed il ricorso su tal punto dev'essere accolto.

    d) Per completezza, giova poi osservare che l'"interesse legittimo
all'acquisto del fondo" può essere soltanto quello che l'acquirente
straniero deve comprovare, mentre l'interesse dei terzi o l'interesse
pubblico sono, in quest'ambito, assolutamente ininfluenti (decisione 12
luglio 1967 della CFR, RNRF 49/1968, pag. 237 consid. 3). Ciò significa
in casu che la competente autorità cantonale non potrà prendere in
considerazione l'interesse della X. S.A. a poter aumentare il proprio
capitale sociale per ristabilire poi la sua situazione economica o
finanziaria, anche se codesto interesse appare di per sé evidente e
giustificato.

Erwägung 4

    4.- Giusta l'art. 8 DAFE, l'autorizzazione può essere subordinata a
condizioni od oneri per garantire un'utilizzazione del fondo conforme
agli scopi fatti valere dall'acquirente (cpv. 1, 1a frase); gli oneri
sono inoltre menzionati nel registro fondiario (cpv. 2). Sennonché
l'art. 17 OAFE, che è disposizione esecutiva dell'art. 8 DAFE, precisa
tra l'altro che, in caso d'autorizzazione per l'acquisto di quote
di società immobiliari, l'acquirente deve almeno assumere - in linea
di principio - l'obbligo di non alienarle o darle in pegno durante il
divieto di alienazione e di deporle irrevocabilmente presso una cassa di
depositi (art. 633 cpv. 3 CO) alla sede dell'Autorità di prima istanza
(cpv. 2 lett. d). Per quanto concerne il cennato divieto d'alienare
("délai de blocage", "Sperrfrist"), torna poi applicabile per analogia
l'art. 17 cpv. 2 lett. b n. 1 OAFE, a tenor del quale un onere che
garantisce un'utilizzazione del fondo conforme agli scopi fatti valere
dall'acquirente, in caso d'autorizzazione per l'acquisto di diritti su
fondi che servono come stabilimenti d'impresa (art. 6 cpv. 2 lett. b
DAFE), è segnatamente costituito da un divieto d'alienazione di 10 anni a
contare dall'acquisto. In queste condizioni, l'autorità cantonale non ha
praticamente scelta: se non sussistono particolari ragioni che lo rendono
d'acchito frustraneo, essa deve quindi imporre all'acquirente straniero
l'obbligo di depositare le rispettive quote presso la cassa di depositi,
poiché soltanto in tal modo si potrà prevenire con efficacia l'eventuale
rivendita di codeste quote a persone non autorizzate.

    Nel concreto caso, la CCR ha annullato il vincolo a cui l'Autorità di
prima istanza aveva subordinato il rilascio dell'autorizzazione poiché,
a parer suo, il detto vincolo sarebbe risultato "eccessivamente pesante
per la X. S.A. in relazione al fatto che l'aumento di capitale non [era]
destinato a finanziare l'acquisto di fondi o altri diritti equivalenti"
(decisione impugnata, consid. 5 in fine). Sennonché questo argomento non
cade in acconcio neppure nell'ambito del principio della proporzionalità,
poiché l'obbligo di deporre le azioni presso la Banca cantonale non sarebbe
comunque imposto alla società resistente, ma ai singoli sottoscrittori
stranieri autorizzati come tali a partecipare all'aumento del capitale
sociale. Se ne deve concludere che l'impugnata pronunzia della CCR è lesiva
del diritto federale, ed in particolare dell'art. 17 cpv. 2 lett. d OAFE:
il ricorso di diritto amministrativo s'avvera dunque fondato anche su
questo punto.

Erwägung 5

    5.- a) Secondo l'art. 23 OAFE, le autorità accertano i fatti d'ufficio
(cpv. 1) e possono fondarsi soltanto su allegazioni da esse esaminate e
di cui hanno all'occorrenza assunto le prove (cpv. 2). Tanto il decreto
federale, quanto l'ordinanza d'esecuzione non contengono tuttavia altre
indicazioni procedurali che debbono esser seguite per stabilire se la
sottoscrizione d'azioni di una società anonima i cui fondi rappresentano
quasi la metà degli attivi reali è subordinata o meno all'autorizzazione
giusta gli art. 1 e 2 lett. c DAFE, e se l'autorizzazione stessa può esser
concessa in virtù dell'art. 6 cpv. 2 lett. b DAFE. Per prassi costante, le
competenti autorità debbono comunque esperire una procedura d'accertamento
- che può rivelarsi particolarmente impegnativa e condurre invero a
risultati non sempre assolutamente sicuri - facendo tutto ciò che di
necessità occorre per poter acclarare tale questione, e non possono certo
limitarsi - in particolare - ad accettare le sole dichiarazioni rilasciate
all'uopo dai dirigenti della società (DTF 101 Ib 396 consid. 6; 100 Ib
359/360 consid. 1). Se codeste autorità possono appurare che la società
di cui trattasi è immobiliare ai sensi dell'art. 1 OAFE, debbono allora
conoscere, in ogni caso, l'identità dei sottoscrittori stranieri, poiché
l'autorizzazione può comunque essere accordata soltanto alle persone che
partecipano all'aumento del capitale, non invece alla società immobiliare
come tale. Orbene nel concreto caso, le autorità cantonali di prima e di
seconda istanza non hanno assunto prove determinanti in quest'ambito né
hanno accertato i fatti in modo completo: le loro decisioni implicano
pertanto una violazione diretta dell'art. 23 OAFE, ovverosia d'una
disposizione essenziale di procedura ai sensi dell'art. 105 cpv. 2 OG
(DTF 102 Ib 127 consid. 2a; 100 Ib 360).

    b) Se annulla la decisione impugnata, il Tribunale federale giudica
esso medesimo nel merito, se del caso dopo una nuova assunzione di
prove, o rimanda la causa per nuova decisione alla precedente istanza;
se quest'ultima ha giudicato come istanza di ricorso, la causa può esser
rinviata alla prima istanza (art. 114 cpv. 2 OG; DTF 101 Ib 396/397
consid. 7; sentenza 28 novembre 1975 in re H., RDAT 1977, n. 98 pag. 193).

    Nel caso in esame, il rinvio della causa all'autorità cantonale appare
giustificato, poiché le questioni ancora litigiose non possono certo esser
decise sulla sola scorta degli atti acquisiti ora all'incarto. D'altra
parte, appare anche opportuno rimandare la causa stessa all'Autorità
di prima istanza per garantire in casu agli interessati la doppia
giurisdizione in sede cantonale (cfr. DTF 102 V 184). Prima di emanare
una nuova decisione, la detta autorità dovrà pertanto procedere ad un
nuovo esame delle circostanze ed esperire un'inchiesta approfondita onde
accertare - nella misura del possibile - tutti i fatti giuridicamente
rilevanti (art. 23 cpv. 1 OAFE). In primo luogo, essa dovrà quindi
appurare la questione dell'assoggettamento al regime autorizzativo
e verificare in particolare se la X. S.A. dev'esser considerata come
società immobiliare ai sensi degli art. 2 lett. c DAFE e 1 OAFE. In caso
affermativo, l'Autorità di prima istanza avrà allora il preciso dovere di
ragguagliarsi sull'identità dei sottoscrittori stranieri e controllare
in tal modo se ogni partecipante all'aumento del capitale sociale può
effettivamente prevalersi d'un interesse legittimo giusta l'art. 6
cpv. 2 lett. b DAFE. Ove l'autorizzazione potesse poi esser concessa,
la detta autorità dovrà ancora stabilire se, nella concreta fattispecie,
eventualmente sussistano particolari ragioni che consentano di derogare -
in via d'eccezione - all'imperativo disposto di cui all'art. 17 cpv. 2
lett. d OAFE.

Entscheid:

               Il Tribunale federale pronuncia:

    Il ricorso è accolto, la decisione impugnata è annullata e la causa
è rinviata all'Autorità di prima istanza per nuova decisione ai sensi
dei considerandi.