Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 104 II 237



104 II 237

39. Estratto della sentenza della II Corte civile del 29 giugno 1978
nella causa A. e B. contro C. Regeste

    Nebenfolgen der Scheidung. Wohnrecht. Herabsetzbarkeit von Leistungen,
die Gegenstand einer Scheidungskonvention bilden. Entschädigung. Art. 153,
Art. 776 ff. und Art. 151 ZGB.

    1. Ein Wohnrecht mit dinglicher Wirkung kann nicht Gegenstand einer
Klage gemäss Art. 153 ZGB bilden (E. 3).

    2. Die Parteien können eine Entschädigung im Sinne von Art. 151 ZGB
grundsätzlich unabhängig vom Vorliegen eines Verschuldens vereinbaren
(E. 5).

    3. Eine Entschädigung, die als Ersatz für infolge der Scheidung
entgangene Anwartschaften zugesprochen wurde, unterliegt der Herabsetzung
im Sinne von Art. 153 Abs. 2 ZGB nicht. Wurde die Rechtsnatur der
Entschädigung seinerzeit nicht spezifiziert, so obliegt es dem Richter
im Herabsetzungsverfahren, sie vorfrageweise gemäss den Umständen zur
Zeit der Scheidung zu bestimmen (E. 5).

Sachverhalt

    A.- Il matrimonio tra il dott. A. e B. era sciolto per divorzio con
sentenza del Pretore dell'8 ottobre 1969, fondata sull'art. 142 CC. L'unica
figlia (C.) nata da questo matrimonio era attribuita all'autorità parentale
della madre. Con la sentenza di divorzio era omologata una convenzione
sulle conseguenze accessorie, stipulata dalle parti il 7 ottobre 1969. In
essa erano stabilite, tra l'altro, rendite indicizzate a favore di B. e di
C. e a carico di A. A favore delle stesse B. e C. era inoltre previsto
nella convenzione un diritto di abitazione, da iscrivere nel registro
fondiario, su un determinato immobile di proprietà di A. e gravato di un
diritto usufrutto a favore della madre di questi.

    Adducendo che la sua situazione economica era sensibilmente mutata da
allora e d'aver nel frattempo fondato una nuova famiglia, A. chiedeva con
petizione del 5 giugno 1975 al Pretore di ridurre, ai sensi dell'art. 153
cpv. 2 CC, le prestazioni a suo carico. Con sentenza del 15 aprile 1977
il giudice di prima istanza, deferendo in parte a quanto richiesto,
sopprimeva il diritto di abitazione, sostituendolo con un contributo
mensile alle spese di alloggio. Tale punto era confermato nella propria
sentenza del 29 novembre 1977 dalla I Camera civile del Tribunale di
Appello del Cantone Ticino, che confermava l'ammontare delle rendite,
quale stabilito nella convenzione. Le convenute, a titolo principale, e
l'attore, a titolo adesivo, hanno impugnato con ricorso per riforma tale
decisione. Il Tribunale federale ha accolto parzialmente i due gravami
ed ha rinviato la causa all'istanza precedente per nuova decisione ai
sensi dei considerandi.

Auszug aus den Erwägungen:

                       Dai considerandi:

Erwägung 3

    3.- Oggetto principale del ricorso delle convenute è la questione
se la Corte cantonale abbia violato il diritto federale nell'ammettere
che il diritto di abitazione ad esse accordato con la convenzione
sulle conseguenze accessorie del divorzio potesse, in caso di modifica
essenziale della situazione dell'attore, essere soppresso e sostituito da
determinate prestazioni finanziarie. La legge ha regolato espressamente
la possibilità di modificare una sentenza di divorzio (di cui è parte
integrante la convenzione omologata dal giudice sulle conseguenze
accessorie del divorzio) soltanto per quanto concerne la pensione
alimentare ai sensi dell'art. 152 CC, nonché i rapporti giuridici tra
genitori e figli. L'art. 153 cpv. 2 CC dispone che il coniuge obbligato
a fornire una rendita a titolo di alimenti può domandare di esserne
liberato o che essa sia ridotta, quando il bisogno più non esista o sia
sensibilmente diminuito, come pure quando le sue condizioni economiche
più non corrispondano all'importo della rendita. La giurisprudenza del
Tribunale federale ha esteso tale disciplina, riconoscendo che esisteva
al proposito una lacuna della legge, alle rendite ai sensi dell'art. 151
cpv. 1 CC, nella misura in cui esse sono destinate a compensare la
perdita, occorsa per effetto del divorzio, del diritto al mantenimento. La
soppressione o la riduzione della rendita può peraltro essere in tal
caso chiesta soltanto ove la situazione economica del debitore si sia
deteriorata sensibilmente, e non anche laddove la situazione del creditore
si sia migliorata (DTF 71 II 12/13; 80 II 188 seg.; 100 II 248/249). Per
ciò che riguarda gli obblighi e i diritti dei genitori verso i figli,
l'art. 157 CC stabilisce in modo generale che, in caso di rilevante
modificazione dello stato di fatto, il giudice debba ordinare, ad istanza
di uno dei genitori o dell'autorità tutoria, "le misure richieste dalle
mutate circostanze". Tale principio è applicabile anche per l'adeguamento
di un contributo che uno dei genitori versa, dopo il divorzio, per il
mantenimento di un figlio non soggetto alla sua autorità parentale.

    a) Prima di esaminare se siano dati nel caso in esame i presupposti
generali per la modifica della sentenza di divorzio, è d'uopo accertare
se l'attribuzione del diritto di abitazione rientri nelle parti della
sentenza suscettibili d'essere modificate dal giudice. La Corte cantonale
ha ritenuto di sì, considerando che il diritto accordato alle convenute
di abitare nella villa Benvenuto non avesse natura reale, bensì soltanto
obbligatoria e fosse quindi assimilabile ad un contributo pecuniario per
il mantenimento. Occorre quindi stabilire se tale opinione sia conforme
al diritto federale.

    Con ragione la Corte cantonale ha reputato che per la questione di
cui trattasi sia determinante accertare la natura del diritto conferito
alle convenute, e più precisamente accertare se in esso sia ravvisabile
una servitù ai sensi dell'art. 776 segg. CC. È infatti concepibile che un
contributo al mantenimento possa essere accordato in natura nella forma
di un diritto, di natura obbligatoria, di utilizzare quale abitazione un
determinato alloggio. Sennonché risulta dalla convenzione conclusa dalle
parti che esse non pensavano ad un tale negozio con effetti meramente
obbligatori, bensì alla costituzione di un diritto di abitazione con
effetti reali. Ciò appare chiaramente dalla clausola 4.2, in cui è
espressamente prevista l'iscrizione nel registro fondiario del diritto
di abitazione accordato alle convenute. Una tale iscrizione non avrebbe
ovviamente potuto aver luogo ove il diritto in questione avesse soltanto
natura obbligatoria. Va quindi tenuto fermo che il diritto di abitazione
di cui trattasi costituisce un diritto reale limitato, il quale conferisce
ai suoi beneficiari un diritto autonomo e immediato di utilizzare a scopo
di abitazione l'immobile a cui si riferisce. Una volta accordato, tale
diritto sussiste indipendentemente dalla persona del proprietario. Ne segue
che un diritto reale di abitazione convenuto in occasione di un divorzio
non può essere giuridicamente assimilato ad una rendita alimentare. In
ragione del suo carattere definitivo esso dovrebbe d'altronde essere
paragonato, semmai, piuttosto ad una prestazione in capitale, la quale
non può essere ridotta mediante la modifica della sentenza di divorzio
neppure se non è versata in una sola volta, bensì in diverse rate (DTF
60 II 395/396).

    b) La Corte cantonale ha negato la natura reale del diritto
d'abitazione litigioso soprattutto per il fatto che la convenzione prevede
alla clausola 4.5 che le convenute hanno il diritto di locare la casa,
il giardino e un garage. Orbene, non soltanto il diritto di abitazione
non è cedibile né trasmissibile per successione (art. 776 cpv. 2 CC),
ma neppure il suo mero esercizio può essere trasferito ad un terzo
(Commentario LEEMANN, N. 4 ad art. 777; A. HOMBERGER e H. MARTI,
Schweizerische Juristische Kartothek, scheda n. 566 "Wohnrecht", n. I;
PIOTET, Dienstbarkeiten und Grundlasten, in "Schweizerisches Privatrecht",
vol. V/1, pag. 642). L'art. 777 CC dispone che il diritto di abitazione è
generalmente commisurato ai bisogni personali dell'usuario e che questi,
ove il diritto non sia espressamente limitato alla sua persona, può
tenere presso di sé i membri della propria famiglia e le persone con
lui conviventi. La Corte cantonale ha pertanto rettamente rilevato che
il diritto di locare accordato alle convenute è incompatibile con il
contenuto disciplinato dalla legge del diritto di abitazione.

    A ragione tuttavia le convenute si chiedono se si giustifichi di
considerare, come ha fatto la Corte cantonale, nulla l'intera pattuizione
relativa al diritto di abitazione. L'art. 20 cpv. 2 CO, applicabile in
virtù del rinvio dell'art. 7 CC, limita la nullità di un contratto alle
sole parti nulle, ove non si debba ammettere che senza di esse il contratto
non sarebbe stato concluso. Nella fattispecie niente lascia supporre che
il diritto di abitazione non sarebbe stato conferito alle convenute se le
parti contraenti avessero saputo che la concordata facoltà di locare la
casa era in contrasto con la disciplina legale. Scopo della convenzione
era in primo luogo quello di permettere alle convenute di rimanere nella
casa da esse sino ad allora abitata. La facoltà di locare la casa a terzi
era per le convenute d'importanza secondaria. Non può ragionevolmente
ritenersi che, senza tale facoltà, esse avrebbero rinunciato al diritto
di abitazione. La nullità non può, di conseguenza, colpire tutta la
pattuizione concernente il diritto di abitazione, ma soltanto la clausola
di tale pattuizione che prevede il diritto delle convenute di locare
la casa a terzi. Le convenute si sono d'altronde dichiarate disposte a
rinunciare eventualmente alla predetta facoltà.

    Va anche osservato che, secondo LEEMANN, l'usuario può locare od
affittare ad un terzo l'esercizio del proprio diritto di abitazione, se
ciò gli è stato espressamente consentito dal proprietario; un tale accordo
tra il proprietario e l'usuario non può tuttavia esplicare effetti reali
(n. 4 ad art. 677 CC). Secondo questa opinione, la clausola 4.5 della
convenzione non sarebbe quindi neppure nulla, bensì soltanto priva
di effetti reali; essa avrebbe carattere meramente obbligatorio. La
questione può rimanere indecisa. Rilevante in questa sede è soltanto
che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte cantonale, la facoltà
di locare a terzi la casa oggetto del diritto di abitazione non priva
quest'ultimo della sua natura reale. La relativa clausola non osta
pertanto all'iscrizione nel registro fondiario, prevista espressamente
dalla clausola 4.2, del diritto di abitazione.

    c) Nella sentenza impugnata la Corte cantonale si è chiesta se
fosse addirittura possibile iscrivere nel registro fondiario il diritto
d'abitazione pattuito nella convenzione prescindendo dal consenso della
madre dell'attore, a cui spetta l'usufrutto della stessa casa. Tale
possibilità sussiste. Non è escluso che un fondo possa essere gravato
da servitù incompatibili tra di loro, come avviene allorché un fondo sia
oggetto contemporaneamente di un diritto d'usufrutto e di un diritto di
abitazione. Secondo il principio della priorità nel tempo, in questo caso
il diritto meno recente prevale su quello più recente. Un conflitto tra
le due servitù non ha quindi luogo, dovendo quella più recente cedere il
passo a quella meno recente (DTF 57 II 262 segg.; LIVER, Commentario n. 35
segg. dell'introduzione). La madre dell'attore potrebbe far prevalere
il proprio diritto di usufrutto su quello d'abitazione delle convenute
anche se quest'ultimo fosse iscritto nel registro fondiario. Sarebbe
d'altra parte anche possibile che essa rinunziasse, come avvenuto sinora,
ad esercitare il diritto di usufrutto sull'immobile in questione.

    d) Si pone infine la questione, non sollevata negli allegati
scritti, se il diritto di abitazione dell'ex-coniuge dell'attore possa
essere iscritto nel registro fondiario benché la clausola 4.3 ne preveda
l'estinzione in caso di nuove nozze dell'usuaria, ossia vincoli il diritto
ad una condizione risolutiva. Secondo la dottrina e la giurisprudenza
prevalenti, non è in linea di principio ammessa l'iscrizione nel registro
fondiario di servitù vincolate ad una condizione risolutiva (DTF 87 I 315
segg. consid. 2; LIVER, n. 66 segg. ad art. 730 CC, con richiami). Nella
fattispecie può rimanere indeciso se la citata giurisprudenza debba essere
mantenuta anche per quanto concerne una servitù personale, quale il diritto
di abitazione, la cui durata dipende comunque da un fattore incerto nel
tempo, ossia dalla durata della vita dell'usuario. Nel caso in esame il
diritto d'abitazione, privo nei suoi confronti di qualsiasi condizione,
è stato infatti conferito anche alla figlia C., per cui tale diritto può
essere per lo meno iscritto nel registro fondiario a suo favore. Secondo
l'art. 777 cpv. 2 CC, la figlia potrebbe tenere presso di sé la madre,
di guisa che il problema se quest'ultima possa vantare un diritto di
abitazione autonomo non ha rilevanza pratica, salvo nell'evenienza di un
disaccordo tra madre e figlia.

    e) Considerato che il diritto d'abitazione litigioso è giuridicamente
fondato e che, almeno per quanto riguarda la figlia C., nulla osta
alla sua iscrizione nel registro fondiario (come risulta da DTF 99
II 360 segg., la forma dell'atto pubblico non era necessaria per la
convenzione sulle conseguenze accessorie del divorzio, pur avendo
essa per oggetto anche il trasferimento di diritti reali su immobili),
tale diritto non può essere limitato o soppresso mediante una modifica
della sentenza di divorzio. Nella fattispecie il diritto d'abitazione
non potrebbe d'altronde essere trasformato in un semplice contributo al
mantenimento delle convenute neppure ove si prescindesse dalla sua natura
reale. Nell'accordare il diritto di cui trattasi, le parti hanno infatti
inteso garantire alle convenute l'abitazione e l'ambiente in cui esse
erano sino ad allora vissute. In ciò è ravvisabile un interesse ideale
che parimenti si oppone alla trasformazione del diritto di abitazione in
una mera prestazione pecuniaria. Ne segue che su questo punto il ricorso
per riforma deve essere accolto e che la sentenza impugnata va annullata
in ugual misura; la soppressione del diritto di abitazione, richiesta
con la petizione, deve essere rifiutata.

Erwägung 5

    5.- Con il ricorso per riforma adesivo l'attore reitera le conclusioni
già respinte dalla Corte cantonale, tendenti alla riduzione a Fr.
800.- del contributo mensile per il mantenimento della figlia C., e
a Fr. 1500.- di quello per il mantenimento dell'ex-moglie. Le convenute
contestano che la rendita per l'ex-moglie possa essere considerata come
una prestazione riducibile ai sensi dell'art. 153 cpv. 2 CC e che le
condizioni economiche dell'attore siano mutate in modo da giustificare
la modifica della convenzione omologata con la sentenza di divorzio.

    Né la convenzione sulle conseguenze accessorie del divorzio, né la
sentenza di divorzio che la contiene precisano su quale base giuridica è
fondata la rendita a favore dell'ex-moglie. Ove non risulti dalla sentenza
di divorzio se, ed eventualmente in quale misura, una rendita a carico
di un ex-coniuge sia destinata a compensare la perdita del mantenimento,
incombe in linea di principio a chi chiede la riduzione di tale rendita
l'onere di provare che trattasi di una prestazione riducibile ai sensi
dell'art. 153 cpv. 2 CC; la questione va risolta alla stregua della
situazione desumibile dagli atti al momento della stipulazione della
convenzione e a quello della pronunzia della sentenza di divorzio (DTF
71 II 13).

    Rilevando che il giudice del divorzio non si era pronunciato sulla
colpa, la Corte cantonale ha concluso che mancava la prova dell'esistenza
di uno dei presupposti dell'art. 151 CC, ossia di una colpa del coniuge
tenuto a corrispondere la rendita. Poiché non era possibile esaminare la
questione della colpa in sede di decisione sulla modifica della decisione
di divorzio, come base legale della rendita a favore dell'ex-moglie
poteva entrare in considerazione, secondo la Corte cantonale, soltanto
l'art. 152 CC.

    Tale conclusione non appare esatta. Conviene in primo luogo precisare
che, come osservano a ragione le convenute, essa non trova sufficiente
conforto nella sentenza del Tribunale federale del 7 giugno 1956,
pubblicata in Blätter für Zürcherische Rechtsprechung, vol. 57 (1958),
pag. 255 segg. Da questa decisione può evincersi soltanto che non va usato
un parametro eccessivamente rigoroso per quanto concerne l'onere della
prova incombente a chi chiede la riduzione delle prestazioni stabilite in
una sentenza di divorzio, e che la questione della colpa non deve essere
esaminata alla luce di nuove circostanze, ossia alla luce di circostanze
che non siano state evocate nel corso della causa di divorzio.

    Decisivo appare nel caso in esame il fatto che le parti di una causa di
divorzio possono regolare mediante convenzione sulle conseguenze accessorie
del divorzio soggetta ad omologazione del giudice l'indennizzo per il
pregiudizio di diritti patrimoniali o di aspettative ai sensi dell'art. 151
cpv. 1 CC, prescindendo dalla colpa. Il presupposto dell'accertamento
di una colpa è vincolante allorché il giudice è chiamato a determinare
direttamente l'equa indennità prevista dall'art. 151 cpv. 1 CC; laddove le
parti stesse si accordino direttamente circa tale indennità, ogni indagine
sulla colpa, ai fini dell'applicazione dell'art. 151 cpv. 1 CC, è superflua
ed è, salvo in casi in cui la convenzione preveda prestazioni assolutamente
incongrue, addirittura da evitare, nell'interesse di un'armonica soluzione
sulle conseguenze patrimoniali del divorzio.

    Nella fattispecie il giudice ha attribuito l'insanabile
turbamento delle relazioni coniugali ad una "diversità di carattere
e di personalità". Le parti hanno con la convenzione disciplinato
dettagliatamente le conseguenze patrimoniali del divorzio, senza
specificare se le prestazioni finanziarie concordate fossero stabilite
a titolo alimentare o quale indennità per il pregiudizio dei diritti
patrimoniali o le aspettative dell'ex-moglie (art. 151 cpv. 1 CC) o
addirittura anche a titolo di riparazione morale (art. 151 cpv. 2 CC). Nel
caso in esame mancano seri indizi che lascino supporre che la rendita
stabilita a favore dell'ex-moglie sia stata pattuita in parte a titolo
di riparazione morale, e ciò contrariamente a quanto sembrano ritenere
le convenute. Deve invece ammettersi che tale rendita costituisca anche
un'indennità per il pregiudizio dei diritti patrimoniali ed eventualmente
delle aspettative dell'ex-moglie. Lo stesso termine usato nella clausola
2.2 della convenzione, in cui è detto che B. riceverà "als Abgeltung" una
rendita mensile di Fr. 2750.- fa ritenere che con detta rendita si sia
voluto indennizzare la perdita degli elementi considerati nell'art. 151
cpv. 1 CC. Anche il fatto che la rendita, secondo quanto disposto nella
stessa clausola 2.2 della convenzione, debba continuare ad essere versata
alla beneficiaria in caso di premorienza del dott. A., a carico della sua
successione, è un indizio che milita a favore della natura indennizzatoria
della rendita (cfr. DTF 100 II 2).

    Dovendosi concludere, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte
cantonale, che la rendita disposta a favore dell'ex-moglie dell'attore si
fonda sull'art. 151 cpv. 1 CC, è d'uopo determinare se essa sia destinata
a indennizzare soltanto il pregiudizio dei diritti patrimoniali (ossia,
concretamente, la perdita del diritto al mantenimento), od anche, e,
in caso affermativo, in quale misura, un eventuale pregiudizio delle
aspettative subito dall'ex-moglie dell'attore. Infatti, la riduzione di
una rendita fondata sull'art. 151 cpv. 1 CC può essere chiesta soltanto
nella misura in cui tale rendita sia destinata a indennizzare la perdita
del diritto al mantenimento. Le istanze cantonali non si sono occupate
di questo aspetto, dato che hanno ritenuto che la rendita fosse basata
sull'art. 152 CC. Nella fattispecie il Tribunale federale non è in grado di
procedere ad un'eventuale suddivisione della rendita in una parte destinata
a indennizzare la perdita del diritto al mantenimento e in altra parte
destinata a indennizzare la perdita di aspettative. Tale punto può essere
risolto soltanto mediante un apprezzamento delle circostanze patrimoniali
e personali, esistenti, con riferimento alle parti, all'epoca della
conclusione della convenzione. Rilevante al proposito è, tra l'altro,
sapere se l'ex-moglie disponesse allora di un patrimonio proprio, se
potesse essere allora da lei preteso che assumesse un'attività lucrativa
e se la tacitazione accordata spontaneamente dall'attore all'ex-moglie
secondo la clausola 3 della convenzione già comprendesse un indennizzo
per la perdita di aspettative. Trattasi non soltanto di applicare criteri
giuridici, ma, e soprattutto, di valutare elementi di fatto. Una siffatta
valutazione incombe esclusivamente al giudice cantonale. Ne segue che la
causa va rinviata, per quanto concerne questo accertamento, all'istanza
precedente perché chiarisca tale questione e addotti una nuova decisione
al riguardo.