Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 103 IB 282



103 Ib 282

45. Estratto della sentenza del 30 settembre 1977 nella causa X. c.
Commissione federale di ricorso in materia doganale Regeste

    Zoll und Warenumsatzsteuer bei Wareneinfuhr. Art. 16 Abs. 2 ZG;
Art. 45 WUStB.

    Für eine Ware deliktischer, ausländischer Herkunft, welche irregulär
in die Schweiz eingeführt wurde, aber vom rechtmässigen, im Ausland
wohnhaften Eigentümer, dem sie in der Schweiz zurückgegeben worden ist,
regulär wieder ausgeführt wird, besteht keine Pflicht zur Entrichtung der
Einfuhrabgaben. In einem solchen Fall ist Art. 16 Abs. 2 ZG, welcher auf
reguläre Geschäftsbeziehungen zugeschnitten ist, analog anwendbar. Für
die Erhebung der Einfuhrabgaben ist der objektive Tatbestand massgebend;
in einem Fall wie dem hier erwähnten kann, wer die Ware irregulär
und bösgläubig eingeführt hat, selbst wenn er vermittels eines durch
ihn oder andere im Ausland begangenen Verbrechens in Besitz der Ware
gelangt ist, nicht zur Bezahlung der geschuldeten Abgabe verpflichtet
werden (Präzisierung der Rechtsprechung) (E. 2). Die Hinfälligkeit der
Abgabepflicht schliesst die Strafbarkeit für Steuerübertretungen, die
derjenige begangen hat, der die Ware irregulär in die Schweiz einführte,
nicht aus (E. 4).

Sachverhalt

    A.- Il cittadino italiano X. introduceva clandestinamente il 2 giugno
1975 in Svizzera un lotto di pietre preziose, senza pagare i tributi dovuti
(dazio, imposta sulla cifra d'affari). Arrestato in seguito dalla polizia
ticinese perché sospettato di traffico illegale di preziosi, si accertava
che i gioielli provenivano da un furto ai danni di una signora domiciliata
in Italia. Il loro valore era stimato a Fr. 3'949'555.--. Essi venivano
restituiti in Svizzera alla derubata che s'impegnava, mediante idonea
garanzia, a riesportarli in Italia. Tale riesportazione avveniva poco
dopo. La Direzione generale delle dogane invitava X. a pagare i tributi
d'importazione elusi. L'imposta sulla cifra d'affari relativa ai gioielli
introdotti in Svizzera il 2 giugno 1975 era calcolata in Fr. 260'993,40.

    X. impugnava la decisione della Direzione generale delle dogane avanti
la Commissione federale di ricorso in materia doganale (CFRD), chiedendo
che fosse annullato l'obbligo posto a suo carico di pagare l'imposta
sulla cifra d'affari. La CFRD respingeva il gravame con decisione del
22 ottobre 1976. Essa rilevava che l'obbligo fiscale era insorto con
l'importazione della merce, senza che occorresse in Svizzera alcuna
operazione di smercio (art. 2 n. 2 DCA). Una possibilità di rimborso
dei tributi riscossi all'importazione non era data nella fattispecie,
non essendo adempiuti i relativi presupposti di legge. Secondo la prassi
interna dell'Amministrazione delle dogane, poteva essere consentito in via
eccezionale il rimborso dei tributi prelevati su refurtiva riesportata al
paese di origine, sempreché sia l'importatore, sia il mittente all'estero,
sia il destinatario in Svizzera fossero stati in buona fede. X. conosceva
tuttavia la provenienza delittuosa dei preziosi da lui importati. Una
responsabilità solidale per l'imposta litigiosa non sussisteva a carico
della derubata, contrariamente a quanto assunto dal ricorrente.

    Con ricorso di diritto amministrativo X. ha chiesto l'annullamento
della decisione della CFRD e la propria liberazione dall'obbligo di
solvere l'imposta sulla cifra d'affari da lui contestata.

    Il Tribunale federale ha accolto il ricorso ed accertato che X. non
è debitore dell'importo litigioso.

Auszug aus den Erwägungen:

                   Considerando in diritto:

Erwägung 2

    2.- L'importazione delle merci soggiace all'imposta sulla cifra
d'affari (ICA), ai sensi dell'art. 2 n. 2 e dell'art. 44 segg. DCA. Il
ricorrente non contesta che gli incombeva in un primo tempo l'obbligo di
pagare, in base alle menzionate disposizioni, l'ICA sui preziosi stimati
a Fr. 3'949'455.--, importati clandestinamente in Svizzera. Egli
eccepisce peraltro che tale obbligo è venuto meno in seguito alla
comprovata riesportazione di tale merce. L'art. 16 cpv. 2 LD dovrebbe,
a suo avviso, essere applicato analogicamente.
   a) L'art. 16 cpv. 2 LD recita:

    "È rimborsato il dazio sulle merci estere sdoganate all'importazione
che,
   a causa il rifiuto del destinatario o di rescissione del contratto
   di vendita o di commissione, o perché rimaste invendute, ritornano
   intatte al mittente all'estero; non è riscosso un dazio d'uscita."

    Ai sensi dell'art. 45 DCA, tale disposizione è applicabile anche alla
riscossione dell'ICA. Ove siano dati i presupposti per il rimborso del
dazio secondo l'art. 16 cpv. 2 LD, è rimborsata altresì l'ICA riscossa
all'importazione.

    Irrilevante nella fattispecie è, per converso, la menzione dell'art. 16
cpv. 1 LD nell'art. 48 lett. g DCA, dato che quest'ultima disposizione
concerne esclusivamente merci di ritorno di provenienza svizzera,
reimportate in Svizzera, mentre nel caso in esame trattasi del rimborso
dell'ICA in seguito a riesportazione all'estero.

    La Direzione generale delle dogane e la CFRD presuppongono che
l'art. 16 cpv. 2 LD sia applicabile soltanto laddove la merce sia stata
regolarmente dichiarata all'autorità doganale all'atto dell'importazione
ed assoggettata secondo la normale procedura ai tributi d'importazione; a
mente di tali autorità, la menzionata norma non sarebbe invece applicabile
quando l'ICA sia stata riscossa dopo l'importazione su merce introdotta
clandestinamente. Stante il carattere eccezionale del rimborso dei tributi
d'importazione riscossi su merce di ritorno di provenienza straniera,
le relative disposizioni dovrebbero essere interpretate restrittivamente.

    Sia in DTF 89 I 544 che in una decisione della CFRD pubblicata in
Archiv für Schweizerisches Abgaberecht vol. 31 pag. 106 segg. sono
contenute considerazioni nello stesso senso, ossia, lo sdoganamento
regolare è ritenuto presupposto indispensabile perché la riesportazione
possa comportare un diritto al rimborso.

    In DTF 102 Ib 347 nella causa Hansen il Tribunale federale ha tuttavia
disatteso questo principio, rilevando che il diniego del rimborso in
caso di mancato previo regolare sdoganamento costituirebbe una sanzione
non prevista dalla legge per il caso d'inosservanza dell'obbligo di
dichiarazione doganale.

    b) La Direzione generale delle dogane fa notare con ragione nelle
proprie osservazioni che l'art. 16 cpv. 2 LD è stato adottato con mira
alle regolari operazioni commerciali, e non per disciplinare il caso di
merci rubate e introdotte in contrabbando. La stessa Amministrazione delle
dogane ha ritenuto nondimeno che un'applicazione letterale di tale norma
ai casi di riesportazione di merce di contrabbando di provenienza furtiva
è insoddisfacente, dato che in generale non sono adempiute le condizioni
dell'art. 16 cpv. 2 LD (non ha avuto luogo alcun sdoganamento al momento
dell'importazione; la merce non è rinviata al mittente; la riesportazione
è dovuta a un motivo atipico; cfr. WELLAUER, Warenumsatzsteuer, n. 902,
pag. 431 segg.). Effettivamente l'art. 16 cpv. 2 LD non disciplina
gli aspetti fiscali della riesportazione di refurtiva proveniente
dall'estero. L'Amministrazione delle dogane ha quindi sviluppato una
prassi, secondo la quale la riesportazione nel paese di origine di merce
rubata dà luogo al rimborso dei tributi d'importazione ove gli interessati
siano in buona fede. Tale prassi si fonda sulla considerazione che,
in linea di principio, non esisterebbe un diritto al rimborso, ma che,
dandosi la buona fede, può procedersi al rimborso o al condono dei tributi
in applicazione di quanto disposto dall'art. 127 cpv. 1 n. 4 LD per i
casi in cui risulterebbe altrimenti un rigore particolare.

    c) Qualora si tenga fermo che l'ICA è destinata a colpire in modo
del tutto obiettivo la cifra d'affari interna e l'importazione di merci,
che pertanto l'immediata riesportazione (rispedizioni e fattispecie
similari), non preceduta da operazioni di smercio effettuate in Svizzera,
fa venir meno la causa materiale dei tributi d'importazione e dà quindi
luogo al rimborso ai sensi dell'art. 16 cpv. 2 LD, appare erroneo
subordinare il rimborso fondato sulla riesportazione di merce rubata
introdotta in contrabbando all'accertamento della buona fede degli
interessati. Il rimborso non costituisce nelle fattispecie menzionate
dall'art. 16 cpv. 2 LD un trattamento doganale di favore di carattere
eccezionale, bensì il riconoscimento, da parte del fisco, che è venuta
meno successivamente la causa materiale della riscossione dei tributi
d'importazione. Orbene, anche nel caso dell'immediata riesportazione di
merci rubate contrabbandate in Svizzera viene meno la causa dei tributi
d'importazione, e quindi dell'ICA. Qualora, conformemente alla citata
prassi delle autorità doganali, il rimborso sia fatto dipendere dalla
buona fede, l'ICA viene ad assumere la funzione di una pena (aggiuntiva)
per fatti illeciti (furto, ricettazione, reato doganale). Tale funzione
dell'ICA non è sorretta da alcuna base legale. La lacuna della legge
esistente per quanto concerne la merce rubata introdotta in contrabbando
in Svizzera va colmata, tenendo conto della natura dell'ICA e della
"ratio legis" del DCA, secondo criteri puramente obiettivi. Laddove la
restituzione al proprietario e la riesportazione nel paese d'origine
abbia fatto venir chiaramente meno la causa materiale della riscossione
dei tributi d'importazione in una situazione obiettivamente analoga
alle fattispecie presupposte dall'art. 16 cpv. 2 LD per il rimborso nel
quadro di regolari relazioni d'affari, cessa la ragione di riscuotere
l'ICA o sorge il diritto d'ottenerne il rimborso. Come già rilevato,
esula infatti dall'ICA qualsiasi carattere di pena.

    d) Nel caso in esame è incontestato che la refurtiva è stata restituita
per intervento della polizia alla legittima proprietaria e che è stata da
quest'ultima riesportata in Italia. Per tale fatto è venuto successivamente
meno il motivo di riscuotere l'ICA sull'importazione. In corretta
applicazione della disciplina fiscale non può quindi più pretendersi dal
ricorrente, benché egli ne fosse originariamente debitore, il pagamento
dell'ICA sull'importazione.

Erwägung 4

    4.- Per i motivi sopra esposti, la decisione impugnata che ha accertato
l'obbligo del ricorrente di pagare l'ICA litigiosa deve essere annullata
senza rinvio per violazione del diritto federale. L'inesistenza di detto
obbligo non esclude ovviamente che il ricorrente possa esser punito ai
sensi dell'art. 52 DCA per sottrazione o messa in pericolo dell'imposta. Il
fatto che il debito fiscale del ricorrente, insorto con l'introduzione dei
gioielli in Svizzera, sia venuto meno per circostanze aliene dalla sua
volontà, non toglie che egli, nell'introdurre clandestinamente la merce
di cui trattasi, abbia sottratto o messo in pericolo l'imposta e che di
ciò debba rispondere personalmente. Occorre chiaramente distinguere tra
la riscossione dell'imposta e gli aspetti penali degli atti con i quali
il responsabile ha inteso sottrarla.