Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 103 IA 225



103 Ia 225

39. Estratto della sentenza 30 marzo 1977 nella causa Banca A. contro
Camera di diritto tributario del Tribunale di appello del Cantone Ticino
Regeste

    Art. 4 BV; Art. 22 Tessiner Gesetz über die Stempelabgaben vom
16. Juni 1966.

    Art. 4 BV verletzt die dem Wortlaut entsprechende Auslegung einer
Vorschrift, wenn sie zu einem Resultat führt, das der Gesetzgeber nicht
gewollt haben kann und in stossender Weise dem Gerechtigkeitsgedanken
zuwiderläuft und den Grundsatz der rechtsgleichen Behandlung
missachtet. Dies ist insbesondere der Fall, wenn die Auslegung regelmässig
zur Auferlegung einer Busse führt, die das zehnfache der hinterzogenen
Stempelgebühr ausmacht, ohne dass den konkreten Umständen Rechnung getragen
würde und eine Möglichkeit bestünde den Betrag herabzusetzen.

Sachverhalt

                     Ritenuto in fatto:

    A.- In data 23 luglio 1972, l'avv. L. ed i signori E. e M. stipulavano
una convenzione con la Banca A., al fine di definire e liquidare bonalmente
in via transattiva le ragioni creditorie vantate dalla Banca stessa nei
confronti di determinate persone e, subordinatamente, dell'avv. L. quale
garante ai sensi dell'art. 111 CO.

    La citata convenzione era poi presentata dalla Banca qui ricorrente
alla Pretura di Lugano-distretto allo scopo di ottenere il rigetto
provvisorio dell'opposizione interposta dall'avv. L. al precetto esecutivo
spiccato nei suoi confronti dall'Ufficio di esecuzione e fallimenti di
Lugano. In quell'occasione, il Pretore, constatato che la convenzione era
priva del bollo cantonale, la trasmetteva al Dipartimento delle finanze
per gli incombenti di legge.

    Con decisione 30 giugno 1975, detto Dipartimento, richiamandosi
all'art. 22 della legge ticinese sul bollo, del 16 giugno 1966 (LB),
infliggeva alle parti una sanatoria di Fr. 55'000.-- (ivi compresa
l'imposta sottratta di Fr. 5'000.--), dichiarandole inoltre responsabili
del pagamento in via solidale giusta l'art. 26 cpv. 1 lett. b della
stessa legge. Detta pronunzia era tuttavia annullata per motivi formali
dalla Camera di diritto tributario del Tribunale di appello, con giudizio
dell'8 ottobre 1975.

    Il 30 luglio dell'anno successivo, il Dipartimento delle finanze
pronunciava una nuova sanatoria di Fr. 45'000.-- (compresa l'imposta
sottratta, confermata in Fr. 5'000.--).

    Su ricorso delle parti, la Camera di diritto tributario del Tribunale
di appello confermava la decisione dipartimentale, con sentenza del 12
ottobre 1976. Pur rilevando che, a norma dell'art. 22 LB, il Dipartimento
non poteva operare una riduzione dell'ammenda, essa rinunciava a riformare
in pejus la pronunzia impugnata poiché "l'ammontare dei rapporti che si
intendevano regolare con la convenzione era ancora incerto e quello posto
in esecuzione era comunque sensibilmente inferiore".

    Con tempestivo ricorso di diritto pubblico per violazione dell'art. 4
Cost., la Banca ha impugnato la sentenza della Corte cantonale, chiedendone
l'annullamento. Essa non contesta di per sé l'applicazione della sanatoria,
ma la ritiene troppo elevata in funzione della colpa commessa, che valuta
poco grave; d'altro canto, essa rimprovera all'autorità fiscale di non
aver risolto le questioni relative al regresso interno fra le parti che
sono tenute in solido al pagamento della sanatoria giusta l'art. 26 cpv. 1
lett. b LB.

    Il Tribunale federale ha accolto il gravame per quanto attiene alla
prima censura; l'ha invece respinto per quanto concerne la seconda.

Auszug aus den Erwägungen:

                   Considerando in diritto:

Erwägung 3

    3.- a) Il diritto federale non contiene disposizione alcuna che
obblighi i cantoni, nell'ambito del loro diritto penale amministrativo, ad
applicare le norme previste dalla parte generale del CP ed in particolare a
subordinare qualsiasi pena amministrativa al principio della colpevolezza.
Anzi, in virtù dell'art. 335 n. 2 CP, i cantoni hanno conservato la
competenza di emanare le disposizioni penali necessarie per assicurare
l'osservanza del diritto cantonale in materia fiscale, senza essere legati
appunto alle predette norme del CP.

    Laddove, come nella legislazione ticinese, non v'è alcun esplicito
rinvio alle disposizioni generali del CP, le questioni relative alla
punibilità di un reato fiscale (esistenza di una colpa o meno, dolo o
negligenza), all'onere della prova o all'eventuale influenza del grado
di colpevolezza sulla misura della pena vanno risolte di caso in caso in
applicazione del diritto cantonale.

    b) Secondo l'art. 22 cpv. 1 della già citata legge sul bollo,
applicabile in casu, "viene punito con multa uguale a dieci volte l'imposta
sottratta, e in ogni caso non inferiore a Fr. 20.--, chi in qualsiasi modo
si sottrae all'obbligo di solvere l'imposta prevista dalla presente legge".

    Secondo il tenore letterale, che prevede una sanatoria pari al decuplo
del bollo mancante, la disposizione sembra istituire quindi un cosiddetto
reato formale che si perfeziona in virtù d'una violazione meramente
oggettiva della norma legale e indipendentemente da qualsiasi colpa,
sia essa dolo o negligenza, da parte del contribuente; anche dal profilo
quantitativo, le conseguenze dell'infrazione fiscale sono chiaramente
stabilite senza riguardo alcuno agli elementi soggettivi dell'infrazione
stessa. Tuttavia, già nella sentenza Eredi Biaggi-Luvini (DTF 94 I
218 segg., in particolare 224), il Tribunale federale ha rilevato
che l'espressione "si sottrae" implica una componente soggettiva,
ragion per cui non ogni mancato pagamento dell'imposta costituisce
necessariamente reato di sottrazione né sempre determina gli estremi
della sanatoria. A mente del Tribunale federale, non può pertanto negarsi
carattere arbitrario ad una decisione che fa dipendere l'applicazione
di una sanatoria tanto grave dall'esistenza di una violazione puramente
oggettiva della legge. D'altro canto, in una più recente sentenza del 23
settembre 1970 in re Gerosa (pubblicata nel Rep. 1971, pag. 19 segg.),
lo stesso Tribunale - distanziandosi dalla sua giurisprudenza anteriore
(v. in particolare le sentenze inedite 29 ottobre 1945 e 23 settembre
1948 in re Società cooperativa Ferrovia Monte Generoso e in re C. Nessi e
Co.) - ha inoltre osservato che, là dove la multa comminata dalla legge
non ha il semplice carattere di una multa d'ordine, bensì quello di una
vera e propria pena fiscale, l'autorità non può far astrazione dalla
colpa senza cadere nell'arbitrio; la sanzione non può quindi applicarsi
senza riguardo alcuno ai presupposti soggettivi, poiché ciò porterebbe
a risultati arbitrari che contraddicono il sentimento della giustizia
(v. Rep. 1971, pagg. 26 e 28).

    Questa recente giurisprudenza merita conferma. Per quanto l'istituzione
di reati formali nell'ambito del diritto penale amministrativo possa,
soprattutto per ragioni di praticità, apparir comprensibile, essa
diviene di dubbia costituzionalità sotto il profilo dell'art. 4 Cost.,
non appena la contravvenzione così concepita non sia più perseguita con
una semplice multa d'ordine, ma con una vera pena amministrativa. La
legislazione doganale ad esempio, cui l'autorità cantonale si riferisce,
distingueva chiaramente, prima della riforma del 1974, tra i reati doganali
veri e propri (art. 73 segg. LD), per i quali valeva il principio della
colpevolezza, e le semplici trasgressioni d'ordine (art. 104 e 105 LD)
punibili anche in assenza di colpa: con l'entrata in vigore del DPA (1o
gennaio 1975), e la correlativa modifica dell'art. 104 LD, il principio
della colpevolezza si applica anche alle trasgressioni d'ordine.

    Questa evoluzione del diritto penale fiscale si appalesa d'altronde
oggi necessaria, poiché il progressivo inasprimento delle sanzioni
previste dalla legge rende insopprimibile l'esigenza di un'applicazione
graduata e differenziata delle norme penali. Anche quando la sanzione
comminata consiste in un multiplo del tributo eluso, suole normalmente
esservi spazio, tra un minimo ed un massimo, per considerare, accanto
agli aspetti oggettivi, anche gli elementi soggettivi dell'infrazione
fiscale. La comminatoria di un'ammenda calcolata meccanicamente in un
multiplo dell'importo eluso, e che non lascia alcuna latitudine per
tener conto dell'elemento soggettivo, è inconciliabile col principio
costituzionale dell'uguaglianza.

    c) Quanto esposto sopra vale anche nel caso concreto, con specifico
riferimento all'art. 22 LB. Anche se la contravvenzione prevista da codesta
norma è stata concepita dal legislatore come un puro reato formale,
il decuplo dell'imposta sottratta può costituire soltanto l'ammontare
massimo della multa (e non contemporaneamente il minimo), ed è quindi e
soltanto esigibile nei casi più gravi.

    Certo, la decisione impugnata è conforme al tenore letterale
dell'art. 22 cpv. 1 LB, ma ciò non basta per dichiarare infondata la
censura d'arbitrio. Secondo costante giurisprudenza, infatti, anche
l'interpretazione di una norma conformemente al suo tenore letterale non
sfugge a codesta censura se conduce a risultati che il legislatore non può
aver voluto e che urtano il sentimento della giustizia ed il principio
dell'uguaglianza di trattamento (v. DTF 84 I 102; 91 I 167; 94 I 223;
Rep. 1971, pag. 25). Queste condizioni sono segnatamente adempiute quando
l'interpretazione secondo il tenore letterale porta all'applicazione
tassativa di una sanatoria pari a dieci volte il bollo mancante, senza
riferimento alcuno all'elemento soggettivo dell'infrazione e senza alcuna
possibilità di ridurne l'ammontare.

    d) Nel caso in esame, devesi invero rilevare che, nell'ambito
dell'inflizione della multa, il Dipartimento delle finanze non ha
escluso qualsiasi riferimento ai presupposti soggettivi dell'infrazione;
anzi, ritenendo che l'infrazione stessa fosse dovuta in casu a mera
negligenza ha limitato la sanatoria all'ottuplo del bollo mancante,
scostandosi in tal modo dal tenore letterale dell'art. 22 cpv. 1 LB. Pur
disapprovando tale modo di procedere e pur rilevando esplicitamente che,
a rispetto della norma testé menzionata, il Dipartimento non poteva
operare una riduzione dell'ammenda, la Camera di diritto tributario ha
nondimeno rinunciato alla reformatio in pejus. Forte della sua opinione,
la stessa Camera ha però altresì rinunciato a qualsiasi disamina dei
rapporti esistenti fra la colpa effettiva commessa dalla ricorrente e la
pena che l'autorità fiscale aveva concretamente irrogato: ciò facendo,
essa ha subordinato l'applicazione della sanatoria prevista dall'art.
22 LB all'esistenza d'una violazione puramente oggettiva della legge
fiscale, il che ha portato a risultati che contraddicono il sentimento
della giustizia ed il principio dell'uguaglianza di trattamento (art. 4
Cost.). La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata, con rinvio
degli atti all'ultima istanza cantonale affinché emani una nuova pronunzia
conforme ai considerandi dell'istanza federale.