Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 102 III 29



102 III 29

7. Sentenza dell'11 febbraio 1976 nella causa R. e B. contro Ufficio di
esecuzione e fallimenti di Bellinzona. Regeste

    Art. 260 SchKG.

    Der Abtretungsgläubiger im Sinne von Art. 260 SchKG ist berechtigt,
auf die Geltendmachung der abgetretenen Rechtsansprüche zu verzichten
oder mit der Gegenpartei darüber gerichtliche bzw. aussergerichtliche
Vergleiche abzuschliessen. Die Gültigkeit derartiger Vergleiche hängt
nicht von der Genehmigung durch die Konkursverwaltung ab.

Sachverhalt

    A.- Nella liquidazione dell'eredità giacente D., la ditta B.
ha rivendicato la proprietà di tre motorini e ventitré biciclette
stimati complessivamente fr. 8'700.--. Nella graduatoria l'Ufficio di
esecuzione e fallimenti (in seguito "l'Ufficio") ammise la rivendicazione
e fissò ai creditori un termine per chiedere la cessione del diritto di
contestarla ai sensi dell'art. 260 LEF. R., creditore iscritto in V classe
per un credito di fr. 1'598.60, fece uso di tale possibilità. L'Ufficio
trasmetteva quindi al creditore cessionario il relativo atto di cessione,
allestito sul formulario n. 7. Già il giorno precedente l'Ufficio aveva
comunicato l'avvenuta cessione alla ditta rivendicante e le aveva nel
contempo assegnato il termine di 10 giorni per proporre contro R. l'azione
di rivendicazione della proprietà sugli oggetti summenzionati (art. 242
cpv. 2 LEF in relazione con l'art. 52 RUF). Prima della scadenza del
termine di cui sopra R. comunicava all'Ufficio di essere giunto ad un
accordo transattivo con la ditta B. nel senso che, dietro corrisponsione
della somma di fr. 1'000.--, egli rinunciava a contestare la rivendicazione
della controparte; R. comunicava nel contempo che la propria pretesa nei
confronti della massa veniva ridotta dell'importo della transazione. In
risposta alla comunicazione di R. l'Ufficio comunicava alle parti
interessate di non poter riconoscere la transazione intervenuta tra
R. e la ditta rivendicante. La decisione dell'Ufficio veniva confermata
dall'Autorità di vigilanza che respingeva un reclamo formato congiuntamente
da R. e dalla ditta B. Contro quest'ultima decisione i soccombenti
insorgono in questa sede postulandone l'annullamento e chiedendo che sia
ordinato all'Ufficio esecuzione e fallimenti di Bellinzona di consegnare
alla ditta B. gli oggetti da essa rivendicati.

    Il Tribunale federale ha accolto il ricorso.

Auszug aus den Erwägungen:

                    Considerato in diritto:

    La giurisprudenza del Tribunale federale ha ormai definitivamente
chiarito la natura giuridica della cessione prevista dall'art. 260 LEF
(cfr. in particolare DTF 84 III 43, 93 III 62, la dottrina ivi citata e
FRITZSCHE, Schuldbetreibung und Konkurs, II ed. vol. II pag. 168). In
particolare è stabilito che il creditore, subentrato in una pretesa
della massa giusta il citato disposto, è in diritto sia di rinunciare
a far valere giudizialmente tale pretesa, sia di concludere con la
controparte transazioni giudiziali o extragiudiziali (DTF 93 III 63,
50 III 22, 49 III 124, 43 III 164; FRITZSCHE, op.cit., pag. 174).
Alcuni autori sono dell'avviso che una transazione necessita per la sua
validità l'approvazione dell'amministrazione del fallimento, ritenuta
la responsabilità del creditore cessionario nei confronti della massa,
se non ottiene il massimo possibile (in questo senso cfr. in particolare
FLACHSMANN, Die Abtretung der Rechtsansprüche der Konkursmasse nach
Art. 260 SchKG, tesi Zurigo 1927, pagg. 16-18, con il rilievo che
l'opinione ivi espressa si trova in una certa contraddizione con quanto
l'autore riporta a pag. 97 dell'opera stessa e dove rileva che la massa non
può chiedere un risarcimento dei danni, fondato sulla rinuncia a stare in
lite, e ciò in virtù del fatto che essa già aveva a suo tempo rinunciato
a far valere la pretesa oggetto della cessione; nello stesso senso,
ma meno incisivo, JAEGER n. 3 lett. n ad art. 260 LEF, II vol. pag. 260).

    Tale modo di vedere è errato. Allorquando la massa rinuncia a far
valere determinati crediti e ne fa cessione a uno o più creditori, questi
ultimi devono ragionevolmente essere posti nella condizione di poter
liberamente decidere se e in che misura intendono fare o meno valere i
crediti di cui sono divenuti cessionari. Infatti la massa non può subire
alcun danno fintanto che non è posta in una situazione meno favorevole di
quella in cui è venuta a trovarsi rinunciando a far valere determinati
crediti o meglio, nella situazione in cui si sarebbe trovata se nessun
creditore avesse chiesto la cessione dei crediti abbandonati.

    La responsabilità del creditore cessionario nei confronti della
massa sarebbe pensabile solo nell'ipotesi in cui l'agire del creditore
cessionario stesso avesse per conseguenza di porre la massa in una
situazione meno favorevole di quella originatasi a dipendenza della
rinuncia o, più precisamente, di quella in cui la massa si sarebbe trovata
se nessuna cessione fosse stata richiesta.

    Deve comunque essere rilevato in questa sede che la riserva
formulata alla cifra n. 7 del formulario di cessione può unicamente
essere interpretata nel senso delle considerazioni sopra riportate:
l'eventuale pregiudizio che la massa potrebbe aver subito a dipendenza
della transazione intervenuta tra creditore cessionario e la ditta
rivendicante non potrebbe in alcun caso giustificare il rifiuto della
ratifica della convenzione stessa da parte dell'Ufficio, ma permetterebbe
unicamente, se del caso, alla massa di far valere in giudizio pretese di
risarcimento contro il creditore cessionario (cfr. FLACHSMANN, op.cit.,
pag. 18; BRIDEL JdT 1932 pag. 98 segg, in particolare pagg. 102/103 n. 7
e 8, pagg. 111/112 n. 23 e 24 e pag. 114 n. 29). Nello stesso senso si
pronuncia FRITZSCHE, (op.cit., pagg. 174 e 175), il quale giustamente
rileva che l'amministrazione del fallimento, nell'atto di cessione,
può riservarsi la facoltà di ratificare eventuali transazioni (nello
stesso senso BRIDEL, op.cit., pag. 103 n. 9, il quale osserva però, a
ragione, che, se il creditore cessionario non aderisce alla citata riserva,
l'Ufficio altro non può fare che rinunciarvi). Nel caso in esame l'Ufficio
non ha avanzato riserve in questo senso, per cui non può ora prevalersene.

    Facendo riferimento alle sentenze riportate in DTF 84 III 43, 65 III 3
e 64 III 110, l'autorità cantonale di vigilanza ha ritenuto che il diritto
della massa di revocare la cessione quando la causa non sia ancora stata
promossa, implica quale conseguenza il diritto di rifiutare la ratifica
di una transazione. Tale argomento non è pertinente, soprattutto se si
pon mente al fatto che, secondo la sentenza, riportata in DTF 84 III 43,
la revoca della cessione è possibile solo se il creditore non ha ancora
intrapreso alcun passo, anche solo preliminare e non ancora giudiziale,
in vista di far valere il credito di cui è divenuto cessionario. Ciò non è
evidentemente il caso nella concreta fattispecie nella quale il creditore
ha già concluso una transazione definitiva. Indipendentemente da tale
circostanza poi, e nell'ipotesi che una revoca fosse stata possibile,
l'Ufficio avrebbe potuto far capo unicamente a tal procedura e non avrebbe
in alcun caso potuto, negando la ratifica della transazione, costringere
il creditore alla conduzione di un processo.

    È vero che in tal modo il creditore cessionario può limitarsi a
sostenere la lite fino a concorrenza del proprio credito (o, come nella
fattispecie, in misura minore): ciò è però insito nella natura stessa
della cessione; il creditore non è tenuto a sostenere, a proprie spese e
a proprio rischio, gli interessi degli altri creditori che già avevano
rinunciato a far valere la pretesa. Qualora la massa ritiene che la
pretesa sia fondata e che la relativa causa abbia serie probabilità
di esito favorevole, deve farla valere in proprio. Nel caso concreto
la massa, operando la cessione, ha dimostrato o di ritenere fondata
la rivendicazione della ditta B., o di considerare che l'esito della
eventuale causa avrebbe potuto rivelarsi negativo: in tali circostanze
la massa non può, successivamente alla cessione, pronunciarsi sul modo
con cui il cessionario ha tutelato i propri interessi.