Sammlung der Entscheidungen des Schweizerischen Bundesgerichts
Collection des arrêts du Tribunal fédéral suisse
Raccolta delle decisioni del Tribunale federale svizzero

BGE 102 IA 516



102 Ia 516

71. Sentenza del 5 maggio 1976 nella causa X. contro Procuratore pubblico
della giurisdizione sottocenerina Regeste

    Wahrung des Berufsgeheimnisses im Rahmen eines Strafverfahrens -
Durchsuchung und Beschlagnahme von Dokumenten.

    1. Die Durchsuchung von Akten beim Träger eines Berufsgeheimnisses,
der selbst Beschuldigter in einem Strafverfahren ist, setzt die Abwägung
zwischen öffentlichen und privaten Interessen voraus.

    2. Zu einer unterschiedslosen Durchsuchung und Beschlagnahme
aller in einer Notariatskanzlei verwahrten Dokumente kann die
Strafverfolgungsbehörde selbst dann nicht schreiten, wenn dringender
Verdacht dafür besteht, dass der Notar eine strafbare Handlung begangen
hat.

    3. Die Organe der Strafjustiz sind an das Amtsgeheimnis gebunden und
zur Zurückerstattung von Dokumenten, die für das betreffende Strafverfahren
unerheblich sind, verpflichtet.

    4. Prüfungsbefugnis des Bundesgerichts.

Sachverhalt

    A.- La Procura pubblica della giurisdizione sottocenerina ha aperto
un procedimento penale contro X., avvocato e notaio. Questi avrebbe,
nella sua qualità di pubblico notaio, rogato una quarantina di atti di
compravendita immobiliare tra la ditta Y. S.A. e diversi acquirenti
stranieri, nei quali il prezzo di compera era falsamente indicato in
misura inferiore a quanto effettivamente pagato.

    Il Sostituto Procuratore pubblico della giurisdizione sottocenerina
aveva maturato il grave sospetto che il notaio X. avesse cooperato su
larga scala alla commissione di reati di falsità, di violazione del
decreto federale sull'acquisto di fondi da parte di persone all'estero
ed eventualmente di altri reati. Il Sostituto Procuratore pubblico ha
ordinato una perquisizione domiciliare negli uffici del prevenuto e il
sequestro di tutti gli oggetti aventi importanza per il procedimento
sia come mezzi di prova sia perché soggetti a confisca e, segnatamente,
cinque incarti in cui erano conservati i documenti relativi ad altrettanti
atti notarili rogati dal notaio X. Il magistrato eseguì personalmente la
perquisizione e il sequestro.

    La perquisizione avvenne alla presenza di un collaboratore dello
Studio e delle impiegate dell'ufficio. Gli incarti sequestrati, elencati
nel verbale di sequestro allestito seduta stante, vennero consegnati in
quattro mappe sigillate.

    Contro l'ordine di perquisizione e di sequestro il notaio X. insorgeva
davanti alla Camera dei ricorsi penali del Tribunale di appello del Cantone
Ticino (CRP), postulando l'annullamento di entrambi i decreti. La CRP ha
respinto il reclamo.

    Contro la decisione della CRP il notaio X. ha proposto davanti al
Tribunale federale un ricorso di diritto pubblico fondato sulla violazione
dell'art. 4 Cost. e del principio della forza derogatoria del diritto
federale (art. 2 disp. trans. Cost.).

    Il Tribunale federale ha respinto il ricorso, in quanto ricevibile.

Auszug aus den Erwägungen:

                   Considerando in diritto:

Erwägung 1

    1.- a) La CRP, ultima istanza cantonale, ha emanato la propria
sentenza fruendo di un libero potere d'esame. In tali circostanze solo la
sua decisione può essere impugnata con un ricorso di diritto pubblico
(DTF 99 Ia 598 e riferimenti). Nei limiti in cui è volto contro le
decisioni del Sostituto Procuratore pubblico, il ricorso si rivela
pertanto inammissibile.

    b) La decisione della CRP non pone fine al procedimento penale
nell'ambito del quale venne adottata. Essa è pertanto una decisione
incidentale ai sensi dell'art. 87 OG. Giusta questa disposizione il ricorso
di diritto pubblico per violazione dell'art. 4 Cost. è ammissibile contro
decisioni incidentali emanate in ultima istanza cantonale solo se da
queste risulta un danno irreparabile per il ricorrente. Nel caso concreto
la questione se la decisione impugnata causa un tale danno al ricorrente
può restare indecisa: adito con un ricorso di diritto pubblico contro una
decisione incidentale emanata in ultima istanza dall'autorità cantonale,
il Tribunale federale entra infatti nel merito di censure fondate sulla
violazione dell'art. 4 Cost. se accanto alle stesse vengono sollevate altre
censure che devono comunque essere esaminate. Nel caso in esame X. non
fonda il proprio ricorso unicamente sulla violazione dell'art. 4 Cost.,
ma fa valere anche una violazione del principio della forza derogatoria
del diritto federale, sancito dall'art. 2 delle Disposizioni transitorie
Cost. Quest'ultima censura può essere fatta valere contro ogni decisione
cantonale di ultima istanza (art. 86 OG), dunque anche contro una decisione
incidentale. Essendosi la CRP pronunciata in ultima istanza cantonale,
il presente ricorso è ricevibile anche per quanto attiene alle pretese
violazioni dell'art. 4 Cost., senza che debba essere esaminato se dalla
decisione impugnata derivi o meno un danno irreparabile per il ricorrente
(DTF 99 Ia 44, 96 I 463, 95 I 443).

Erwägung 2

    2.- a) Il ricorrente sostiene che al sequestro dei documenti osta
in principio il segreto professionale dell'avvocato-notaio cui egli è
tenuto. Nel caso concreto deve essere ritenuto che i documenti sequestrati
non si riferiscono all'attività del ricorrente quale avvocato, ma alla
sua attività quale notaio: il segreto professionale cui egli si appella è
pertanto quello del notaio e non quello dell'avvocato. Tale circostanza è
però in casu di scarsa se non di nessuna rilevanza. Pur essendo l'attività
notarile regolata differentemente nei diversi cantoni, è generalmente
ammesso che il notaio deve mantenere il segreto su quanto confidatogli
nell'esercizio della sua professione nella stessa misura in cui è tenuto
al segreto l'avvocato (cfr. SIEBEN, Das Berufsgeheimnis auf Grund des
eidgenössischen Strafgesetzbuches, Tesi Berna 1943, pag. 54).

    D'altro canto, sia il codice di procedura penale ticinese (CPP) - che,
all'art. 75, enumera le persone che possono rifiutare di deporre quali
testimoni - che l'art. 321 CP - che enumera sia gli avvocati che i notai
tra le persone che possono entrare in considerazione quali autori del
reato di violazione del segreto professionale - non operano differenze
tra il segreto professionale dell'avvocato e quello del notaio. È pur
vero che, di regola, il campo d'attività dell'avvocato è notevolmente
più vasto di quello del notaio: l'avvocato viene infatti frequentemente
a conoscenza di segreti la cui divulgazione lederebbe la clientela nella
sfera strettamente personale o intima, mentre il notaio viene di regola a
conoscere segreti concernenti preponderantemente gli interessi economici
della clientela, con la riserva della rogazione di atti del diritto di
famiglia o del diritto successorio. Ciò non toglie che, quantomeno per
quanto attiene alla fattispecie in esame, il segreto professionale del
notaio e quello dell'avvocato non presentano differenza alcuna.

    b) Il codice di procedura penale ticinese prevede che le persone che
sono in possesso di oggetti che possono avere importanza per l'istruzione
di un processo, sia come mezzi di prova o perché soggetti a confisca,
sono tenute, se richieste, a consegnarli al magistrato inquirente (art
120-121 CPP). Le persone che possono rifiutarsi di deporre in qualità
di testi non possono essere costrette a consegnare oggetti in questione
(art. 121 cpv. 3 CPP).

    Secondo l'interpretazione delle autorità cantonali, tale disposto
sarebbe applicabile unicamente a chi entra in considerazione quale teste,
e non al detentore del segreto esso stesso prevenuto nel procedimento
penale di cui si tratta. Nell'esame di tale interpretazione il Tribunale
federale fruisce di cognizione libera, in quanto il sequestro di
documenti costituisce un'ingerenza non indifferente nella sfera
personale segreta (v. sotto consid. 3b; DTF 97 I 850; 98 Ia 100
consid. 2). L'interpretazione data dalle autorità cantonali alla citata
norma non si scosta dal testo letterale della stessa. L'art. 121 cpv. 3
CPP dispone che i "mezzi coercitivi non si applicano contro quelle
persone che hanno facoltà di rifiutarsi a deporre come testimonio": ciò
significa chiaramente che la regola vale unicamente per le persone che,
in un determinato procedimento penale, entrano in considerazione quali
testimoni, e non per l'accusato. Tale interpretazione è inoltre conforme
al senso della disposizione. Secondo la dottrina dominante, le persone
che possono rifiutarsi di deporre quali testi a tutela del loro segreto
professionale non possono fondarsi sulla tutela di tale segreto per opporsi
al sequestro di documenti, se, in un determinato procedimento penale, non
entrano in considerazione quali testi ma quali accusati (DTF 101 Ia 11 con
riferimenti a dottrina e giurisprudenza). La norma di cui all'art. 121
cpv. 3 CPP è fondata su tale modo di vedere che, pur non incontestato,
rappresenta tuttavia la tesi dominante in Svizzera. L'interpretazione
che le autorità ticinesi danno alla citata norma non presenta pertanto il
fianco a critiche. Alla luce delle norme della procedura penale ticinese,
la presente fattispecie costituisce quindi un caso in cui il segreto
professionale dell'avvocato-notaio non osta alla perquisizione e al
sequestro dei documenti.

Erwägung 3

    3.- a) Il ricorrente lamenta la lesione del principio della forza
derogatoria del diritto federale, fondando avantutto le sue critiche
sull'art. 321 CP, a norma del quale sono puniti a querela di parte (tra
gli altri) i notai che rivelano segreti a loro confidati per ragione
della loro professione o di cui hanno avuto notizia nell'esercizio
della medesima. Tale disposizione presuppone l'esistenza del segreto
professionale dei notai. Essa non impedisce però ai Cantoni di adottare
norme, giusta le quali anche le persone tenute al segreto professionale
possono essere chiamate, in certe circostanze, a dare informazioni
all'autorità o a testimoniare in giudizio. Una riserva in tal senso
è espressamente prevista dall'art. 321 n. 3 CP (DTF 95 I 443; 91 I
203). L'art. 321 CP non indica in qual modo i Cantoni debbano regolare
nelle singole leggi di procedura l'obbligo di testimonianza dei notai e
il sequestro di documenti presso di loro, ma si limita, quale norma del
diritto penale, a chiarificare il fatto che gli accusati non possono
essere puniti se, in virtù di norme imperative del diritto cantonale,
devono rivelare fatti coperti dal segreto professionale (cfr. GIACOMETTI,
ZBl 54, 1944 pagg. 316/17). In quanto fondata sull'art. 321 CP, la censura
di violazione del principio della forza derogatoria del diritto federale
si rivela pertanto infondata.

    b) Il ricorrente lamenta un'ulteriore violazione del testé citato
principio, fondandosi sull'art. 27 CC, norma intesa alla protezione della
personalità. È generalmente riconosciuto che la protezione dei diritti
della personalità, quale offerta dagli art. 27 e 28 CC, comprende la
protezione della sfera privata riservata (DTF 91 I 204 con riferimenti
dottrinali, 25 I 447, 44 II 322; EGGER, Comm. n. 39 segg. e 52 ad art. 28
CC; BLASS, Die Berufsgeheimnishaltungspflicht der Ärzte, Apotheker
und Rechtsanwälte, Tesi Zurigo 1944, pag. 71 e segg.). Gli art. 27 e
28 CC sono norme di diritto civile che, di per sé, tornano applicabili
unicamente ai rapporti tra privati. Non si può quindi ritenere, sotto
un profilo teorico, che gli art. 27 e 28 CC limitino direttamente il
potere dello Stato d'intervenire nei confronti dei privati (come invece
è stato implicitamente affermato in DTF 91 I 206). Il diritto alla
protezione della sfera di segretezza privata rientra tuttavia, almeno
nel suo contenuto essenziale, nella sfera dei diritti elementari della
personalità e, in questa misura, i diritti della personalità tutelati dagli
art. 27 e 28 CC rappresentano una parte del diritto fondamentale della
libertà personale (cfr. DTF 98 Ia 514; GRISEL, La liberté personnelle
et les limites du pouvoir judiciaire, Revue internationale de droit
comparé 1975 pag. 568; SALADIN, Grundrechte im Wandel, pag. 98, 418;
cfr. sentenza della Corte costituzionale germanica dell'8 marzo 1972,
pubblicata in Entscheidungen des Bundesverfassungsgerichts 32, 373 e
nella Neue Juristische Wochenschrift 1972 I pag. 1123 segg.).

    La tutela del segreto professionale dei medici, avvocati, notai
ecc. riveste un'importanza tale che il mantenimento di tale segreto, almeno
nei suoi effetti più importanti, rimane coperto dal diritto fondamentale
della libertà personale. Il fatto che il ricorrente si sia appellato,
richiamandosi all'art. 27 CC, ad una violazione del principio della
forza derogatoria del diritto federale, e non ad una violazione del
diritto costituzionale non scritto della libertà personale, è in casu
ininfluente: in effetti, egli fa valere che i diritti della personalità,
quali tutelati dall'art. 27 CC, assumono in una certa misura il rango di
diritti garantiti dalla costituzione.

Erwägung 4

    4.- Nella concreta fattispecie, oggetti coperti dal segreto
professionale, cui il ricorrente è tenuto nei confronti di diversi clienti,
dovrebbero essere resi noti all'autorità penale. Tale provvedimento
colpisce il segreto professionale dell'avvocato-notaio nella sua
essenza e costituisce un'ingerenza nella sfera segreta privata, la cui
tutela è compresa nel diritto fondamentale della personalità. Perché
una tale ingerenza sia lecita occorre, per regola generale, che poggi
su di una chiara base legale, risponda ad un interesse pubblico e non
leda il principio della proporzionalità. Applicando il principio della
proporzionalità, il Tribunale federale fa capo a una duplice formula. Nella
maggioranza dei casi il Tribunale si limita a verificare se la misura
impugnata è atta a raggiungere lo scopo che la stessa si prefigge.
Eccezionalmente si esprime in modo più differenziato esigendo, da un
lato, che il mezzo usato sia proprio a conseguire lo scopo d'interesse
pubblico prefisso pur tutelando nella maggior misura possibile la libertà
personale e, d'altro canto, che esista un rapporto ragionevole tra il
risultato che si vuol raggiungere e le restrizioni della libertà che si
rendono necessarie per il conseguimento di tale risultato (DTF 97 I 508
e citazioni). Come giustamente rilevato dalla più autorevole dottrina,
quest'ultima condizione si confonde con quella dell'interesse pubblico
(A. GRISEL, op.cit., pag. 560).

    Come già indicato sopra, il codice di procedura penale ticinese
rappresenta una base legale sufficiente per l'adozione delle misure
contestate. Giusta le citate norme del CPP, il sequestro di documenti
non può essere eseguito presso un notaio contro la sua volontà, qualora
il notaio stesso potesse invocare il segreto professionale se fosse
sentito quale testimone; nulla si oppone, per contro, al sequestro se,
nel procedimento penale in oggetto, prevenuto è il notaio stesso.

    Deve tuttavia ancora essere esaminato se le misure adottate siano
coperte dall'interesse pubblico. Ingerenze nella sfera segreta privata si
giustificano da questo profilo solo per tutelare un interesse pubblico
comparativamente superiore all'interesse privato minacciato (DTF 91 I 206;
HAUSER, ZStrR 90, 1974, pag. 253). La comparazione degli interessi pubblici
e privati, o di due interessi pubblici contrastanti, non porta sempre e
comunque all'ammissibilità del sequestro di documenti presso detentori
di un segreto professionale che fossero prevenuti in un determinato
procedimento penale.

    In tale ponderazione degli interessi assumono rilevanza la pena
comminata per il reato di cui è imputato il detentore del segreto
(cfr. nello stesso senso, DTF 98 Ia 424 segg.; HAUSER, ZStrR 90, 1974,
pag. 231/32), nonché altre circostanze, quali per esempio l'occasionalità
dell'infrazione o il numero più o meno grande delle infrazioni imputate
o eventuali circostanze attenuanti cui manifestamente può appellarsi
l'accusato. Così nel caso di un procedimento penale per delitti contro
l'onore, punibili a querela di parte e per i quali la pena massima
comminata, prescindendo dal caso della calunnia, è di sei mesi, può
tranquillamente essere ammesso che il segreto professionale osta al
sequestro di documenti (cfr. DTF 101 Ia 10): pur essendo insoddisfacente
che in tali casi il prevenuto possa sfuggire a una condanna, l'interesse
alla tutela del segreto appare infatti comparativamente superiore a
quello del perseguimento penale di delitti contro l'onore o di altri
delitti che oggettivamente non possono essere considerati gravi.

    Nel caso in esame il ricorrente è prevenuto colpevole di ripetuta
falsità in documenti. A norma dell'art. 317 n. 1 cpv. 2 CP, la
falsificazione intenzionale di documenti da parte di un notaio è punita
con la reclusione fino a cinque anni o con la detenzione non inferiore a
sei mesi, ed ha luogo il perseguimento d'ufficio dell'infrazione. Come
sopra riferito, la pena comminata, seppur elemento importante, non
è ancora determinante per l'esito della ponderazione degli opposti
interessi. Potrebbe infatti darsi che, in presenza di singole infrazioni
dell'art. 317 n. 1 cpv. 2 CP, l'interesse al perseguimento penale non sia
comparativamente di peso tale da autorizzare senz'altro una perquisizione
di carte il cui contenuto sia coperto dal segreto professionale del
prevenuto.

    Alla Corte cantonale non può essere addebitato nella concreta
fattispecie alcun arbitrio se, sulla base di gravi indizi emersi nel
corso del procedimento penale in oggetto, ha ritenuto fondato il sospetto
che il notaio X. abbia, in contratti di compravendita da lui rogati,
consapevolmente e intenzionalmente indicato un prezzo inferiore a quello
pattuito tra le parti. A ciò deve aggiungersi che al ricorrente non vengono
imputate singole od occasionali falsificazioni di documenti; l'attività
delittuosa di cui egli è prevenuto porta sulla sistematica falsificazione
di documenti, perpetrata in almeno una quarantina di casi. Tali circostanze
non permettono di far ritenere che il presente sia un caso limite: le
circostanze concrete portano senza dubbio alla conclusione che l'interesse
pubblico inteso al perseguimento penale dell'attività criminosa è, nella
fattispecie, superiore a quello di mantenere il segreto professionale
del ricorrente (cfr. ZR 33, 1934, pag. 146 segg.; FREY, ZStrR 72, 1957,
pag. 25). Ne consegue che la perquisizione e il sequestro dei documenti
presso il ricorrente sono, in linea di principio, coperti dall'interesse
pubblico al perseguimento penale. Resterà da decidere se tale interesse
copra o meno tutti gli incarti oggetto dell'impugnata decisione.

    Sotto il profilo del principio fondamentale della proporzionalità deve
ancor essere esaminato se con la misura querelata possa esser raggiunto il
suo scopo, che è quello di accertare i fatti, e se l'autorità inquirente
non disponga a tal fine di altri mezzi. È fuor di dubbio che il sequestro
dei documenti riferentisi alle compravendite di fondi qui in discussione è
idoneo a fornire all'autorità penale chiarimenti circa le vere intenzioni
delle parti. Ne consegue che l'impugnata misura è, di per sé, atta a
realizzare lo scopo perseguito. Secondo l'esposizione della CRP, che non
appare insostenibile, l'inchiesta in corso presenta notevoli difficoltà a
dipendenza dell'atteggiamento reticente e contraddittorio del prevenuto. I
documenti sequestrati presso quest'ultimo possono, nel caso concreto,
permettere un controllo dell'esattezza delle informazioni fornite dai
testi e degli accertamenti eseguiti dagli inquirenti. Tali documenti
offrono inoltre la possibilità di far emergere la verità nel caso in cui
eventuali ammissioni dei compratori circa rogiti indicanti un prezzo di
compravendita inferiore a quello effettivamente pattuito fossero contestate
dal prevenuto. Per un'attendibile delucidazione della fattispecie, cui
è tenuta l'autorità penale, la perquisizione dei documenti sequestrati
si rivela pertanto indispensabile. Ne consegue che la misura contestata
è idonea a perseguire lo scopo prefisso; poiché non appare lesiva del
principio della proporzionalità, bensì conforme ai precetti costituzionali,
la decisione impugnata non può, in linea di principio e con riserva di
ulteriore esame, essere sindacata dal giudice costituzionale. Occorre
altresì rilevare, come giustamente sottolineato dal Sostituto Procuratore
pubblico, che l'apertura da parte dell'autorità penale degli incarti
sequestrati presso l'ufficio legale e notarile del ricorrente e protetti
dal segreto professionale, non equivale a divulgazione del segreto, in
quanto anche i membri dell'autorità giudiziaria sono tenuti all'ossequio
del segreto (art. 320 CP) e devono porre cura a che il contenuto delle
carte perquisite non giunga a conoscenza di persone che non vi hanno
diritto (art. 123 cpv. 1 CPP).

Erwägung 5

    5.- a) Accertato che il sequestro impugnato non è, in principio, lesivo
di alcun diritto costituzionale del ricorrente, resta da esaminare se,
nel caso concreto, siano o meno date le condizioni previste dal diritto
cantonale per la misura impugnata, o se l'esecuzione della misura stessa
sia in contrasto con prescrizioni procedurali.

    A norma dell'art. 114 cpv. 1 CPP "non si potrà procedere a
perquisizione nelle abitazioni, se non quando esistano gravi indizi che
vi si trovi nascosto l'autore di un reato o che vi si possano rinvenire
oggetti utili alla scoperta della verità". Interpretando letteralmente
questa norma della procedura penale ticinese, devesi concludere che la
perquisizione domiciliare si appalesa legittima non appena emergano gravi
indizi circa la possibilità di rinvenire oggetti utili a stabilire la
verità nell'ambito di un procedimento penale.

    Che tale circostanza sia data in concreto risulta già da quanto
esposto nei precedenti considerandi; al momento dell'adozione della misura
impugnata sussistevano infatti seri motivi per ritenere che negli uffici
del ricorrente potessero essere rinvenuti documenti atti a chiarire
l'iter che ha portato alla rogazione dei contratti di compravendita
ritenuti dall'autorità giudiziaria rilevanti per l'apertura dell'inchiesta
penale a carico del notaio X. Secondo il senso della riferita norma, la
perquisizione, e quindi il successivo sequestro, non è però ammissibile
se non in presenza di gravi indizi di reato. Secondo le regole generali
del diritto procedurale, misure quali quelle adottate nei confronti del
ricorrente non possono essere decise in assenza di gravi indizi di reato
(cfr. art. 33 CPP, riferito all'arresto). Sulla base delle risultanze
dell'istruttoria condotta fino al momento in cui è stato emanato il
decreto impugnato, l'autorità cantonale poteva ammettere senz'arbitrio
l'esistenza di gravi indizi secondo cui il notaio X. avrebbe rogato
numerosi contratti di compravendita immobiliare nei quali il prezzo della
transazione indicato non corrispondeva a quello effettivamente pattuito
tra le parti ed effettivamente soluto dai singoli acquirenti. Dall'atto
ricorsuale non traspare chiaramente se il ricorrente muove, su questo
punto, una censura d'arbitrio alla CRP. Ammettendo che X. abbia sollevato
una tale censura, la stessa non può che essere considerata infondata.

    b) A norma dell'art. 28 cpv. 1 CPP, le sentenze e i decreti
suscettibili di essere impugnati devono essere motivati. È incontestato
che tale disposto si applica pure ai decreti di perquisizione e di
sequestro. Il ricorrente sostiene che la decisione impugnata sarebbe
arbitraria, in quanto il decreto del magistrato requirente sarebbe carente
di motivazione. Dagli atti acquisiti all'incarto si evince che il decreto
del magistrato venne stilato su di un formulario prestampato. Il testo
di quella decisione precisava che il sequestro era ordinato nell'ambito
di un procedimento penale incoato contro il ricorrente e che dovevano
essere colpiti da sequestro gli oggetti che avessero potuto avere una
qualche importanza per l'istruzione del processo, sia come mezzi di prova,
sia perché soggetti a confisca: tra tali oggetti venivano specialmente
indicati alcuni incarti. A tergo del formulario impiegato erano riportate
le norme del codice di procedura penale applicate. La motivazione dei
decreti di perquisizione e di sequestro può essere stringata, senza con
ciò sfociare nell'arbitrio (cfr. in questo senso sentenza inedita del
25 novembre 1974 in re American Express Banking Corporation, consid. 2a;
NIEDERER: Die Vermögensbeschlagnahme im schweizerischen Strafprozessrecht,
Tesi Zurigo 1968, pag. 48). In particolare, una motivazione sommaria
appare sufficiente nei casi in cui, come nella presente fattispecie,
il magistrato che ordina una perquisizione procede personalmente
all'esecuzione della stessa. L'opinione della CRP, la quale ritiene che
il decreto impugnato debba essere considerato sufficientemente motivato,
non presta pertanto il fianco a critiche, almeno sotto lo stretto profilo
dell'arbitrio; nelle concrete circostanze non occorre quindi esaminare
se la seconda stesura, motivata, del decreto impugnato (emanato in data
4 giugno 1975, in sostituzione del decreto 28 maggio 1975) sia o meno
viziata da un'eventuale carenza di motivazione.

    c) Il ricorrente fa da ultimo valere che, accanto ai documenti
menzionati nel decreto del Sostituto Procuratore pubblico, sarebbero stati
sequestrati altri 42 incarti riferentisi a contratti di compravendita
circa i quali non sarebbe emerso alcun elemento di prevenzione di reato:
tale estensione del sequestro sarebbe, a mente sua, arbitraria. Se è
vero che le autorità penali non possono, senza cadere nell'arbitrio,
procedere a sequestri indiscriminati di incarti nella vaga speranza di
trovare elementi di prevenzione di reato, è pur vero che non può essere
preteso dall'autorità penale di enumerare in un decreto di sequestro
tutti i documenti che devono essere colpiti dalla misura, con la
conseguenza che solo gli incarti espressamente menzionati potrebbero in
tal caso essere oggetto di sequestro: l'autorità penale non può infatti
sapere preventivamente in ogni caso quali siano gli oggetti "che hanno
qualche importanza per l'istruzione del processo" reperibili in sede di
perquisizione: rinvenendosi in quella sede oggetti di tal sorta, gli stessi
potranno essere sequestrati: l'ordine di sequestro, in quanto riferito in
modo generale a documenti che "potrebbero essere di qualche importanza
per l'istruzione del processo", non appare pertanto lesivo delle norme
della procedura cantonale. È chiaro, come riferito sopra, che l'autorità
penale non può, in presenza di gravi indizi di reato a carico di un notaio,
procedere alla perquisizione o al sequestro indiscriminato di tutti gli
incarti custoditi in uno studio notarile nella indefinita speranza che,
eventualmente, in qualche documento possa essere reperito un indizio di
un reato qualsiasi (cfr. DTF 98 Ia 426). D'altro canto, il diritto di
sequestro della magistratura inquirente non può essere limitato in modo
eccessivo. Se esistono elementi positivi atti a far concludere che certi
documenti possano essere rilevanti per l'istruzione penale in corso,
il relativo sequestro è coperto dalla disposizione di cui all'art. 120
CPP. L'esistenza di tali elementi ricade, per sua stessa natura, nel
potere d'apprezzamento degli inquirenti, e il Tribunale federale potrebbe
intervenire unicamente qualora risultassero indiscriminatamente sequestrati
documenti in merito ai quali non fosse riscontrabile alcuna connessione
con il procedimento penale nell'ambito del quale sono stati ordinati
la perquisizione e il sequestro. Nella concreta fattispecie, per quanto
può desumersi dagli atti acquisiti all'incarto, il Sostituto Procuratore
pubblico ha esteso il sequestro... (seguono indicazioni sulla natura degli
atti sequestrati); la connessione oggettiva con il procedimento penale in
corso contro il ricorrente può quindi essere sostenuta senz'arbitrio; pure
senz'arbitrio può, d'altro canto, essere sostenuto che, in presenza di seri
indizi secondo cui un notaio, in una quarantina di atti di compravendita
da lui rogati, avrebbe indicato un prezzo inferiore a quello pattuito fra
le parti, gli incarti relativi a tali rogiti possono essere considerati
"di una certa importanza per l'istruzione del processo". È ben vero che
da tali atti possono venir portati a conoscenza della magistratura penale
fatti, coperti dal segreto professionale, non in diretta relazione con
il procedimento penale in corso; tale inconveniente, inevitabile, risiede
però nella natura stessa della cosa (cfr. sentenza citata del 25 novembre
1974, consid. 3). D'altro canto, gli organi della giustizia penale sono
tenuti al segreto di funzione e devono restituire le carte che risultano
estranee al processo (art. 123 cpv. 3 CPP) (v. sopra consid. 4 in fine;
cfr. sentenza citata del 25 novembre 1974 consid. 3b, c).

    La censura secondo cui il Sostituto Procuratore pubblico avrebbe
violato l'art. 120 CPP sequestrando anche documenti manifestamente estranei
al procedimento penale in corso, si rivela così infondata.